STUPID
CLOTHES
Curiosa.
Era quello l’aggettivo adatto per descrivere
l’espressione sul volto di Heiji
una volta finita la conversazione con Kudo; aveva improvvisamente
alzato il
sopracciglio alle parole del piccolo detective, sbuffando poi una
risata
divertita. No, non era decisamente possibile una cosa simile, Shinichi
Kudo
questa volta aveva decisamente sbagliato la sua deduzione: lui, Heiji
Hattori,
non poteva essere innamorato di Kazuha Toyama. Scoppiò
quindi in una fragorosa
risata, per poi scompigliargli i capelli con la mano, con il solo
risultato di
far irritare il suo piccolo amico.
Erano seduti sul divano di casa Hattori e il
‘padrone’ di casa, aveva appena
raccontato a Conan del ragazzo che, a quanto pareva, andava dietro a
Kazuha;
Heiji l’aveva presa male e nascondeva ostinatamente la
gelosia che aveva
portato all’irritazione, affermando che…
“E’ primo ragazzo che si
interessa in
modo così… sfacciato a lei! Insomma, gli altri si
tiravano sempre indietro
perché sapevano che c’ero io! Questo ha una bella
faccia tosta, insomma! Andare
a provarci con Kazuha… cioè… non
è vero che stiamo insieme, ma per quanto
abbiamo cercato di smentire le voci, ne sono comunque tutti convinti
quindi…
insomma, è arrogante da parte sua, no?”. Appena
sentite quelle parole il
giovane detective era scoppiato a ridere.
“Quindi è la sua
arroganza a darti
fastidio, Hattori?” aveva quindi inarcato un sopracciglio.
“Certo, che cos’altro dovrebbe farlo,
altrimenti?” sbuffò una risata lui.
“Magari il fatto che sei innamorato di Kazuha”
Che cavolo diceva quello stupido marmocchio? Che ne capiva lui
dell’amore? Che
capiva lui del suo rapporto con Kazuha? Eppure, anche se non
l’avrebbe mai
ammesso neanche a se stesso, sapeva bene che Conan… che
Shinichi in questo
caso, ne sapeva fin troppo sulla situazione: amore? Non era una vita
che amava
la sua Ran? Non aveva un rapporto molto simile al suo con lei? Scosse
con
decisione la testa: si sbagliava, lui non era innamorato di
quell’aria
corrucciata, di quelle gambe esili, di quel sorriso ora malinconico,
ora
felice, di quelle labbra rosee che a volte gli erano sembrate
così… morbide. Di
quegli occhi verdi? Poteva lui essere innamorato di quegli occhi? No,
non era
possibile.
“Cacchio no…”
“Allora spiegami perché cavolo ti da
così fastidio che questo tipo provi ad
uscire con lei! Sarà libera di stare con chi vuole, se non
sta con te, no?”
“Certo che… beh nel limite della
decenza… insomma… se si inizia a baciare con
questo tipo” ed era arrossito, sì
perché gli era passata per la mente
l’immagine delle labbra di Kazuha che sfioravano quelle di un
altro: le sue; la
sua mano tra i capelli mentre le braccia le cingevano la vita, avide di
carezze
sulla pelle.
“Perché? Prima o poi dovrà pur baciare
qualcuno?”
“Beh vorrà dire che almeno il primo bacio
sarà mio!” si era alzato di scatto,
sotto lo sguardo intontito di Conan.
“Che…? Hattori, che cavolo vuol dire?! Dove vai?!
Non dire cose senza senso per
poi andartene!” Conan cercò di afferrargli la
gamba per bloccarlo prima che
raggiungesse la porta di corsa, ma era rovinato a terra,
perché ormai lui aveva
già aumentato il passo.
“Vado da Kazuha, ovvio! Poi potrà fare quello che
vuole, ma il suo primo bacio
è solo mio!” aveva una strana luce folle negli
occhi e Conan, preoccupato e
divertito allo stesso tempo, cercò di raggiungerlo mentre
pensava che,
decisamente, quello era un comportamento di uno non innamorato di
qualcuno.
