-Bentornato in Italia, Jeannot mio...-
Al ritorno dalla sua Patria, lo aveva accolto con un sorriso gentile e un unico, casto bacio - le mani sulle sue spalle, la valigia scura di lui abbastanza lontana da risultare trascurabile, la gente che sciamava loro attorno che si confondeva in un unico chiacchiericcio di
sottofondo, distante e inutile.
Nel suo rigore freddo e a tratti distaccato, Carmine non riusciva a smentirsi proprio mai, neppure quando erano quasi dieci giorni che non vedeva il suo fidanzato, appena sceso dal treno che da Ginevra lo aveva portato fino a Milano dopo quelle che erano state le vacanze Pasquali. Fidanzato, esatto, anche se l'uomo faticava a dirlo apertamente perché nella sua visione delle cose non sarebbe mai stato tale fino a che non si fosse presentato davanti ai parenti più prossimi di Jeannot e a loro avrebbe chiesto la benedizione per una relazione sana e duratura, progetto che implicava un bel po' di grane.
Jeannot, sorridendo con semplicità, intrecciò le proprie dita con le sue e per un attimo si permise di appoggiare la testa contro il suo petto, per respirare a fondo quella ritrovata e sempre meravigliosa sensazione di felicità che gli riusciva a dare solo lui. Poi prese la valigia a terra e lo guardò in viso, aspettando di essere condotto in macchina.