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Autore: fren    16/10/2011    5 recensioni
Non volevo spiarli, davvero. Avevo aperto la porta convinta che la stanza fosse vuota, ma quando avevo scorto il profilo di Aislin ero rimasta bloccata sullo stipite, trattenendo il respiro. Stava parlando con Gourry, in modo tanto sommesso che non riuscivo a cogliere che strascichi di discorso. Una parte però la afferrai con chiarezza: “…Non devi preoccuparti, sarò sempre con te…”. Deglutii e feci un passo indietro, sentendo pizzicare gli angoli degli occhi. Ma non riuscii a smettere di guardare. Aislin si piegò leggermente su Gourry, baciandolo, poi lo strinse a sè, mentre il sole del crepuscolo si rifletteva sulla sua armatura d’argento, creando bagliori rossastri sui loro capelli dorati. Quell’abbraccio mi spezzò il cuore. Perché sapevo cosa sarebbe successo.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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dama del lago Ciao a tutti^^ E’ parecchio che manco su questa sezione, ed è da molto che non scrivo su Slayers. Oggi, facendo un backup del mio vecchio computer, mi sono imbattuta in una cartella dimenticata da tempo, ed è saltata fuori questa fic che avevo scritto tempo fa e mai pubblicato. L’ho riletta e mi sono detta ‘Perché no?’  Così ve la propongo, dopo qualche modifica e qualche correzione.  
Per motivi di lunghezza, ho deciso di dividerla in più capitoli.
Spero che chi leggerà avrà il tempo e la pazienza di farmi avere la sua opinione.
Buona lettura!

La dama del lago

Non volevo spiarli, davvero. Avevo aperto la porta convinta che la stanza fosse vuota, ma quando avevo scorto il profilo di Aislin ero rimasta bloccata sullo stipite, trattenendo il respiro. Stava parlando con Gourry, in modo tanto sommesso che non riuscivo a cogliere che strascichi di discorso. Una parte però la afferrai con chiarezza: “…Non devi preoccuparti, sarò sempre con te…”. Deglutii e feci un passo indietro, sentendo pizzicare gli angoli degli occhi. Ma non riuscii a smettere di guardare. Aislin si piegò leggermente su Gourry, baciandolo, poi lo abbracciò, mentre il sole del crepuscolo si rifletteva sulla sua armatura d’argento, creando bagliori rossastri sui loro capelli dorati. Quell’abbraccio mi spezzò il cuore. Perché sapevo cosa sarebbe successo.   



Ad una prima, fugace,occhiata potevo sembrare perfettamente padrona di me.
“Ti prego, ti pregooo…”
Ma in realtà, mi stavo decisamente umiliando.
Zel, tuttavia, non sembrava raccogliere ed era perfettamente immune alle mie implorazioni ed ai miei occhioni supplicanti. Dannazione.
Il vociare degli avventori della locanda ‘La guerriera’, dove eravamo alloggiati per quella notte, irrompeva allegro e schiamazzante, rendendo il mio umore ancora più tetro.
Voltai lo sguardo altrove, livida di rabbia e sempre con il broncio infilzai con la forchetta le due patate supersiti che mi occhieggiavano dal piatto. Eppure, doveva esserci un sistema per convincere Zel a farmi dare un’occhiata al prezioso testo magico su cui era riuscito a mettere le mani quel pomeriggio.
Sbuffando mi voltai verso Gourry, che estraneo alla questione si stava servendo generosamente la terza porzione di cinghiale arrosto.
“Gourry, digli qualcosa…” Mi lamentai, lanciando un’occhiata furente verso Zel, che sorseggiava tranquillamente il suo caffè, del tutto sordo alle mie richieste.
Gourry sollevò leggermente le spalle, lanciandomi una brave occhiata della serie ‘non-tiratemi-in-mezzo’ e continuò a riempirsi il piatto, limitandosi a dire: “Se fossi in te desisterei Lina. E tutto sommato…non credo che Zel abbia tutti i torti.  Non so che tipo di libro sia, ma se non vuole lasciartelo devo concludere che in mano a te possa fare più male che bene, quindi…” Il suo sguardo ora era nuovamente concentrato sulle rape lesse, così non vide l’occhiata assassina che gli lanciai: “Ti ringrazio Gourry!” Esclamai, al colmo dell’indignazione.
