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Autore: Kat Logan    07/10/2011    12 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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Avvertimento: A fine capitolo troverete la spiegazione per l'ultima parte di ciò che ho scritto! Non abbiate timore dell'ignoto! :P 



Due occhiaie profonde segnavano il viso stanco e provato di Setsuna che aveva passato l’intera giornata in ospedale seduta sulla scomoda sedia, divenuta un tutt’uno col suo corpo.
I capelli erano stati raccolti alla buona sulla nuca e l’abito che l’era stato prestato da Rei era ormai stropicciato.
Valutò di non essere mai stata in condizioni peggiori ma decise ugualmente che non si sarebbe mossa da quel posto.
Mai aveva atteso qualcosa così tanto, mai aveva atteso qualcuno in quel modo.
In fin dei conti in centrale possono cavarsela benissimo senza di me per una volta.
Si piegò in avanti portandosi le mani sulla testa per poi stropicciarsi gli occhi.
Avrebbe voluto dormire, ma il desiderio di vedere Rei salva era maggiore.
“E’ ancora qui?” una voce sconosciuta le pose la domanda.
Lo sguardo di Setsuna scivolò sulle ballerine blu che si fermarono davanti a lei, per poi risalire alla figura di una giovane che la fissava incuriosita stringendo una borsa tra le mani.
“L’ho vista anche ieri, ne sono sicura, ero venuta per salutare mio marito che aveva un turno di notte e così l’ho riconosciuta…” spiegò tutta d’un fiato.
“E’ davvero passata un’intera giornata? Non ho messo piede fuori da qui!” commentò Setsuna.
L’altra accennò col capo un “Si” e si sedette accanto a lei.
“Erano le sette di mattina quando sono arrivata. Non vedevo Mamo – chan dal giorno prima e gli ho portato la colazione. Ho visto che era piuttosto arrabbiata perché nessuno le faceva sapere nulla ed oggi…beh oggi è un altro giorno e sono precisamente le sette, ancora una volta!”
Venti quattro ore qui. Ho perso la cognizione del tempo!
“E’ un ospedale davvero grande e spesso e volentieri o sfinisci la gente per sapere qualcosa o basta chiedere alle persone giuste…” spiegò la bionda, fermandosi un momento per prendere un respiro profondo.
“Se chi aspetta era grave o è in terapia intensiva è davvero ardua carpire qualche informazione ma…io sono la moglie del primario!” sorrise orgogliosa “possiamo domandare a lui, che dice?”
A quelle parole Setsuna si sentì rinascere. Quella testa dalle due lunghe codine platino le diede un po’ di speranza.
“Le sarei davvero grata per l’aiuto!”
“Allora andiamo!” esclamò l’altra alzandosi e porgendole la mano per presentarsi “comunque sono Usagi! E mi scusi se mi sono permessa di…”
“Niente scuse! Isp…uhm no, Setsuna!” si corresse l’altra.
 
