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Autore: Val2910    11/10/2011    3 recensioni
Ace ormai è morto da due anni (o almeno dovrebbe esserlo).
Nami, pronta per rincontrare i compagni, parte per il suo viaggio verso l’arcipelago Shabaody.
Se questa fosse una storia normale, la rossa riuscirebbe ad arrivare sana e salva all’arcipelago, raggiungere i suoi compagni e prepararsi ad affrontare nuove avventure.
E considerando che non ha la più pallida idea del fatto che Ace è ancora vivo, potrebbe anche incontrarlo e superarlo senza farci caso.
Ma prendendo in considerazione le bolle volanti e cadenti, colpi bassi, favole dove i protagonisti sono dei gran fighi, un sentimento innato per la pizza e l’ossessione per il colore arancione... allora direi che questa non è una storia normale.
E quindi che Nami avrà molto da fare prima di raggiungere i Mugiwara...
[AceXNami] Prima fanfic a capitoli che scrivo, mi piacerebbe sapere che ne pensate. Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Portuguese D. Ace
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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«Finalmente!» esclamò Ace, arrivando nel porto giusto.
Nei suoi pensieri era stata fissata l’immagine di una panchina dove potersi sedere e godere il meritato riposo.
Ma un altro ricordo lo costrinse a cambiare piani.
«Dove sono finite Nami e Koala?» si chiese, guardandosi attorno.
Non trovandole subito, Pugno di Fuoco cominciò a girovagare alla loro ricerca.

«Nami... !». La bionda frenò la sua corsa di scatto, esclamando il nome della navigatrice.
«Koala, che stai facendo? Abbiamo due della Marina che potrebbero catturarci da un momento all’altro e tu ti fermi?».
«Ma... non mi sono fermata!» rispose lei, facendo rimanere perplessa la navigatrice «Non volontariamente, almeno!».
Ancora più stranita, la rossa abbassò lo sguardo sulle caviglie di Koala: erano avvolte da fili bianchi e vaporosi come le nuvole, ma spessi e a quanto pareva abbastanza resistenti da immobilizzare qualcuno.
“Avremmo fatto meglio ad essere più veloci” pensò la ventenne, mandando lo sguardo oltre la spalla di Koala e  incontrando quello freddo e duro del commodoro Smoker.

Se prima era certo di essere stanco, e di avere solo il briciolo di forze necessario per poter respirare, ora era sicuro di aver perso anche quello.
Ace trovò una di quelle panchine tanto invitanti che desiderava vedere da quando era arrivato, e si lasciò cadere su questa. Dire che faceva caldo era troppo poco, non si stimava tanto nemmeno per le conseguente dell’effetto serra.  
«Mi ssscusssi?».
Pugno di Fuoco si voltò.
«Ssssaprebbe dirmi dove sssi trova l’altro porto?».
Il moro rimase incredulo: a parlare era stato un uomo ispanico, alto e smilzo, dai capelli mori e un accenno di pizzetto.
Era l’individuo che aveva giurato di aver visto nel primo porto, dall’altra parte della città. Il pirata ricordò che l’uomo in questione aveva la “r” moscia, ma ora parlava correttamente.
«Allora? Mi risssssponda!»
Fatta eccezione per la “s” sibilata come quella di una serpe.
Il ventiduenne, un po’ confuso, rispose: «Da quella strada, poi sempre dritto».
No, iniziare a discutere inutilmente non era la cosa da fare al momento.
«Ne è ssssicuro?»
«Si»
«Al cento percento?»
«Le ripeto di si». “Ma perché è così insistente?” Si domandò Pugno di Fuoco.
«Non è che poi vado a finire dall’altra parte della città?»
«Mi pare ovvio:» disse Ace «il porto è dall’altra parte della citt-».
Il pirata percepì qualcosa che veniva sfilato dalla tasca. Non appena si voltò, si trovò davanti lo stesso uomo con cui stava parlando poco fa; o con qualcuno che gli assomigliava come la pecora Dolly all’altra Dolly.
«Vedo che sei rrrriuscito a rrraggiungerrre il porrrto, amico».
Non ebbe nemmeno il tempo di voltarsi, che già il moro di prima si era messo a correre con i soldi di Ace, inseguito dal compare.
«A mai più rrrivederrrci!» esclamò quest’ultimo.
Il pirata rimase impassibile mentre vedeva i due ladri allontanarsi e infiltrarsi nella stradina che attraversava tutta la città da un porto all’altro.
Un sorrisetto sghembo apparve sulle labbra del ventenne: «Non hanno idea di chi hanno a che fare...».