“Ti ringrazio anch’io, Gourry.” Escalmò Zel, con tranquillità, portandosi la tazza alle labbra “Lieto di sapere che la pensi come me.”
“Ognuno fa quel che può per salvare il mondo da Lina…” Ribattè Gourry, con aria da esperto in materia.
“Vero, vero…” Commentò Zelgadiss.
“La volete piantare voi due?!” Sbottai, guardandoli in cagnesco prima di infilare la forchetta nel piatto di Gourry e fregargli l’ultima fetta di arrosto.
“Lina!” Protestò il mio amico.
 “Ben ti sta, traditore!” Esclamai, cacciandomi in bocca l’intera porzione e masticando rabbiosamente.
Bene, un modo per dare una sbirciata a quel libro l’avrei trovato. Con o senza l’autorizzazione di Zelgadiss. E poi, non era stato forse lui ad accendere la mia curiosità, quel pomeriggio, commentando con gli occhi luccicanti che quella volta aveva finalmente svoltato nella ricerca su una cura?
Insomma, conoscevo Zel da anni, e non l’avevo mai visto così ottimista. Perciò quel libro meritava almeno una sbirciata. Forse Zel aveva addirittura bisogno del mio aiuto, con l’incantesimo, ma era troppo impacciato per chiedermelo direttamente…
Si, doveva essere così per forza, conclusi lanciando da sopra il piatto una fugace occhiata alla chimera che mi sedeva di fronte.

Sbattei il pugno nel palmo della mano.
“Sono sempre disposta ad aiutare un amico! Capisci?”
Gourry mi osservò levando un sopracciglio. La luna brillava piena e rotonda attraverso una delle finestre della sua stanza e si rifletteva sul lago vicino cui sorgeva ‘La guerriera’, una locanda abbastanza confortevole, tutto sommato, che doveva il suo nome ad una leggenda popolare molto famosa in quella zona.
Avevo appena finito di chiedere al mio amico se voleva contribuire alla nobile causa di aiutare Zel a tornare umano, assecondandomi nel mio progetto del ‘distrai Zel mentre sfoglio il libro’, per una buona causa, si capisce.
“E’ una questione seria, capisci Gourry? Se non diamo un’occhiata a quel libro…Zel potrebbe fare qualcosa di cui potrebbe pentirsi, forse potrebbe addirittura peggiorare la situazione!” Esclami, portandomi la mano al cuore e dando un’intonazione drammatica alla mia voce.
L’espressione di Gourry divenne eloquente.
“Ok, forse peggiorare no…Del resto…Ma comunque capisci? Dobbiamo aiutarlo!”
A quel punto lo sguardo di Gourry si addolcì: “Lina, lo sto che stai letteralmente morendo dalla voglia di dare un’occhiata a quel libro. Ma Zel mi sembra sia stato chiaro. E se veramente in quel libro c’è un incantesimo che potrebbe farlo tornare umano…Devi lasciarlo fare di testa sua. Lo sai com’è fatto, potrebbe addirittura decidere di non parlarti più.”
Incrociai le braccia al petto, imbronciata: “Capirai, non è che adesso come adesso sia molto loquace in ogni caso…”
Gourry sorrise, poi allungò una mano e mi scompigliò i capelli sulla fronte: “Vuoi uscire a fare quattro passi? O, che so…Una partita a carte?” Esclamò, allungando la mano per prendere lo sgualcito mazzetto ci carte che si portava appresso e che molto spesso usavamo per ingannare le attese.
“E’ un modo indiretto per assicurarti che non me ne vada in giro a fare pazzie?” Gli chiesi, inarcando un sopracciglio. Gourry ci pensò sopra alcuni secondi: “Potrebbe sembrare, ma…no. E’ un modo come un altro per impedire che tu te torni in camera e che stia tutta la notte ad ossessionarti su quel libro.”
