Capitolo 19: Catturati
Nell’intera base, grazie alle auto parlanti sparse per i corridoi, risuonò
l’avviso della cattura di due membri dell’equipaggio di Mugiwara.
“Accidenti, quei due si sono fatti catturare!” disse Franky.
“Che facciamo ora Cyborg-san?” chiese Brook.
“Direi di continuare a cercare informazioni su come uscire da questo posto.
Lo spadaccino e il cecchino, sapranno cavarsela!” disse Franky
prima di ritrovarsi nuovamente circondato da numerosi marine, sta volta per
niente intenzionati ad abbassare le armi.
“Mani in alto! Ti comunico che sei in arresto per pirateria, per esserti intrufolato
in una base della marina e per esserti preso gioco di alcuni marine!”
“Tra cui te?” chiese Franky.
“Il gioco finisce qui. Non è stato chiesto nessun nuovo scheletro per l’infermeria,
quindi per forza di cose tu devi essere
un membro dell’equipaggio di Mugiwara. Se
collaborerai e ci dirai dove sono i tuoi compagni, potremmo esserti magnanimi
ed eliminarti in fretta!” disse il marine.
“Oh ma che bontà di cuore fratello, ma se speri che voi quattro omuncoli
della marina possiate fermarmi allora…” cominciò Franky mostrando
alcune delle sue armi uscite dalla braccia che corrispondevano a dei cannoni.
I marine fecero tutti un passo indietro, ben consapevoli che potevano poco
contro quel Cyborg, che già diverse volte aveva costituito un problema per la
marina.
“Se fossi in te, sarei meno sicuro di me stesso e abbasserei quelle armi, affinchè non mi faccia del male!” disse una voce.
“Chi parla?” chiese Franky.
I marine si divisero in due file per lasciare libero il passaggio e si
misero sull’attenti.
Una donna dai capelli azzurri lunghi fino al fondo schiena, camminò
maestosa verso il cyborg e lo scheletro, fermandosi davanti a loro con aria
sicura e con sguardo altezzoso.
“Salve Mugiwara. Mi presento, il mio nome è Shiori e sono il vice ammiraglio incaricato della guardia
all’ala ovest!”
Brook, cercando di liberarsi dal gancio che lo
teneva sollevato invano, disse “Scusi signorina, sarebbe così gentile da
liberarmi da questa scomoda posizione?”
Il vice ammiraglio guardò lo scheletro senza fare una piega, diversamente
dagli altri marine che rimasero shoccati nel vedere uno scheletro che si
muoveva da solo e che oltretutto parlava.
La donna, rimanendo ferma nella sua posizione, allungò i suoi capelli a
dismisura e muovendoli come se essi avessero vita propria, afferrò lo scheletro
per il collo e sollevandolo, lo liberò dal gancio che aveva in mezzo alle
costole, senza però allentare successivamente la presa alla gola.
Tuttavia, la presa non essendo ancora molto forte, diede il coraggio allo scheletro
di domandare se la donna gli avesse mostrato le mutandine e come risposta, si
ritrovò a lottare con la stretta morsa che rischiava di soffocarlo.
“Brook!” lo chiamò Franky,
per poi sparare quattro colpi che gli uscirono dal braccio destro, tutti parati
dalla folta massa di capelli che fecero da scudo a Shiori.
“Non m-mi a-arriva p-più a-aria nei p-polmoni!” disse Brook,
afferrando la sua spada, nascosta dietro la sua fedelissima chitarra, per
tagliare i capelli con successo.
“Interessante! Sembra che tu possa morire nonostante tu sia uno scheletro!”
disse con una faccia disgustata la donna.
I due pirati cercarono di lottare contro il vice ammiraglio e i marine, ma
se i secondi non presentavano alcuna minaccia, il primo, a causa del suo potere
donatogli dal frutto del diavolo Kushi kushi, era davvero pericolosa grazie alla sua difesa difficile
da abbattere e i suoi colpi resi efficaci dall’immobilità della preda una volta
che questa veniva catturata dai capelli.
Fu così che i due pirati, caddero nelle mani della marina.
