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Autore: DreamSeeker    09/10/2011    5 recensioni
«Perciò era una donna. E dimmi, chi tormenta i tuoi pensieri?»
«Non sono affari tuoi!» «Non sarà mica...“proibita”?» «Che diavolo intendi per proibita, si può sapere?» «Beh, che so...non pensavi, ad esempio, a una sottospecie di ragazza che è entrata in questo scompartimento questa mattina, vero?» «E anche se fosse?» «Blaise...dimmi che stai scherzando. Ho assoluta urgenza di sentire queste parole! Dimmi, per favore, che non stavi pensando alla Granger!» «Perché dovrei mentirti Draco? Sì, stavo pensando alla Granger! E a come può stare insieme a uno sfigato come Weasley» «Oh, andiamo Blaise! Perché dovresti sprecare il tuo tempo con quella Mezzosangue? E poi non ti starebbe neanche a guardare! Voglio dire, è così...disgustosamente pura e innocente...l’unica vergine di Hogwarts, che diamine! E non distoglierà mai le sue attenzioni dalla Donnola, non per un Serpente!» scoppiò il biondino alzando gli occhi al cielo.
«È una scommessa Malfoy?»
«Facciamo così. Dato che secondo te non potrei neanche riuscire a toccarla dato che è...zona proibita diciamo...scommettiamo qualcosa, qualsiasi cosa che riuscirò a farla capitolare entro fine anno! Che dite?»
questa storia è dedicata al pairing BLAISE/HERMIONE...avevo già in mente di scrivere qualcosa, poi su FB il roleplayer che intepreta Blaise (XD lo so sono pazza, ma adoro queste cose!!) mi ha proposto di scrivere una storia perchè effettivamente su Draco e Hermione ce ne sono tantissime (io le amo alla follia!) ma di Blaise...beh la maggior parte delle volte è solo un personaggio secondario! quindi è una specie di sfida! un bacio a tutti...e se vi piace non chiedo altro che recensioni! ciaoooo!! ^__^
[CAPITOLO 9 REVISIONATO, INSERITE IMMAGINI]
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Ciao a tutti voi e ben ritrovati con l’ottavo capitolo di questa storia! :)
Dovete scusarmi il ritardo vergognosamente indicibile :( Ma purtroppo non ho avuto molto tempo per scrivere e soprattutto il mio computer aveva indebitamente deciso di cancellare ogni traccia di questo capitolo (o meglio, della parte centrale di questo capitolo che però era il punto clou: non vi dico i voli che ha rischiato di fare >.< ) quindi ho dovuto rifare quasi da capo! In ogni caso spero non mi odierete e che continuiate a volere bene, se non a me, almeno ai personaggi! Glielo dovete, dopotutto vi fanno sognare in tutte le storie che leggete! :)
Inoltre mi sono accorta di non aver mai ringraziato tutti coloro che hanno inserito “Amori e Inganni” tra le storie preferite (19), seguite (50) e ricordate (12) e chi ha messo me tra gli autori preferiti (7). Sono davvero onorata dal fatto che seguiate e apprezziate questa storia senza pretese, e vi ringrazio dal più profondo del cuore perché sapere che siete così tanti me lo riempie di gioia! :) Spero di essere sempre all’altezza delle vostre aspettative! E grazie anche a chi recensisce, le vostre parole sono sempre una spinta in più per continuare a cercare di migliorare giorno dopo giorno, capitolo dopo capitolo!
Spero che sia degno delle vostre aspettative (parecchio lunghe questa volta, ma il capitolo è abbastanza lungo anch’esso) e vi dico che sto cominciando il nono capitolo però non so dirvi quando pubblicherò, come sempre. In ogni caso, per coloro che magari hanno pensato che non avrei più scritto, dico: NO! Non ho alcuna intenzione di lasciare questa storia incompiuta! Non so quanto ci vorrà ma riusciremo a vedere la nota “completa” su Amori e Inganni! :)
Ma ora vi lascio a questo nuovo capitolo senza aggiungere altre parole magari inutili, solo perché vi aspetto alla fine con le note! Buona lettura!
 
 

VIII CAPITOLO

 

“El amor es la imbécil certeza con la que
nuestra fantasía crea un espectro verosímil [...]
que penetra en la sólida persona que tenemos enfrente,
 habitándole por dentro,
 haciéndole mirarnos desde detrás de sus ojos,
 haciéndole moverse las manos
de la manera que nos gusta”(1)

 
«Posso sapere che cosa diavolo è successo alla mia ragazza?!» esclamò una voce proveniente da una poltrona davanti al fuoco scoppiettante della Sala Comune.
 
Ron si girò con un sopracciglio sollevato.
«Fred?!» chiese conferma interdetto.
«E chi altri dovrebbe essere, scusa. Percy?» disse il gemello con una smorfia, avvicinandosi ai tre.
«N-no è che...che...be’, da quando Hilary è la tua ragazza
«Due settimane e mezzo!» rispose Fred con un’espressione del tutto incredula per la cecità del fratello.
«Perché io non ne sapevo niente?»
«Merlino, Ron, non era così difficile da capire!» esclamò spazientita Hermione «In ogni caso devo vedere cosa le è successo, quindi o venite subito in camera oppure faccio tornare le scale come prima. Muovetevi»
«Io vengo» dichiarò Fred con ovvietà.
«Anche noi» disse Harry anche per Ron.
«Ron-Ron!» la vocetta acuta di Lavanda Brown fece bloccare il rosso con un piede a mezz’aria mentre si accingeva a salire le scale.
«Dimmi Lavanda»
«Stai andando nel dormitorio delle ragazze!»
Ron la guardò sollevando un sopracciglio.
«Sì, perché?»
«È vietato ai voi uomini!» trillò la bionda con un sorrisetto furbo, avvicinandosi ancheggiando.
«Lo so, ma è per una buona causa»
«Ah, intendi come quella volta l’anno scorso? Hai ragione, era una buona causa e se vuoi la mia camera è ancora disponibile!» esclamò cattiva, scoccando un’occhiata in direzione della riccia, che ancora le dava volutamente le spalle, e la vide stringere i pugni.
«Lavanda» l’avvertì il rosso.
«Come sei formale, Ron-Ron, l’anno scorso non mi chiamavi mai Lavanda!» rispose lei attaccandosi al suo braccio e sbattendo le palpebre velocemente.
Hermione si voltò rigidamente verso i due ragazzi: era livida.
«Continua così, Brown, e quelle orribili ciglia finte ti si staccheranno. Stai creando una bufera. L’alternativa è che ti cadranno direttamente gli occhi, ma quello non sarà per cause naturali. Ed ora, staccati. Da. Ronald» scandì furibonda.
«Dovresti riflettere su una possibile visita medica, Granger. Tutta questa rabbia trattenuta non ti fa bene alla pelle e oltretutto potrebbe farti diventare pazza!» la sfidò incauta.
Si accorse dell’errore solo quando la bacchetta della Caposcuola comparì magicamente nella sua mano destra tesa contro di lei e se la ritrovò puntata alla gola. Deglutì lentamente.
«Attenta a quello che fai, Granger. Potresti tornare nella tua casetta babbana domani stesso» mormorò.
«Non mi minacciare, Brown. Sai benissimo che con me non hai possibilità di vincere»
«Lo vedremo chi vincerà»
«Sai, non credo che tu sia così abile con la bacchetta. Sono sei anni che ti vedo provare e riprovare, ma non hai mai raggiunto il mio livello. E non lo raggiungerai mai!» dichiarò Hermione, orgogliosa.
«Oh, ma non intendevo in duello, mia cara Hermione» disse stucchevole strusciandosi palesemente contro Ron che si divincolò inorridito.
«Va bene, è ora di finirla. Lavanda, io e te abbiamo chiuso e ora sto con Hermione. Non mi sembra così difficile da capire. E smettila di importunare la mia ragazza» esclamò il più giovane dei maschi Weasley mettendosi a fianco della Caposcuola che lo guardò sorpresa.
Poi il suo volto si illuminò in un sorriso felice e fece l’unica cosa di cui aveva voglia in quel momento: lo abbracciò di slancio e lo baciò, assaporando le sue labbra e fregandosene altamente se erano sotto gli occhi di tutti, se tutti aspettavano solo quello e se quell’oca della Brown voleva affatturarla – tanto, anche se era impegnata a baciare Ronald, avrebbe potuto benissimo batterla: non ci voleva poi molto. Il ragazzo rimase fermo mezzo secondo poi la strinse tra le braccia e rispose al bacio con foga.
Fred sorrise e decise che quello era il momento giusto per dileguarsi; fece un cenno a Harry che capì al volo, e cominciarono a salire le scale del dormitorio femminile, con Hilary che levitava a mezz’aria accanto al gemello, attento che non si facesse male.
Lavanda strinse i pugni a quella scena e si voltò immediatamente in un indignato sventolio di boccoli biondi per dirigersi alla prima poltrona libera e sprofondarci dentro con l’orgoglio ferito; ogni singolo Grifondoro presente in sala seguì la sua patetica uscita di scena accompagnandola con dei risolini ben udibili e poi dedicò nuovamente l’attenzione alle attività interrotte per quella novità che avrebbe popolato i loro discorsi nei giorni successivi.
Ovviamente, quando i due giovani ebbero la buona creanza di smetterla nessuno più li stava guardando da un pezzo – tranne Lavanda che li fissava truce – e si ritrovarono ad arrossire e sorridere con tenerezza.
Poi Hermione, come ricordandosi di quale fosse il suo ruolo, si guardò intorno e rimase spiazzata.
«Dov’è Hilary?!»
Ron sollevò un sopracciglio e girò lo sguardo intorno a sé.
«E Harry?»
Si guardarono, poi fissarono i gradini che portavano alla parte di dormitorio delle ragazze. Tornarono a guardarsi negli occhi con un sorriso.
«Fred» decise la Caposcuola.
«Camera» concluse Ron, e la prese per mano per poi cominciare a salire le scale bloccate dall’incantesimo della riccia.
«Perché non potresti farla anche in altri giorni questa magia?»
«Come ha fatto la Brown l’anno scorso?» lo accusò Hermione, colpita da una fitta di gelosia.
«Non era così ingegnosa, sai? Sono arrivato alla finestra con la scopa!»
«Emozionante» sibilò lei lasciandogli di colpo la mano e affrettando il passo lungo il corridoio.
