Straordinaria
Sabrina
Stare con Sabrina era sempre
un’avventura, lei affrontava il
mondo con una sua personale e quanto mai singolare prospettiva.
Tutto era spunto per creare qualcosa di originale, ogni cosa
–anche la più
banale- lei riusciva a renderla straordinaria. E con
semplicità rendeva le
difficoltà della vita, i problemi e i dubbi che avrebbero
fermato chiunque, dei
semplici sassolini irrilevanti.
La cosa più bella di lei era il fatto che nulla di
ciò che faceva era in
qualche modo artefatto, niente era calcolato o fittizio. Non faceva
fatica ad
essere così, lo era e basta… uno spirito libero
senza eguali.
Aveva trentacinque anni, ed ancora la sua freschezza e allegria per la
vita
sorprendevano chiunque, anche e soprattutto quelle scialbe ragazzette
adolescenti
che facevano del mimetismo e del gruppo un’arte.
Ecco perché Carlo la amava.
Da ormai sei anni le aveva donato il cuore, senza mai pentirsene una
volta.
Forse in quell’ultimo anno si era sentito un po’
costretto, ma non perché si
fosse stancato di lei anzi, se possibile il problema era
l’inverso.
Carlo voleva di più, la voleva sposare, creare con lei una
famiglia, avere dei
figli.
Però non aveva mai avuto il coraggio di palesare i suoi
sentimenti a Sabrina.
Gli pareva quasi di essere egoista, come si può intrappolare
in gabbia un
essere così unico come lo era la ragazza?
Ebbene, non si poteva! Carlo
lo sapeva
bene, incatenare il suo spirito nelle classiche costrizioni sociali
avrebbe
significato perderla. Non temeva che Sabrina avrebbe potuto decide di
lasciarlo, no assolutamente, però aveva paura che la vera
vita di coppia
potesse uccidere quella sua originalità che tanto adorava.
Insomma non c’era via d’uscita.
Quei pensieri non erano dei più rosei e riuscivano sempre a
immalinconirlo.
Oltre tutto anche il tempo in quel momento sembrava remargli contro, la
pioggia
non gli era mai piaciuta, fin da piccolo l’aveva sempre
associata nella sua
mente allo sporco e al freddo –solo quando stava in compagnia
di Sabrina
riusciva ad apprezzarla-.
Sorrise tra sé ripensando alla ragazza che ridendo scappava
lontana dall’ombrello
e si bagnava tutta solo per una scommessa fatta pochi attimi prima,
oppure a
quel giorno in cui tornando verso casa avevano incontrato un signore
che -colto
dalla pioggia improvvisa- si era rifugiato sotto uno dei portici.
Sabrina senza
pensarci troppo gli aveva dato il suo ombrello sorridendo, e alla
flebile
protesta dell’uomo aveva risposto che così era
meglio, perché avendo solo un
ombrello si sarebbe
potuta stringere di
più al suo fidanzato.
Carlo scosse il capo, avrebbe voluto averla li vicino in quel momento,
purtroppo però Sabrina era ancora al lavoro e non ne sarebbe
uscita prima di
tre ore.
Fissò l’orologio a muro e sbuffò
annoiato, senza sapere bene il perché scostò
quell’assurda tenda con su le fragole -che lei gli aveva
regalato due anni
prima- e sbirciò fuori.
Ci mise qualche secondo per capire che attaccato al cancello
d’ingresso, c’era qualcosa di strano
e di insolito.
Attraverso le goccioline di pioggia che cadevano lievi a Carlo pare di
scorgere
un mazzo di fiori appesi alla staccionata.
L’unico pensiero che ebbe fu…
Sabrina.
Di certo c’era dietro il suo zampino!
Con la stessa trepidazione di un bambino che apre i suoi regali di
Natale,
Carlo si avviò verso il cancello, senza neppure curarsi di
coprirsi per non
bagnarsi.
Quando arrivò davanti al cancello capì di non
essersi sbagliato, attaccati a
testa in giù, c’erano un mazzo di
fiori… degli iris viola se non andava errato.
Non era un esperto di fiori e, per quanto ne sapeva, non lo era neppure
la sua
deliziosamente stramba ragazza, ma era certo che fosse stata Sabrina a
metterli
lì.
Le domande che si affacciarono subito alla sua mente furono due:
Perché mi ha portato dei fiori? E perché li ha
appesi qui andandosene anziché darmeli
in mano?
A quei validi dubbi sperò potesse rispondere il biglietto
vergato in bella
calligrafia che aveva trovato tra i petali. Ma le sue speranze vennero
deluse,
sul foglietto c’era solo scritto:
Questa sera a casa mia alle nove
Ti amo, Sabrina
Niente altro.
Carlo sospirò rassegnato, conoscendola- anche se
l’avesse chiamata- lei non le
avrebbe fornito risposte esaurienti, l’unica soluzione era
attendere la sera.
Fu con una curiosità enorme che alle nove meno dieci Carlo
suonò al citofono
della sua fidanzata.
Il clang del cancello gli fece capire di salire e che Sabrina non aveva
tempo
neppure per andare al citofono per rispondere.
Chissà cosa aveva combinato quella volta!