“Mugiwara Rufy, ti
avvisiamo che abbiamo in nostra custodia, quattro dei tuoi compagni. Gli ultimi
presi sono il cyborg Franky e la rock star Soul King!”
“Come temevo siamo finiti in una base della marina tranquilla solo
apparentemente. Se i marine non costituiscono un problema, c’è qualcun altro in
grado di rappresentare un pericolo per noi. Zoro, Usopp, Franky e Brook sono in gamba e riescono a cavarsela nelle situazioni
più impensabili, ma qui dentro siamo come dei topi intrappolati che aspettano
di essere divorati dai gatti!” disse Robin seria.
“Io non voglio essere divorato! Disse Chopper con le lacrime agli occhi.
“Tranquilla Robin-chwan, finchè
sarai con me, sarai al sicuro!” disse Sanji con gli
occhi a forma di cuore.
“Ma davvero? Vediamo allora come te la cavi con il sottoscritto!” disse una
voce roca di un uomo alto almeno due metri, con muscoli evidenti.
“E tu chi saresti?” chiese Sanji
“Sono lo chef di questa base e per vostra sfortuna sono anche un ammiraglio.
Il mio nome è Ryoory, di sicuro avrete sentito
parlare di me, miei cari aiuto cuochi e selvaggina parlante!”
Chopper cominciò a sudare freddo.
“No, mai! Il che la dice lunga. Forse ammiraglio è un nome con cui ti presenti
tu, ma in realtà è un titolo che non ti spetta!” disse Sanji
guardandolo storto.
“Sanji, non farlo irritare. Io lo conosco e un
uomo molto pericoloso a causa del potere che gli deriva dal frutto del mare Abura abura. Il suo corpo è fatto
di olio bollente, basta anche sfiorarlo per rimanerne scottati!” lo informò
Robin.
Chopper cominciò ad agitarsi “Mi basterà sfiorarlo per diventare una
pietanza bella croccante pronta per essere mangiata!”
Sanji sapeva bene cosa potesse comportare l’olio
bollente e sapeva bene che erano in guai seri, ma provò comunque ad attaccare.
L’ammiraglio venne colpito diverse volte dai calci del cuoco, il quale però
venne scottato dalle gocce di olio che schizzavano via a causa dell’impatto del
colpo.
“Fermati Sanji!” disse Robin, senza però che il
cuoco la potesse sentire a causa di un nuovo attacco che aveva provato a
mandare a segno, ma l’ammiraglio, intercettando il suo colpo, afferrò la gamba
del cuoco ustionandogliela pesantemente.
Sanji cadde a terra tenendosi la caviglia
dolorante. Robin e Chopper vedendo che il nemico si stava avvicinando al loro compagno, si
misero in mezzo, la prima alzando le mani in alto in segno di arresa, ben
consapevole di non avere le armi adatte per combatterlo.
Nella base un nuovo avviso risuonò “Nico Robin, Sanji
gamba nera e Tony Tony Chopper sono stati catturati.
Mancate solo tu Nami, conosciuta come la gatta ladra
e tu Rufy cappello di paglia. Che intenzioni avete? Lasciare
i vostri compagni in gatta buia?”
Nami, che stava correndo con Rufy verso l’ala nord, si fermò di colpo a sentire quell’annuncio.
Si morse il labbro inferiore cercando di riflettere.
Rufy strinse i pugni “Se tutti si sono fatti
catturare, vuol dire che non abbiamo davanti un nemico semplice da battere!”
“Me lo aspettavo da una base della marina così ben strutturata e nascosta.
Mi domando quali capacità avessero coloro che hanno avuto la meglio sui nostri
compagni!” si domandò Nami.
“Ha importanza?” chiese Rufy che ricevette uno
sguardo interrogativo da parte della navigatrice.
“Qualsiasi capacità possono avere, non possiamo abbandonare i nostri amici
in cella, quindi Nami cerca di scoprire dove si
trovano le prigioni!”
Nami sorrise, per niente sorpresa dall’uscita
del ragazzo e avvicinandosi a una cartina, studiò la loro posizione e il
percorso più breve per giungere alle prigioni.