Il rosso la seguì con lo sguardo e sospirò; poi in due falcate la raggiunse e la trattenne per un braccio.
«Non abbiamo mai fatto niente io e Lavanda. Passavamo il tempo a baciarci, ed è anche per questo che l’ho lasciata»
«Perché non voleva andare fino in fondo?» ribatté acida la ragazza, gli occhi che le pizzicavano puntati ostinatamente sulla parete alle spalle di lui.
«Ero io a non voler andare oltre, ma stare solo a baciarsi non era la mia massima aspirazione!» spiegò brusco Ron.
La Caposcuola tornò con lo sguardo sul suo viso.
«E cos’altro volevi fare?»
«Quello che ora posso fare con te: parlare, ridere, scherzare. Studiare persino. Ma almeno non ci baciamo ad ogni ora del giorno!»
Hermione si ritrovò a sorridere teneramente, sollevata.
«Vuoi dire che non avete mai nemmeno parlato?!» disse appoggiandosi al muro dietro di lei.
«Se per parlare intendi “Ron-Ron voglio baciarti”» pronunciò con una vocetta acuta quasi somigliante a quella della Brown «e lei che si abbarbicava a me senza che potessi rispondere, oppure “Ci vediamo domani tesoruccio” e il mio “Sì, buonanotte”, be’ certo: parlavamo!» spiegò con una smorfia e facendola ridere.
«Oddio. Pensavo che almeno mezzo discorso costruttivo l’aveste fatto!»
«Fammi pensare...no» sorrise Ron mentre le avvolgeva le braccia attorno alla vita e la baciava delicatamente.
«Ma almeno per chiederle di stare insieme a te le avrai parlato» suppose la Grifondoro.
«Non ne ho avuto il tempo! Le ho chiesto se le potevo parlare e lei si è catapultata su di me per baciarmi e mi ha urlato nell’orecchio “Sì, lo voglio”, manco stessi per chiederle di sposarmi!» protestò il giovane scendendo con le labbra a baciarle il lato destro del collo.
«Ma tu non vuoi sposarla, vero?»
«Non starei con te se volessi lei, ti pare?» sussurrò contro la sua pelle.
La riccia chiuse gli occhi a quel contatto e rimase imbambolata.
Non ha più fatto così da quest’estate, non è più stato così...sensuale... frena! Hermione, i tuoi ormoni sono andati in tilt, da quando pensi che Ronald sia sensuale?! Ritorna in te! pensò.
Poi il ragazzo risalì con la bocca sulla linea della gola e seguì quella della mandibola fino ad arrivare all’orecchio, prendendole il lobo tra le labbra.
Per le mutande di Merlino, ma ha spiato quello che ha fatto Zabini?! riflettè sbarrando gli occhi.
«Ti amo, Hermione» mormorò invece lui.
Il viso della giovane si colorò di un vistoso rosso e lei sentì di nuovo gli occhi pizzicarle per la commozione.
«Oh, Ronald» sospirò spostandosi per liberare l’orecchio dalle sue labbra ed appropriarsene con le proprie.
A differenza della Brown non aveva nessuna intenzione di avvisarlo quando lo voleva baciare. Se si vuole fare qualcosa non si hanno bisogno di permessi o giustificazioni, men che meno con il proprio ragazzo,pensò soddisfatta mentre lui rispondeva al bacio in modo a dir poco – Ancora! – sensuale.
E lei non sentiva, non percepiva altro se non le sue labbra che toccavano le sue, la sua lingua che rincorreva la sua e le sue mani che le sfioravano la schiena da sopra la camicetta e che...
Okay, lui non può essere Ron Weasley, giusto?! si disse quando le dita del rosso superarono l’ostacolo della stoffa e si insinuarono sotto di essa toccando la sua pelle nuda.
«Ron» ansimò sulle sue labbra.
Le mani si bloccarono alla base della sua schiena.
«Sì?» bisbigliò il ragazzo.
«Non sei...mai stato così» disse cauta, depositandogli subito un altro dolce bacio sulla bocca.
«Se vuoi mi fermo, Herm, tranquilla» sospirò Ron facendo per staccarsi da lei che però lo trattenne circondandogli il collo con le braccia e attirandolo di nuovo verso il proprio viso.
«No, ti volevo parlare anche di questo. Io... io non voglio che mi tratti sempre come una bambola di porcellana» quasi rise, ricordandosi di avere usato le stesse parole con Hilary quella notte di inizio settembre, proprio parlando dei suoi baci con Ron «Insomma, non che il mio scopo sia quello di baciarti ogni secondo della giornata, perché abbiamo i nostri impegni ma...» si morse il labbro inferiore, indecisa se dirglielo o meno. Poi fece un respiro profondo «Ma non voglio più dovermi trattenere quando ti bacio. Certo, davanti agli altri dobbiamo comunque limitarci però, ecco...» respirò di nuovo «...anche se qualche volta mi baci in questo modo non mi disturberebbe affatto» terminò distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
Finalmente gli aveva detto come si sentiva, cosa voleva. E sperava che capisse.
«Quindi mi stai dando il tuo permesso di sbatterti al muro e baciarti o altro finché non mi passa la voglia?»
Hermione boccheggiò.
Il solito! Ma Merlino e Morgana, perché è così stupido?! si chiese afflitta.
«Non era questo che intendevo. Insomma...»
«Ho capito, Mione» sorrise divertito «Ti stavo prendendo in giro. Solo che non volevo fare come ho fatto con Lavanda l’anno scorso. Voglio dire, con lei era tutto e solo sul piano fisico mentre con te... tu sei importante. E speciale. Non volevo fare l’idiota e rovinare tutto» spiegò mentre le sue orecchie assumevano una vistosa sfumatura di rosso.
La Caposcuola lo guardò negli occhi chiari e vi lesse tutto l’amore che provava per lei. E, sorridendo, lo baciò. Dolcemente, senza fretta, lasciandosi tutto il tempo per gustare il sapore delle sue labbra, della sua lingua che danzava con la sua. Gli occhi chiusi, presa solo dalla smania di baciarlo e di non doverlo dividere con nessuna.
Aveva detto che era importante. Aveva detto che era speciale. Che non voleva solo un rapporto fisico.
E con questo, Zabini, hai perso in modo lampante! decretò felice, chiudendo nell’apposito cassetto la diatriba Weasley/Zabini.
«Perdonatemi ma qui ci sarebbe qualcuno che ha bisogno di un genio. Devo rubarti Hermione, Ron» disse Fred, comparendo improvvisamente alla porta della camera della riccia.
La ragazza si staccò velocemente dal rosso, imbarazzata, e lanciandogli un’occhiata piena di rammarico cominciò a correre verso la sua stanza. Ronald s’incamminò sospirando e si leccò le labbra, ripensando al bacio e alla conversazione, a dir poco illuminante, avuta con la fidanzata.
Non ho ben capito se posso baciarla ogni volta che voglio... e se posso baciarla sempre così soprattutto. Perché okay che non è come Lavanda ma...,fece un respiro profondo per calmarsi,
...Merlino se la voglio! E non so per quanto potrò resistere ancora, lei è così... così... così Hermione!,rifletté senza riuscire a definirla in altro modo, mentre entrava nella camera della Caposcuola e la osservava affaccendarsi intorno all’amica distesa sul letto.
«Domanda: perché non la portiamo da Madama Chips?» chiese Fred alla giovane che stava coprendo la fronte di Hilary con un panno bagnato d’acqua fresca.
«Perché nemmeno oggi e ieri sera è voluta uscire dalla stanza. Men che meno per andare in Infermeria. E se non è andata da sola quando è uscita prima, avrà i suoi motivi. Comunque è solo svenuta, non ha nessuna maledizione o altro di rintracciabile per il momento» dichiarò Hermione.
Il gemello Weasley si incupì.
«Ieri sera e oggi?»
«Sì»
«Sta male da ieri sera e nessuno mi avvisa?!»
«Se stai accusando me credevo che te l’avesse scritto lei!» replicò la riccia togliendo la pezza, immergendola e strizzandola nella bacinella per poi poggiarla di nuovo sulla fronte della Grifondoro.
«Hermione non poteva sapere...» cominciò Ron, per difendere a spada tratta la ragazza.
«Zitto, Ronnie, Hermione non ha bisogno di un avvocato. E aveva già risposto» sibilò Fred, profondamente irritato, poi tornò a rivolgersi alla Caposcuola «Sai cosa è successo ieri sera? Le ho mandato come minimo quattro gufi ma non ha risposto per tutto il giorno, perciò sono venuto di persona»
Hermione si morse con forza il labbro inferiore, osservando il volto dell’amica ricordando come era tornata la sera prima; doveva aver usato un unguento speciale o un incantesimo perché non c’erano segni sulla sua guancia e il labbro era solamente un po’ gonfio ma non c’era traccia del taglio, ed era impossibile che si fosse rimarginato così presto. Si chiese chi poteva aver incontrato a quell’ora così tarda in Biblioteca ma non le venne in mente nessuno di quelli che conosceva.
La Puffola Pigmea Colorata, primo regalo di Fred in quel lontano sabato di settembre, zampettò sul letto, diretta al corpo della padroncina e si accoccolò contro il suo collo. Fred sorrise piano.
«La piccola Juliet...»
«Come?» domandò stupita la riccia, alzando lo sguardo su di lui.
«La Puffola... l’ha chiamata Juliet, me l’aveva scritto in qualche lettera. Perché quella faccia Hermione?»
«Perché stanotte si è lamentata nel sonno e chiamava una certa Giulia. Juliet è... più o meno la traduzione in inglese. Ma non può aver pianto per una Puffola Pigmea, giusto?»
«Piangeva?!» si rannuvolò il ragazzo.
«Sì, Fred! Piangeva! È da ieri sera che piange, cosa posso farci io?!»
«Non le hai parlato?»
«Oggi sono entrata in camera prima di cena a riportare la borsa dei libri e si è chiusa in bagno per non dovermi vedere! È come se avesse una continua paura di qualcosa! A mezzogiorno sono venuta a vedere come stava e se voleva scendere per il pranzo e non ho bussato prima di entrare: si è messa a urlare e mi ha puntato la bacchetta contro, pronta ad affatturarmi. Non posso costringerla a parlare se non vuole» disse stancamente la Caposcuola.