Carlo salì le scale, lasciando dietro di sé una
scia umida, dovuta all’ombrello
bagnato che ad ogni passo gocciolava.
Aprì la porta senza suonare o chiedere permesso, in fondo
era ormai di casa.
Certamente Carlo ormai era abituato alle stranezze di Sabrina, era
quasi
arrivato a convincersi che nulla avrebbe più potuto
sorprenderlo, ma quella
sera appena entrato in casa rimase a bocca aperta.
Il tavolo era apparecchiato per tre e già seduto ad uno dei
posti stava un
ragazzino di circa otto anni che lo fissava con curiosità e
timidezza.
“C-ciao! Sono arrivato… Sabrina dove
sei?”
Dalla cucina un gran trambusto palesò la presenza della
ragazza, che infatti pochi
istanti dopo comparve sulla soglia.
“Sei in anticipo! Amore ho una straordinaria notizia da
darti!” disse correndogli
incontro entusiasta.
Carlo guardò prima lei e poi il bambino senza sapere bene
cosa dire.
“Allora Carlo ti presento Jamali, Jamali ecco qui Carlo
è di lui che ti ho
parlato tutto pomeriggio!”
I due maschi si guardarono e poi timidamente si sorrisero.
“Se non sono indiscreto potrei chiederti chi è
quel bambino?” domandò titubante
l’uomo, incerto sul voler conoscere o meno la risposta.
“Lui è Jamali, purtroppo la sua mamma e il suo
papà hanno avuto delle
difficoltà, perciò da qui a quattro anni, lui
vivrà con me… ed anche con te se
lo vorrai”
Lo aveva detto con semplicità, come se fosse la cosa
più naturale del mondo,
sorridendo felicissima della nuova avventura che li attendeva.
Stranamente Carlo non ribatté nulla, non cercò di
dare una logica a quella
stringata spiegazione e non volle indagare oltre.
Si limitò a vivere quel momento magico, perché
aveva finalmente capito che Sabrina
–sebbene con il suo solito modo fuori dagli schemi- era
pronta a creare una
famiglia con lui.
Se Carlo non l’avesse conosciuta bene avrebbe di certo
pensato che la decisione
della fidanzata fosse stata incauta e poco ponderata. Però
Carlo conosceva
Sabrina veramente nel profondo, perciò quel pensiero non lo
sfiorò minimamente.
Fu così che si sedette a tavola e tutti e tre iniziarono la
loro prima cena
insieme.
Nel giro di una settimana Carlo venne lentamente a conoscenza di tutti
i
retroscena e delle motivazioni profonde che avevano spinto la sua bella
a
prendere una decisione tanto importante e all’apparenza
così avventata.
Jamali era un bambino che faceva parte di un programma per
l’affido familiare,
era stato temporaneamente tolto ai genitori perché il padre
era sconosciuto e
la madre si stava disintossicando in un centro di recupero per
alcolisti.
Sabrina aveva fatto domanda un anno prima per essere messa nella lista
delle
possibili famiglie affidatarie, dopo che -per puro caso- aveva scoperto
la
triste storia di una sua vecchia amica d’infanzia.
Una sua compagna di scuola che da un giorno all’altro si era
trasferita in un
altro paese, tutti loro avevano pensato ad un semplice trasloco invece
era
stata tolta dalle violenze famigliari per finire appunto in una
famiglia
affidataria, che le aveva dato l’amore necessario per
riprendersi.
Così lei colpita da quella storia inaspettata si era
iscritta senza dire nulla
a nessuno.
Infine, una settimana prima, l’assistente sociale
l’aveva contattata per
parlare di Jamali e per chiederle se era ancora disponibile per il
programma.
Ovviamente Sabrina aveva detto subito di si!
Carlo se possibile, era certo di essersi innamorato ancora di
più di Sabrina.
Certo, inizialmente le sue paure si erano intensificate, non solo aveva
paura
di fare errori nella crescita di un bambino che già aveva
sofferto, ma temeva
che Sabrina si spegnesse, che il suo entusiasmo venisse lentamente
smorzato
dalla routine.
Ovviamente le sue paure si rivelarono infondate e dopo svariati mesi
finì con
il riderci sopra.
Sabrina non era per nulla costretta nella nuova vita, anzi sembrava
averne
ottenuto una carica nuova.
Fu così che cominciò la loro straordinaria vita
insieme, reale ed abitudinaria
quel tanto che bastava per non essere folle ma comunque sempre speciale
e
insolita, esattamente come era Sabrina.
Alla fine Carlo riuscì anche a scoprire che significato
avevano quegli iris
appesi al suo cancello:
Buone notizie, stiamo per intraprendere
qualcosa di importante
Piccolo
spazio
privato:
Storia partecipante alla challenge Haiku:la
bellezza della semplicità
L’haiku su cui ho dovuto
creare la storia era:
pioggia:/attraverso il mio cancello/ un mazzo di iris
Spero
vi sia piaciuta, il tema è
particolare ma mi è decisamente caro, perciò se
vi è parsa banale mi scuso l’intenzione
era quella i creare qualcosa di particolare senza per forza scrivere di
grandi
avventure di cavalieri e di elfi^^