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Autore: effewrites    12/10/2011    10 recensioni
[COMPLETA!]
Dopo la disfatta di Crono, al Campo Mezzosangue sembra essere tornata la pace. Scott Walker ha quindici anni ed è un semidio, figlio di Apollo. Passa ogni estate al Campo, insieme ai suoi migliori amici Leighton e Alec. Fin'ora tutto sembra essere andato per il meglio, ma quando strane tenebre e agghiaccianti mostri iniziano ad attaccare, Chirone avverte i semidei che qualcosa di estremamente pericoloso si è risvegliato. E vuole vendetta.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Campo Mezzosangue'
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Divento la Cenerentola della cabina di Apollo.

 
Una volta dopo che Lena se ne fu andata rimasi solo nella cabina.
Mi accorsi di sentire freddo. Non tanto perché la maglia che indossavo era zuppa di sudore, quanto per il ricordo del sogno di qualche attimo prima.
E così quella era Ate. Avevo sognato una dea.
Una parte di me trovò modo di sentirsi in un certo senso delusa; avevo sempre pensato che un giorno o l’altro sarebbe stato mio padre che avrebbe cercato di mettersi in contatto con me attraverso un sogno o roba del genere. Non mi aspettavo di certo un’inquietante divinità assetata di vendetta.
Scossi la testa, strofinandomi gli occhi con il dorso della mano. Mi sfilai la maglia, lanciandola accanto al mio letto, e tirai su ogni persiana presente alle finestre della cabina per lasciare che il sole illuminasse anche il più piccolo angolo.
Avevo bisogno di luce. Ero assurdamente convinto che finché ci fosse stata la luce del sole a circondarmi, niente e nessuno avrebbe avuto modo di farmi del male.
Sospirai. «Il tuo cervello sta facendo le valigie, Scott» dissi, rivolto a me stesso.
Mi avviai verso il mobile nel quale avevo riposto tutti i miei vestiti per prendere una maglietta pulita, e quando ne tirai fuori una dal mucchio cadde qualcosa sul pavimento, producendo un rumore metallico.
Abbassai lo sguardo. Era mio sacchetto di dracme per le emergenze.
Dentro vi erano depositate sempre non meno di dieci monete — non monete come le conoscono i mortali. Le dracme erano completamente d’oro, grandi quanto i biscotti al forno che mia madre comprava sempre al supermercato spacciandoli per fatti in casa da lei quando venivano a trovarla le sue amiche.
Un pensiero mi saettò nel cervello alla velocità della luce, facendomi rabbrividire.
Mamma. Non avevo sue notizie da quando ero arrivato al campo tre giorni prima.
Mi domandai se fosse stata preoccupata per me.
Probabilmente no, rispose non richiesta una vocina da dentro la mia testa. Aggrottai le sopracciglia. Ma certo che era preoccupata per me. Era mia madre!
Mi chinai a prendere il sacchetto di dracme, lo aprii e tirai fuori una bella moneta lucida.
Il modo migliore per scoprire se la mamma si stesse in quel momento domandando che Tartaro di fine avesse fatto suo figlio era chiamarla, con il suo odiato iPhone di Iride.
Per effettuare la chiamata avevo bisogno di un arcobaleno. Indossai la maglia pulita e mi infilai la dracma nella tasca dei jeans, dirigendomi poi verso il bagno. Probabilmente avrei combinato un bel casino lì dentro, ma con un po’ di fortuna sarebbe passato inosservato almeno fino a quando non l’avrei pulito.
Il bagno della cabina di Apollo era qualcosa di assolutamente fantastico.
Era costruito in marmo bianco, in modo che la luce risultasse ancora più abbagliante. Vi erano poi specchi dappertutto — davvero, a volte sembrava di stare nella cabina di Afrodite — e decorazioni con le nove muse sacre ad Apollo.
Mi assicurai che nella stanza stesse entrando tutta la luce possibile, dopodiché afferrai l’erogatore della doccia e lo puntai verso l’alto. Aprii il rubinetto.