Lo sguardo di Fred scivolò preoccupato sul viso pallido di Hilary e si sedette al suo fianco sul letto. Mosse piano la mano e le lasciò una lieve carezza sulla guancia per poi passare l’indice sulle labbra semiaperte.
«Chi c’era quando è svenuta?» domandò sottovoce.
«Io» rispose cauto Harry «Le ho dato quel biglietto che era caduto dal libro che aveva preso in Biblioteca, l’ha letto, è diventata bianca come un lenzuolo ed è svenuta»
«Posso vedere il foglio?»
«È questo» disse Hermione distogliendo per un attimo l’attenzione dall’italiana e prendendo un pezzo di pergamena dal comodino per poi porgerlo a Fred.
Il gemello lo prese riluttante e sollevò un sopracciglio interrogativo.
«Che lingua è?»
«Italiano. Credo che chiunque gliel’abbia scritto sia un suo amico della scuola di Firenze, è l’unica spiegazione»
«Non so se fosse proprio un suo amico, Hermione. Dovevi vedere la sua faccia quando l’ha letto!»
«Chi sa leggere l’italiano?»
Tre paia di occhi si posarono sicuri su Hermione. Lei arrossì.
«Io so leggere le Antiche Rune, non sono così afferrata nelle lingue straniere. So solo un po’ di francese perché sono andata a Parigi in vacanza con i miei ma non l’italiano, mi dispiace»
«Dobbiamo trovare qualcuno che lo sappia leggere» ribatté risoluto Fred.
«Certo, ma chi è stato in Italia tra noi studenti? Malfoy che si vanta di tutti i viaggi che fa?!»
«Magari Silente...»
«Harry, vuoi davvero coinvolgere Silente? E Ron, secondo te Malfoy si sarebbe abbassato a imparare una lingua diversa dalla sua? Avrebbero dovuto essere gli italiani ad imparare l’inglese per lui!» esclamò Hermione imitando l’aria di superiorità Purosangue del Serpeverde.
I ragazzi scoppiarono a ridere divertiti. Poi Fred tornò serio e Ron lo fissò stranito scambiandosi poi uno sguardo con Harry.
«Fred, esci un attimo, sei pallido e non ti ho mai visto così serio in tutta la mia vita» propose calmo.
«Sto bene» rispose bruscamente lui, distogliendo gli occhi e puntandoli di nuovo sul viso di Hilary.
«Però sei davvero pallido. Lei starà bene, non ti devi preoccupare. Te l’ho detto, è solo svenuta, tra poco si riprenderà» gli disse Hermione dolcemente.
Poi riprese a bagnare la fronte dell’amica finché un tremito delle sue palpebre la fece sorridere.
«Che ti dicevo?» sussurrò rivolta a Fred mentre ancora fissava l’italiana che si risvegliava lentamente.
Il gemello deglutì un paio di volte e si chinò brevemente verso la Grifondoro sdraiata per poi riprendere il controllo di sé e tornare veloce alla posizione iniziale, indossando una maschera di freddezza inquietante sul suo volto sempre sorridente.
Gli occhi scuri di Hilary si aprirono piano alla scarsa luce dei candelabri accesi nella stanza e misero a fuoco le quattro figure che circondavano il suo letto. Dopo un impercettibile sussulto ne riconobbe i volti e sorrise titubante.
«Cosa è successo?»
Hermione sospirò di sollievo mentre Harry e Ron si guardarono indecisi. Fred distolse cupamente lo sguardo e lo fissò risoluto sul tappeto.
«Sei svenuta» spiegò la Caposcuola aiutandola a mettersi seduta per poi porgerle cautamente il foglio di pergamena stropicciato «Dopo aver letto questo biglietto» precisò guardando l’espressione interrogativa della ragazza che sgranò all’istante gli occhi e la guardò terrorizzata.
«L’hai letto?»
«No, non capisco l’italiano» rispose brevemente la riccia.
«Ma ci farebbe piacere sapere cosa ti ha causato quella reazione» continuò Fred piatto quando Hilary si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
La Grifondoro voltò il capo verso di lui in uno scatto, come se avesse ricevuto uno schiaffo, e lo guardò spaventata.
«Perché se c’è qualcosa che dovrei sapere preferirei esserne messo al corrente da te piuttosto che scoprirlo da solo, con metodi che non approveresti» puntualizzò inchiodandola al letto con uno sguardo di fuoco.
Hilary indietreggiò con il busto e abbassò il capo cosicché le ciocche più corte dei suoi capelli scuri andarono a coprirle gli occhi.
«Mi dispiace» sussurrò a voce talmente bassa che si chiese se lui l’avesse udita.
«Per cosa?» la risposta risuonò invece secca e nitida.
«Non posso» pigolò piano.
«Cosa non puoi?!» sibilò Fred.
«Uscite tutti per favore» dichiarò Hermione notando le lacrime che si intravedevano appena sulle guance pallide di Hilary, velate dalla seta dei suoi capelli.
«Non esco da questa stanza fino a quando la mia ragazza non mi dice chi diavolo ha incontrato in quella maledetta Biblioteca e perché ha avuto una reazione del genere leggendo uno stupido foglietto stropicciato!» esclamò Fred, livido, infuriandosi maggiormente quando vide che la sua dolce e forte Hilary piangeva.
«Fred, devo parlarle. Da donna a donna» rispose la Caposcuola risoluta «E se non esci da qui di tua spontanea volontà userò l’Imperio!» chiarì quando il gemello aprì la bocca per protestare.
Hilary levò lo sguardo sull’amica e poi lo girò verso Fred. Aveva raccolto al petto le gambe coperte solo dai pantaloncini corti che indossava dal mattino e le stringeva tra le braccia, il viso era pallido, incorniciato dai capelli arruffati; gli occhi colmi di pianto lo imploravano di uscire e allo stesso tempo di rimanere, di tornare nell’esatto istante in cui avesse varcato la soglia della stanza, di tornare da lei, di perdonarla. Sembrava una bambina che chiedesse un immenso favore al padre mentre era una giovane donna che tremava di fronte alla paura di perdere l’uomo che amava.
Amare... che verbo difficile. Per entrambi i soggetti che pensano sia una cosa semplice, che non implichi nessuna complicazione o fraintendimento. Come si capisce quando un sentimento è amore? Lei lo amava? Lui la amava? Sarebbe rimasto anche dopo aver scoperto che cosa, in realtà era? Sarebbe rimasto anche dopo aver scoperto che lei era un... mostro? Un mostro che non aveva esitato a fuggire un funerale di cui si sarebbe sempre sentita colpevole, un mostro che non era nemmeno riuscita a sostenere l’ultimo sguardo del suo migliore amico mentre le chiedeva di non abbandonarli, di non fare follie, di rimanere per loro, per lei. Lei che non c’era più e di questo solo lei, Hilary, era colpevole.
Giulia(2)...pensò con un singhiozzo soffocato e poi sentì che la porta si chiudeva con un tonfo alle spalle di Fred.
Fred...lo supplicò mentalmente di tornare da lei, mordendosi il labbro con forza, rischiando di riaprire la ferita che aveva mascherato con un incantesimo prima di scendere in Biblioteca.
«Hilary»
Un sussurro la raggiunse dalla sua sinistra e lei chiuse strettamente gli occhi per impedire alle lacrime di farsi vedere di nuovo.
«Cosa è successo?»
La voce era dolce e le fece ricordare quando, da piccola, si svegliava di notte in preda agli incubi che le impedivano di dormire serenamente. Incubi fatti di fuoco e vortici, in cui lei cadeva inesorabilmente non appena la coscienza cedeva il posto all’inconscio che scavava dentro di lei alla ricerca delle sue paure. E le tirava fuori. Facendola urlare e piangere disperata. E la porta della sua camera si apriva lasciando intravedere una lama di luce soffusa contro cui si stagliava il profilo di sua madre che, in camicia da notte, raggiungeva il suo letto e la calmava accarezzandole i capelli lunghi e abbracciandola quietamente, cantando una leggera nenia che aveva il potere di calmarla e farla dormire tranquillamente per il resto della notte. La voce di sua madre era stata meravigliosa un tempo. Dolce, carezzevole. Scoprì di non riuscire più a contenere le lacrime e le lasciò libere di rigarle le guance.
Poi sentì due braccia che la tiravano di lato e che le avvolgevano le spalle in modo così delicato che temette di stare sognando. Ma abbracciò immediatamente l’amica quando iniziò a parlare, a sfogare quel macigno di dolore che le opprimeva il cuore e l’anima; e mentre parlava, mentre le spiegava tutto ciò che era successo nella Scuola di Magia italiana, sentì che il peso sulle sue spalle diminuiva. E se all’inizio pensò, tormentata, che l’abbraccio di Hermione si stesse allentando per le cose che scopriva, piano piano intuì che era il peso dei segreti che scivolava via. E ne fu in parte sollevata.
Il silenzio che seguì le sue parole, però, le fece quasi rimpiangere di aver svelato la sua vita priva di luce.
Sentì l’amica prendere un respiro profondo e fece per scostarsi, ritenendo di aver già perso il minimo di dignità che serviva per starle accanto. Quello che non si aspettava era che la Grifondoro la stringesse in un abbraccio più forte del precedente e cominciasse ad accarezzarle i capelli con una mano, cullandola come una bambina.
«Quali incantesimi c’erano a protezione della Pietra?» furono le prime parole che pronunciò la riccia.
Hilary ci mise qualche secondo a capire la domanda e poi sciolse l’abbraccio esterrefatta , la mascella che quasi sfiorava il pavimento.
«Cosa?» sussurrò con voce fievole.
Hermione sorrise piano.
«Quali incantesimi...»
«No, voglio dire: con tutte le cose che potevi chiedermi mi hai chiesto come Ivan ha protetto la Pietra?»
«Preferivi che ti chiedessi cosa può fare la Pietra o come hai fatto a leggere nella mente del tuo amico a distanza senza la Legilmanzia? Oppure» la fissò attentamente «sei sorpresa che non ti abbia chiesto perché non sei rimasta almeno al funerale di Giulia, o perché ti incolpi della sua morte?»
L’italiana incassò il colpo incurvando le spalle e abbassando gli occhi che si stavano velocemente riempiendo di nuovo di lacrime. Hermione si morse la lingua e allungò una mano sul materasso fino a raggiungere quella serrata a pugno dell’amica, stringendogliela piano per indurla ad alzare lo sguardo.