“Da questa parte!” disse Nami cominciando a
correre.
Giunsero presto nella zona nord della base, dove vi erano numerose celle con
all’interno numerosi pirati, tenuti in condizioni pietose.
“E poi siamo noi pirati a essere considerati disumani!” disse Nami disgustata e
dispiaciuta allo stesso tempo.
“Ragazzi, dove siete?” urlò Rufy.
Nami lo colpì alla testa e lo rimproverò per
il suo comportamento sconsiderato.
“Nami, che differenza fa se faccio piano o urlò,
tanto ci sarà di sicuro qualcuno ad attenderci. Purtroppo la marina non è così sprovveduta
come vorremmo!”
Nami provò a ribattere, ma si ritrovò a
pensare che il ragazzo di gomma aveva ragione.
Dopo aver controllato vari corridoi e diverse celle, finalmente trovarono i
loro nakama di avventura.
“Finalmente vi abbiamo trovato!” disse
Nami guardandosi intorno, sospettosa del fatto che
nessuno fosse ancora intervenuto, ma come aveva detto prima Rufy,
qualcuno ci sarebbe di sicuro stato.
“Nami-swaaaan!” urlò Sanji
felice di rivedere la ragazza, la quale non potè fare
a meno di alzare gli occhi al cielo.
Rufy piegò la testa di lato confuso “non siete
incatenati eppure non avete provato ad evadere!”
Zoro indicò Usopp, il quale giaceva a terra privo di sensi e un
po’ carbonizzato.
“Queste gabbie sono…” cominciò Robin interrotta
dall’urlò di Chopper che invano gridò a Nami di non
toccare le sbarre.
Nelle sbarre della prigione, correva elettricità ad alto voltaggio e Nami, cercando di scassinare la serratura con un piccolo
pugnale che aveva nascosto nel reggiseno, prese una forte scossa, che la
catapultò a terra.
“Nami!” la chiamò Rufy,
correndo al suo fianco e sollevandola.
La ragazza strinse gli occhi e tossì “C-che
stupida. Sapevo che doveva esserci qualche tranello, ma non credevo avessero
messo l’elettricità anche nella serratura, essendo le chiavi fatte con materiale
che conduce elettricità!”
Rufy la appoggiò al muro e le disse “Tu riposa
qui, ci penso io a buttare giù le sbarre!”
Nami sorrise e annuì, se qualcuno poteva
farcela era solo Rufy.
Improvvisamente una voce sconosciuta ai presenti parlò “Ru-Rufy?
S-sei tu?”
L’interpellato si girò a guardare in direzione della prigione che vi era
alle sue spalle da dove proveniva la voce, ma a causa della lampadina fulminata
che si trovava in quella direzione, il ragazzo non riuscì a identificare chi vi
era dentro.
Lo ignorò, non conoscendo la voce e pensando che fosse semplicemente
qualcuno che lo conosceva grazie alla sua fama.
Il ragazzo cominciò a dare forti calci contro la porta, usando anche l’haki busoushoku, rendendo i suoi
colpi più duri. Di fatto la porta cominciava a cedere, ma il rumore di passi,
costrinse Rufy a fermarsi e a guardarsi intorno.
Vide nel soffitto un’apertura che portava al condotto d’aria e dopo averla
sfondata, posò il suo cappello in testa a Nami, per
poi aiutarla ad arrampicarsi.
“Rufy, vieni anche tu!” disse la ragazza quando
era ormai al “sicuro”. Il capitano fece per allungarsi, ma comprendendo che non
avrebbe mai fatto in tempo, lasciò perdere il suo intento, per non destare
sospetti e impedire che anche Nami venisse catturata.
Riprese a prendere a calci la porta
della cella dei suoi compagni, sperando di riuscire a liberarli prima dell’arrivo
di qualche pezzo grosso, ma un forte bruciore alla schiena, lo fece urlare e
voltare.
I suoi compagni videro cosa era successo. Rufy
era stato attaccato alle spalle e ora aveva un grosso buco nella casacca che scopriva
la sua pelle ancora fumante e rossa.