L’acqua schizzò ovunque, e dovetti trovare il modo di non farmi un bagno mentre orientavo il getto in modo tale che si formasse un arcobaleno. Quando finalmente quello apparve non persi tempo: sfilai la dracma dalla tasca e la lanciai in aria, recitando a mò di preghiera «Oh, Iride, accetta la mia offerta!».
Aspettai qualche secondo dopodiché aggiunsi: «Molly Walker. Luogo… emh, ovunque si trovi in questo momento, direi»
Rimasi in attesa, ascoltando il rumore dell’acqua che scrosciava. Sperai che non ci volesse ancora molto, dal momento che di lì a poco avrei rischiato di allagare il bagno. Avrei potuto spostarmi verso il lavandino, ma temevo che se mi fossi spostato dalla luce l’arcobaleno sarebbe scomparso e tanti cari saluti alla dracma spesa invano.
Sbuffai, ma immediatamente dopo ebbi un lampo di genio e mi diedi dell’idiota.
Da quando in qua i figli di Apollo hanno problemi con la posizione della luce del sole?
Mi concentrai sui raggi solari che entravano dalla finestra; immaginai che fossero come tanti elastici — no, nastri. Come tanti nastri giallo brillante. Immaginai di afferrare il lembo di uno di loro in modo tale da fargli prendere la direzione che più mi avrebbe aggradato, e di trascinarlo verso il lavandino.
Sorrisi, rendendomi conto che avevo fatto centro: mentre mi spostavo verso il lavandino la luce mi seguiva, continuando a colpire con un raggio diretto gli spruzzi d’acqua.
L’arcobaleno apparve ancora più brillante di prima, e subito dopo tra le goccioline d’acqua riuscii a vedere mia madre.
Stava chiacchierando con un tipo, seduta al tavolino di un bar semideserto, e non stava prestando parecchia attenzione. Inarcai un sopracciglio. Tossicchiai un «Emh, emh» per chiamarla, ma attirai lo sguardo solo del tipo insieme a lei.
Ora, mia madre mi aveva sempre insegnato fin da bambino a non prendermi gioco degli uomini con i quali usciva; ma la faccia di quel bellimbusto fin troppo abbronzato era qualcosa di tremendamente esilarante.
Cercai di non scoppiare a ridere mentre lui impallidiva e iniziava a boccheggiare.
«C-C-Credo di avere u-un’allucinazione» biascicò
Mamma si voltò, e con un sobbalzo si rese conto della mia presenza — oh, be’, sempre se di presenza vera e propria si può parlare.
«Già, lo credo anche io. Non hai una bella cera. Perché non entri entro? C’è un sole che spacca le pietre. Vai a sdraiarti. Ci si vede in giro, uh? Che ci fai ancora qui? Muoviti!» esclamò, in pratica buttando l’uomo giù dalla sua sedia e spingendolo via. La osservai mentre si accertava che il tipo se ne fosse andato, dopodiché mi rivolse un’occhiata furibonda.
«Scott Walker! Che diavolo pensi di fare, comparendo alle mie spalle così all’improvviso e spaventando chiunque sia con me al momento? Santo cielo, a volte sembri scordarti che io sono un comune essere umano, mio caro, e così lo è la gente che frequento!»
La mamma strinse i denti, respirando profondamente. Era già più abbronzata dall’ultima volta che l’avevo vista. Aveva le guance arrossate e i capelli biondi legati indietro in uno chignon, con gli occhiali da sole che fermavano qualche ciuffo dal cadere libero sulla fronte.
I suoi occhi azzurro cielo erano ancora più splendenti che mai, anche se lei era arrabbiata.
«Come stai?» sospirò poi, allungando una mano come a volermi accarezzare una guancia. L’immagine traballò un po’, e lei si ritrasse con un’aria abbattuta. «Giusto. Non posso toccarti»
Mi si strinse il cuore, e solo in quell’attimo mi resi conto di quanto sentissi ancora la sua mancanza, nonostante la mia età e i pochi giorni che non la vedevo. Ero certo che anche per lei fosse lo stesso. Non avrei potuto spiegare altrimenti il suo inquietante cambiamento d’umore da furioso a triste — a meno che non stesse rimpiangendo il fatto che suo figlio avesse traumatizzato il suo futuro compagno estivo.