 
*
 
 
La luce del mattino filtrò dalle lunghe tende bianche che si mossero appena a causa di uno spiffero d’aria fredda, che s’insinuò nella stanza per gli scuri semi aperti.
Minako rabbrividì sentendo sulla pelle scoperta dalle lenzuola l’alito di vento.
“Ho freddo!” mugugnò con voce ancora impastata dal sonno mentre con la mano, a tentoni cercava Akira al suo fianco.
“Ahia! Mi hai dato una manata in faccia!” si lamentò il ragazzo sprofondando col viso nel cuscino.
“Brontolone…”
“Piaga!”
“Oh…ma buongiorno!” ridacchiò l’altra con tono derisorio.
“Sei pigra! Nemmeno apri gli occhi!”
“Piagnucolone!”
“Quanti complimenti, sei proprio amorevole di prima mattina, sai?”
“Senti chi parla!” lo ribeccò lei, “Diventi la fotocopia di Haru al maschile!”
 “CHE COSA?!” Akira sbarrò gli occhi a quelle parole balzandole addosso. “Ritira quello che hai detto!”
“Altrimenti?” Le iridi azzurre di Minako finalmente si aprirono riservandogli un’espressione di sfida.
“Altrimenti…” un sorriso incurvò le labbra del ragazzo “ti becchi questo!” ; e a quelle parole decise di giocare sporco con un attacco di solletico.
La ragazza si dimenò sotto di lui ridendo fino allo sfinimento. “Va bene, mi arrendo!” disse col fiatone.
“Ecco, più docile…sei più carina!” sentenziò lui scoccandole un bacio sulle labbra.
“Comunque…” Akira sbirciò sotto le coperte “te lo credo che hai freddo, dormi nuda!” disse lasciandosi andare ad una fragorosa risata.
Il viso di Minako si dipinse delle più varie gamme di rosso per l’imbarazzo fino a che non riuscì a protestare.
“Non è che dormo nuda! Qualcuno mi toglie i vestiti…sai com’è…” e con lo sguardo fece intendere al suo ragazzo come stavano le cose.
“Sempre tutti pronti a scaricare la colpe sul povero Akira!” sbuffò gettandosi nuovamente dalla sua parte di letto.
La bionda si stiracchiò, sbadigliò sonoramente e guardò la sveglia appoggiata sul comodino “Oh mamma è tardi!”
“Hai lezione?” indagò lui, seguendola con lo sguardo mentre usciva di corsa dal letto e cercava di recuperare tutti suoi vestiti sparsi per la stanza.
“Si! Cavolo mi sta aspettando! Dormo sempre troppo quando rimango qui!”
“Chi è?”
“Chi è chi?” domandò Minako mentre si sistemava la maglietta e infilava le braccia in un cardigan grigio.
“Quello che ti aspetta…”
“E’ una lei, tranquillo!”
La mente e il cuore di Akira si placarono a quelle parole. Era estremamente geloso e convinto che la sua bella ragazza non facesse fatica a far strage di cuori.
Ce ne sono milioni la fuori meglio di me e più raccomandabili…
Quel pensiero ogni tanto tornava a torturarlo.
“Non fare pensieri stupidi! Io vado!” disse sorridendo Minako.
“Aspetta ti accompagno di sotto…”
“So badare a me stessa!”
“Ma ci sono un sacco di…”
Minako lo zittì con bacio “Arriverò sana e salva fuori da questo posto, nessuno mi tocca…sanno che sono tua!” e con quelle parole scappò fuori dalla porta correndo.
 
 
*
 
Grazie, grazie, grazie! Grazie al cielo ho incontrato questa Usagi e suo marito!
Setsuna si sentì rinvigorita entrando nella stanza d’ospedale di Rei. Se non fosse stato per i due sconosciuti,  non avrebbe scampato una crisi di nervi e probabilmente sarebbe stata spedita al reparto di psichiatria.
“Ehi…” sibilò Rei vedendola entrare.
Setsuna la salutò con un cenno della mano per poi avvicinarsi al lettino.
Si sentì stupida e imbarazzata ad essere ancora li, in fin dei conti chi era lei per quella ragazza?
“Io non avrò un bell’aspetto, ma tu non hai scusanti!” le sorrise Rei.
“Direi che stai bene a giudicare dalle battute!”
“Grazie. So che sei stata qui tutto il tempo per me!”
La donna si sedette “figurati…”
Seguì un momento di silenzio in cui la mano dell’ispettore si posò istintivamente sul capo della mora che sussultò leggermente a quel tocco.
“Stai meglio?” le domandò accarezzandole i ciuffi corvini della frangia.
Veramente sto rischiando un infarto in questo preciso istante!
“Alla grande!” Rei si abbandonò a quel tocco leggero e delicato che desiderava segretamente.
Meglio approfittarne! Pensò, ringraziando che i suoi pensieri rimanessero solo nella sua testa, anche se avrebbe voluto volentieri gridare per la gioia per quel gesto che Setsuna le stava riservando.
“Mi hanno fatto la trasfusione…” cominciò a spiegarle “fortuna ero svenuta, così non mi sono accorta di nulla!” rise imbarazzata per la propria paura degli aghi per poi continuare “mi hanno dato i punti e il mio braccio è come nuovo! Beh circa…Deve stare a riposo, non posso sforzarlo!”
Setsuna annuì con il capo e poi guardò la gamba destra fasciata che giaceva sul letto “e di quella che mi dici?”
“Niente di grave…”
“E’ rotta?” domandò guardandola fissa negli occhi per capire se era in arrivo qualche piccola bugia da parte di Rei.
“No…” disse con tono poco deciso “Ci sono finiti solo un po’ di vetri…una botta insomma…”
“Rei!”
“E’ la verità!”
“Mi prendi in giro? Guarda che è il mio lavoro capire se la gente mente o meno! Sei proprio una criminale!”
La ragazza sbuffò “Ok va bene, è qualcosa di un po’ di più…diciamo che dovrò usare le stampelle per un po’!”
“Così va meglio!” disse soddisfatta Setsuna interrompendo poi il contatto fisico con l’altra.
Più le stava vicino più le veniva voglia di non allontanarsi da lei e quella sensazione era un problema, un enorme problema.
“Ci sarà del lavoro da ufficio…” la rassicurò.
“CHE COSA?! Ecco vedi?! Lo sapevo mi sbattevi dietro ad una scrivania!” disse piccata l’altra incrociando le braccia al petto e mettendo su il muso.
“Oh andiamo! Pensavi di poter fare inseguimenti e altre cose del genere tutta malandata?”
Non mi vuoi vicina a te! Non mi vuoi con te! Ma io farei di tutto per stare al tuo fianco, mi beccherei una pallottola…beh su questo ci sono andata già vicina direi…
Il fiume di pensieri di Rei venne bloccato dalla voce dell’altra, che con la potenza di quelle parole che stava pronunciando; e che Rei faticava a credere fossero realtà, riuscì a mozzarle il respiro e a farle accelerare prepotentemente il battito.
Setsuna Meiō, tu hai il potere di uccidermi!
“Sei troppo preziosa per me, Hino. Se ti succedesse qualcosa…”
Zitta Setsuna, stai esagerando, tappa la bocca!
La donna lasciò cadere il discorso nel silenzio senza finire la frase per paura di dove si fosse potuta spingere. Per paura dei propri sentimenti, di come sarebbe stata coinvolta, di come tutto questo avrebbe inciso sulla carriera.
Lei e l’ignoto non andavano d’accordo.
 