Mio malgrado dovetti sorridere. Gourry mi conosceva davvero meglio di chiunque. Per un attimo presi in considerazione la sua proposta di rimanere in camera sua a giocare a carte fino all’alba. Qualche volta l’avevamo fatto. Anche se in effetti erano state volte in cui entrambi eravamo ben forniti di grana. In effetti non giocavo mai senza soldi, non ne vedevo l’utilità. E poi dubitavo che quella notte sarei riuscita a concentrarmi sul gioco col pensiero ricorrente che qualche camera più in là Zel stava sfogliando un libro antico e prezioso e che forse avrebbe tentato qualche arcano incantesimo…
E se fosse veramente successo qualcosa e il libro fosse stato danneggiato prima che potessi dargli almeno un’occhiata? Sentii aggrovigliarsi qualcosa nel fondo del mio stomaco. La curiosità mi stava uccidendo, maledizione!
“Ti ringrazio, Gourry…” Mormorai, guardando distrattamente la luna rotonda e piena attraverso la finestra. Le increspature del lago frammentavano il suo riflesso in tanti tremolanti spicchi argentati.  “Ma alla fin fine credo che me andrò a dormire.” Sbadigliai vistosamente “Sono esausta, e poi quel libro non doveva essere nemmeno così interessante. Smetterò di pensarci.” Conclusi, con un’alzata di spalle.
Gourry mi osservò con una leggera apprensione. Non mi sembrava del tutto convinto.
“Lina…Non so perché, ma ho una brutta sensazione.” Il suo sguardo si spostò lentamente per la stanza, fino a raggiungere la finestra. Gourry si accostò ad essa e guardò assorto il lago.
“Quale brutta sensazione?” Gli domandai seguendolo, leggermente impaziente. Sapevo che molto spesso le sensazioni di Gourry non erano da sottovalutare, ma in quell’occasione temevo volesse solo tirarla per le lunghe.
Il mio amico fece spallucce. “Boh, non saprei. Forse è questo posto…E’ come se ci fossi già stato…Ha un’aria…sinistra. Lina…Puoi giurarmi che non andrai a cacciarti in qualche casino prima di domani mattina?” I suoi occhi azzurri erano come ipnotizzati dal leggero incresparsi delle onde del lago. Soppesai le sue parole. Dovevo ammettere che i suoi discorsi mi avevano messo una strana inquietudine, ma cercai di scrollarmela di dosso.
“Tranquillo, Gourry! Cosa vuoi che possa succedermi stando chiusa in camera mia? Perché è lì che starò, te lo assicuro. Vuoi che lasci la porta aperta, così puoi venire a controllare?” Poi per fargli capire che ero totalmente tranquilla e serena mi alzai sulle punte dei piedi e allungando una mano gli scompigliai a mia volta i capelli sulla fronte. Era un modo un po’ idiota che usavamo entrambi per ‘scacciare’ dalla mente i brutti pensieri.
Gourry sembrò rasserenarsi.
“Non ce né bisogno, mi fido. Ok…Allora, buona notte.”
“Buona notte Gourry.” Gli sorrisi, poi mi chiusi la porta alle spalle.
Ragazzi, ero la maga del bluff!

Ok, avevo mentito a Gourry. Ma lui non l’avrebbe mai saputo, quindi perché preoccuparsene? Quando una bugia non viene scoperta, è come se non fosse mai stata detta, no?
E poi il piano che avevo congegnato era pressoché perfetto: usare il levitation fino alla stanza di Zel, lanciare uno sleeping su di lui, entrare con cautela, sfogliare il libro, prendere qualche appunto, e rimettere tutto com’era prima di levare le tende. Geniale no? Non se ne sarebbe accorto mai nessuno.
Quando spalancai le finestre della mia stanza la fredda brezza invernale mi inebriò, mentre sentivo in sottofondo il leggero sciabordio del lago. Era un paesaggio davvero magnifico con quella luna bianca e magica che brillava sull’acqua, e non capivo cosa Gourry potesse trovarci di sinistro. Ad ogni modo io avevo cose più pratiche da fare che perdermi nella contemplazione.
Saltai giù dalla finestra e volai fino alla camera di Zel. La luce era spenta. Buon segno, forse aveva deciso di farsi un pisolino prima di cominciare con i giochi. O forse aveva concluso che non ne avrebbe cavato un ragno dal buco, e aveva abbandonato il progetto e…il libro. In quel caso mi avrebbe facilitato di non poco le cose.