«Scusa» disse sinceramente dispiaciuta «Però, Hilary rifletti: in una battaglia gli incantesimi volanti sono da mettere in conto! Anche e soprattutto quelli pericolosi. Ma se eravate dalla stessa parte contro quell’Ivan...»
«L’avevamo circondato, stavamo formando un triangolo intorno a lui e avrei potuto benissimo colpirla»
«Anche il tuo amico, Sam, avrebbe potuto!»
«Era un incantesimo troppo potente. Sebbene mi dispiaccia dirlo Sam non ne era all’altezza, non era forte quanto Ivan»
«Non quanto te?» Hermione sorrise consapevole ma Hilary scosse la testa chiudendo gli occhi.
«Io non conto. Giulia era più forte di Sam, ma lui voleva venire e tutti sanno che i Triangoli di Potere danno maggior possibilità di vincere» chiarì, sbrigativa e pratica.
«Non hai pensato che avrebbe potuto scagliarlo Ivan?» chiese la Caposcuola dopo qualche secondo di silenzio.
«Non lo so. Può essere, però era girato verso di me. Potrebbe essersi protetto con un incantesimo Scudo e l’incantesimo è rimbalzato e si è diretto verso Giulia» rifletté Hilary
«Hai detto che Ivan era potente e che ha sconfitto facilmente il tuo insegnante, l’altro Detentore degli Elementi: potrebbe essersi protetto e allo stesso tempo aver mandato la maledizione contro Giulia» spiegò con semplicità Hermione.
L’italiana volse gli occhi su di lei ma era come se non la vedesse. La sua mente era lontana, tornata a pochi mesi prima in quella casa buia e satura di Magia Nera. La tana di Ivan e il posto in cui era custodita la Pietra. Rivide il viaggio che avevano fatto, rivide gli sforzi per raggiungere la stanza della Pietra...
 
Erano entrati riuscendo a non farsi scoprire, avevano neutralizzato le bestie che circondavano la casa e che erano appostate anche nelle ombre dell’ingresso. Uno di quegli animali privi di volontà propria aveva tentato di staccarle un braccio a morsi, ma per fortuna Sam aveva un istinto particolare per la presenza di belve ed era riuscito a fermarlo appena in tempo. L’alternativa sarebbe stata un bel falò con carne di coyote indemoniato. Quell’edificio era un labirinto, più ti guardavi intorno e più non capivi se ti fossi mosso o se si fossero mossi gli oggetti intorno a te. Incantesimi che permettevano di manipolare la mente dei visitatori come più piaceva al padrone di casa, incantesimi che facevano vedere cose che non esistevano e che celavano quelle che c’erano. Un incubo diventato realtà.
«Di solito le abitazioni degli insegnanti sono confortevoli e c’è sempre qualcuno che ti accoglie con un sorriso!» aveva sibilato Giulia quando per poco non era scivolata su una scala nascosta.
«Stupide credenze di giovani donne ingenue» aveva risposto Sam «Mai sentito la storia di Hansel e Gretel? Almeno qui sappiamo che dobbiamo stare attenti: nelle case ospitali non sai mai se aspettarti un dolce avvelenato o una gabbia pronta ad accoglierti con tutti gli onori!»
Hilary e Giulia si erano scambiate uno sguardo preoccupato.
«Ti è andato in pappa il cervello a furia di tutto il tuo leggere storie, Coleridge. Dovresti darci un taglio» aveva ribattuto la prima e un secondo dopo il ragazzo era finito a terra, scivolando su qualcosa di viscido.
«Che schifo, che schifo, che schifo!» aveva esclamato inorridito, rialzandosi all’istante e cercando di pulirsi alla bell’e meglio.
«Mio dio, Sammy, sei peggio di una donna! Se ci scopre ti faccio fuori!» aveva soffiato Giulia, infuriata come un gatto.
«Che aspetti allora? Sono ansioso di vederlo stecchito» aveva detto una voce giovane e cupa intrisa di soddisfazione «Almeno ci libereremmo di un inutile studente»
I tre ragazzi si erano voltati di scatto verso il punto da cui proveniva la voce e avevano stretto simultaneamente le bacchette in una morsa ferrea.
«Professore» aveva sillabato Hilary con una parvenza di gentilezza.
«Lair» lui invece non aveva celato il suo umore. Il tono era diventato freddo come il ghiaccio dei suoi occhi e solo una linea di luce gli illuminava parte del volto, rendendo la sua figura un’ombra scura di cui non si distinguevano i movimenti.
«A cosa devo l’onore della vostra...visita, diciamo?(3)» aveva chiesto con voce melliflua e fintamente carezzevole.
«È una visita di cortesia, naturalmente» il sorriso di Giulia era palesemente ironico, solo una persona infinitamente sciocca poteva cadere nella trappola.
«Ma davvero?» Ivan aveva sorriso lievemente «Questo significa che dovrei invitarvi a bere qualcosa. Prego, accomodatevi»
D’un tratto la stanza era stata illuminata dalla fiamma di quattro candele, una ad ogni angolo, e i ragazzi avevano deglutito alla vista dell’arredamento. Dovevano essere arrivati esattamente dove il professore voleva che arrivassero perché qualcosa diceva loro che gli oggetti posti in modo apparentemente casuale nel locale fossero stati messi apposta per loro.
Hilary aveva riconosciuto la sedia sulla quale Ivan aveva fatto sedere gli studenti al quinto anno, quella diabolica sedia che rovistava tra i ricordi della persona e materializzava quelli più belli per poi modificarli nel modo più atroce. Giulia aveva sussultato vedendo gli oggetti Oscuri che avevano creato loro stessi al loro quarto anno, quando avevano rischiato anche la vita di un loro compagno che incautamente si era avvicinato troppo a uno specchio maledetto; e aveva stretto forte la mano di Hilary che tuttavia non aveva capito, perché aveva cominciato la scuola dal quinto anno.
«Attenzione a quello specchio: se ti rifletti vedrai la tua morte che avverrà dopo qualche minuto (4)» le aveva spiegato in un sussurro facendole ghiacciare il sangue nelle vene.
Sam invece aveva ritrovato con lo sguardo gli animaletti che erano ammessi al primo anno: alcuni erano stati trasformati in raccapriccianti peluche, altri in oggetti da cui spuntavano code, orecchie, ali, zampe... trasfigurazioni di bambini inesperti ma già succubi di un insegnamento oscuro; altri invece erano vivi, o meglio, rinati come spettri. E aspettavano ordini, fissando i visitatori con i loro occhi vuoti e spenti.
«Non vi sedete?» aveva detto Ivan, indicando con un cenno del capo la sedia maledetta.
«Preferiamo rimanere in piedi, grazie»
«Sì, abbiamo fatto tutto l’anno a rimanere seduti, un po’ di movimento fa bene»
«E poi c’è una sola sedia, non ci staremmo mai in tre!»
Le due ragazze avevano guardato l’amico, sconvolte dalla sua stupidità nonostante i tanti libri, e avevano sospirato in sincrono. Poi gli avevano tirato una manata sulla testa contemporaneamente.
«Ma che ho detto?!» aveva sibilato lui, con le lacrime agli occhi.
«Taci, che è meglio!» l’aveva redarguito Giulia per poi tornare a rivolgere tutta la sua attenzione al professore.
«Quello che le tue intelligenti amiche intendevano dire è che se non ci foste stati avrei potuto evocare altre due sedie identiche a quella che vedete. Ma ovviamente il tuo piccolo cervello non può arrivare a questo alto grado di comprensione» aveva sputato l’insegnante, pieno di disprezzo.
«Dopo queste gentili parole che ne pensate se ci muoviamo? Io avrei una certa fretta, non so voi, ma questa casa non è ospitale. Senza offesa» aveva concluso Giulia rivolgendosi per ultimo a Ivan.
«Nessuna offesa, spera soltanto di non dover rimanere qui a lungo» aveva risposto lui con un sorriso mefistofelico.
«Se tu non ci sarai più magari questa casa tornerà accogliente, non ti pare?» aveva esclamato Hilary, perdendo la pazienza.
«Provate a eliminarmi allora»
Il solo tono era un guanto di sfida gettato ai piedi dei tre studenti.
Poi era cominciata la battaglia.
 
«Hilary? Hilary, stai bene?» chiese Hermione scuotendola dal suo stato di trance.
«Sì, stavo... stavo ricordando... ancora» sussurrò l’italiana stringendo gli occhi.
«Stai cercando di ricordare da chi è partito l’incantesimo?»
«Sì... ma mi manca un pezzo!»
«Come un pezzo? Cosa ti manca?»
«All’inizio c’era lo specchio. Ma poi... non ho più in mente dove sia. Sembra che si sia spostato ma chi può averlo fatto se eravamo impegnati?»
«Non si è rotto?»
«No, l’ho rivisto alla fine della battaglia accanto a...» si bloccò di botto sgranando gli occhi «Non è possibile» mormorò infine.
«Cosa non è possibile? Accanto a chi era lo specchio? Hilary parla, per le mutande di Merlino!» esclamò spazientita la Caposcuola.
«Era vicino a quella sedia... era dietro di me...» bisbigliò piano la ragazza, incredula.
«Può essere che Ivan l’abbia spostato? Aveva il potere della telecinesi che tu sappia?»
«Oh be’, con lui non si è mai sicuri di che potere abbia» rispose Hilary, acida.
Hermione la guardò attentamente, poi scosse la testa.
«Devi capire se è stato lo specchio a uccidere Giulia. Devi ricordare quando si è spostato e quando lei è…»
«Morta, sì lo so» concluse secca l’altra.
Non ricordava. Più spingeva la sua memoria al limite e più quella le sfuggiva. Non riusciva ad afferrare il momento in cui lo specchio era scomparso dall’angolo della stanza ed era ricomparso dietro di lei. Certo, se fosse stato lo specchio il colpevole della morte di Giulia, il suo cuore si sarebbe potuto risollevare. Ma come sarebbe stato possibile non accorgersi di un oggetto così grande che si spostava allegramente per la sala?! Cercò di ricordare, ancora e ancora. Chiuse gli occhi e rivide il combattimento.