Andò però a sbattere contro quella che poi si
rivelò la gamba dell’altro
detective che si era bloccato improvvisamente.
“Beh, che ti prende, amico? Hai cambiato idea?”
Conan inarcò il sopracciglio,
affacciando la faccia verso il volto del ragazzo.
“Cavolo…”
“Che succede, Hattori?”
“Succede che sono innamorato di Kazuha”
…..
Decisamente non gli piaceva la cosa: lui non poteva essere davvero
innamorato
di lei, non era neanche lontanamente pensabile. Figuriamoci possibile.
Lei era
la sua amica d’infanzia, la sua migliore
amica, non poteva immaginarla mentre la stringeva tra le
braccia, mentre
giocava con i suoi capelli, mentre le scioglieva la coda, mentre la
baciava,
mentre faceva tutte queste cose prima di poterle togliere quella
magliettina
aderente ed assaporare la pelle candida del suo addome, più
su… o più giù…
arrossì di nuovo: decisamente non poteva avere quei
pensieri. E allora perché li
aveva? Era lentamente tornato sul divano e si era buttato sopra di
questo, di
peso, gettando la testa all’indietro e aveva coperto gli
occhi con la mano,
pensieroso. Aveva fatto un lungo sospiro sentendo il piccolo detective
tornare
a sedersi di fianco a lui sul divano.
“Ma che cavolo di pensieri faccio?”
“Preferirei non saperli, Hattori, a giudicare dal rossore
delle tue guance” e
aveva ragione, l’immagine di Kazuha che gli era passata per
la mente era quella
che aveva visto di sfuggita diverse volte, ma che aveva sempre voluto
rimuovere: c’era voluto un moccioso per fargli capire che
amava la sua amica
d’infanzia?
“Avrei preferito rimanere ignaro anche
io…” era tornato quindi con lo sguardo
su di Conan, storcendo le labbra in un mezzo sorriso.
“Sempre meglio che averli su di lei con un altro”
aveva quindi riso Kudo,
beccandosi un pugno in testa dall’altro.
“Non ci pensare neanche! No, quel tipo non
l’avrà mai… a parte il fatto che a
Kazuha non interessa proprio quello là…”
“Come fai a saperlo?”
“Cosa?”
“Come fai a sapere che a lei non interessa? Non è
detto che lei sia interessata
a qualcuno in particolare in questo momento” sorrise maligno
Conan: solo Heiji
era stato così tonto da non essersi accorto dei sentimenti
di entrambi “se lo
trova carino potrebbe anche decidere di uscirci insieme”
“Dì un po’, Kudo, vuoi morire
così giovane?!” Heiji l’aveva guardato
di
sottecchi, prima di sospirare e buttarsi con la testa sul divano
“cacchio… sono
innamorato per davvero”
“Te l’avevo detto io… ora non ti rimane
che dirlo a lei”
“-…zzo dici?! cosa dovrei fare a chi?! Ma sei
pazzo?!”
“Beh… tu che puoi stare con
lei…” aveva abbassato lo sguardo Conan, mentre con
la mente andava improvvisamente a quel giorno a Londra. “sei
più fortunato di
quel che credi, Hattori”
“Forse hai ragione… ma non ho intenzione di dirle
proprio niente!”
“Contento tu… ma secondo me…”
ma non finì mai di dire il suo pensiero, perché
proprio in quell’istante suonò il campanello,
annunciando l’arrivo di Ran e
Kazuha. Heiji si alzò dopo qualche istante, aprendo la porta
alle due,
lanciando un’occhiata torva a Kazuha, che al contrario era di
ottimo umore dopo
due ore di shopping per le vie di Osaka.
“Che hai tanto da sorridere tu?” l’aveva
incalzata lui, facendole spazio per
entrare in casa.
“Grazie per il benvenuto, Heiji, non sarai un po’
troppo cordiale?” l’aveva
rimbeccato lei, continuando comunque a sorridere.
“E’ normale che sia di buon umore, Hattori-kun!