Rei da parte sua, cercò di tornare sulla terra ferma.
“L’hanno preso?” chiese riferendosi ad Haruka.
“No. Ci è scappato!”
“Ho una teoria…” disse decisa la ragazza.
“Sentiamo!” esclamò Setsuna appoggiando il mento sulle braccia incrociate sopra al lettino.
Era tremendamente stanca ma voleva ascoltare Rei, in fin dei conti aveva avuto l’intuizione giusta con la corsa e ne era sicura, la ragazza aveva del potenziale.
“Credo non si tratti di rapimento!”
“Cosa te lo fa pensare?”
“L’ho vista, ho visto come ci ha guardate quando ha capito che eravamo della polizia, non era uno sguardo di sollievo il suo. Era come quello di una persona colta sul fattaccio, come dire…siamo sicuri non sia tutta una messa in scena?!”
Gli occhi dalle sfumature porpora si assottigliarono divenendo due piccole fessure.
“Credi che sia andata via di casa e che solo i parenti pensino si tratti di rapimento?”
Rei fece spallucce appoggiando meglio la schiena al cuscino.
“Magari all’insaputa della sorella e del padre fa parte di un giro losco e il rapimento è stata tutta una farsa per uscire di scena e dedicarsi ad attività illecite…”
“mmh” le palpebre della donna si fecero pesanti.
Michiru Kaiō non sembra aver nulla della criminale.
“Facciamo così…” disse sbadigliando e continuando a tenere il capo appoggiato al lettino “vado a fare altre due chiacchere con la sorella, così da escludere o meno anche questa tua ipotesi, per quanto credo sia improbabile!”
Il respiro le si fece pesante e senza che se ne potesse rendere conto cadde in un sonno profondo senza sogni.
Rei se ne accorse e sorrise, sfiorandole una guancia con le dita.
“Davvero sono importante per te?”
 