«Sto benone. Va tutto alla grande» le sorrisi, stupendomi quando nel mio cervello la stessa vocina di prima rise e disse Certo, come no.
«Che hai fatto al viso?» domandò lei, scrutandomi.
Mi passai una mano sulla faccia. Oh. Non dovevo averci fatto troppo caso, ma c’erano dei graffi, appena percettibili seppur in grande quantità.
«Deve essere stato quando mi è arrivato quel ramo spezzato in faccia»
La mamma inarcò un sopracciglio, ma decise di non voler indagare.
Rimanemmo qualche istante in un imbarazzato silenzio, con il rumore dell’acqua che cadeva nel lavandino in sottofondo.
«Come sta andando da te?» le domandai infine. Lei si aprì in quel suo sorriso che la ringiovaniva di almeno dieci anni tutti in una volta, e la trovai talmente bella che una fitta di gelosia mi attanagliò lo stomaco. Chissà quanti maiali lì dove stava trascorrendo le sue vacanze l’avevano già puntata…
«A meraviglia! L’albergo è paradisiaco, e dovresti vedere la piscina! Gigantesca! Ah, vale tutti i soldi che ho speso!» squittì estasiata.
Le sorrisi. Ero contento che stesse passando delle belle giornate.
«Ma dai, non credo che tu mi abbia chiamata solo per chiedermi come stava andando la mia vacanza» aggiunse poi lei, cambiando tono di voce e assumendone uno più confidenziale.
Deglutii. «No, sul serio. Mi sentivo in colpa per non averti chiamato prima, e così…»
«Scott. Avanti. Hai un’aria stravolta, tesoro»
Spostai lo sguardo, e sospirai. Probabilmente aveva ragione. Anzi, di sicuro. Ma non avrei mai potuto scaricarle addosso una serie di notizie come «Ehi, sai cosa? Ho appena sognato una dea psicopatica che mi ha incatenato e succhiato via le energie, delle vecchiette alate mi hanno attaccato e mi hanno quasi fatto impazzire con la loro stupida canzone mentre una Cacciatrice di Artemide per poco non mi faceva a fettine, la stessa Cacciatrice per la quale mi sono tuffato nel mare in tempesta per salvarle la vita e che a stento mi ha rivolto la parola il giorno dopo. Oh, ho già parlato di come Chirone si comporti in maniera inquietante insieme al Signor D? E non dimentichiamo il fatto che la dea della Discordia abbia deciso di scegliere me e la mia migliore amia per accompagnare a New York una delle ragazze più strane del campo, più inquietante di Chirone e pazza quasi quanto la dea Ate!»
No, decisamente non potevo dirle tutto questo.
Decisi di optare per una mezza verità. «Il fatto è che ultimamente qui al campo sono tutti un po’ strani. E poi stasera dovrei partire per New York insieme a una mia amica e a un’altra ragazza del campo. E ho avuto un incubo. Tutto qui»
Cercai di sorridere in maniera abbastanza convincente, poi aggiunsi: «Come facevi ad essere sicura che ci fosse qualcosa che non andava?»
Lei ridacchiò. «Sono tua madre. Una mamma queste cose le sa, punto e basta»
Sperai vivamente che il suo mamma-radar non riuscisse anche a captare le bugie e le verità non dette.
«Già, dovevo immaginarlo» borbottai. Sentii il rumore della porta della cabina che veniva aperta e poi chiusa, e la voce di qualcuno che chiamava il mio nome.
«Credo di dover andare» dissi a mia madre. «Sta arrivando qualcuno»
Lei sorrise. «D’accordo. Divertiti a New York, mi raccomando. E fa attenzione. Non farmi stare in pensiero»
«Tranquilla, so cavarmela» feci un sorrisetto. «Ti voglio bene, mamma»
Spostai il getto d’acqua dalla luce, e con un movimento distratto della mano lasciai che i raggi del sole fossero nuovamente liberi di seguire la loro naturale inclinazione.
Prima che potessi anche solo chiudere il rubinetto della doccia e fermare lo scroscio d’acqua che stava allagando il bagno la porta della stanza si aprì, e un irato Will Solace fece irruzione.