Abbiamo comprato un sacco di
vestiti! Con i saldi, ci sono delle offerte strepitose, non
è vero
Kazuha-chan?” si era quindi rivolta a quest’ultima,
sorridendo.
“Cos’è, cercavi un vestito da mettere
all’appuntamento con il tuo
‘ammiratore’?” aveva quindi chiesto
Heiji, con
una punta di acidità sia nello sguardo che nel
tono.
“Ma che dici? a lui ho già detto che non mi
interessa… non lo conosco neanche”
aveva quindi scrollato le spalle andandosi a sedere sul divano, dove
poco prima
era seduto il detective dalla pelle scura. Si era voltata giusto in
tempo per
non riuscire a vedere l’espressione di sollievo sul volto
dell’amico, che
invece notò una Ran decisamente soddisfatta che se la rideva
sotto i baffi.
“Che c’è, Hattori-kun? Ti hanno appena
dato una bella notizia?” maliziosa.
Era decisamente quello
l’aggettivo per descrivere l’espressione sul volto
di Ran in quel preciso
momento.
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Allegra. L’espressione
questa volta
era quella di Kazuha che, seduta al banco circondata da altre tre
ragazze,
mangiava il suo bento, accuratamente preparato nella scatola con il
disegno di
tanti fiori di ciliegio. Heiji la osservava, ancora incredulo per la
rivelazione avuta solo qualche giorno prima, mentre mangiava
distrattamente il
suo di bento. Preparato da lei, sì perché quel
giorno gliel’aveva voluto
preparare, senza dargli una spiegazione precisa. In compenso aveva
avuto
un’idea in quel momento: avrebbe voluto essere lui quello
vicino a lei,
mangiando da soli, magari sul tetto della scuola, tranquilli e da soli.
Gliel’aveva anche quasi chiesto ma aveva trasformato il
‘ti va di mangiare
insieme a pranzo?’ in un ‘ti va di
man…dare un messaggio a Ran per chiedere
come sta Conan?’ e lei non aveva fatto obiezioni, preoccupata
improvvisamente
per la salute del sanissimo giovane detective. Eppure avrebbe dato
qualsiasi
cosa pur di poter mangiare vicino a lei, fare due chiacchiere,
carezzarle il
viso, prenderle una ciocca di capelli e spostargliela dietro
l’orecchio per poi
scoccarle un breve bacio sulla guancia, lasciandola magari di stucco
e… rossa e
magari, così per divertimento, continuare quel gioco di
labbra, sul viso chiaro
di lei, fino a trovare le labbra e assaporare il gusto del bento appena
mangiato, fino a dimenticarsi persino della campanella che, maledetto
sia il
suono, gli ricordava di tornare in classe, invece di divorare di baci
quel viso
sottile, con l’espressione divertita.
“Che guardi, Hattori?” l’aveva chiamato
Shinji, il vicino di banco, facendolo
sobbalzare.
“Niente, che dovrei guardare?!” aveva esclamato, in
tono decisamente troppo
alto, facendo spostare lo sguardo di mezza classe su di lui, compreso
quello di
Kazuha. Il viso arrossato, il fiatone: cavoli se si era appena fatto un
film,
uno di quelli pesanti. Non si era mai sentito tanto stupido in vita
sua; non
era mica tanto facile essere innamorati a
quell’età.
“Beh fissavi proprio verso…”
“Non credo ti convenga continuare la frase, Kuraji”
si era quindi alzato,
richiudendo il pranzo e afferrarlo, prima di dirigersi fuori dalla
classe. “me
ne vado a mangiare lontano… fate troppo casino qui
dentro” sbuffò quindi,
pronto a dirigersi comunque verso il tetto: ok, non poteva pranzare con
lei, ma
poteva immaginare di farlo, lontano da tutti.
“Heiji!” già cominciava il film mentale?
No, la voce di Kazuha era reale, si
era voltato e lei lo stava raggiungendo di corsa, con le guance rosee e
la coda
che penzolava da una parte all’altra.