 
*
 
 
Dopo quel bacio Haruka e Michiru non si erano più rivolte la parole.
Haruka era stata fuori tutto il tempo per poi tornare a notte fonda e addormentarsi con tutti i vestiti ancora addosso e uscire nuovamente, mentre lei era stata per un po’ sotto la sorveglianza amichevole di Marta e Akira prima che anche i due si ritirassero.
Michiru sospirò appoggiata al piano del cucinotto mentre si versava una tazza di tè fumante.
Questa faccenda ha dell’assurdo.
Soffiò sul liquido scuro e prese a guardare il vuoto.
Dov’è andata? Cosa voleva dirmi con quel bacio?
Sbuffò scocciata per poi bere un sorso della bevanda, attenta a non scottarsi, quando la porta si aprì facendo entrare Haruka piena di sacchetti tra le mani.
Michiru inarcò confusa un sopracciglio.
Non ha l’aria di una che fa shopping in modo sfrenato.
“Ciao!” la salutò avvicinandosi con la tazza in mano.
L’altra soffocò un’imprecazione chiudendo la porta con un calcio.
“Ciao!” rispose piegandosi sugli acquisti.
“Ooh si!” esclamò una volta che si fu liberata di uno dei sacchetti in plastica colorati estraendone una scatola.
“Vuoi del tè?” domandò Michiru cercando di frenare la curiosità morbosa che la stava assalendo.
“Naaa!” Gli occhi della bionda s’illuminarono.
“Cos’è tutta quella roba?”
“Una play station e…una ventina di giochi!”
“Perché hai preso una playstation? E…sono necessari tanti giochi?”
Haruka si bloccò guardandola come se avesse appena detto un’eresia.
“IO…ti faccio un regalo…” gli occhi cobalto si fecero sottili e minacciosi “e tu…ti lamenti?”
“Calma, tu mi fai cosa?” Michiru indicò con una mano la montagna di roba davanti all’altra “sarebbe per me?!”
Era interdetta “Io non so nemmeno come si usa!”
“Vedi?” Haruka si portò le mani ai fianchi “lo stai facendo ancora una volta, ti lamenti!”
“Non era mia intenzione…solo che, non capisco!”
“E’ per non farti annoiare mentre sono via…” spiegò scompigliandosi i capelli “ho cercato un violino in realtà, ma poi ho pensato…ehi ci si passa di più il tempo se fai qualcosa che non sai fare!”
“Quindi ho l’aria di una che non sa usare quell’aggeggio demoniaco, giusto?”
“Esatto!”
Michiru sorrise “mh, ha senso!”
“Ora la monto! Poi…ti lascerò in balia dei giochi, quando torno…voglio che tu mi sappia battere almeno ad uno di questi!” disse seria.
Mi verrà una crisi epilettica a stare davanti allo schermo tutto il tempo che starà fuori!
“Hai avuto un pensiero carino…” La ragazza si liberò della tazza e si sedette a guardare i cd contenenti i giochi più disparati “per quanto strambo…”
Si lasciò sfuggire una risatina leggera “Ok, questo con le macchine no, ne ho avuto abbastanza di corse!”
“Mi scarti in quel modo need for speed? Sei folle! Sei proprio una novellina!” disse scuotendo rassegnata il capo Haruka.
“Come va la scapola?” Cambiò discorso l’altra.
“I punti tirano un po’, ma tutto bene!”
Non interessarti così, per favore.
“Non dovresti tenerla a riposo? Starai via tanto?”
Devo uscire per starti lontana o impazzisco Michiru.
“Non so ancora quanto…” sbiascicò Haruka trafficando con alcuni cavi.
“Ma…” Michiru esitò un momento “non potrei venire con te anzi che stare qui? So che è rischioso ma ormai penso sappiano qual è la faccia di entrambe!”
“Non se ne parla”.
Ecco il muro di ghiaccio che ritorna ad ergersi imponente!
“Perché?” continuò ugualmente nella speranza di non rimanere sola in quell’appartamento.
“Hai paura di Daisuke?” domandò Haruka interrompendo ciò che stava facendo per poi guardarla finalmente negli occhi per la prima volta da quando era rientrata.
Michiru boccheggiò. Cosa doveva rispondere?
“Chiederò a Minako di passare…ti sta simpatica no?”
L’altra annuì col capo silenziosa.
“Magari se non ho bisogno di Akira mando pure lui, così siete più sicure, ma Daisuke lo tengo d’occhio io, tranquilla”.
La sua attenzione tornò a spostarsi sulla televisione.
“Ho sempre voluto una playstation” sorrise leggermente mentre lo schermo si sintonizzava alla console.
“Ah ecco perché te la sei comprata! Di la verità!” la prese in giro Michiru.
“Diciamo che ho colto l’occasione al volo!”
 