Quando mi accostai alla finestra, tuttavia, mi ritenni ancora più fortunata: di Zel non c’erano tracce, mentre il libro giaceva aperto sulla scrivania, accanto ad una pozione che bolliva lentamente grazie ad un incantesimo.
Forse Zel era uscito col favore dell’oscurità per procurarsi qualche ingrediente, e questo mi dava tutto il tempo di entrare, sfogliare il testo e sparire.
Ottimo.
Aprii la finestra con la magia, e mi introdussi furtivamente nella stanza del mio amico. Appena ebbi appoggiato un piede sul pavimento, tuttavia, un lieve scricchiolio delle putrescenti assi mi fece immobilizzare, ma nulla si mosse nella stanza: non mi ero sbagliata, ero veramente sola. Mi avvicinai con cautela alla pozione che bolliva e annusai sospettosa, mentre un’espressione nauseata mi compariva sul volto:
“Puah! E’ disgustoso!” Mormorai, distogliendo immediatamente il naso da quell’intruglio stomachevole. “Spero in cuor mio che Zel non abbia intenzione di trangugiare questa roba…O risolverà i suoi problemi andando all’altro mondo…” Considerai tra me e me, mentre tutta la mia attenzione si concentrava sul testo magico, ora a mia completa disposizione.
Mi avvicinai piena di curiosità e sfiorai la consistenza delle pagine prima ancora di cercare di decifrare che tipo di incantesimo fosse stampato sulla pagina che Zel aveva aperto. Era pergamena antica, talmente sottile e friabile da aver quasi paura a toccarla per il timore di vedersela sbriciolare sotto agli occhi. Doveva essere indubbiamente molto remoto.
“Fin troppo…” Mormorai, guardando meglio e notando come anche la simbologia delle lettere fosse assolutamente arcaica. Quel che i miei occhi vedevano era un ammasso di minuscoli segni aggrovigliati tra di loro, tracciati sulla pergamena con uno sbiadito inchiostro color seppia.
O meglio…
Sospirai tra me e me e infilai la mano destra in una delle tasche del mio mantello magico.
Era una cosa che detestavo, ma ormai non ne potevo fare a meno. Almeno, in quel caso, ero sola, e non avrei dovuto sorbirmi i ‘simpatici’commenti di Gourry in proposito. Estrassi dalla tasca un paio di rotondi occhialini con la montatura in corno, e me li appoggiai sul naso, schiarendomi la voce.
Di sicuro era una seccatura, per me, ammettere di non poterne fare a meno in certi frangenti, ma indubbiamente risolvevano la situazione. Gli aggrovigliati simboli dai contorni sbiaditi infatti, come per magia, si composero davanti ai miei occhi in una ordinata sequenza di lettere. Indubbiamente antiche, ma non più sconosciute, come avevo in un primo momento pensato.
Era un tipo di alfabeto usato secoli addietro, ormai in disuso. Una lingua morta, ma i cui rudimenti venivano ancora in parte insegnati alla gilda. Per mia fortuna, la testardaggine a voler essere migliore degli altri mi aveva spinto ad interessarmi anche a ciò che si presumeva non servisse ad un buon mago.
Era questa la differenza tra un buon mago ed un mago eccelso, categoria alla quale, modestamente, mi potevo vantare di appartenere.
Con un sorriso compiaciuto mi sistemai meglio gli occhialini sulla punta del naso e mi apprestai a tradurre, mentre il piccolo lightin tremolava sopra di me.
Pronunciai a bassa voce le prime due o tre parole dell’incantesimo, quando mi imbattei in un simbolo sconosciuto. “Dannazione” Biascicai, avvicinandomi il più possibile al libro. Non osavo sollevarlo, per timore di rovinarlo. Avevo una dannata paura che le pagine mi si sbriciolassero nelle mani, ero sempre un po’ tesa quando si trattava di libri così antichi, un retaggio derivato dall’istruzione della gilda, probabilmente. Molti libri racchiudevano in sé incantesimi capaci di farli letteralmente polverizzare, se non si prestava la giusta attenzione. E dovevo ammettere che in quel caso la semplice curiosità inappagata non bastava a farmi essere prudente: contribuiva non poco il fatto che avrei dovuto spiegare a Zel come mai al posto del suo libro non giaceva che un mucchietto di polvere. Con chi credete se la sarebbe presa in una circostanza del genere?
