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Autore: callmelola    13/10/2011    0 recensioni
Mani sudate, respiri intervallati da singhiozzi. Lacrime che rigano due guance rosa. Occhi velati di incredulità, immersi nell'inconsapevolezza ed ingenuità più profonda. Un palco caldo di emozioni. Delle voci, che vertono su una nota alta. Un cuore che si sfalda di gioia, sgretolandosi lentamente. Un sogno, continua a pensare April. Ma nulla è più vero di quella sera. Di quei riccioli neri piuttosto che di quelle ciocche bionde, di quelle 5 paia di occhi su cui aveva tanto fantasticato in lacrime. Non erano una foto, od un video sullo stupido schermo di un pc. Non lo erano, non quella sera.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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'Skies are crying. I'm watching, catching teardrops in my hands' (Cit. D. Lovato)

Camminavo. Camminavo veloce.
Le schivavo. Schivavo quella rare gocce che scendevano dal cielo opaco. Un'altra giornata stava per finire, lenta come tutte le altre da qualche mese a questa parte.
Alzai lo sguardo al cielo, frenandomi improvvisamente. Chiusi gli occhi, lasciai osservare alle mie guance il grigio delle nuvole.
Una goccia di pioggia si schiantò contro il mio zigomo destro, fredda, pungente, improvvisa. Strofinai la sciarpa contro il viso per asciugarmela.
Compivo movimenti lenti; anche i più insignificanti, li amplificavo, come una sorta di brutta moviola.
Arrivai a casa, buttai lo zaino per terra, mi chiusi in camera a chiave, socchiudendo tutte le finestre della mia stanza, solo per non sentire.
Per non sentire il traffico, l'aggressività del freddo. Non sentire le voci di gente al di fuori della mia casa che, a differenza mia, una vita se la stava vivendo e programmando.
Chiusi tutto per non sentire i miei genitori, non sentire mia madre che gridava contro mio padre, mio padre che minacciava di andarsene via di casa se si andava avanti così.
A volte udivo lo stesso tutte quelle urla e capitava che piangevo a dirotto. E mi ritrovavo a schiacciarmi il cuscino contro la faccia, a deglutire l'amaro, ad infradiciarmi i capelli davanti agli occhi di lacrime pesanti.

-

'Vorrei sapere a che cosa è servito vivere, amare, soffrire, spendere tutti i tuoi giorni passati se così presto hai dovuto partire'(cit. Guccini)

La pioggia in quel periodo non mi dispiaceva affatto. Anche perchè sapevo che se ci fosse stato il sole, non avrei saputo godermelo. Era inutile dire che era stato mio fratello Ryan ad aver creato tutta quella situazione.
Aveva cambiato tutto: persone, circostanze, fatti. Era cambiato tutto da quel giorno, il giorno in cui la sua auto nuova di zecca e fresca di compleanno si era schiantata contro il tir che non si fermò allo stop. Il giorno in cui il suo corpo che credevo tanto forte da riuscire a sollevarmi, si era fatto prendere dalla morte così velocemente. Il giorno in cui i suoi sogni da 18enne se ne andarono via con lui, a braccetto, in un triste braccetto, con il terribile fato.
E creò una voragine in ognuno di noi; quel dolore era una lama in cuore che non smetteva mai di premerci contro, era un temporale perenne che mai smetteva di abbattersi contro le nostre spalle. Persino il sole era brutto senza di lui.
Se i miei litigavano, era perchè la mancanza nei confronti di Ryan era così lancinante da aver smosso i rapporti tra di loro.
Anche le mie amiche mi 'abbandonarono', stanche del mio ostinarmi nell'annegare nel dolore, senza la minima intenzione di reagire.
Non volevo reagire, reagire per me significava dimenticare, e non volevo farlo. Il suo ricordo, insieme ad una montagna di suoi vecchi CD, erano le uniche cose che mi rimanevano di lui.
Stavo affogando lentamente, non respiravo, mi muovevo a tentoni nel buoio, in un mare di gente grigia, che consideravo totalmente indifferente nei miei confronti. Rivolevo solo il mio fratellino maggiore indietro.

-

'La musica fa sognare, volare e capire. La musica da la forza di REAGIRE' (cit. Liftiba)

Un mattino, con gli occhi impastati di sonno, mi trascinai fuori dal letto.
Mi sporsi verso la scrivania e, tra la sciarpa viola e i compiti di algebra, scorsi il mio IPod. Mi piombarono in mente tremila ricordi: ricordai quanto tenessi alla musica che c'era lì dentro, come lo portassi sempre con me, quanto lo conservassi meticolosamente tra le mie mani. Infilai le cuffiette nelle orecchie, schiacciai il pulsante PLAY.
Fu veloce la reazione, immediata, oserei dire.
Qualche nota inclazante, voci morbide, profonde, così forti da riuscire a percepirle sulla pelle. Per qualche istante, non pensai alla vita che stavo vivendo. Pensai solo a quella canzone, a come gli acuti riuscivano a sollevarmi da terra. Prima il suono della batteria, poi la chitarra che entrava all'improvviso e l'arrivo delle voci, che si mescolavano con gli strumenti, dando vita alla ricetta perfetta.
Riuscii finalmente a respirare ascoltando quella canzone, quelle 5 voci.
Poi il brano finì, e il buoio si riappropriò della mia fragile figura.
Forse i ONE DIRECTION, gli artefici di quella mia breve ripresa appena vissuta soltanto attraverso un IPod, mi avrebbero aiutato, sarebbero stati la mia personalissima CURA.
  
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