“Kazuha, che fai mi segui? Torna dalle tue amiche,
no?” però non gli era
sfuggito l’oggetto tra le mani della ragazza: aveva portato
con sé il pranzo.
Forse non serviva immaginare tutto.
“Ero preoccupata per te! Eri parecchio agitato poco
fa…” lo guardava torva: era
stato decisamente acido “ma visto che sei in vena di
simpatie… me ne torno do
là!” l’avrebbe giurato fino alla morte,
il braccio si era mosso da solo, fino
ad afferrare quello di lei con la mano e bloccarla, prima che potesse
ripartire
alla volta della classe.
“Aspetta, già che sei qui…”
cacchio se era difficile “pran…ziamo
insieme” non
era una richiesta, e quasi si aspettava un no secco da parte di lei
che,
invece, sorrise, di nuovo allegra.
“D’accordo… se proprio
insisti…” aveva però cominciato a
salire su per le
scale, di corsa, fino ad arrivare alla porta del tetto. Non era proprio
una
splendida giornata, quindi erano in pochi di fuori e, nessuno, aveva
deciso di
salire sul tetto quel giorno.
“Su, siediti a mangiare” Heiji si era appoggiato
sul parapetto, andando quindi
a riaprire la scatola del pranzo.
“Buon appetito!” aveva esclamato lei, sedendosi di
fronte a lui, per poi
cominciare a mangiare.
“Mhnammhiho” sì insomma… era
la risposta di una bocca parecchio impegnata a
masticare un polipetto e un uovo sodo.
“Heiji…” aveva cominciato quindi lei,
dopo parecchi istanti di silenzio.
“Non si mangia in silenzio a casa tua?”
“No, e neanche da te a quanto ricordo…”
“Sì, ma solo quando e perché ci sei tu.
Comunque che c’è?” aveva sbuffato,
fintamente seccato.
“Che succede ultimamente? Sei sempre nervoso. Specie
con… me” aveva abbassato
lo sguardo, con un velo di tristezza nella voce.
“Non lo so… c’è qualcosa che
mi irrita” la frase aveva fatto sobbalzare Kazuha,
che l’aveva quindi guardato, sull’orlo del pianto
“ma non sei tu! Kazuha, no
non è colpa tua!” il cuore aveva cominciato a
battergli forte nel petto, mentre
la voglia di abbracciarla e poi stenderla per terra e baciarla con
delicatezza,
cresceva. Eccome se cresceva. Dolce consolazione…
approfittatore delle
debolezze altrui. “altrimenti non ti avrei chiesto di
pranzare con me” e lei
aveva sorriso, decisamente sollevata.
“Sai, Heiji… quando ti ho preparato il bento,
speravo che tu mi chiedessi di
pranzare insieme” imbarazzata.
Questa
volta è l’aggettivo per l’espressione di
entrambi.
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Serena. Lo era Kazuha come lo era
irrimediabilmente anche lui, Heiji, mentre camminavano fianco a fianco
nella
strada per tornare a casa; il detective la guardava con la coda
dell’occhio
mentre lei rideva al messaggio di Ran che le era appena arrivato.
Avrebbe tanto
desiderato buttare il cellulare nel primo cestino di passaggio,
perché voleva
che lei fosse solo sua quando stavano insieme. Possibilmente
ventiquattr’ore su
ventiquattro. Scoppiò in
una risatina al
pensiero, incredulo della sua stessa possessività, mentre le
prendeva il
cellulare dalle mani e allungava il braccio verso l’alto, per
non farglielo
prendere.
“Che fai, Heiji?! Devo rispondere a Ran-chan!”
aveva teso semplicemente la mano
verso di lui, nella vana speranza che decidesse di ridarglielo.
“ridammelo!”