 
Gli incantesimi volavano da una parte all’altra della stanza mentre i due maghi e le due streghe li schivavano come se avessero ingerito la Felix Felicis. Piano piano gli studenti avevano accerchiato il loro professore, esattamente come egli aveva insegnato loro nelle sue lezioni di Attacco e Difesa Con le Arti Oscure. Oh, se solo non fosse stato così intento a difendersi e attaccarli si sarebbe di certo inchinato alla loro bravura. Non si capacitava, però, di come il ragazzo fosse diventato abile in così poco tempo.
«Perché non ti applicavi di più durante le lezioni, Coleridge? Ti saresti risparmiato quei Desolante che hanno rovinato la tua media» l’aveva provocato Ivan, scoppiando poi in una risata simile ad acqua ghiacciata che prese il posto del sangue nelle vene del ragazzo.
«Io mi applicavo, professor Shaw. Era lei che non mi poteva sopportare» aveva risposto lesto il giovane parando una maledizione con un movimento pigro della bacchetta.
Subito l’insegnante gli aveva spedito un incantesimo più potente con l’ausilio delle mani e Samuel aveva dovuto indietreggiare di un passo per contrastarne la forza; Hilary aveva lanciato immediatamente l’Incanto Expedicto contro l’uomo che però aveva rotolato di lato appena in tempo per salvarsi dal sicuro soffocamento.
«Lair, mi aspettavo di più da una Guardiana!» aveva ghignato mentre creava una cupola di magia attorno a sé per proteggersi e si girava verso Giulia prevedendo il suo attacco.
«Confringo!» aveva gridato infatti la ragazza, ma era stata troppo lenta e l’incanto si era infranto sullo Scudo.
Ivan era scoppiato a ridere, seriamente divertito dal loro coraggio.
«Sei troppo ingenua! Credete davvero di potermi battere?!» aveva urlato per sovrastare il rumore di oggetti infranti intorno a loro.
«Siamo in tre contro uno!» aveva risposto Samuel cercando di penetrare l’Incantesimo Scudo intorno a lui con la Maledizione Cruciatus.
Il professore aveva aperto la bocca per ribattere ma dovette schivare la Maledizione Senza Perdono che aveva distrutto la sua difesa.
«Protego Horribilis!» aveva gridato subito dopo, nell’eventualità che quel damerino ci riprovasse.
«Ti sbagli Sam. Non è la quantità che conta, è la qualità!» aveva replicato per lui Hilary, ridendo di gusto «Peccato che anche per la qualità non scherziamo, vero professore?»
Ivan aveva stretto tra i denti un’imprecazione molto poco professionale ed era passato all’attacco.
Gli incantesimi avevano iniziato a diramarsi anche dal centro del triangolo e raggiungevano i tre ragazzi senza che questi avessero il tempo di capire quale maledizione era diretta a chi.
 
Hilary si concentrò. La battaglia era entrata nel vivo e fino a quel momento era assolutamente sicura che lo specchio fosse al capo opposto della stanza. Era stato a quel punto che...
«La prossima volta che lo vedo lo uccido» dichiarò secca, gli occhi socchiusi e le mani strette a pugni sul copriletto rosso e oro.
«È stato lui»
Non era una domanda, era il solito tono che Hermione usava quando aveva la conferma dell’esattezza delle sue convinzioni.
L’italiana sorrise amareggiata e annuì.
«Quando ha iniziato a rispondere agli attacchi non ho più avuto il tempo di controllare che gli oggetti fossero al loro giusto posto o che si distruggessero a dovere»
Le sopracciglia della Caposcuola si aggrottarono facendola assomigliare in modo terribile alla McGranitt.
«Be’, dovevo pur essere sicura che le cose che avrebbero potuto nuocerci si distruggessero, no?» si giustificò Hilary, arrossendo un poco.
«Cioè, fammi capire: intanto che combattevi contro il tuo insegnante tu...trovavi anche il tempo materiale per divertirti a distruggere gli oggetti nella sala?!» la ragazza era incredula.
«No, voglio dire che...ecco...gli incantesimi che...che venivano deviati dal suo...Scudo...» cominciò a balbettare sotto lo sguardo minaccioso dell’altra «...andavano contro gli oggetti e...Okay, okay, va bene. Sì, li distruggevo io!» esclamò spazientita mentre la ruga sulla fronte della compagna si accentuava sempre di più.
Hermione scosse la testa, sconsolata. Quella ragazza era un caso disperato. In ogni situazione riusciva a trovare altre cento cose da fare che non c’entravano nulla. Faceva così anche durante le lezioni e la Caposcuola si chiedeva come ci riuscisse.
Scrollò le spalle e rivolse nuovamente l’attenzione al punto cruciale della situazione.
«Perciò ricordi quando ha spostato lo specchio?» chiese.
«Sì. Credo avesse capito che lo stavo controllando e ad un certo punto mi ha lanciato un Confundus. Dopodiché non ho più ritrovato lo specchio... suppongo che se mi fossi girata sarebbe stato il mio turno per morire. E Giulia deve averlo visto mentre guardava verso di me per sincronizzare un attacco. Se solo mi fossi ricordata di ricontrollare dove fosse!» Hilary si batté forte un pugno sulla coscia, piena di frustrazione.
Hermione la guardò dispiaciuta e le posò una mano leggera sulla spalla.
«Non è colpa tua! Loro non si sono accorti dello specchio che si spostava?» le chiese con ovvietà.
«Quello era un mio compito!»
«Lo avevate deciso? Hilary, sai benissimo che in una battaglia tutti devono stare attenti a tutto, e se tu fossi stata battuta? Si sarebbero arresi perché nessuno li sincronizzava più?! Dovresti saperlo meglio di me, tu stessa hai detto che a scuola vi insegnavano a cavarvela da soli facendovi combattere anche di notte!»
«Già, tutti contro tutti... Ma comunque i gruppi si formavano, non eravamo mai davvero da soli!»
«Quindi non hanno mai imparato a combattere in solitaria?»
«Non lo so. Erano bravi, insomma, Giulia era brava! Sam stava sempre con me perché sapeva di avere una possibilità di vittoria in più...»
«Ne approfittava?»
«No, semplicemente non era molto bravo al buio! Sam non è tipo da approfittarsi delle persone. Altrimenti avrebbe parlato con Ivan riguardo alla Pietra e non si sarebbe fatto torturare, avrebbe voluto salvarsi la pelle»
La Caposcuola sgranò gli occhi, inorridita.
«Come torturare?!»
«Ti ricordi quando ho detto che non ci davano punti se facevamo i compiti giusti? Ecco, loro avevano dei metodi molto più... rudi, diciamo, se sbagliavamo qualcosa»
«Come i metodi che piacciono tanto a Gazza?»
«Esattamente» rise Hilary, ricordando l’ultima volta che insieme a Fred – il quale si era introdotto furtivamente nel Castello – aveva incontrato il custode: l’uomo, con la gatta al seguito, li aveva rincorsi per tutti i corridoi urlando che li avrebbe portati nei sotterranei così da poterli appendere per i pollici.
«Oh...» il gemito di Hermione fu appena udibile.
Hilary le strinse le mani appena sopra i gomiti.
«Hermione, ti prego, non stare male! Noi... noi eravamo abituati così» cercò di confortarla senza peraltro riuscirci.
«Grazie tante! Ora avrei voglia di vomitare!» mugugnò la Caposcuola.
«Meglio fuori che dentro! (5)» disse l’italiana annuendo convinta e attirando così un’occhiataccia dell’amica «Che ho detto?» le chiese fingendo innocenza.
«Lascia perdere, che è meglio» rispose Hermione scuotendo la testa rassegnata «In ogni caso ora puoi stare più tranquilla rispetto alla morte di Giulia: non sei stata tu!»
«Questo è vero... anche se non mi perdonerò mai di non essere andata al funerale»
Hilary si raggomitolò su se stessa avvicinando le ginocchia al petto e circondandole con le braccia per poi nasconderci il volto.
«Ma non è colpa tua! Quel... quell’Ivan ti stava inseguendo, voleva trovarti, e tu dovevi comunque trasferirti, non dipendeva da te!» tentò di farla ragionare la Caposcuola.
«Sono una strega, avrei potuto trasfigurarmi o bere la Polisucco o nascondermi in qualche modo!» disse rialzando la testa di scatto.
«Stai facendo di tutto per incolparti, Hilary» la riprese severamente l’altra, aggrottando le sopracciglia «I suoi genitori ti hanno mai chiesto spiegazioni? Hai mai sentito Sam chiederti il perché?»
«Sam è stato bravo. Non ha mai cercato di contattarmi per non farmi trovare da Ivan» rispose l’italiana mordendosi il labbro e distogliendo lo sguardo.
Hermione la soppesò con un’occhiata.
«Ma questo un po’ ti dispiace» dedusse.
«Certo che mi dispiace!» sbottò lei «Però ha fatto bene!»
«E secondo te come ha fatto Ivan a trovarti a due mesi dalla lotta?»
Hilary aprì la bocca per rispondere e si ritrovò a boccheggiare come un pesciolino fuori dalla sua piccola boccia di certezze.
«Non... Sam non l’avrebbe mai fatto, non... non mi avrebbe mai tradito...» mormorò in un’ultima debole difesa.
«Pensaci: tu lo abbandoni a subire delle torture – per Morgana, non sentirti in colpa e smettila di tremare! – non ti presenti al funerale della tua migliore amica che ha perso la vita per recuperare una cosa per te, vai in un altro Stato lasciandolo nelle mani di un professore pazzo e lui dovrebbe starsene zitto e fedele?» esclamò la riccia.
La ragazza abbassò di nuovo gli occhi e scosse piano la testa.
«Io non volevo che fosse torturato» bisbigliò alle proprie ginocchia.
«Lo so, ma non puoi pensare che tutto il mondo sia buono e caro (6)»
«Infatti non lo credo! Ho passato due anni con persone che ci insegnavano la malvagità in ogni cosa e non mi illudo che tutto sia perfetto. Ma pensavo che almeno i miei migliori amici fossero diversi»
«Magari non ha potuto fare altro che dirglielo» disse Hermione, cercando di risollevarle il morale.
«Magari...»
«Forse ha usato la Legilmanzia o il Veritaserum»
«Forse...»
«Probabilmente dovresti mandare a Sam un gufo chiedendogli spiegazioni»
«Probabil... e perché?! No, la posta viene intercettata e controllata e figurati se Ivan non è appostato per prendere ogni mia possibile lettera!» si risvegliò Hilary.
«Polvere Volante?»
«Certo, così mi trovo intrappolata alla scuola!»