«Voi sareste Nami, la Gatta Ladra...» disse Smoker, posando lo sguardo sulla ragazza «e Koala, una cameriera di un locale a Full Shout?»
La bionda fece l’occhiolino: «Prezzi modici e ottima accoglienza!».
«Koala, mi pare sia il momento meno adatto per fare pubblicità».
«Mia cara Nami, un po’ di Business ci vuole!» fece la bionda, mentre veniva ammanettata da Tashigi «Altrimenti chi altri ci fa  propaganda?».
Nami sbatté il palmo della mano contro la faccia: «E’ proprio un’idiota».

Ace teneva stretto il pugno infuocato, sotto gli occhi stupiti e spaventati dei due ladri .
«T-Ti prrrego,» sussurrò l’ispanico «infondo, è colpa sua! E’ lui che ti voleva frrregare perrr prrrimo, sai?»
«Mia?» mormorò l’altro «ma ssse sssei sssstato tu a prendergli il denaro dalle tassssche! E poi non è vero che volevo derubarlo!».
Pugno di Fuoco interruppe il loro continuo addossare la colpa all’altro: «Ma voi chi siete?».
«Sssiamo i gemelli Ramonez,  ladri di mestiere».
«Questo l’avevo capito»  continuò il pirata.
«Sperrro che non te la prrrenda trrroppo perrr quei soldi,» attaccò quello con la “r” moscia «dopotutto, sei anche inseguito dalla Marrrina, ti ho visto mentrrre te ne scappavi! Quindi, si sa, frrra colleghi ci si dovrrrebbe darrre una mano, dico bene?».
L’espressione di Ace non tranquillizzò per niente i due malviventi.
«Fra colleghi ci si dovrebbe aiutare, ma non credo che questa regola valga fra di noi, visto che mi avete appena derubato. E poi... colleghi? Io sono un pirata, voi due ladruncoli. Non vedo perché non dovrei riprendere i miei soldi e darvi una bela lezione»
Mentre Ace si avvicinava, i due strinsero le spalle più che poterono. Se fossero stati cani, avrebbero messo la coda fra le gambe da un bel pezzo.
«Infine...»
 Strinsero le palpebre, attendendo quello che nemmeno loro sapevano cosa potesse essere.
 E poi tutto accadde: il rumore dei battiti sulla strada che si andavano affievolendo e un urlo da ragazzina da parte dei due gemelli.
Poi niente.
I ladri schiusero gli occhi.
«Grrrran bell’acuto!» schernì uno.
L’altro invece rimase zitto, domandandosi perché quell’uomo li avesse spaventati senza motivo. Poi frugò fra le sue tasche: «Tsk! Ssssi è ripressso i sssuoi sssoldi. E non ce ne sssiamo nemmeno accorti».
«Ti parrreva...»
«E ora chi glielo dice al bossss?»
«Io no di cerrrto!»
«E allora diamoci una mosssa e vediamo se posssssiamo dissscutere pacificamente con quel tipo»
«Poco fa stava perrr ammazzarci e tu vorrresti parrrrlarci pacificamente?»
«Giusta osservazione».
I due si voltarono, e non poco spaventati: «Sei tornato!?».
Ace fece le spallucce: «Mi sono ricordato che volevo sapere se avevate visto due rag...»
I gemelli Ramonez se la diedero a gambe levate.
«...azze» Concluse la frase Pugno di Fuoco. «Non ricordavo di essere così spaventoso, quando volevo».

