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Autore: My Pride    08/10/2011    8 recensioni
Forse lo scopo della nostra vita è il viaggio stesso, non la destinazione. Qualunque risposta mi attenda, oggi è l’inizio del mio viaggio.
La mia storia comincia qui.

Quell’occhiata avrebbe dovuto mettermi soggezione, probabilmente, ma in quel momento ero troppo preso dalla foga di quella che sperai sarebbe stata la mia prima avventura.
Di una cosa, però, ero sicuramente certo: non sapevo in che guaio mi ero cacciato.
[ Prima classificata al «Pirates Contest!» indetto da visbs88 ]
[ Vincitrice del Premio Coppia più originale al «Chi è normale non ha molta fantasia» indetto da Butterphil ]
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Curse of the sea'
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Oceani_1
[ Prima classificata al «Pirates Contest!» indetto da visbs88 ]
[ Vincitrice del Premio Coppia più originale al «Chi è normale non ha molta fantasia» indetto da Butterphil ]


Titolo: 
Oceani in burrasca

Autore: My Pride
Fandom: Originali › Sovrannaturale
Tipologia: Long Fiction 
Lunghezza: 10 capitoli per un totale di 42 pagine senza contare le 3 pagine con note finali e precisazioni
Prompt: Doblone
Citazione: Cominciate a dare credito alle storie di fantasmi? Ci siete dentro.
Rating: Giallo / Arancione
Genere: Generale, Avventura, A tratti vagamente introspettivo, Malinconico, Sentimentale, Drammatico
Nota1: Nel corso della storia potrebbero essere presenti espressioni come “Aye” e “Nay”, che significano rispettivamente “Sì” e “No” in italiano, e “Och”, che è un rafforzativo del “Sì”. Esse non sono un errore, bensì una scelta personale dell’autore, ormai affezionatasi a tale dicitura
Nota2: Per un paio di volte i capitoli saranno alternati sui punti di vista dei protagonisti principali
Nota3: I titoli dei capitoli saranno quasi tutti espressioni piratesche
Avvertimenti: Slash, Vagamente - o forse anche troppo - nonsense, Linguaggio a tratti un po’ colorito
Introduzione: Quell’occhiata avrebbe dovuto mettermi soggezione, probabilmente, ma in quel momento ero troppo preso dalla foga di quella che sperai sarebbe stata la mia prima avventura. Di una cosa, però, ero sicuramente certo: non sapevo in che guaio mi ero cacciato.


DISCLAIMER:
All rights reserved © I personaggi presenti in questa storia sono tutti maggiorenni e mi appartengono, dal primo all'ultimo. Sono comunque frutto di pura immaginazione. Ogni riferimento a cose e persone realmente esistite e/o esistenti è puramente casuale.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0 License.



OCEANI IN BURRASCA
 
Forse lo scopo della nostra vita è il viaggio stesso, non la destinazione.
Qualunque risposta mi attenda, oggi è l’inizio del mio viaggio.
La mia storia comincia qui.
[1]
 

ATTO I: CARAVELLA SENZA NOME › MAR DEI CARAIBI, 1768
HELM’S A-LEE!
[2]