«Materializzazione?»
«È come Hogwarts»
«Treno?»
«Hermione, in treno ci metto una vita, al massimo prenderei un aereo!» l’altra assunse un’espressione contrariata per la propria mancanza di arguzia in quella situazione «Ad ogni modo non ho alcuna intenzione di tornare in Italia e soprattutto in quella scuola!»
«Va bene, va bene... era solo un’idea!»
«Balorda»
«Sì, balorda, okay!» sbuffò la Caposcuola incrociando le braccia al petto.
L’italiana annuì soddisfatta e si mise a gambe incrociate fissando l’amica dritta negli occhi.
«Ora passiamo alle cose serie: Fred ha detto qualcosa? Perché era così... arrabbiato?» chiese incespicando sull’ultima parola.
«Devi capirlo, Hilary, gli hai fatto prendere un colpo! Era in Sala Comune ad aspettarti, deve essere entrato mentre tu eri in Biblioteca con Harry e Ron e poi ti ha visto svenuta e sorretta da un incantesimo di levitazione. E ha detto che non ti facevi sentire da ieri» le spiegò Hermione.
«Non che avessi voglia di parlare con qualcuno. Sinceramente mi sembrava di essere entrata in un incubo! Hai presente, il passato che torna eccetera eccetera» Hilary fece un gesto vago con la mano.
«Ma lui è il tuo ragazzo. È normale che voglia sapere cosa ti succede e cosa ti è successo»
La Grifondoro si morse il labbro inferiore.
«Quando riuscirò a parlarne glielo dirò, giuro!»
«Perché non adesso?» disse una voce proveniente dalla porta cui avevano dato le spalle per tutto il tempo.
Le due ragazze si girarono di scatto e videro, con sommo orrore l’una e con profonda irritazione l’altra, il giovane Fred Weasley che poggiava rigidamente la schiena sull’uscio.
«Da quanto tempo sei qui?» chiese Hilary flebile.
«Non si usa bussare?!» sbottò Hermione.
Incuranti di aver parlato contemporaneamente fissarono l’ospite che si avvicinava finché egli non fu davanti al letto che occupavano.
«Da quanto basta» rispose Fred guardando solo Hilary e non degnando Hermione nemmeno della risposta alla sua lecita domanda.
La Caposcuola assottigliò gli occhi.
«Perciò...»
«Perciò ho sentito tutto, esattamente» dichiarò secco.
«Suppongo di dover lasciare quella che è anche la mia camera» ci tenne a precisare «Spero di non vedere sangue al mio ritorno! Mettete tutto in ordine e non tirate le mie cose se dovete lanciarvi oggetti addosso!»
Scese velocemente dal materasso e, col naso all’aria e un sorriso nascosto, si diresse decisa verso la porta richiudendosela alle spalle e appoggiandosi contro di essa.
Spero tanto che facciano pace! Dopotutto se sa ogni cosa perché dovrebbe avercela con lei?! Sarebbe una cosa stupida dato che non ha fatto nulla!, pensò arricciando le labbra.
«COME SAREBBE A DIRE CHE NON VOLEVI DIRMELO?!»
La voce di Fred si sentiva distintamente anche attraverso la porta chiusa ed Hermione non si sarebbe stupita se fosse arrivata la professoressa McGranitt a capire chi diavolo stesse urlando così tanto.
«MI DISPIACE! MA NON POTEVO SAPERE CHE MI AVREBBE TROVATO, OKAY?!»
Avrebbero dato a Hilary il premio “Ugola d’oro” se continuava a quel modo.
«E SECONDO TE NON MI SAREI FATTO QUALCHE DOMANDA DOPO UN GIORNO E MEZZO CHE NON TI FACEVI SENTIRE?!»
Forse il premio l’avrebbero condiviso.
Hermione scosse la testa e cominciò a camminare verso le scale.
«TI AVREI SCRITTO QUESTA SERA, DOVEVI SOLO PORTARE UN PO’ DI PAZIENZA
Eppure quella ragazza avrebbe dovuto sapere che i capelli rossi erano simbolo di istinto allo stato puro. Tutti ne erano a conoscenza!
«SAI COM’E’, QUANDO C’E’ DI MEZZO LA MIA RAGAZZA NON STO TANTO A PERDERE TEMPO O AD ASPETTARE!»
Decisamente avrebbero dato loro un premio! Ma forse quello di “Scimmie Urlatrici” sarebbe stato più adatto.
«COSA CREDI, CHE TI ABBIA TRADITO?!»
Certo che anche Hilary non perdeva tempo e si dava da fare per tirare le badilate sui denti. Era risaputo che i Weasley dovessero essere presi con le pinze su certi argomenti.
«MALEDIZIONE NO! HO SENTITO QUELLO CHE HAI DETTO!»
Be’, forse i gemelli erano dei Weasley un po’ speciali.
La Caposcuola iniziò a scendere i gradini che conducevano in Sala Comune.
«E ALLORA COSA DIAVOLO VUOI DIRMI?!»
E forse Hilary Lair era più cocciuta di quanto si pensasse.
«CHE MI DISPIACE ESSERMENE ANDATO IN QUEL MODO PRIMA, PER MERLINO! E CHE TI AMO!»
Finalmente!, pensò Hermione con un sorriso da un orecchio all’altro mentre si fermava sugli scalini e si voltava verso il dormitorio femminile.
La risposta non era arrivata. La riccia si immaginava Hilary con la bocca spalancata per la sorpresa e gli occhi sgranati come se vedesse un fantasma. O più semplicemente era stato Fred a non lasciarle il tempo di rispondere. Avrebbe indagato più tardi. Oh, se avrebbe indagato!
Scese saltellando gli ultimi gradini e fece per fiondarsi verso le poltrone che occupava dal primo anno con Harry e Ron, ma quasi finì con la faccia a terra quando mancò l’ultimo scalino vedendo ciò che le si parava dinanzi.
Brown. Lavanda Brown. Colei che al sesto anno aveva avuto l’ardire di prendersi il primo bacio del suo Ron. Colei che l’aveva fatta piangere di rabbia, che aveva allontanato Ron dal suo fianco solo per poterlo sbaciucchiare. La Lavanda che persino Ronald aveva preso in giro solo l’ora prima mentre lei, Hermione, era tra le sue braccia.
E Ronald. Ronald Weasley. Il suo amato Ron. Che la voleva, che le aveva giurato di non sopportare più nemmeno la vista di quell’oca bionda. Che le aveva promesso di non lasciarla mai.
Loro due insieme. Che ridevano insieme. Lei ancora una volta appesa al suo braccio come la Piovra Gigante del Lago Nero.
Hermione si sentì montare dentro la rabbia del sesto anno. La rabbia che le aveva fatto creare tanti uccellini e che...
«Avis!Oppugno!» sibilò i due incantesimi e puntò la bacchetta contro Ron.
Gli uccellini si diressero cinguettando selvaggiamente verso la testa rossa che si ritrovò circondata, beccata e inseguita all’istante da quei famelici animaletti.
«Davvero ridicolo» esclamò la Caposcuola per farsi sentire dal diretto interessato che correva in tondo per la Sala Comune e subito dopo la ragazza imboccò l’ingresso e uscì nel corridoio richiudendo la Signora Grassa dietro di sé.
«Serataccia eh?» le chiesa il dipinto.
«Non me ne parli» ringhiò l’altra.
«Dove andate di bello, signorina? Tra poco scatta il coprifuoco»
«Io... voglio passeggiare. Resterò nei dintorni» la rassicurò Hermione procedendo verso il corridoio buio.
Aveva bisogno di sfogarsi e piuttosto si sarebbe fatta trovare dai fantasmi che sorvegliavano il Castello quando non era il turno dei Caposcuola. Magari avrebbe incontrato Nick-Quasi-Senza-Testa, poteva farci due chiacchiere.
Scosse la testa. L’unica persona che voleva incontrare era Ron, doveva dirsi la verità. Desiderava con tutta se stessa che il suo ragazzo lasciasse la compagnia della Brown e che si precipitasse da lei: desiderio più che lecito, ovviamente.
«Ma chi si crede di essere quella stupida oca?!» esplose rivolta al corridoio vuoto.
«Probabilmente una persona migliore di te» pronunciò una voce in una nicchia scura.
Fantastico, è la serata delle voci che ti sorprendono alle spalle... Merlino, che nervi!, pensò irata Hermione sguainando la bacchetta e voltandosi all’istante verso il suono.
«Chi è là?»
«Stai buona, Granger. Non voglio farti niente che tu non approveresti» sogghignò Blaise Zabini uscendo a passo sicuro dall’ombra.
«Idiota» frecció lei dandogli volutamente le spalle e tornando sui suoi passi verso la torre di Grifondoro.
«Non così in fretta Granger. Petrificus Totalus
«Protego!» preparata, Hermione si riparò con lo Scudo di magia senza nemmeno voltarsi verso l’avversario che digrignò i denti e allungò il passo per raggiungerla.
«Granger sei insopportabile! Voglio soltanto parlarti» sbottò contrariato.
«Lanciandomi incantesimi?» un sopracciglio della Caposcuola scattò verso l’alto.
«Tecnicamente è l’unico modo che avrei per farti fermare per più di cinque secondi» specificò il moro.
«Non hai qualcun altro da infastidire?! Mi è bastato l’incontro di prima! E comunque non sei riuscito a fermarmi, mi sembra»
«Ho un asso nella manica» ghignò il ragazzo prendendola per un polso e strattonandola, facendola così sbilanciare contro di sé e circondandole i fianchi con l’altro braccio.
«Zabini!» esclamò lei, collerica, appoggiandogli la mano libera sul petto per non rovinargli addosso.
Quando vide il ghigno aprirsi sulle labbra di Blaise, però, arrossì furiosamente e ritrasse le dita, come scottata.
«Piantala Zabini, non è divertente!»
«Oh, è un peccato perché io invece mi sto divertendo un mondo!» rispose lui stringendo la presa sul suo polso e sulla sua vita.
«Zabini, non è questo il momento di...»
«Allora dimmi quando sarà il momento giusto, Hermione, almeno così ti aiuterò a capire cosa ti stai perdendo dalla vita»
«Ho già tutto l’aiuto che mi serve, Zabini, quindi per cortesia, se vuoi lasciarmi!» replicò stizzita la Caposcuola, un velo di rossore sulle guance mentre tentava debolmente di dibattersi.