«Will» esclamai, fingendomi estremamente sorpreso. «Qual buon vento?»
Will Solace era uno dei miei fratellastri, nonché l’incarnazione vivente dello stereotipo dei figli di Apollo: era alto, persino più di me, dal fisico atletico e perennemente abbronzato; aveva i capelli ricci e biondi e gli occhi azzurri, come la maggior parte dei nostri fratelli a sorelle.
Osservò il pavimento ricoperto d’acqua e l’erogatore della doccia nelle mie mani. Ouch. Ho già detto che Will era anche il capogruppo della cabina di Apollo?
«Scott» iniziò, con un tono che non prometteva nulla di buono. «Hai presente la lezione di greco alla quale avresti dovuto prendere parte circa tre quarti d’ora fa?»
«Oh» feci una smorfia. «Ecco cos’era! Mi stavo proprio dicendo che c’era qualcosa di cui mi dovevo assolutamente ricordare. Il punto è che ho avuto degli, emh, imprevisti, sì»
Will alzò un sopracciglio, scettico.
«Ascolta, ragazzino, ti parlo come fratello maggiore oltre che come capogruppo della tua cabina. Non te la faranno passare liscia per sempre. E se credi di poterti comportare ancora a lungo come se il campo sottostesse ai tuoi ordini—»
Fu di certo una delle cose più stupide che feci in tutta la mia vita.
Ma giuro, giuro che non era mai neanche lontanamente stata mia intenzione!
Avevo semplicemente alzato le braccia con i palmi rivolti verso Will in segno di resa, senza pensare che avevo ancora l’erogatore della doccia in mano, con l’acqua che scrosciava ovunque.
In meno di due secondi avevo fatto fare a Will una doccia improvvisa e decisamente non richiesta.
«Cavolo, cavolo, cavolo!» blaterai, andando a chiudere il rubinetto in fretta e furia. Afferrai al volo un asciugamano pulito e lo porsi a mio fratello. «Scusa, Will. Giuro che non volevo»
Con una calma inquietante, lui prese l’asciugamano dalle mie mani e lo usò per asciugarsi il viso.
«Stavo dicendo, prima che m’interrompessi» riprese a parlare. «Che se credi di poterti comportare ancora a lungo come se il campo sottostesse ai tuoi ordini…»
Mi gettò l’asciugamano addosso, lanciando un’occhiata che avrei osato definire compiaciuta al casino che avevo combinato in quel bagno.
«…allora ti sbagli di grosso, fratellino» terminò la frase, con in viso un sorrisetto che non prometteva nulla di buono.
 
Will ebbe la sua vendetta.
Mi costrinse a passare il resto della giornata chiuso in bagno con la compagnia di secchi e strofinacci per asciugare ogni singolo angolo e non lasciare neanche una macchia in giro.
D’accordo, d’accordo, io avevo allagato il bagno ed era giusto che fossi io a ripulirlo. Di fatto, non mi ero lamentato quando mi aveva messo in mano gli stracci e mi aveva spedito di filato nella stanza.
Sospirai. Fortunatamente, Jenny aveva avuto pietà di me ed era venuta a farmi compagnia.
«Non è la compagnia che mi serve» avevo borbottato quando si era seduta sghignazzando sul bordo della vasca da bagno.
Per tutta risposta, lei mi aveva puntato un dito contro e aveva esclamato con tono teatrale: «Torna a pulire, Cenerentola!»
«Molto divertente e maturo, Jen, dico sul serio»
In un modo o nell’altro, comunque, riuscii a ripulire il bagno abbastanza in fretta, considerato che fare le pulizie era per me qualcosa di totalmente nuovo.
La mamma non avrebbe mai dovuto sapere una cosa del genere, altrimenti avrebbe iniziato a premere affinché cominciassi a pulire abitualmente anche il bagno di casa nostra, cosa che era del tutto fuori discussione.
Pulire o anche solo riordinare il nostro bagno sarebbe equivalso al suicidio.