Il lezzo della pozione mi riempiva le narici, e provai a scacciare il fumo insistente che si levava dal pentolino in ebollizione. Mentre muovevo distrattamente la mano sopra alla pozione, tuttavia, un lieve crepitare, proveniente dall’intruglio, attirò la mia attenzione…
Come se qualcosa vi fosse inavvertitamente caduto dentro e fosse lentamente sfrigolato nel miscuglio, prima di dissolversi. Guardai interrogativa verso le bolle che si formavano minacciose sulla superficie vischiosa del composto, ma non ebbi tempo di  chiedermi cosa mai vi fosse piombato dentro: la porta si spalancò in quel momento e Zel fece il suo ingresso nella stanza.
Notai che tra le mani reggeva alcuni rametti di Salvia, probabilmente sottratti nelle cucine, e che il suo viso, man mano che si rendeva conto della situazione, ovvero io che mi facevo gli affari suoi nella sua stanza, stava via via assumendo le sembianze di un orso bruno davanti ad un favo di miele.
Detesto fare la parte del favo.
“Zel, ti posso spiegare…” Cominciai, levandomi per prima cosa gli occhiali dal naso. ‘Stavo passando qua fuori, quando ho visto che non c’eri, e ho pensato di venire qua a  rimestare la pozione per te…’ come sarebbe suonato? Si, Lina Inverse nella parte dell’amica premurosa ed affettuosa, poteva andare.
“Stav…”
“Avrei dovuto immaginarmelo!” Sbottò Zel, interrompendo il mio discorso sulla solidarietà e la fratellanza. Come un falco si lanciò verso di me, perdendo Salvia da tutte le parti.
“Ti prego, dimmi che NON hai toccato niente!!” Esclamò, guardandosi febbrilmente intorno alla ricerca di qualche disastro. Fortunatamente non c’erano danni visibili. Anzi, non c’erano danni e basta.
“Hei, volevo solo dare un’occhiata veloce al libro che ti sei RIFIUTATO di mostrarmi!” Mi misi subito sulla difensiva.
Zel, appurato che tutto era come lo aveva lasciato si rilassò quel tanto che bastava per passare dallo stato di orso bruno a quello di chimera inferocita. Il che era pressappoco la stessa cosa.
“Se mi sono rifiutato di mostrarmelo un motivo c’era, Lina!” Borbottò, le mani sui fianchi.
Incrociai le braccia al seno, sbuffando:
“Bene, ma come vedi le tue erano semplici fisime. Tutto è come lo avevi trovato, e se mi avessi lasciato dare un’occhiata al libro, questa sera a cena,come ti avevo chiesto, non mi sarei nemmeno dovuta disturbare per venire fin qua!”
Zel mi osservò levando un sopracciglio:
“Oh, dunque la tua infrazione di proprietà privata sarebbe colpa mia?!”
“Esattament…”
In quel momento, un gorgoglio alquanto sinistro lasciò la mia frase sospesa a metà.
Entrambi ci voltammo verso la pozione che bolliva, Zel con aria pensierosa, io vagamente colpevole.
In cuor mio speravo che qualunque cosa ci fosse caduta dentro a causa del mio spostamento d’aria, una mosca, un batuffolo di polvere, qualunque dannatissima cosa, non compromettesse il suo incantesimo.  O avrei fatto meglio ad emigrare nel continente…
Il lieve borbottio che la pozione aveva prodotto fino a quel momento si tramutò rapidamente in un gorgogliante ribollire, mentre, con mio grande sgomento, la gelatinosa schiuma giallastra cominciava a colare lentamente lungo i bordi del piccolo paiolo.
A Zel si rizzarono i capelli sulla nuca: “Lina…” Mormorò, lentamente.
Io non ebbi il coraggio di distogliere gli occhi da quella disgustosa visione, se non altro per evitare di guardare Zel negli occhi. Ma quando il mio amico pronunciò nuovamente il mio nome, questa volta con una punta di isterismo nella voce, provai a replicare.
Ma non ne ebbi il tempo.

L’esplosione ci investì in pieno, senza darci nemmeno il tempo di creare uno scudo difensivo. Una luce abbagliante seguì il boato, costringendoci a piegarci con le braccia incrociate davanti al volto.