«E l’aiuto sarebbe Weasel?! Che Salazar ce ne scampi! Quello non è in grado nemmeno di capire cos’ha in mezzo alle gambe, figurati se...»
«Zabini!» esclamò scandalizzata Hermione «Ti proibisco di parlare di Ronald in questo modo!» ordinò brusca.
«Che cosa ho in cambio?» chiese malizioso il moro.
«La mia eterna gratitudine!» ribatté pratica la ragazza.
«E cosa me ne faccio della tua gratitudine?!» il Serpeverde era così sconcertato che per poco non lasciò la presa sul corpo della Granger.
«Significa che quando avrai bisogno di aiuto ti darò una mano» lo spirito Grifondoro aveva prevalso e la Caposcuola si dovette mordere la lingua più volte, maledicendosi per quell’uscita poco furba.
«Una mano, eh?» il ghigno di Blaise non le piaceva per niente «Se ti dicessi che proprio ora avrei bisogno di aiuto mi daresti una... mano?» e il tono era straordinariamente malizioso e seducente.
«Non... Zabini non... oh, Morgana, non intendevo in quello!» esclamò la giovane al colmo della disperazione.
«La prima parola è quella che conta, Granger, quindi mi devi dare una mano!» sghignazzò il ragazzo, abbassando lentamente le dita che poggiava sulla sua schiena.
Ma Hermione si divincolò forte e, non riuscendo a liberarsi da quella prigione di muscoli, allungò una mano dietro di sé e schiaffeggiò forte quella del moro che si incupì.
«Andiamo Granger, sei troppo pudica!»
«Troppo pudica? Troppo pudica?! Sei tu che sei abituato alle oche senza cervello che si lasciano mettere le mani dappertutto! Almeno io ho dei sani principi!» sbraitò lei.
«Ad esempio rimanere vergine fino al matrimonio?» la derise Blaise.
«Ad esempio non andare con il primo che passa!» urlò Hermione.
«Non sono il primo che passa, sono quello che hai baciato in modo parecchio appassionato...»
«Un mese fa! Un mese!» gli rispose a tono.
«Comunque mi hai baciato!»
«Devo sentirmi onorata del fatto che ti ricordi di un nostro bacio? Fantastico, se ti fa stare meglio e se ti fa scollare da me allora sì, sono onorata!» calcò sull’ultima parola con una tale ironia che, se non fosse stata una Grifondoro, Piton le avrebbe assegnato almeno cento punti.
«Non fare l’altezzosa con me, Granger!»
«Non sto facendo l’altezzosa! Sto solo dicendo quello che vuoi sentirti dire! Non sei abituato a questo modo, Zabini? Eh?! Tutti ai tuoi piedi, ogni persona deve fare quello che dici tu! Hai fatto così fin dall’inizio dell’anno con me, ma se credi di poter continuare a tormentarmi ti sbagli di grosso! Tu non sei niente! Io amo Ron, e questo non me lo potrai mai impedire! Potrai cercare di irretirmi e sedurmi ma non hai alcun potere su di me, né l’avrai mai! E dovresti smetterla di condurre una vita come quella che conduci dal quinto anno, come Malfoy! Voi due siete delle persone orribili, mettete le ragazze nella condizione di oggetti solo per poter soddisfare le vostre esigenze! Mi fate schifo! Vi disprezzo! Non siete nemmeno degni di abitare in una scuola rispettabile come Hogwarts! E io amo Ron, perciò stammi lontano e non provare mai più a seguirmi, prendermi di sorpresa e baciarmi, chiaro?!»
Hermione era fuori di sé: i capelli ricci le danzavano attorno alla testa e la facevano assomigliare a una banshee inferocita, le mani che si agitavano e gesticolavano seguendo ogni parola che la sua bocca sputava con rabbia. Era riuscita a sciogliere la stretta di Blaise e si era allontanata di un passo ma il dito era continuamente puntato contro il petto del Serpeverde.
Quando finì di urlare, nel corridoio cadde il silenzio.
Blaise aprì la bocca per ribattere ma all’improvviso sentirono dei passi venire verso di loro.
«Oddio! Mi hanno sentita!» squittì Hermione, sgonfiandosi di botto e premendosi sulla parete «Sarò espulsa, lo so! È scattato il coprifuoco e non sono nella Sala Comune! Oh Merlino e Morgana aiutatemi!»
«Salazar, Granger, vuoi stare un po’ zitta?!» sbuffò il Serpeverde tappandole la bocca e il naso, tanto era grande la mano, e facendole battere la schiena contro il muro per l’impulsività del gesto.
«Mpfff!» la Caposcuola si dibatté cercando di sottrarsi alla sua presa che la stava soffocando.
«Zitta!» ribadì il moro «Se è la McGranitt espelle te e uccide me, quindi non ci tengo proprio a farmi scoprire!»
Blaise perse ancora un attimo di tempo approfittandone per stringersela addosso, poi le prese il braccio appena sopra il gomito e cominciò a camminare lungo il corridoio.
«Zabini, dove stiamo andando? La torre di Grifondoro è dall’altra parte!» protestò sibilando Hermione, cercando di puntare i piedi, ma ovviamente il ragazzo era più forte e la trascinò via senza neppure sforzarsi di sembrare affaticato.
«Non sei appena fuggita dalla tua tana?» le chiese divertito nascondendo un ghigno.
«Non... Zabini, la mia vita privata non è affar tuo!» replicò imbarazzata.
«Invece sì»
«Invece no»
«Sì»
«No»
«Sì»
«No!»
«Sì!»
«Oh, per Godric! No!»
«Salazar, Granger, non nominare quello stupido fondatore! Comunque sì!»
«E tu non nominare il tuo razzista fondatore! In ogni caso sì!» esclamò la Caposcuola sperando che il vecchio trucco funzionasse.
«Perfetto! Allora vieni con me, che aspetti?» ghignò il bel moro continuando imperterrito a camminare.
Hermione boccheggiò irritata per poi iniziare a maledirlo in lingua Troll e affini.
«Come sei fine, Granger!» il giovane rise apertamente e il borbottio nemmeno troppo soffuso alle sue spalle si dissolse nel nulla.
Blaise non si disturbò a girarsi per vedere la sua espressione: aveva il sospetto che avrebbe potuto tranquillamente guardare negli occhi un Basilisco piuttosto che la Grifondoro.
I passi dietro di loro continuavano ad avvicinarsi e, ad un certo punto, la ragazza si spazientì.
«Se fossi tornata indietro sarei già arrivata alla torre sana e salva!» lo accusò.
«Certo, peccato che chi stava arrivando proveniva proprio dalla tua cara torre» ribatté il moro con tono ovvio, poi si morse la lingua «Cioè...»
«Ma la McGranitt non era in Sala Comune» lo interruppe Hermione fermandosi di botto in mezzo al corridoio e facendo bloccare anche Blaise che per il contraccolpo rischiò di cadere all’indietro, addosso alla giovane.
«Granger!» esclamò lui esasperato «Sebbene sia il mio sogno erotico ricorrente quello di averti sotto di me, la mia aspirazione è alquanto maggiore di un corridoio spoglio con gente che si avvicina!»
La mente di Hermione aveva smesso di lavorare fermandosi a metà della frase e lo stomaco le si era stretto in una morsa quasi sconosciuta.
Sogno... erotico... oddio, non può fare sul serio, giusto? Non farà certi sogni su di me, spero! Non per davvero!, pensò rifiutandosi di credere alle sue parole e tentando di nascondere il rossore che le stava imporporando il viso.
«Zabini! Decisamente non è il mio sogno fare l’amore con qualcuno come te, perciò...» prese a parlare, convinta dei suoi pensieri, finché la voce non le morì in gola.
Il giovane Serpeverde dagli occhi come il mare in tempesta le si era avvicinato molto più di quanto il decoro e le distante ritenute ideali tra due persone con la loro conoscenza reciproca permettessero. Il suo sguardo si era fatto profondo, forse aveva intenzione di scavare nella sua anima e nella sua mente senza usare la Legilmanzia.
La fissava. La fissava intensamente. Hermione non era abituata ad essere fissata in quel modo. Sembrava che la stesse spogliando con gli occhi. E non solo dei vestiti, ma dell’intera pelle. Era come se volesse vedere direttamente dentro di lei, nella sua anima, nella sua testa... nel suo cuore! Che ora batteva furiosamente, scalpitava contro il suo petto, desideroso di uscire. Di volare via, attirato come una calamita da quegli occhi cobalto.
«Zabini...»
«Blaise» la corresse lui dolcemente, la voce roca e lo sguardo che ora le sfiorava le labbra.
Istintivamente lei lasciò che i denti affondassero in quello inferiore e cercò di togliersi dalla mente il ricordo dei suoi baci.
«Va bene... Blaise» gli concesse «Non... non dovevamo non farci trovare?» sussurrò.
Il ragazzo socchiuse la bocca per rispondere, poi spostò gli occhi dai suoi a un punto sopra la sua spalla.
Hermione, immersa nella contemplazione dello sparato della camicia bianca della Serpe, non vide le sue labbra distendersi in un sorrisetto compiaciuto per poi riprendere a osservarla.
«Certamente. Vieni con me» mormorò in risposta e la prese per mano riprendendo a camminare più lentamente di prima.
Sapeva esattamente dove l’avrebbe condotta quella sera. E niente l’avrebbe potuto fermare. Non che il suo piano e la sua pozione potessero essere intralciati da qualcuno o da qualcosa: aveva pensato a tutto. Certo, non pensava che quell’ochetta bionda avrebbe agito subito; credeva gli avrebbe dato il tempo per sistemare le cose a dovere. Vedere la sua faccia che sbucava dall’angolo del corridoio l’aveva turbato dapprima, perché pensava di non riuscire a evitare che anche la Granger la vedesse. Ma era rimasto soddisfatto dell’effetto immediato del suo piano e comunque non cambiava nulla. Lui era un esperto nel girare le situazioni a suo vantaggio e quella volta non era stato da meno.
Ora l’unica cosa da fare era permettere alla Granger di vedere senza farle scoprire la trappola tesa per lei.
Perciò quando i passi della Brown e del cretino rimbombarono dietro l’angolo che avevano appena svoltato, Blaise trasse a sé la Grifondoro e si nascose con lei all’ombra di una nicchia oscura. Lei sussultò ma non disse nulla, imbarazzata.