«Patetico, davvero» si disse fra sé e sé Nami.
La scenetta di Koala avvinghiata alla caviglia del Cacciatore Bianco, e quest’ultimo che provava (invano) a scalciarla era, come aveva appena detto, una cosa patetica.
Da quando poi si era immischiata goffamente Tashigi, era diventata una cosa comica.
E lei era costretta a rimanere impassibile e con le caviglie bloccate dal fumo sorbendosi quello spettacolino.
«LARRRGO!»
“Eh?”. La rossa, perplessa, si voltò.
Un uomo che correva la superò a gran velocità, colpendole la spalla.
«Levati dai piedi!» urlò. Era moro, ispanico, alto e smilzo. E per la Gatta Ladra aveva anche un chè di familiare, ma non ne riusciva a capire il motivo.
«Prima impara a chiedere scusa, bifolco!»
Un attimo dopo la navigatrice venne nuovamente spinta da qualcuno che correva a gran velocità.
«Hey!»
«Opsss! Mi ssscusssi bella sssignorina!».
Nami scosse le testa vedendo la stessa scena di prima, con l’uomo di prima, solo in versione gentile e garbata.  
«G-Grazie... » fu tutto quello che riuscì a dire.
Si sentì colpire una terza volta.
«Eh, no! Adesso bast-» Ace le tappò la bocca prima che potesse alzare troppo la voce.
Lo sguardo di entrambi cadde immediatamente sul commodoro e sulla guardiamarina: ancora intenti a liberare la caviglia da Koala, non avevano notato nulla. Anche perché stavano dando le spalle.
«Nasconditi!» sussurrò la rossa a Pugno di Fuoco.
Il moro trovò subito un mucchio di casse affiancate al muro di una casa, e si accucciò lì dietro mantenendo gli occhi ben aperti sui due marinai.
Aspettarono ancora qualche istante prima che la cameriera si staccasse.
«Bene,» mormorò l’albino «Direi che ora possiamo tornare alla nave, ma prima... »
Si avvicinò alla Gatta Ladra, ma lei mantenne lo sguardo basso.
«Tashigi ha detto di aver visto Pugno di Fuoco da queste parti, ne sapete niente voi due?»
«Ma come? Ora la marina da anche la caccia ai fantasmi?».
Ace ridacchiò dietro le casse: Nami era davvero un’ottima bugiarda.
Smoker si rivolse verso la guardiamarina: «Credo che il  tuo sia stato un abbaglio»
«Signore, sono molto dispiaciuta»
«Di nulla: abbiamo avuto comunque fortuna a trovare... queste due»
Quella che aveva appena fatto riflettere al commodoro era una cosa che si chiamava “giustizia morale”. Se ne avete sentito parlare, saprete che è quel tipo di giustizia dove i veri criminali non sono quelli che navigano sotto la bandiera col teschio, ma coloro  che fanno qualcosa di sbagliato alle altre persone.
E Koala non era né una criminale, né una donna che navigava sotto la bandiera nera.
Ma dannate regole imponevano di arrestare anche chi avesse solo fatto una chiacchierata amichevole con qualche pirata.
Quindi, non c’era altro da fare che arrestare entrambe.
Smoker dunque mise le manette anche a Nami, le liberò le caviglie dal fumo e prendendola per un braccio cominciò a portarla verso il porto, imitato da Tashigi che teneva Koala.
Finché non sentì un indice tamburellargli dietro la schiena.
Si voltò.
«Sorpresa!»
Ace tirò il suo Pugno di Fuoco al commodoro, e distratto l’albino lasciò la presa sulla rossa.
Koala ne approfittò per dare una testata a Tashigi e farle perdere i sensi.
«E quello da dove lo hai imparato?» domandò la Gatta Ladra, appena caricata sulle spalle del pirata.
«Ho un amico che mi ha insegnato un paio di trucchetti» esclamò la bionda.
Ace cominciò a correre verso il molo dove si trovava la loro imbarcazione, seguito a ruota dalla bionda.
«E tu?» continuò Nami «Cosa ti è saltato in mente? Che fine fa la tua idea riguardo il rimanere morto agli occhi del mondo?».
«Sai,» le disse il moro «dalle mie parti ho imparato che non si deve mai e poi mai lasciare un compagno in difficoltà. Da questo dovresti anche riconoscere il modo di comportarsi di mio fratello».
La rossa rimase interdetta da quella risposta. «Riconosco te» bisbigliò infine, con la voce troppo bassa per essere sentita da qualcuno.

«Tashigi!»
La mora si rialzò di scatto, ansimando come se si fosse risvegliata da un incubo: non poteva credere di essere stata messa K.O. così velocemente.
Guardò in faccia l’uomo accanto a lei: «Signor Smoker, da quanto sono svenuta?».
Lui attese qualche istante: «Direi, poco più di qualche minuto».
«E secondo lei, se corriamo velocemente, riusciremmo a raggiungerli?».
Il commodoro rimase stupito dalla continua costanza della sua subordinata, anche se non lo diede a vedere.
«Dovremo essere molto, molto veloci, Tashigi».
Misero davvero tutta l’energia che avevano in corpo in quella corsa per raggiungere il porto. Ma quando arrivarono, non c’erano coloro che stavano cercando.
Le uniche cose rimaste erano qualche marinaio che girovagava qui e là per la strada, due o tre navi merci già partite e una serie di imbarcazioni vuote lungo la riva.
La spadaccina, sconfortata, cominciò a retrocedere seguendo il superiore.