 
*
 

Ami lanciò un’occhiata a l’orologio da polso che segnava le undici e un quarto.
“Non facciamo il tragitto assieme per andare a casa?” domandò Minako guardandola controllare l’ora per poi attendere qualcuno sulle scalinate della facoltà.
“Prima mi ha chiamata l’ispettore di polizia, deve farmi qualche domanda, ci metterò poco, però se devi andare…”
Minako la interruppe “come mai centri con la polizia?” domandò allarmata ed incuriosita allo stesso tempo.
La ragazza dai capelli corti si guardò attorno come per controllare di non essere vista o sentita da qualcuno “Sai che ho una sorella più grande che vive ad Osaka no?!”
L’altra accennò con il capo un si.
“E’ venuta qualche giorno da noi, qui a Tokyo…”
Minako la osservò un momento, credeva di non aver mai visto un blu così intenso di occhi fino a quando non aveva incontrato Michiru.
ODDIO SUA SORELLA E’ MICHIRU?
Ami stava continuando a parlare spiegando la situazione gesticolando leggermente e talvolta assumendo in volto un’aria preoccupata, ma la biondina aveva smesso di ascoltare perché era arrivata alla soluzione da sola, notando alcune somiglianze tra le due, fino a che nella sua visuale non entrò la figura di Setsuna che le chiarì ogni eventuale dubbio.
La donna della corsa! Merda!! Dovrei filarmela? Mi riconoscerà?
Valutò che se fosse corse via all’improvviso sarebbe risultata ancora più sospetta perciò decise di rimanere sperando di non cacciarsi nei guai.
 
 
“Ami, buongiorno! Scusa se ti ho avvisata all’ultimo, mi sono addormentata all’ospedale e…” Setsuna s’interruppe fissando Minako per un momento “mi sono data una sistemata!”, sibilò senza cavarle gli occhi di dosso.
La ragazza s’irrigidì.
Oh cavolo…lo sa!
“Ispettore Setsuna Meiō, piacere!” disse tendendole la mano.
Fai buon viso a cattivo gioco, sa chi sei Minako, lo sa bene!
“Minako…” deglutii cercando di risultare il più naturale possibile “Minako Aino!” disse ricambiando la stretta.
“E’ una tua amica Ami?”
“Si, frequentiamo alcuni corsi assieme!” confermò sorridente la ragazza, ignara che le due erano rispettivamente sulla difensiva e sull’attacco.
“Sta meglio la persona che è andata a trovare?” chiese poi sinceramente preoccupata.
“Se l’è cavata con qualcosa di rotto, poteva andare peggio!”
“Ne sono contenta, cosa doveva chiedermi? Sa…vorrei andare a casa da mio padre, son sempre un po’ in ansia a lasciarlo solo ora, dopo l’infarto e il resto!” spiegò Ami, sperando che la questione le portasse via poco tempo.
“Ma certo!” Setsuna le sorrise “faremo velocissimo e poi volevo rubarti un attimo la tua amica se ha tempo da dedicarmi…”
Ami guardò interdetta Minako che annuì col capo “non ci sono problemi!” confermò, “andremo a casa insieme un altro giorno se l’ispettore ha bisogno di me!” concluse poi lanciando uno sguardo d’intesa all’amica.
Che diavolo vuole?
“Avrei bisogno di un bel caffè nero forte, possiamo andare a sederci al bar all’angolo? Vi offro qualcosa…” propose Setsuna.
Ti metterò sotto pressione Aino, ti spremerò fino a che non canterai se centri con questa storia!
 
 
 