Il Serpeverde poteva sentire battere il suo cuore contro il proprio petto e l’unica cosa a cui pensò fu che non vedeva l’ora di poterlo sentire sulle labbra e sulla pelle nuda.
Rimasero immobili, l’uno addosso all’altra. Il moro le aveva fatto appoggiare la schiena contro il muro e il suo corpo era una barriera per il mondo esterno. Era la sua campana di vetro.
Hermione non apriva bocca. Non avrebbe avuto niente da dire. Per la prima volta in vita sua, Hermione Granger aveva perso il dono della parola. Se in quel momento ci fosse stato Piton avrebbe lodato Salazar in tutte le lingue che conosceva.
Blaise, invece, aspettava il momento giusto, quello in cui si sarebbe casualmente spostato per lasciare intravedere alla Caposcuola il teatrino preparato apposta per lei. Sperava che la Brown dicesse con precisione le frasi che avevano concordato. Difatti...
«Tesoruccio mio, non sai quanto mi sei mancato!» la vocetta acuta di Lavanda echeggiò fastidiosamente nel vuoto.
«Anche tu mi sei mancata, Lavanda!»
Hermione si aggrappò istintivamente al braccio che Blaise aveva messo accanto al suo fianco. Il cuore smise per un attimo di battere poi riprese più forte di prima. E gli occhi si socchiusero in una muta ricerca di comprensione.
«Oh, amore mio! Come hai potuto lasciarmi per quella insulsa verginella?» piagnucolò la bionda.
La presa sulla manica del Serpeverde si fece più forte, la tentazione di impugnare la bacchetta era incontrollabile. E gli occhi pungevano di lacrime trattenute.
«È stato un errore tremendo, mia dolce Lavanda, ti chiedo di perdonarmi!»
L’espressione di Zabini era un omaggio al più grande attore teatrale: perfettamente perplesso, meravigliosamente indignato, particolarmente consolatorio. E gli occhi ridevano di nascosto.
«Prometti che mi amerai per sempre? E che lascerai quella stupida? Oppure puoi anche stare con lei, ma non le darai nulla, darai tutto solamente a me! Perché tu sei mio!»
Blaise riuscì con difficoltà ad evitare una smorfia di disgusto e sostenne il corpo di Hermione che, dopo quell’ultima dimostrazione di slealtà, si stava lasciando scivolare contro il muro verso il pavimento di pietra. E gli occhi di lui erano brillanti di soddisfazione.
«Ma certo Lavanda. Non ho nessuna intenzione di fare qualcosa con Hermione! È così fredda! E tu sei molto più sensuale e bella e dolce e simpatica e... e... be’ sei fantastica!» rispose la voce strascicata di Ron.
Una stilettata. Dritta al cuore. Hermione cedette e le sue gambe non la ressero più. Cadde tra le braccia di Blaise, pronto ad afferrarla. E gli occhi di lei erano uno specchio di dolore.
Se avesse ascoltato con maggior attenzione, se non fosse stata così emotivamente immersa nella situazione, si sarebbe accorta dello strano tono con cui Ron aveva parlato. Ma non si è mai obiettivi e ragionevoli nell’amore. Esso è, per definizione, irragionevole.
«Oh Ron-Ron!» la Brown diede in un gridolino di gioia e i due ragazzi nascosti sentirono solo il risucchio di un bacio appassionato.
La Caposcuola serrò gli occhi disgustata e ferita: non era sicura di riuscire a non vomitare a quel suono. La mano di Blaise si posò sul suo stomaco ma la riccia ne sentì appena il calore.
«Lav-Lav, qui nel corridoio potrebbero vederci tutti! Andiamo in quell’aula» decise Ronald tra un bacio e l’altro.
Quelle labbra. Quelle labbra hanno baciato me! Quelle labbra bugiarde! Mi hanno mentito mentre mi baciavano! Mi hanno mentito mentre mi parlavano! E se lui che mi amava mi ha mentito in questo modo, chi può dirmi la verità?, pensò Hermione appoggiando inconsciamente la fronte sul petto del moro.
«Hermione» la richiamò lui «Stai bene?»
Lei alzò la testa e riaprì lentamente gli occhi.
«Voi uomini siete bravi a mentire a tutti. Anche a voi stessi» mormorò a fior di labbra.
Poi gli guardò la bocca. Sorrise e scosse la testa per l’assurdità di quel pensiero.
«Ti scoccia riaccompagnarmi alla torre, Blaise?» parlò infine, titubante.
Il moro sgranò gli occhi. Non doveva essere questa la sua richiesta! Doveva pregarlo di farle dimenticare Weasel e lui l’avrebbe accontentata più che volentieri! A modo suo, ovviamente. Ma non voleva accompagnarla in torre, oh no! Voleva portarla nella Stanza delle Necessità. Non poteva andare in bianco anche quella sera, per Salazar!
«Sei sicura di voler andare nella Comune? Insomma, non ti ricorderebbe troppo Weasley?» tentò di rimediare.
«Ti prego di non pronunciare quel nome, Blaise» replicò lei, perentoria «Comunque non mi importa, non dormo nella sua stanza. E c’è Hilary che mi aspetta...» si bloccò ricordandosi di Fred.
Spero per lui che non sia un cretino come il fratello, perché se fa soffrire Hilary lo faccio fuori! Però se vogliono passare la notte insieme io non posso stare in camera, se no addio privacy, rifletté. Sollevò lo sguardo sul Serpeverde e si chiese cosa avesse in mente.
«Hai proposte?» si risolse a chiedergli.
Ormai non aveva più nulla da perdere.
«Be’... una sì. Insomma potremmo andare nella Stanza delle Necessità. Ti faccio compagnia se vuoi» rispose lui entusiasta e già speranzoso di completare l’opera.
«Va bene» concesse la riccia e uscì dalla nicchia per incamminarsi verso il quadro di Barnaba il Babbeo.
Per poco Blaise si mise a saltellare, elettrizzato dalla risposta della Granger, ma riuscì a recuperare gli ultimi brandelli dell’educazione di Purosangue all’ultimo momento e si ricompose. La seguì per le scale fino al settimo piano e si offrì di passare tre volte davanti alla parete per cercarle un rifugio confortevole – Le mie braccia, ovviamente, pensò con un mezzo sorriso.
Hermione lo lasciò fare poi si accostò alla porta di legno pesante apparsa nel muro; la socchiuse e una lama di luce si stagliò sul pavimento della Stanza. Senza perdere tempo a guardare cosa aveva evocato il Serpeverde, la riccia si girò verso di lui e gli sorrise spontanea.
«Grazie, Blaise. Non so che avrei fatto se non ci fossi stato tu, stasera» gli si avvicinò e gli depose un bacio leggero sulla guancia, poco più a destra delle labbra «Buonanotte, Blaise»
Sorrise di nuovo e sparì nella Stanza delle Necessità senza lasciare al ragazzo nemmeno il tempo per capire che era stato educatamente congedato.
Quando si rese conto che la Granger aveva osato abbandonarlo nel corridoio invece di lasciarlo entrare per farle compagnia come le aveva detto, si sentì a dir poco oltraggiato. E la porta stava svanendo a poco a poco.
«L’ha chiusa a chiave, la maledetta!» esclamò offeso.
Poi sospirò, deluso, e volse le spalle alla parete ormai vuota riprendendo a camminare e sparendo dietro un arazzo protettore di un passaggio segreto per i sotterranei.
«Ti avrò, Granger! Giuro che ti avrò!» borbottò al silenzio che lo circondava.
Poi sulle labbra gli comparve un sorriso, il sorriso divenne ghigno, e il ghigno divenne risata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIETTO AUTRICE
 
(1)   Citazione presa dal libro di Alberto Manguel, Todos los hombres son mentirosos, studiato per l’esame di spagnolo. Traduzione:
L’amore è quella stupida certezza con la quale la nostra fantasia crea un fantasma verosimile [...]che entra nella persona solida, in carne ed ossa, che abbiamo davanti, abitando dentro di essa, e noi ci facciamo guardare da lei attraverso i suoi occhi (del fantasma), facendole muovere le mani come più piace a noi.
Credo che l’ultima parte del capitolo sia illuminante. Hermione sente Ron fare una dichiarazione d’amore in piena regola (più o meno) a Lavanda perciò pensa che abbia mentito a lei. E sta male, ovviamente! L’amore, nel suo caso, forse (e attenzione a questo forse!) le ha fatto credere che Ron fosse l’uomo ideale ma è stata ingannata.
(2)   Giulia Manfredi: Giulia è un’italiana pura come notate da nome e cognome. Come vedete non sono pazza mettendo nomi inglesi in una scuola italiana perché la Scuola di Magia di Firenze è internazionale quindi accoglie studenti italiani e stranieri che vogliono (o sono costretti dalla necessità, come Hilary e alcuni altri) studiare la Magia avanzata e Oscura, oltre ai professori stranieri che vi insegnano.
(3)   Omaggio alla voce del doppiatore di Jason Isaacs, colui che interpreta egregiamente Lucius Malfoy: immaginate esattamente la stessa cadenza per pronunciare quella frase. (Io adoro la sua voce melliflua XD )
(4)   Dal film “Big fish – Storia di una vita incredibile” di Tim Burton. Il riferimento è alla strega dall’occhio di vetro nel quale si vede come si morirà. Ovviamente lo specchio è un po’ diverso: esso dà la visione della morte che sarà prossima, è una specie di predizione ma non puoi fare in tempo ad accorgertene e quindi ad evitare la causa che sei già morto. Se ti vedi riflesso nello specchio vedi la tua morte. E se lo guardi muori. Le due cose sono concatenate, non saprei come spiegarmi in modo migliore, perdonatemi.
(5)   Ricordate Hagrid al secondo anno quando Ron tenta di scagliare il Mangia Lumache su Draco ma la bacchetta rotta glielo rispedisce indietro? Ciò che dice nel film è questo!
(6)   Omaggio alla grande Jane Austen di “Orgoglio e pregiudizio”. Ora non ricordo se lo dice anche nel libro ma nel film del 2006 Elisabeth (Keira Knightley) dice a Jean di non illudersi nel giudicare buona la sorella del signor Bingley e dice “Ai tuoi occhi tutto il mondo è buono e caro!”
 
Spero di cuore che vi sia piaciuto! Un bacio!
AnnaWriter
   
 
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