Non volevo morire in un modo tanto stupido, ma non avrei potuto fare granché per evitarlo. Tutto ciò che riuscii a pensare, prima che il cervello mi esplodesse nel cranio, fu che avevo tradito la fiducia di Gourry. Lo immaginai che metteva mano alla spada. Lo immaginai correre per il corridoio, allarmato, il volto stravolto dall’angoscia.
Prima che la forza distruttiva di quanto io e Zel avevamo provocato non investisse anche lui.
‘Perdonami’
Poi, tutto svanì nel nulla.

Riaprii gli occhi lentamente. I timpani mi ronzavano ancora furiosamente, come se un esercito di mosche avesse deciso di trasmigrare direttamente nelle mie orecchie.
Con circospezione staccai le braccia dalla testa. Il cervello non mi era esploso nel cranio, come avevo inizialmente temuto, e questa era una buona notizia. Mi tastai lentamente il volto: la fronte, le guancie, la punta del naso. Non mi ero liquefatta, ne tantomeno polverizzata.
E anche questa era una buona cosa.
Dopodiché, mi azzardai a lanciare un’occhiata all’ambiente circostante. Tutto era pressappoco come lo avevamo lasciato.
Anche Zel.
E questa non era esattamente una buona cosa.
Nemmeno la sua espressione sembrava suggerirlo.
“Maledizione!” Imprecò. “D…Dannazione! M…Maledizione!”
“Anch’io sono felice che tu stia bene, Zel…” Borbottai sollevandomi e spolverandomi le ginocchia.
Ok. Avevo quasi ucciso entrambi e, molto probabilmente, fatto fallire il suo esperimento.
Ma, hei! Eravamo vivi e vegeti, non era un motivo sufficiente, non dico per essere felici, ma almeno per sentirsi sollevati?
Il modo in cui Zel pestava i piedi al suolo sembrava dire il contrario.
Ma io so prenderla con filosofia quando qualcuno fa il difficile. E’ una mia qualità. Una delle tante, si intende.
“Suvvia, Zel…Hai ancora il libro dopotut…” Lo sguardo mi cadde sul tavolo su cui, solo pochi secondi prima, erano posati il libro magico e il pentolino con l’intruglio.
Era vuoto.
Ok.
Presi un respiro profondo.
Non ero un tipo che scappava davanti alla difficoltà.
Ma in quel momento avrei tanto voluto.
“Sai Zel, ci sono ancora tanti di quegli incantesimi che non hai ancora provato…”
La vena sulla tempia del mio amico iniziò a pulsare.
“Inoltre, dovresti considerare che, dopotutto, il verde ti dona parecchio…”
Ora tendeva al violetto però…
“E poi, che vuoi che siano quattro pietruzze sulla facc…”
“LINA!” Abbaiò la chimera, portandosi le dita alle tempie. “Io…Tu…”
“Zel, prima che tu dica alcun che vorrei ricordarti che l’omicidio non è mai una buona soluzione. Ci si sporca di sangue e…e si è perseguibili legalmente!” Esclamai tutto d’un fiato.
Diavolo, quand’era l’ultima volta che l’avevo visto tanto arrabbiato?
Forse durante la caccia al drago di lago. Sì, doveva essere stato in quell’occasione che l’avevo visto davvero fuori dai gangheri…Per una cosuccia come quella dell’ancora, poi! Zel era decisamente uno che se la prendeva più del dovuto…
Arretrai leggermente, ma mentre mi dirigevo inconsciamente verso la porta, questa si aprì di colpo.
‘Gourry!” Pensai, sollevata. Ma non era affatto Gourry.
Un cavaliere in una scintillante armatura argentata entrò a passo spedito nella camera di Zel, prima di fermarsi di colpo davanti a noi.
Ci fu un attimo di tensione, dopodiché, con una velocità che avevo visto solo in una persona, estrasse la spada dalla cinta e ce la puntò contro.
“Chi siete, e cosa ci fate nella mia stanza?” Echeggiò, attraverso l’elmo che gli copriva il volto.
Io e Zel ci osservammo un attimo smarriti.
“Ho detto chi siete?” Intimò nuovamente il cavaliere, in tono minaccioso “Siete spie di Lord Elrod? Ma certo! Ebbene, ditegli che non scenderò mai a compromessi con lui, e per quanto mi riguarda può andare al diavolo!”