    Il cielo azzurro sopra di me era una sconfinata landa di soffici nuvole bianche. Il richiamo dei gabbiani si confondeva con il sinistro scricchiolio dei legacci che assicuravano le vele di mezzana e trinchetto, e l’oscillazione dello scafo - contro il quale le onde del mare si infrangevano ad ogni movimento, spumeggiando - riusciva a donarmi una sensazione di quiete così appagante che quasi stentavo a credere alla sua esistenza.
     Erano passati poco più di tre mesi da quando io e il mio vice-capitano ci eravamo rimessi in viaggio, e dopo tutto ciò che era accaduto fino a quel momento era alquanto bizzarro riuscire a rilassarsi. Esattamente cinque mesi prima avevamo avuto uno scontro con la ciurma di un pirata della peggior specie - tale Jack Black, il più temuto corsaro del mar dei Caraibi dopo la dipartita di Barbanera
[3] anni addietro -, e purtroppo la situazione non si era svolta a nostro favore: complice anche l’ammutinamento dei nostri uomini, che avevano preferito schierarsi dalla sua parte piuttosto che combatterlo, ci eravamo ritrovati senza più una nave e gettati in mare a far compagnia ai pesci.
    Era stata solo fortuna se un mercantile aveva navigato sulla nostra stessa rotta. Se fosse arrivato poco tempo dopo, la corrente ci avrebbe spinti ancor più a largo e saremmo diventati cibo per gli squali senza poter far nulla per sfuggire al nostro destino. E invece eccoci lì, due uomini scapestrati su una sottospecie di imbarcazione che il mio vice si ostinava a chiamare galeone, sebbene avesse appena le dimensioni di una piccola caravella.
    L’avevamo acquistata a Tortuga per pochi dobloni, anche se le riparazioni ci erano costate un occhio della testa; ma con la fretta che avevamo avuto di lasciare quel posto, in modo da poterci rimettere in viaggio, avevamo inghiottito il rospo e concluso quello sporco affare, arrangiandoci in seguito come avevamo potuto. Ci erano voluti due lunghi mesi a lavorare in una sudicia locanda per riuscire a pagare il carpentiere che si era occupato della nave, però alla fine eravamo riusciti a partire una volta per tutte. Le vele erano per lo più composte da pezzi di stoffa rattoppati alla bell’e meglio e la bandiera era solo una bandana, certo, ma per il momento a noi stava bene così.
    «Ancora a guardare il cielo, Gale
[4] ?». La voce del mio vice mi giunse vicinissima ad un orecchio, e sussultai nel rendermi conto che si trovava accucciato vicino a me. Il suo volto entrò nel mio campo visivo nascondendo un frammento abbondante di cielo, però non me ne curai, anzi; mi ritrovai a rispondere al mezzo sorriso che mi stava rivolgendo.
    «Il navigatore e il cartografo sei tu, qui», rimbeccai sarcastico, drizzandomi lentamente a sedere quando si allontanò, sgranchendomi anche il collo. Quanto tempo ero rimasto sdraiato su quel ponte, diamine? «Io su questa nave sono superfluo».
    Sbuffò e ridacchiò, dandomi una pacca su una spalla. «Non sparare stronzate, Gale», replicò con fare divertito. «Immagina la figura che ci avrei fatto se fossi sbarcato da solo a Porto Rico con una bagnarola del genere, per lo più ridotta in questo stato pietoso».
    «Chi è che sparava stronzate?» lo scimmiottai ironico, poggiando entrambe le mani sul ponte per sorreggere il mio peso e guardare nuovamente in alto. L’odore salmastro del mare mi giungeva dritto alle narici, liberandomi i polmoni. «Piuttosto, chi è che guida la nave se tu sei qui?»
    Con la coda dell’occhio, lo vidi fare spallucce. «Il vento», rispose semplicemente. «Si è alzato un vento di scirocco, e per la direzione in cui stiamo andando è perfetto. Ho spiegato la vela maestra e sistemato i legacci di trinchetto; dovremo continuare su questa rotta ancora per un po’».
    «Non vedo l’ora di poter fare rifornimento», dovetti ammettere. «La stiva è miseramente vuota».
    «Se qualcuno di mia conoscenza avesse mangiato di meno, negli ultimi tempi, a quest’ora non moriremmo di fame», mi fece notare lui, e voltandomi appena lo vidi con un sopracciglio sollevato. La bandana che indossava gli nascondeva la fronte e i capelli biondi, ma dava maggior risalto ai suoi occhi e ai lineamenti del suo viso. «Sono rimasti solo frutti marci».
    A quel suo dire lo fulminai con lo sguardo, alzandomi in piedi una volta per tutte ed attraversando il ponte per raggiungere il cassero. «Taglia corto, Cid