“Mh… no!” aveva sorriso lui, divertito
“mi sono stupito di non vederti mandare
messaggi anche a pranzo, non ti verrà l’artrosi ai
pollici?” la rimbeccò lui,
mentre lei appoggiava la mano sul braccio abbassato di lui, per far
presa e
arrampicarsi verso la mano con il cellulare. Cavoli se era vicina; un
brivido
gli percosse tutta la schiena, il che lo fece risvegliare e lui
posò lo sguardo
sul viso di lei, con gli occhi che fissavano il cellulare, troppo in
alto per
lei. La voglia di cingere la vita della ragazza con l’altro
braccio era forte,
ma doveva resistere. Non poteva cedere alla tentazione di prenderla
e…
“Non fare il bambino, Heiji… e poi lì
era diverso…” aveva saltellato, nel
tentativo di afferrarlo al volo, con ovviamente degli scarsi risultati.
“In cosa era diverso?”
“Beh… che ne so? Eravamo entrambe a scuola,
no?” ovviamente non era quello. In
quel momento erano da soli, soli per davvero, non tornavano a casa per
separarsi. Erano li, per stare insieme. Mangiare insieme. Doveva essere
un
momento solo per loro due.
“Solo questo?”
“Che altro?” si era bloccata, spostando lo sguardo
sul volto di Heiji,
accorgendosi solo ora di quanto fossero vicini. La guardava e si
chiedeva
perché l’amore e gli ormoni adolescenziali
dovessero fare così a cazzotti tra
loro, anche se volevano entrambi la stessa cosa.
“Dimmelo tu… hai detto che era diverso”
“Ma sei tu a trovarci altro oltre quello
che…” ma si era bloccata nel momento
in cui lui era sceso con il viso di un paio di centimetri.
“Voglio una risposta soddisfacente… o non riavrai
il cellulare” il cuore gli
batteva forte nel petto: non era facile starle così vicino e
mantenere la calma.
O almeno cercare di non portarla in camera sua e tenerla abbracciata
fino
all’indomani mattina. L’avrebbe fatto anche
lì, se non fosse stato praticamente
illegale, almeno la parte che la mente cercava ostinatamente di
cancellare.
Stupidi ormoni. Vederla così agitata gli piaceva, lei si
mordeva le labbra,
mentre le guance erano diventate di un forte tono di rosso. Cavoli se
voleva
baciarla.
“Beh… era bello stare li… era un
momento per stare insieme… in pace. Da soli”
Heiji deglutì: che voleva dire? Appoggiò la
fronte sulla testa di Kazuha,
inspirando forte il suo profumo di fiori. Doveva decisamente scoprire
che fiore
era quello del suo profumo. Per diversi istanti stettero in silenzio,
godendo
di quel semplice contatto dei loro corpi, ignari delle sensazioni che
davano l’uno
all’altra. Stupida timidezza. Stupido orgoglio.
“Va bene” aveva quindi abbassato il braccio, per
ridarle il cellulare. L’aveva
afferrato mentre le mani di lei tremavano ancora per…
l’emozione? In compenso
non aveva più tirato fuori il cellulare per tutto il
tragitto fino a casa.
L’espressione sul viso di Heiji? Soddisfatta.
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Esasperato. Heiji lo era per davvero
mentre se ne stavano seduti al tavolo del ristorante di Tokyo e
l’osservava
mangiare la sua ciotola di Noodles, seduta al centro tra Ran e Sonoko.
Doveva essere
lui quello di fianco a lei, in modo da poter, ogni tanto, sfiorare la
gamba
lasciata nuda dalla gonna di jeans, con la sua, per caso, per errore,
mentre si
tendeva a dire una cosa a Conan. Invece no, doveva limitarsi a stare di
fronte
a lei, mica come quello stupido di Kudo, che sorrideva contento anche
solo perché
poteva starle vicino.
“Stupido marmocchio…” aveva borbottato,
guardandolo di sottecchi. Non era
decisamente giusto. Perché erano dovuti venire lì
a Tokyo? Non se ne potevano
stare ad Osaka a… non so… anche a fare i compiti.
Sarebbe andato più che bene. “…
e stupido io”
“Ma che stai borbottando, Heiji? Parli da solo?”
rise la sua amica d’infanzia. Ma
lui non le rispose se non con un breve sbuffo seccato, mentre lei,
incurante,
tornava a parlare con le due amiche. Parlavano di Makoto e lui non
riusciva a
trovare niente di più irritante: cos’era peggio?