Era veramente arrabbiato.
Ma chi diavolo era Lord Elrod?
“Scusi, ma temo sia del tutto in errore. Questa non è la sua stanza, messer, e noi non siamo affatto spie, ma avventori in regola e abbiamo tutto il diritto di stare qua. E adesso, se vuole avere la cortesia di andare nella sua stanza a brandire quell’arma, avrei due parole da dire alla signorina.” Esclamò secco Zel.
Tutto sommato preferivo essere una spia di Lord Elrod.
Il cavaliere sembrò tentennare. Ma non abbassò la spada, che teneva ancora levata verso di noi.
Zel sembrava davvero sul punto di perdere del tutto la pazienza, e correvamo seriamente il rischio di finire tutti e tre coinvolti in una rissa, quando un lamento, proveniente dal letto alle nostre spalle, ci gelò tutti e tre di colpo.
Qualcosa, o meglio, qualcuno, si muoveva lentamente sotto le lenzuola.
Sgranai gli occhi, voltandomi verso Zel.
Una donna? Zel aveva una donna nascosta tra le lenzuola?!
Non poteva essere!
A ben pensarci, non poteva davvero essere.
Certo però…
Fu il cavaliere sconosciuto, tuttavia, quello che mi lasciò maggiormente perplessa, dato che si lanciò con un balzo verso il letto.
“Se gli avete torto un solo capello…Io vi uccido!” Esclamò.
“Guardi che lei è totalmente in errore, noi…”
Ma quando dal bozzolo di lenzuola il cavaliere estrasse quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino piccolo, prossimo alle lacrime, a me e Zel per poco non caddero le braccia a terra.
“Ma che significa?” Esclamammo insieme.
Il cavaliere non ci ascoltava più. Cullava il bambino, mormorandogli qualcosa a bassa voce.
“Se non siete spie, chi siete?” Domandò infine, quando l’infante sembrò essersi riaddormentato.
“Io sono Zelgadiss Grayword, e lei è Lina Inverse. E le assicuro che siamo del tutto estranei alla sua questione. Ma la domanda, signore, è chi siete voi? Questa è la mia stanza.”
Il cavaliere riadagiò il bambino tra le lenzuola, rimborsandogliele bene intorno al volto. Poi, lentamente, si slacciò le fibbie dell’elmo.
Una lunga matassa di capelli biondi ricadde sulle sue spalle.
“Io non ho nome. Non più.” Mormorò lentamente. La sua voce ora che non risentiva più del cupo eco metallico sembrava dolce e poco appropriata al suo aspetto.
Solo quando si voltò mestamente verso di noi, risultò perfetta. Assolutamente appropriata al volto che ci trovammo davanti. Perché era quello di una bellissima ragazza.
“Potete chiamarmi semplicemente Aislin”

Il sole iniziava appena a sorgere. La ragazza si era levata l’armatura, rimanendo in calzoni e camicia.
Era alta per essere una donna, e aveva un volto mortalmente pallido e un’aria stanca.
“Non sapevo che l’oste avesse già affittato questa stanza. Sono giunta in tarda serata, avevo bisogno di un posto dove stare, per il bambino, sapete. L’ho messo a letto e sono scesa a legare il cavallo. Non c’era nessuno quando sono salita.” Si giustificò guardando Zel con espressione sincera e diretta.
Aveva qualcosa di familiare nel volto. Possedeva lineamenti gentili, molto femminili, ma la linea del naso era dritta, e la mascella altrettanto decisa. Eppure c’era qualcosa, nella dolcezza dello sguardo, che suggeriva un’indole più tranquilla e mite di quella che aveva voluto far credere.
Zel, seduto sulla sedia davanti allo scrittoio, dondolava avanti e indietro il piede.
“Signora, evidentemente deve esserci stato un errore dell’oste. Ma vedo che avete più necessità di me di occupare questa stanza, perciò ve la cedo volentieri. Del resto, ho un amico alloggiato qualche camera in là e posso chiedere eventualmente ospitalità da lui. Oppure Lina può cedermi la sua stanza.”
“Hei!”
“Credo che tu me lo debba, Lina.” Il suo tono non ammetteva repliche.