[5]», rimbeccai, sfiorando il timone con due dita prima di gettargli un’occhiata. «Non ero io quello che si strafogava durante la notte, quindi direi che siamo pari, no?»
    Lo vidi alzare entrambe le mani in segno di resa, però sorrise. «E’ proprio come dice lei, oh mio buon Capitano», mi prese in giro, scendendo sottocoperta e ritornando solo qualche attimo dopo, munito di mappa, bussola e cannocchiale. Mi rivolse appena un cenno aggraziato con il capo e salì di vedetta, così da controllare la situazione dall’alto.
    Era sempre stato più esperto di me per quel che riguardava la navigazione, lui. Sebbene il più delle volte fossi proprio io a detenere il controllo di quella bagnarola, era lui che controllava la rotta e virava quando ne era richiesta l’occasione, prendendo nota della direzione del vento e del suo cambiamento, controllando persino le stelle quando calava la sera ed erano visibili nel firmamento.
    L’avevo conosciuto durante i miei primi anni trascorsi in mezzo al mare. Semplice garzone in una bettola a San Salvador, avevo scoperto quel suo talento come navigatore e cartografo per puro caso, ed era stato più che felice di lasciare quella merda di posto per intraprendere la vita del pirata, per quanto pericolosa fosse. Aveva così potuto sfruttare quella sua innata bravura e specializzarsi nelle arti mediche, divenendo con il tempo anche un tiratore provetto. Non c’era ancora stato nessuno in grado di battere lui e la sua fedele pistola a pietra focaia, fino a quel momento.
    La cosa bizzarra era che con il passar del tempo avevo cominciato a vederlo come qualcosa di più di un semplice uomo appartenente alla mia ciurma. Sembrava assurdo a dirlo, ma in seguito era divenuto una sorta di compagno, e non soltanto in senso figurato. Peccato che molto spesso, anche durante quelle rare volte in cui ci trovavamo a sfogare qualche basso istinto sessuale, il nostro rapporto si basasse su imprecazioni a denti stretti, epiteti volgari e litigi che sfociavano in un attorcigliamento confuso di corpi sudati e cosce muscolose. In fin dei conti, però, non avevo nulla di cui lamentarmi. La mia vita era quasi perfetta, ad eccezion fatta per un piccolo particolare che mi tormentava ormai da anni.
    «Terra in vista!» Il grido di Cid mi riscosse di botto e, afferrando svelto il cannocchiale che portavo appeso alla cintola accanto alla pistola, lo puntai dritto dinanzi a me ed osservai attraverso di esso il mare all’orizzonte, scorgendo il profilo sempre più marcato di una città in lontananza. Cappe di fumo si levavano dal mezzo di quelle abitazioni, simbolo della laboriosità dei cittadini e della vita frenetica che la caratterizzava. Si riuscivano anche a scorgere i contorni indistinti di alberi dai rami spogli e di colline rigogliose, e non potei fare a meno di sorridere al pensiero che, finalmente, avremmo potuto rifocillarci a dovere prima di riprendere il largo.
    Attraccammo precisamente una ventina di minuti dopo. Calata l’ancora, ammainate le vele e raggruppati i pochi dobloni che ci erano rimasti, scendemmo a terra e attraversammo il ponte di legno che conduceva verso il centro vivo della città, guardandoci intorno con estrema attenzione. Oltre alla nostra, erano ormeggiate altre sei navi dalle più disparate dimensioni, le cui vele bianche si gonfiavano in conche di vento ogni qual volta esso soffiava a sferzare il porto. C’era persino un’ammiraglia della marina, e fu specialmente a causa della sua presenza che affrettai il passo, seguito a ruota da Cid. Non avevamo ancora avuto grossi problemi con essa in quella parte del mar dei Caraibi, ma a causa del nostro aspetto, che gridava chiaramente pirati, era meglio evitarli come la peste.
    «Non male come posto, eh?» fece Cid con vaga ironia, osservando distrattamente una coppia di bambini che correva fra le strade impolverate brandendo dei bastoni, giocando probabilmente alla guerra. Poco distante c’erano donne dagli sgargianti vestiti costosi che ridacchiavano giulive, confidandosi chissà quali scabrosi segreti.
    Mi lasciai sfuggire uno sbuffo ilare. «Un po’ troppo chiassosa per i miei gusti».
    «Scherzi? In confronto a Tortuga questo posto è un mortorio!» esclamò Cid con fare fintamente scandalizzato. «Niente fiumi di rum, niente risse scomposte... nemmeno una bella pollastra che sia disponibile a farti divertire un po’ per qualche doblone».