Quando uscii dalla cabina di Apollo, tutti i semidei erano già andati a pranzare al padiglione della mensa, e molti di loro avevano persino già iniziato ad oziare approfittando di un po’ di tempo libero.
Passai davanti alla cabina di Artemide, e rimasi sorpreso nel vedere una Lena con un sorriso a trentadue denti che stava intrecciando i capelli di una ragazzina. Affilai lo sguardo; ero sicuro di averla già vista prima.
Mi guardai intorno, cercando qualcuno a cui domandare chi fosse la ragazzina, e notai poco lontano da me Colin, un allampanato ragazzo della cabina di Demetra con il quale a volte scambiavo due chiacchiere.
«Ehi, Colin!» lo chiamai, facendogli poi cenno di avvicinarsi.
Lui si guardò intorno furtivamente, poi mi raggiunse.
«Scott. Non ti ho visto a lezione di Greco,oggi»
Feci una smorfia, alzando gli occhi al cielo. «Già, lascia perdere. Sai chi è la ragazza insieme a Lena, quella seduta davanti la cabina di Artemide?»
Colin rivolse lo sguardo verso la loro direzione, dopodiché si strinse nelle spalle. «Un’altra Cacciatrice, immagino»
In effetti, la ragazza sembrava brillare della stessa luce che emanava la pelle di Lena, o quella di Artemide. Eppure ero sicurissimo di averla vista prima di quel momento, ma di certo non in compagnia delle Cacciatrici!
«Sai il suo nome?» gli domandai, ma lui scosse la testa.
In quel momento ci raggiunse come una furia Katie Gardner, una delle sorelle di Colin figlie di Demetra, che dopo avermi spinto di lato mi ignorò platealmente e prese a schiamazzare contro il fratello, il quale mi lanciò un’occhiata disperata che interpretai come una richiesta di aiuto.
«Ti avevo pregato, supplicato di fermare Miranda! Non abbiamo bisogno di un’alleanza con Ermes per la Caccia alla Bandiera! Dèi benevoli, nessuno sarebbe tanto stupido da fidarsi degli Stoll» iniziò a strepitare, e mi domandai come una ragazza all’apparenza tanto piccola, dolce e tranquilla potesse incutere tanto timore.
«Katie, Kat, ferma! Giuro che ci ho provato, ma anche io ho avuto i miei problemi. Se Jolene la smettesse di girarmi attorno come un avvoltoio…»
«Sei il primo ragazzo a questo mondo che si lamenta del ricevere troppe attenzioni da una figlia di Afrodite»
«È peggio di quando Travis decide di perseguitarti!»
Katie arrossì e gonfiò il petto. «Nessuno è peggio di Travis»
«Perché non stringiamo un’alleanza tra Apollo e Demetra?» proposi, più che altro per interrompere quell’irritante botta e risposta tra fratello e sorella. «Noi siamo numerosi, e tra l’altro la mia amica Leighton potrebbe convincere Jake Mason della cabina di Efesto a stringere un patto a tre»
Katie valutò l’offerta. «Apollo, Demetra ed Efesto. Potrebbe funzionare. E tra l’altro non avremmo bisogno di collaborare con Trav— cioè, con quelli di Ermes. Chissà, magari potremmo anche arrivare a rubar loro la bandiera da sotto il naso!»
«A me andrebbe bene che vincesse qualunque cabina del campo, mi basterebbe che noi semidei sconfiggessimo Artemide una buona volta» bofonchiò Colin.
Sia io che Katie annuimmo.
«Devo avvisare Miranda» esclamò, arricciando poi il naso. «A Will andrà bene questo accordo, giusto Scott?»
Feci spallucce. «Immagino di sì» dissi, mentre pensavo in caso contrario il mio fratellastro avrebbe seriamente iniziato a prendere in considerazione l’idea di detestarmi.
«D’accordo» disse Katie. «Ad ogni modo, Colin, Jolene è con le sue sorelle al lago, quindi hai via libera»
Mentre il ragazzo si lasciava sfuggire un sospiro di sollievo, domandai a sua sorella se per caso lei avesse conosciuto il nome della Cacciatrice insieme a Lena. Lei la squadrò per qualche istante, poi aggrottò le sopracciglia.