*
 
 
“Ehi!” Haruka entrò come se fosse a casa sua nell’appartamento di Akira.
“Non si usa più bussare?”
“Tieni sempre aperto!” fece spallucce l’altra appoggiandosi alla parete con le mani in tasca.
“Allora andiamo?”
“E dove?” domandò Akira piegandosi a raccogliere da terra dei contenitori take away.
“Non vedi? Sto facendo le pulizie! Sono un tantino impegnato…quando passa di qui Minako è come se un terremoto distruggesse la casa…”
“Ma perché mangiate per terra?” chiese Haruka notando i piatti sul pavimento in marmo lucido, “hai un bellissimo tavolo in cucina, se non lo vuoi me lo prendo io!”
“Non se ne parla! Accattona!” Akira la fulminò con lo sguardo, quella ragazza aveva la tendenza a portarsi via tutto quello che le passava per l’anticamera del cervello se le piaceva o riteneva fosse meno utile a qualcun altro.
“Ci piace stare sul tappeto, soprattutto quando d’inverno accendiamo il caminetto…” spiegò il ragazzo, rispondendo alla precedente domanda.
“Dovresti trasferirti…”
Il moro si bloccò a quelle parole mollando il grande sacco di spazzatura che aveva in mano.
“Come?”
“Dovresti andare via di qui, è una cosa seria con Minako ormai, no?!” sospirò un momento, “non hai timore le possa accadere qualcosa rimanendo in questo palazzo? I soldi non ci mancano con questo lavoro, potresti benissimo permetterti una casa tua…tanto non sarebbe come scappare, la yakuza saprebbe comunque dove sei, ma almeno…”
“E lasciarti qui sola?!” La interruppe di colpo.
Haruka rimase con le labbra schiuse per la sorpresa.
“So badare a me stessa!” lo disse sorridendo, con una punta di felicità nel capire che quel ragazzo ci teneva realmente a lei.
“Non ho dubbi su questo, te la sei sempre cavata. A volte penso di essere io quello che ha più bisogno di te dei due…Non ti lascio qui da sola, va bene così! Minako lo sa, lo capisce e non si lamenta! Se ho lei e posso tenere sotto controllo te, non mi manca nulla!”
Akira…
La ragazza dovette trattenere una smorfia di stupore per quelle parole.
Akira è davvero un amico prezioso anche se è un rompi scatole a volte!
“Stai diventando piuttosto sentimentale!” lo sbeffeggiò lei.
“Ogni tanto puoi toglierla quella maschera lo sai?!” disse lui riprendendo a riordinare la stanza, “non serve fare sempre la dura, ti conosco ormai!”
Sacrosanta verità.
Haruka sembrò passarci sopra con indifferenza a quelle parole, anche se nel profondo sapeva che Akira aveva pienamente ragione.
Lui c’era sempre stato. Anche quando lei era una ragazzina taciturna e arrabbiata col mondo, che se gli rivolgeva la parola era solo per offenderlo, perché non voleva altro che essere lasciata in pace col suo dolore, lui non aveva mai smesso di starle vicino.
 
“Non piangere Haru!”
“Non sto piangendo, vattene!” gli gridò contro con gli occhi cobalto colmi di lacrime.
“Si che lo stai facendo, guarda che non ti prenderò in giro io voglio solo aiutarti!” le disse il ragazzino moro mentre cercava di avvicinarsi a lei per darle un po’ di conforto.
“Sei uno stupido!” Haruka mollò ad Akira uno schiaffo sulla mano che stava cercando di raggiungere la sua spalla. “Io non faccio amicizia con la gente che non capisce niente! Non sai nulla! Non ho bisogno di te! LASCIAMI IN PACE!”
Il suo urlare non serviva a niente, quel bambino continuò per sempre a darle il tormento.
 