“Cattivo pirata, ti metto io a cuccia!” disse una voce di donna poco alta,
dai capelli verdi ondulati lunghi fino a metà schiena, il viso paffuto e il
corpo abbastanza in carne.
“Chi sei tu?” disse Rufy guardandola curiosa “Sembri
una mongolfiera!”
La donna lo fulminò con lo sguardo e alzando una mano, cominciò a sparare
proiettili fatti di una strana sostanza,
che a contatto con mura o pavimento o qualsiasi altra cosa, la scioglieva come
il fuoco fa con il ghiaccio.
“Che roba è?”chiese Rufy sorpreso.
“Attento quella sostanza è acido!” disse la voce misteriosa che prima aveva
interpellato il capitano dei Mugiwara.
“c-cosa? Ma è mostruoso! Una donna fatta di acido” disse Rufy.
“Ah si, perché tu sei normale, moccioso fatto di gomma!” disse la donna
“Si può sapere chi diavolo sei?” chiese
il ragazzo “Non che il tuo nome abbia importanza. Tu mi impedisci di
salvare i miei amici e questo non mi sta bene, indipendentemente se ti chiami Genoveffa o Lucia!”
“Il mio nome è Marena e sono un vice ammiraglio incaricata della
sorvegliata di queste prigioni. Solitamente se c’è un fuggitivo tocca a me catturarlo, ma è
difficile che riesca a riportarlo indietro vivo. Sapete, tutti hanno il brutto
vizio di essere allergici all’acido, compreso tu cappello di paglia!” disse con
un ghigno divertito.
“E pensi che questo possa fermarmi?” chiese Rufy.
Non riusciva a nascondere di essere preoccupato. Se non riusciva a usufruire bene del suo Haki, quell’acido poteva anche complicare le cose e di
fatto, durante la battaglia intrapresa con la donna, rimase ustionato diverse
volte.
Rufy era in piedi davanti alla donna, con l’affanno
e un braccio sinistro che era stato talmente ustionato da non riuscire più a
muoverlo.
“So che sei un utilizzatore di Haki, ma vedo che
il tuo Haki non è abbastanza forte da proteggerti dal
mio acido. Riesci solo a evitare danni ingenti, dato che con la quantità che il
tuo braccio ha assorbito a quest’ora non dovrebbe esistere più!”
Rufy sorrise “Ne ho passate di peggio e ciò
che non ti uccide fortifica e anche lo scontro con te riuscirà a fortificarmi, perché
non ho nessuna intenzione di farmi battere da te!” disse determinato il ragazzo.
La donna sbadigliò annoiata e, dicendo ai marine che l’avevano accompagnata
di tenersi pronti, attaccò nuovamente con dell’acido in modo tale da distrarre
il ragazzo. Intanto fece scivolare dell’acido anche dentro la cella dei mugiwara, facendola espandere in modo veloce.
Rufy, sentendo Usopp
e Chopper urlare, si rivolse a guardare i suoi compagno, venendo colpito all’occhio
destro.
“Rufy!” urlò nuovamente la voce dello sconosciuto
all’interno della cella buia.
Esso cadde a terra urlando, ma riuscì a togliersi l’acido dal viso,
bruciandosi anche il dorso della mano destra, prima che il bulbo oculare
entrasse a contatto con quella sostanza.
Rufy si alzò nuovamente in piedi e facendo uso
solo dell’occhio sinistro, vide che sette “serpenti” di acido, avevano
circondato i suoi compagni senza sfiorarli, ma pronti per ucciderli.
“Allora Mugiwara Rufy,
ora che mi dici? Sei ancora convinto di battermi? Fai un solo passo e i tuoi
compagni moriranno!”
Rufy strinse il pugno destro e mordendosi il
labbro, lasciò cadere le braccia lungo le braccia in segno di arresa.
“Bravo cagnolino!” disse la donna, facendo di Rufy
suo prigioniero e per condurlo successivamente da un’altra parte, all’interno
di una stanza da cui solo pochi individui erano riusciti a uscirne vivi.