«È Aimee. Una figlia di un dio dei venti, se non sbaglio. Forse Eolo… no, Zefiro. Credo sia figlia di Zefiro. Oggi prima di pranzo si è unita alle Cacciatrici»
In un lapsus, ricordai che Lena mi aveva detto quella mattina di essere in ritardo per l’accoglienza di una nuova Cacciatrice nel gruppo. Quindi era di Aimee che stava parlando.
Osservai ancora le due ragazze. Lena sembrava al settimo cielo; continuava a muovere freneticamente le mani nei capelli della più piccola, intrecciandoli con fili d’argento, e sembrava parlare a raffica, perennemente con un sorriso estasiato che non le avevo mai visto prima di quel momento in viso. Anche Aimee sembrava felice, ma una felicità stanca. Come se si fosse da poco liberata da un peso opprimente.
A un primo sguardo, non le avrei dato più di una decina d’anni. Mi domandai cosa avesse potuto turbarla così tanto.
«Sei ancora tra noi o ti sei perso negli occhi di qualche bella e irraggiungibile Cacciatrice?» mi punzecchiò Katie, ridacchiando.
«Deve essere Lena. Non che Aimee non sia carina ma, Scott, per gli dei, lei avrà sì e no undici anni e tu quanti, sedici?»
«Quindici» bofonchiai, senza neanche capire di che stessero parlando.
«Definitivamente Lena» rise ancora più forte Katie. «Oh, non è romantico? Il figlio di Apollo e il suo amore unilaterale per una Cacciatrice di Artemide!»
«Kat, stai parlando come una di quelle spaventose Barbie di Afrodite» rabbrividì Colin.
La sorella gli diede una pacca sulla spalla. «Andiamo a cercare Miranda, razza di rubacuori. Ci si vede in giro, Scott!»
Capii a stento che era me che i due stavano salutando, e risposi a mia volta al saluto quando già erano lontani. Ero impietrito e cominciavo a credere che non sarei mai più riuscito a muovere un solo passo, ma mi obbligai a girare i tacchi e dirigermi al padiglione della mensa, auto bombardandomi il cervello di domande.
Prima fra le tutte, mi chiesi perché mentre stavo guardando Aimee e Lena la risata malvagia di Ate aveva cominciato a rimbombarmi nella testa.
 
Decisi di comportarmi per bene per una buona volta, e quindi non saltai nessuna delle attività pomeridiane. Quindi dopo aver fatto pratica con le spade, essermi sfiancato con la corsa e aver ricevuto il colpo finale con una schiacciante sconfitta a basket, quasi mi cascarono le braccia per terra dinanzi alla prospettiva di dovermi infilare in macchina con Riley e Leighton per andare a New York.
Quando poi tornai nella cabina di Apollo per farmi una doccia mi scoprii quasi riluttante a sporcare nuovamente il bagno dopo tutto quello che c’era voluto per pulirlo. Per gli dei, iniziavo a capire mia madre e a sentirmi in colpa per ogni volta che combinavo qualche disastro in casa subito dopo il giorno delle pulizie generali.
Comunque, dopo essermi fatto la doccia e aver preparato una borsa con una parte dei miei risparmi in dollari e dracme e un cambio di vestiti, salutai i miei fratelli e sorelle — Will doveva avercela ancora con me per l’incidente del bagno, ma anche lui mi augurò un in bocca al lupo — e mi avviai verso i confini del campo, dove Chirone aveva dato appuntamento a me, Leighton e Riley.
Difatti, trovai le due ragazze e il centauro poco lontano dal pino di Talia, fermi davanti a un’utilitaria bianco sporco che aveva tutta l’aria di non potersi reggere in piedi per più di un kilometro.
«Alla buon’ora» mi salutò seccamente Riley, mentre caricava la sua borsa in macchina.
Argo era già seduto al volante, con gli occhi in più sul dorso delle mani che si guardavano intorno, mentre muoveva la testa al ritmo di una canzone che usciva fuori dallo stereo insieme a un fastidioso ronzio.