La bionda scrollò quel ricordo dalla sua mente.
Non lo volevo proprio in mezzo alle scatole!
“Senti ma…” cominciò Akira curioso, “cosa c’è di preciso tra te e Michiru?” chiese lavandosi le mani e asciugandole nella maglietta stropicciata.
Haruka ignorò quella domanda “sei pronto? Usciamo? Dai che devo fare la spesa!”
Il ragazzo le aprì la porta uscendo seguito dalla bionda, “Tu non cucini Haruka…” girò la chiave nella serratura.
“Però bevo e…Michiru prima o poi dovrà mangiare, era buono il tuo panino l’altro giorno!”
“NON LE HAI DATO DA MANGIARE A QUELLA POVERA RAGAZZA?” la voce del moro rimbombò per tutto il corridoio.
“Non gridare! Non sono sorda!”
“Haruka, stai scherzando vero?”
“Non ne ho avuto il tempo e poi lo hai detto tu, io non cucino!”
“Tu la stai evitando! Lo fai apposta!” Akira ebbe la rivelazione.
“Non farti strani film mentali, non prendere questo vizio dalla tua donna per cortesia!” disse la ragazza fissando il volto dell’amico e collega, che stava assumendo svariate espressioni.
“Anche la spesa è una scusa! Ma guarda te! Non le vuoi stare vicina! La baci e poi…Oh si, sei stramba! Una persona contorta come te non la si trova sulla faccia della terra!”
“Hai finito di analizzarmi?” chiese scocciata Haruka premendo il tasto per la chiamata dell’ascensore, “cosa sei uno strizza cervelli?”
“Ammettilo!”
“Non ho niente da dire!”
“Ammettilo che ti piace!” Akira le puntò un dito contro mentre le porte dell’ascensore si aprirono rivelando la figura di Disuke davanti a loro.
“Si ammettilo che sei come quello stolto di tuo padre!”
Le iridi di Haruka si sgranarono a quelle parole.
“Non pronunciare una parola su mio padre con quella maledetta bocca!” scandì minacciosa ogni parola per chiarire il concetto.
“Cos’è…ti vergogni per caso di lui? In effetti…” Daisuke sorrise malevolo “era un debole, non c’è che dire!”
“Non l’hai sentita? Taci, Daisuke!” gli disse Akira trascinando Haruka con sé nell’ascensore per evitare una rissa.
“Ah…il caro Ten-ō” l’uomo sospirò alzando gli occhi al cielo, “così dai buoni sentimenti…”
Ad Haruka gli ribollì il sangue.
“Così premuroso…”
Akira spinse il pulsante del piano terra e le porte metalliche cominciarono a muoversi.
“Così stupido!”
La mano della ragazza premette violentemente il tasto del blocco dell’ascensore.
“Tanto imbecille da farsi ammazzare, perché non ha ubbidito su una semplice, piccola, cosa che gli era stata chiesta!”
“VERME!” La bionda scattò in avanti verso di lui balzandogli addosso come una pantera che attacca la propria preda.
“Non devi nominarlo!” Si avvinghiò alla vita di Daisuke buttandolo a terra e colpendolo con un pugno in viso.
“TACI BASTARDO!” Un altro pugno in pieno volto.
“NON SAI NIENTE!” la sua voce era talmente alta da coprire le grida dell’uomo quando ricevette il colpo in pieno setto nasale.
“SCHIFOSO!”
Daisuke sputò sangue dopo essere stato colpito dalla furia cieca dalla ragazza che non accennava a mollare la presa.
“Ok, Haru…fermati!” intervenne Akira tirandola per le spalle.
“NO! DEVE MORIRE!”
Daisuke vide come un lampò attraversarle gli occhi blu oltreoceano che lo fissavano spietati, iniettati del più puro odio.
“Ti vuole provocare, non devi starlo a sentire, succederà un casino se non ti fermi, dammi retta!”
“lasciami Akira, lasciami adesso o giuro ti metto le mani addosso!”
L’amico non accennò a lasciarla andare, la trascinò di peso allontanandola di poco dall’uomo, anche se Haruka opponeva resistenza e scalciava come un toro impazzito nel vedere il colore rosso davanti a sé.
“Lascia che mi faccia del male!” disse tenendosi tamponato il naso massacrato.
“Lascia che crei discordia e rompa l’equilibrio della pace interna, così…” s’interruppe imprecando per una fitta di dolore per poi continuare, “anche l’oyabun si renderà conto, che una sporca lesbica come lei, non è degna di essere un membro della ikka, come non lo era quel debole di suo padre!”
A quelle parole Akira lasciò andare l’amica che aveva smesso di dimenarsi.
“Io…” deglutì ricacciando indietro le lacrime di rancore e dolore che spingevano per uscire dai suoi occhi. “Nemmeno volevo essere parte di questa ikka…”
Serrò i pugni. Non avrebbe pianto davanti a lui, non avrebbe pianto davanti a nessuno.
Stringendo gli occhi le immagini della sakazukishiki le tornarono prepotentemente in testa.
 