Ma proprio su una delle navi merci già partite, tre testoline di cui una gialla, una nera e una arancione semi affacciate dalla balaustra erano rimaste a guardare i marines finché non se ne andarono definitivamente.
Alla fine i rispettivi proprietari si lasciarono cadere sul pavimento legnoso del ponte e cominciarono a ridere, scaricando la tensione.
«Emh,» mormorò la bionda «non vorrei rovinare il lieto fine, ma queste come le togliamo?» e indicò le manette ai suoi polsi e a quelli della navigatrice.
«Non ti preoccupare,» fece Nami «basta trovare qualche ladruncolo da quattro soldi che sabbia scassinare un lucchetto ed è fatta!».
Proprio in quel momento Ace si ricordò di una certa coppia di gemelli che poteva fare al caso loro, prima che rammentasse anche di un’altra cosa.
«Già che siamo in vena di discutere su probabili complicazioni,» fece lui «avete già un’idea su come scendere da questa nave?».
Le due ragazze sbarrarono gli occhi.

«Avanti: entrrra e affrrronta il boss da uomo!» esclamò il moro.
«Io? Perché io? Gliel’ho detto l’ultima volta che è andata male, e non ci tengo a fare il bisss!» gli rispose l’altro.
Si trovavano entrambi davanti alla porta del retro di un locale, e ora i gemelli litigavano per chi dovesse entrare e subire l’ira funesta del loro capo, e per chi invece potesse scappare e fregarsene del fratello in difficoltà.
«Si, ma io sono molto più vecchio di te! Quindi merrrito rrrispetto»
«Più vecchio sssolo  di quindici minuti, mio caro fratello. E poi io sono quello più intelligente: prova tu a rispettare la cultura per primo!».
D’un tratto la porta sbatté sonoramente, lasciando intravedere la figura di un uomo sull’uscio.
«Il capo aspettava vostre notizie» mormorò un quarantenne dalla classica corporatura del buttafuori e una cintura che teneva attaccata a mo’ di spada una mazza ferrata.
I due fratelli si guardarono in faccia.
«Il boss ha detto qualcosa su chi dei due vorrrebbe vederre?»
L’uomo scosse la testa: «Si!»
«Ah, bene. E chi?»
«Entrambi».
Il moro con la “s” moscia sospirò, l’altro invece cadde in ginocchio straziato.
Entrarono in un corridoio buio come la pece, dalle pareti coperte di mattoni che con quell’oscurità sembravano assumere un colore blu come la notte (NdA Tipo Impel Down).
Giunsero in una stanza più grande, stavolta non buia perché illuminata da delle lampade ad olio. Non c’erano finestre, di conseguenza anche l’odore di chiuso regnava sovrano.
Seduto sullo schienale di  una poltrona contro il muro, vi era un uomo dai capelli corti biondi , dei caratteristici occhialini da sole e  un fisico abbastanza muscoloso (NdA Traduzione: il classico fisico da urlo di cui è dotato il 99% dei personaggi di One Piece).
«Fufufufu, quelle facce non promettono nulla di buono».
Il fatto che il loro capo se la rideva nonostante non fosse una cosa positiva, aggiungeva un chè di sadico e inquietante al suo profilo.
«Non siete riusciti a rubare niente? E’ la terza volta in un  mese! Non starete perdendo colpi? Fufufu!»
«Ma, boss...» mormorò uno dei due «SIAMO rrriusciti a rrrubarrrre, ma il tipo in questione errrra molto più forrrte di noi e si è rrrriprrrreso la rrroba!».
Il biondo ghignò, e di sicuro non era un bene per i Ramonez. Poi fece un cenno all’uomo alle loro spalle, lo stesso che aveva aperto la porta, e questo afferrò la mazza ferrata che teneva legata alla cintura.
«No! Asssspetta!» esclamò il moro. «Guarda che era un individuo davvero molto forte! Pensssa che è riusssssscito a infuocare la sua mano sssenza che sssi bruciassssse!»
«Fermati» esordì il capo, facendo prendere un sospiro di sollievo ai gemelli.
“Peccato...” pensò il quarantenne “... era da tanto che non picchiavo qualcuno”.
«Cosa hai detto?»
«Che è riusssssscito a infuocare la sua mano sssenza che sssi bruciassssse!» ripetè il moro.
Il biondo fece un altro dei suoi sorrisetti sadici: «Descrivetemelo».
«Allorrrra, errra alto...»
«... circa uno e ottanta-ottantacinque»
«Più o meno doveva averrrre vent’anni, o forrrse più»
«Moro»
«Aveva le lentiggini»
«Aveva detto di esssssere un pirata, mi pare»
«E faceva paurrrra».
L’altro gli rivolse un’occhiataccia.
«Che c’è? E’ verrrrro!»
Il capo cominciò a sogghignare a mezza voce, attirando gli sguardi indiscreti di tutti i subordinati lì presenti con lui.
«Fufufufu, ho un nuovo incarico per voi, Ramonez:»
I gemelli tesero le orecchie.
«Per stasera, dovrete portarmelo qui».