«Per quando è previsto il rientro?» domandai. Speravo di poter tornare al campo prima che venisse disputata la partita di Caccia alla Bandiera.
Quasi come se mi avesse letto nel pensiero, Chirone fece un sorriso — il primo sorriso sincero che gli vedevo fare da giorni.
«Un paio di giorni al massimo. Cercate di non farvi sbatacchiare troppo dai mostri, avremo bisogno di tutti i nostri migliori semidei per vincere quest’edizione di Caccia alla Bandiera»
Sorrisi anche io, e stavo per chiedere a Chirone se davvero ci reputasse tra i semidei migliori del campo, quando Riley ci interruppe come di suo solito.
«Allora, vogliamo darci una mossa?» esclamò impaziente.
Leighton roteò gli occhi. «Non mi preoccuperei tanto di quello che potrebbero farci i mostri quanto di quello che potrebbe farci un periodo di vicinanza stretta con quella lì. Possiamo lasciarla a New York, Chirone? Possiamo?»
«Cercate di essere comprensivi» si strinse lui nelle spalle. «Ricordatevi che Riley sta pur sempre per incontrare sua madre, non una divinità qualunque»
Forse fu solo una mia impressione, ma Leighton distolse lo sguardo nervosamente.
«Meglio andare. Prima partiamo, prima torniamo, prima vinciamo a Caccia alla Bandiera» esclamai cercando di suonare il più ottimista possibile.
Chirone annuì. Ci salutò mentre entravamo in macchina — Riley seduta sul sedile anteriore, io e Leighton su quelli posteriori.
«Tutto okay?» domandai alla figlia di Efesto mentre Argo metteva in moto la macchina.
Lei bofonchiò un: «Uh, uh», dopodiché poggiò la guancia sulla mano e si mise a guardare fuori dal finestrino.
Sospirai. Mentre ci allontanavamo dal Campo Mezzosangue e Riley canticchiava fra sé e sé la melodia di “New York, New York”, capii che sarebbe stato un viaggio parecchio lungo.











L'Angolo della Malcontenta: Ehhhh eccomi qui con il settimo capitolo .w.  e come di mio solito non so che cavolaccio dire '-'
Parliamo un po' a sproposito. La scuola non è pesante come avrei aspettato, ma angosciante a volte sì. Senza contare che quella grande cacca di preside che abbiamo vuole farci entrare a scuola nonostante siano state trovate blatte e altre bestie del genere nei bagni e nelle aule :'D che schifo, gente, che schifo.
Comunque, in questo capitolo vengono introdotti alcuni nuovi personaggi. Ci sono alcuni che già conoscerete, come Will Solace e Katie Gardner, e altri quali Colin e Aimee.
A proposito di Aimee, tenetela d'occhio.
Volevo spiegare una cosuccia :'3 Colin non è un gran figo, okay? Ma è quel genere di ragazzo tenero e coccoloso per cui la maggior parte di noi femminucce impazzisce <3 E sì, Jolene gli va dietro in una maniera indecente -w-
Oh, Katie/Travis :3 Li adoro, e mi piaceva l'idea di parlarne un pochino.
Vi svelo un segreto ee inizialmente Scott non doveva essere così legato a sua madre, ma boh, mi sta venendo fuori così òo di certo il loro rapporto è strano; voglio dire, Molly non voleva Scott come figlio, eppure ha imparato ad amarlo, nonostante si renda conto di quanto sia più serena la sua vita quando lui non c'è, anche se le manca.
Dei, che casino D:
Vi lascio, non voglio ammorbarbi troppo, ma prima vorrei ringraziare infinitamente tutti coloro che si interessano alla fict, la recensiscono, oppure la leggono in silenzio. 
Un grazie gigantesco <3 
Inoltre colgo l'occasione per dirvi che se volete vedere gli attori che nella mia immaginazione somigliano a Scott & co, qui su facebook c'è un album che aggiornerò puntualmente dove inserirò foto e informazioni inedite :D 
http://www.facebook.com/media/set/?set=a.167096613373268.42402.100002187912230&type=3 fateci un saltino, eh <3
Un bacio, 
Eff.

  
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