 
“Farò di te il mio kobun!” sentenziò l’uomo considerato come un Dio dall’associazione criminale.
“Grazie alla tua immensa generosità diventerò il tuo kobun!” disse con voce piatta e priva d’entusiasmo la ragazza rimanendo seduta sulle ginocchia davanti al piccolo banchetto che la divideva da lui, da chi aveva fatto uccidere suo padre a sangue freddo.
L’ uomo prese la tazza contenente il sakè e la portò alle labbra bevendone un sorso per poi porgerla ad Haruka che compì lo stesso gesto.
“Avendo bevuto dalla coppa dell’ oyabun e lui dalla tua, da ora in avanti devi lealtà alla ikka e devozione assoluta al tuo oyabun. Anche se tua moglie o i tuoi bambini muoiono di fame, anche a costo della tua stessa vita adesso, il tuo unico dovere è seguire la ikka e il tuo oyabun. L’ oyabun è il tuo solo genitore e parente, seguilo attraverso il fuoco e le inondazioni. Da ora in avanti non avrai altra preoccupazione fino alla morte.”
Dopo aver udito quelle parole e prendendo coscienza di ciò che da quel momento in poi le sarebbe aspettato, indossò il tipico happi.
“E’ come avere un figlio naturale!” Affermò il carnefice.
 
 
 
 
L’angolo delle spiegazioni:
Per non lasciarvi in balia dei dubbi vi racconto qui qualche cosa per farvi comprendere soprattutto l’ultima parte del capitolo, in cui ho usato espressioni giapponesi e attinenti al mondo della yakuza.
 
Ikka= è la famiglia. Ogni yakuza appartiene ad una Ikka a cui giura fedeltà.
Kobun= figlio. Ogni nuovo componente diventa un figlio per l’Oyabun che rappresenta il padre della ikka.
 
Sakazukishiki = è una cerimonia del tè che si fa ogni volta che una persona diventa membro della yakuza. Si ha un banchetto che comprende due piccole coppe di sake, sakazuki, un piatto con due pesci cucinati e disposti fianco a fianco una piccola ciotola di sale, una di riso. L’oyabun unisce tutta questa roba e poi beve il sake offrendolo al Kobun che deve bere dalla stessa coppa. Dopo questo rituale il nuovo membro viene informato dei suoi obblighi (le frasi sono state riprese tali e quali da quelle che vengono pronunciate nella cerimonia).
Dietro a tutto questo c’è un significato simbolico e religioso Simbolicamente i due pesci sono considerati segno di concepimento e di nascita; la mistura simboleggia il legame tra le parti mentre, il dono (happi) del nuovo abito rappresenta quello del giorno di nascita.
 
Happi= giacca in cotone con sopra ricamato il simbolo o il nome della famiglia (se non erro)
 
Dal momento in cui la persona diventa membro effettivo della yakuza è tenuto a:
 
1. Non toccare la moglie di un altro componente;
 
2. non fare altro che la “normale” attività anche se sotto la pressione della povertà;
 
3. se catturato,non rivelare alla polizia i segreti dell’organizzazione;
 
4. dedicati al tuo oyabun con lealtà assoluta;
 
5. non usare il linguaggio “ordinario”; usa il linguaggio speciale della kumi o quello gergale.
 
-       Daisuke fa riferimento allo spezzare una certa “pace”. L’oyabun è tenuto a far si che tutti i membri mantengano la pace interna della famiglia, quando questo non accade si prendono provvedimenti. (Di conseguenza baruffe ecc dovrebbero essere pagate a caro prezzo suppongo)
 
 
Note dell’autrice:
 
Figuriamoci se dopo le spiegazioni non mi perdevo a fare due chiacchere! :P
Dunque dunque…per augurarvi un buon weekend ecco un altro capitolo, sono poi brava no? Non faccio passare tanto tempo tra uno e l’altro come all’inizio.
Forse preferivate che lasciassi più spazio ad Haruka e Michiru, però ho ritenuto opportuno scrivere un po’ di più anche degli altri personaggi. Insomma lo spazio “tolto” a loro non mi sembra sia stato sprecato inutilmente, poi voi potete avere un’opinione diversa chiaramente :D
La situazione di Minako che incontra Setsuna, non l’ho voluta terminare qui perché volevo affrontarla un pochino meglio nel prossimo capitolo. Penso sia un po’ cruciale, non trovate?
La scena tra Akira e Haruka non doveva esistere e il litigio con Daisuke nemmeno. La cosa doveva limitarsi a una minaccia di costui nei confronti della nostra eroina. Ma ho colto l’occasione per farla sfogare un po’ e soprattutto per accennare ancora una volta al suo passato che dovevo chiarire del tutto qui, ma non ci sono riuscita. Per lo meno sappiamo qualcosina in più!
Bene, smetto di blaterare!
Un bacione Kat
   
 
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