La ragazza sospirò.
“Non discutete a causa mia, vi supplico.”
“Non discutiamo affatto a causa sua. Anzi, probabilmente il suo arrivo tempestivo mi ha fermato in tempo dal commettere un gesto inconsulto, perciò Lina dovrebbe solo ringraziarla.”
Scoccai un’occhiata di fuoco a Zel.
“Forse dovremmo lasciar dormire Aislin e proseguire la nostra conversazione fuori di qui, non trovi Zel?”
La ragazza sgranò i grandi occhi azzurri.
“Oh, no. Non dormirei comunque, non preoccupatevi. Un po’ di compagnia non mi dispiace, in effetti.”
In quel momento il bambino emise una nuova, debole, protesta.
Aislin si affrettò a sollevarlo dal letto, cullandolo tra le braccia.
“Non riesce a dormire bene. Abbiamo viaggiato molto, in questi giorni.”
Vidi che il piccolo aveva gli stessi capelli biondi della madre. O almeno, supponevo che lei ne fosse la madre. Ne aveva tutta l’aria.
“Venite da molto lontano?”
“Da Elmekia. Siamo in viaggio da giorni. Sto tornando alla casa dei miei genitori.”
“E’ un bel pezzo di stada, da Elmekia a qua.”
“Già.”
Sedette con il bambino tra le braccia, Doveva avere poco più di un anno, e aveva le guancie soffici e paffute e due vivaci occhi azzurri.
“Gaaaaah.” Esclamò, osservandomi e tendendo una manina verso di me.
Cercai di ignorarlo. Non è che avessi tutta questa confidenza con i bambini.
Anzi, se proprio vogliamo dirlo, non ne avevo affatto.
Mi facevano anche un po’ senso. Erano carini e paffutelli, persino teneri, se vogliamo, ma io sapevo che potevano trasformarsi in orribili mostri pronti a spaccarti i timpani alla prima occasione e a tormentarti notte e giorno con i loro piagnistei.
O almeno, questo era quello che Luna mi aveva raccontato di me.
E io non contraddicevo mai le opinioni di Luna.
“E’ un po’ piccolo per un viaggio così lungo.” Considerò Zel.
Aislin annuì.
“Probabilmente. Ma non avevamo alternative.”
Il bambino si tendeva verso me, emettendo versetti di pura gioia.
“Lei gli piace. Devono essere i capelli, è attratto dal colore dei suoi capelli.” Considerò la madre, aggrottando le sopracciglia.
“Hehehe…” Emisi una risatina nervosa.
“Vuole prenderlo?”
“No!” Esclamai, forse un po’ troppo precipitosamente. “Cioè…Io non ci so proprio fare con i bambini. Uh, il mio amico Gourry però impazzirebbe, glie lo assicuro. Solo che a quest’ora starà dormendo come un sasso….”
Gourry adorava i ‘cosi’. Ogni volta che in qualche villaggio ci imbattevamo in una fiera non perdeva occasione per vezzeggiare e riempire di dolci qualche bambino.
Cervelli affini, si capisce. Di quelli che non riescono a mettere insieme più di tre nozioni di seguito.
“Gourry?” Mormorò la donna, con una certa sorpresa. “Andranno d’accordo di sicuro, allora. E’ anche il suo nome.” Mormorò, guardando il bambino, che tendeva impaziente le mani verso i miei capelli.
“Davvero? Coincidenza singolare…”
Gourry non era un nome così comune, in fondo.
Aislin sorrise, e in quel momento capii di colpo chi mi ricordava con tanta insistenza.
“Gourry Gabriev, a quanto pare non sei più l’unico Gourry che conosciamo…” Sussurrò all’orecchio del bambino, mentre io e Zel spalancavamo all’unisono la bocca.
All’improvviso, era chiaro cosa era andato storto nell’esperimento.
O meglio, cosa aveva funzionato, in maniera del tutto imprevista.
Eravamo tornati indietro nel tempo. Ma non al momento in cui Zel avrebbe potuto cambiare la sua situazione, fermando Rezo prima che compisse l’incantesimo che l’aveva reso ciò che era. No.
Eravamo tornati all’infanzia di Gourry. E quella che ci sedeva dinnanzi era niente di meno che la sua giovanissima madre.



  
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