    Assottigliai lo sguardo nella sua direzione e aggrottai le sopracciglia, sibilando, «Un’altra parola su una donna, e giuro che quel coso che hai in mezzo alle cosce lo getto in pasto agli squali».
    Per qualche attimo mi fissò sgomento e si fermò, spalancando la bocca in un’esclamazione muta e sgranando gli occhi, quasi non credesse alle sue orecchie o non volesse per niente prendere in considerazione la mia minaccia. Scoppiò in una risata frenetica qualche attimo dopo, terrorizzando un povero vecchio che passava di lì per caso. «Och, andiamo, Gale, non guardarmi in quel modo spaventoso», sghignazzò divertito. «Lo sai che la mia pistola vuole una sola fondina
[6]».
    Stirai le labbra in una linea sottile, decidendo di dargli le spalle e riprendere la mia traversata senza dargli più peso. Rispondergli per le rime avrebbe significato dargli corda, e sapevo bene quanto si dilettasse a prendermi in giro quando si trattava della mia cosiddetta gelosia. Non che lo fossi davvero, ma la cosa mi snervava lo stesso.
    Le risatine divertite di Cid continuarono per un buon tratto di strada, anche quando giungemmo finalmente nella zona mercantile della città. Bancarelle dalle più svariate merci erano accostate ai lati delle strade, e i venditori urlavano la qualità dei loro molteplici prodotti con tripudio e orgoglio, decantandone rarità e bellezza anche quando si trattava di comuni patacche. Adocchiai difatti un vaso decorato che riproduceva in modo perfetto l’originale, ed ero sicuro che si trattasse di una semplice imitazione per due buoni motivi: il primo era che quello vero non aveva una scheggiatura alla sommità, e potevo saperlo proprio perché il secondo motivo era che l’avevo rubato io stesso ad un ricco mercante britannico poco tempo prima che il mio equipaggio si ammutinasse. Era dunque quasi divertente vedere quegli uomini affaccendarsi a dar credibilità alle loro merci.
    «Patrick! Datti una mossa, ragazzo!» sentii esclamare d’un tratto, e voltandomi in quella direzione vidi un uomo grande e grosso con una folta barba scura richiamare un ragazzetto mingherlino dai lunghi capelli castani legati in un codino, intento ad osservare il fabbro locale mentre batteva l’acciaio per le sue spade.
    «Arrivo subito, mastro Garrington!» gli gridò di rimando, parlottando animatamente con il fabbro prima di dileguarsi, regalandogli un sorriso divertito. Nel voltarsi si girò senza volerlo verso di me, permettendomi di vedergli il viso, e raggelai nello stesso istante in cui quei suoi occhi marroni incontrarono i miei. Quel ragazzo di nome Patrick parve però non farci caso più di tanto, agitando una mano in segno di saluto come avrebbe fatto un bambino di cinque anni. Lo vidi poi correre via come una tempesta,  richiamando più e più volte l’uomo che si stava allontanando senza aspettarlo; io rimasi lì, immobile, con le braccia distese lungo i fianchi e la bocca aperta in un’esclamazione senza voce. Non poteva essere. Era inverosimile. Non era possibile che fosse lui. Allora perché quel ragazzo gli somigliava così tanto?
    «Ehi, Gale, che succede?» Faticai non poco a rendermi conto che il borbottio di sottofondo nelle mie orecchie era la voce di Cid, e fu sbattendo furiosamente le palpebre che mi ripresi, gettando una rapida occhiata verso di lui.
    Mi portai una mano alla fronte e scossi lentamente la testa, quasi cercassi di riprendermi dallo sconcerto che mi aveva investito. Ero forse stato suggestionato da qualcosa, se quel pensiero mi aveva colto così d’improvviso? «Niente, Cid. Niente», risposi appena in un sussurro, sforzandomi di abbozzare un sorriso. «Cerchiamo piuttosto una locanda, ho fame».
    Cid, però, mi osservò guardingo. «Sicuro che sia tutto okay, Gale?» mi chiese sospettoso. «Sei diventato bianco come un fantasma tutto d’un tratto».
    Bianco come un fantasma. Beh, non avrei saputo trovare un modo migliore per dirlo. Forse anche il ragazzino che avevo visto di sfuggita era stato semplicemente un fantasma partorito dalla mia mente rimasta troppo a lungo in balia del mare. Già, doveva essere senza dubbio così.
    Decisi dunque di non ribattere, dandogli semplicemente le spalle. «Andiamo, Cid», tagliai corto, non volendo discutere con lui com’ero solito fare. In altre circostanze non ci avrei pensato su due volte, ma quella strana apparizione aveva rimescolato così tanto il mio animo che mi sentivo sfatto.
    Sperai solo che si trattasse di una semplice coincidenza.
 