Mi odiate, vero?
E non dite il contrario: anch’io mi odierei per essermi fatta odiare dopo un sacco di tempo che non aggiorno.
Certo, magari sarei più comprensiva sul fatto di odiarmi per essermi fatta odiare. Forse proprio perché se fossi più comprensiva sul fatto di odiarmi per essermi fatta odiare mi odierei di meno...
Chiaro, no? xD

Scherzi a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Solo qualche annotazione:
1. Gemelli Ramonez: in realtà nella fanfic non sarebbero dovuti esserci. O meglio si, c’erano, ma nella veste di un personaggio scherzo di un criminale a caso (forse messicano o portoghese, da qui il cognome Ramonez) e un bambino che doveva far parte di una coppia di fratelli e che doveva... questo non lo dico sennò diventa spoiler :P
2. NON CI SARANNO PIU’ PERSONAGGI ORIGINALI (fatta eccezione per uno, che però in realtà se ne è già accennato. No, non è il famoso boss). Mi sono accorta che in questa storia sto lavorando un po’ troppo con la fantasia, quindi cercherò di utilizzare persone che già esistono e i personaggi che ho già inventato sino a questo capitolo senza aggiungerne altri.

Vedrò di aggiornare presto (si signori: è solo una falsa speranza), nel frattempo godetevi questo pezzettino!

E ora...
*rullo di tamburi*
... Angolo delle domande!
*scoppia un “no” prolungato in risposta da tutti i personaggi della fanfic*.
Ma come no? Forza e coraggio e ringraziamo cola!

Perchè Tagishi non ha mai pensato di mettersi le lenti a contatto?
Tashigi: Hai mai provato a metterti le lenti a contatto? Fanno malissimo! E poi ti possono cadere da un momento all’altro, e riprenderle da per terra non è semplice come  per gli occhiali...

Smoker, quante volte al giorno pensa di affogare la sua assistente?
*Smoker si mette a contare sulle dita*
Smoker: Diciamo una decina di...
*Tashigi lo fulmina con uno sguardo assassino stile film horror e una musichetta tipo Psico* *
Smoker: *trattenendosi* Perché dovrei voler fare una cosa del genere?

E cosa lo trattiene ogni volta?
*Il commodoro si guarda a destra e a sinistra*
Smoker: Ho i miei motivi, ma non dirò oltre...

A Tagishi è mai capitato di entrare nel bagno degli uomini quando non aveva gli occhiali?
Tashigi:
 Si... l’ammetto: purtroppo è accaduto! Non puoi immaginare che imbarazzo!
*Si mette a disegnare cerchietti per terra raggomitolandosi in se stessa. Nel frattempo, arriva Smoker*
Smoker: Secondo me, l’ha fatto apposta... pervertita.

Ace che è sempre sicuro di se non si dichiara a Nami perchè le fa paura e teme che potrebbe voler comandare anche nel mezzo di un rapporto più "intimo"?
Val2910:
A dire il vero, no. Ma se ti è mai capitato di avere una cotta per una persona che ti ritiene solo un’amica, saprai che Ace non si vuole dichiarare perché non vuole che Nami si “allontani” da lui.
Comunque, direi che per Ace in rapporto intimo sarebbe pareggio, non sconfitta (e non dico vittoria perché Nami è Nami u.u)
E Nami non ha considerato che se lo seduce sarà più facile manovrarlo?
Nami: Sedurre lui è un impresa... al massimo faccio qualche giochino per togliermi lo sfizio di dargli un bacio (vedesi “Controllo febbre” xD). Ah, mi raccomando: non dirlo a Ace. Ne vale del mio orgoglio.
Val2910: Tu avresti un orgoglio? Tu, che te ne vai a rubare quando i proprietari della refurtiva stanno combattendo contro i tuoi nakama?
Nami: L’orgoglio dei ladri è diverso U.u
Val2910: Ah...
  
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