 

[1] Citazione tratta dal primo episodio della terza stagione del telefilm “The Lost World”, ispirato all’omonimo romanzo di Sir Arthur Conan Doyle.

[2] Grido d’avvertimento per l’equipaggio che la nave è in procinto di fare il giro, usato specialmente quando si compie una virata. Quando si gira bruscamente, difatti, vele e pennoni potrebbero improvvisamente cambiare posizione.
La scelta del titolo sarà chiara mano a mano che si andrà avanti con il capitolo, o almeno questa è l’intenzione.


[3] Nato nel 1680 e morto il ventidue novembre del 1718, il suo vero nome era Edward Teach, e fu un celebre pirata britannico che ebbe il controllo del Mar dei Caraibi tra il 1716 e il 1718, durante la cosiddetta età dell’oro della pirateria.
Aveva fama di essere uno dei pirati più feroci, e alla sua immagine e alle sue imprese, reali o leggendarie che fossero, si deve in gran parte lo stereotipo del “pirata cattivo” nella cultura. I suoi modi terrorizzavano le sue vittime ma anche lo stesso equipaggio; si dice che usasse sparare con la pistola alle gambe dei suoi uomini come misura punitiva o semplicemente per mantenere la disciplina a bordo.

[4] Il nome del Capitano non è stato scelto a caso ed è ovviamente uno pseudonimo. La parola “Gale” in inglese significa per l’appunto tempesta, burrasca, e la scelta sarà chiara solo una volta giunti alla fine della storia, o almeno questa è l’intenzione.

[5] Omaggio ai tanti Cid comparsi in tutti i capitoli principali, spin-off, film o anime della saga Final Fantasy. Assieme ai chocobo e ai moguri, Cid è un marchio di fabbrica e non appare mai come la stessa persona, interagendo con il gruppo di eroi di turno in modo differenti.
Per la maggior parte dei titoli, Cid significa aeronave, e quasi sempre il Cid di turno guiderà egli stesso un veicolo o ne farà dono ai protagonisti per usarlo nelle fasi avanzate del gioco. Cid è solitamente un uomo di mezza età, se non più vecchio, che funge da figura di riferimento e fa un po’ da padre ai protagonisti più giovani.
Il ruolo del Cid di questa storia è per l’appunto il navigatore, dunque neanche il suo nome è stato scelto a caso. Ha anche un altro ruolo che si scoprirà andando mano a mano avanti con la storia.


[6] Modo non volgare per intendere che l’unica persona con cui vuole andare a letto è per l’appunto Gale.
Questa nota è probabilmente - anzi, sicuramente - inutile, ma ci tenevo lo stesso a chiarire la cosa per evitare possibili fraintendimenti.



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