Non vedere la persona che si
ama di più, o vederla tutti i giorni e non poterla avere?
Scosse la testa,
prima di spostare lo sguardo su Kudo, che fissava Ran con aria assorta,
mentre
lei rideva e prendeva in giro Sonoko. Decisamente era peggio stare
vicino alla
persona che si ama, senza poterlo fare davvero.
“Hai ragione…”
“Uh?” si era voltato distratto il bambino, con aria
incuriosito.
“Io sono decisamente quello più
fortunato” ed erano tornati in silenzio, a
fissare ognuno la ragazza dei loro pensieri. Heiji provò il
desiderio
improvviso di prendere il braccio di Kazuha e portarla fuori, per
un… qualsiasi
altro posto, per poter rimanere da soli. E allo stesso tempo, il
desiderio di
portar via anche Sonoko, per lasciare solo l’amico con
Ran… Complicato…
era decisamente complicato
avere diciassette anni ed essere innamorati. Stupidi istinti animali.
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Irritato. Il viso di Heiji era
decisamente contratto dall’irritazione, mentre osservava lo
scaffale della
profumeria. Perché cavolo dovevano avere così
tanti profumi ai fiori?! Ma
doveva trovarlo… quel profumo che stava così
dannatamente bene sui capelli di
Kazuha, sarebbe stato decisamente alla perfezione anche sulla pelle
della
ragazza.
“Stupidi profumisti o come vi chiamate del
cavolo…”
“Posso aiutarla?” si era avvicinata la commessa,
con un sorriso alquanto
spaventato: con le altre due commesse avevano fatto a
‘carta-forbici-sasso’ per
decidere a chi sarebbe dovuto l’arduo compito di aiutare quel
ragazzo dall’aria
isterica.
“Se per caso sa dirmi che razza di shampoo usa la mia amica,
sì”
“Beh è un po’ troppo generica come
affermazione, mi spiace. Ha più o meno
un’idea di cosa sia? Essenza fruttata? Floreale? Altro
tipo?”
“Floreale! Era decisamente un fiore!
Cos’è un detective dei profumi lei?”
sorrise, decisamente entusiasta, cosa che fece rilassare la povera
donna.
“No, ma spero di trovare presto questo profumo…
dunque… gliene faccio sentire
alcuni. Era dolce o deciso?”
“No, niente dolce… era…”
assentarsi mentalmente per diversi istanti non era una
buona idea, specie perché la commessa era già
abbastanza inquietata dal
misterioso e strano ragazzo. Ma lui stava ripensando al giorno prima,
quando
aveva risentito il profumo della ragazza.
‘Che fai, Heiji?’ Kazuha
era entrata
nella stanza del detective di soppiatto, o per lo meno lui non si era
accorto
del suo arrivo.
‘Leggevo in santa pace…’ bugia: cercava
di leggere, ma la mente vagava altrove.
‘Beh, ora non più’ rise lei, sedendosi
di fianco a lui disteso, sul letto.
‘Kazuha… non hai mai pensato che può
essere pericoloso entrare nella stanza di
un ragazzo, e stare da soli?’ si aspettava una risata da lei,
invece la sentì
chiaramente deglutire nel momento in cui lui si era messo a sedere e si
era avvicinato
pericolosamente a lei, con una mano dietro la sua schiena, appoggiata
sul
materasso, il braccio che le sfiorava la maglietta, così
vicino che sapeva di
poter allungare un po’ la mano per accarezzarlo.
‘Che dici, Heiji? Sono entrata mille volte qui dentro, anche
solo per studiare
o…’ le guance erano diventate scarlatte, anche
perché lui aveva un’espressione
decisamente troppo seria.
‘Forse dovresti essere più prudente’ era
di nuovo vicinissimo a lei, e una
folata di vento le spostò i capelli, facendo arrivare il
profumo alle narici
del ragazzo. Era cominciata come una presa in giro e invece, eccolo
lì,
incatenato allo sguardo di lei, che però, fin troppo
imbarazzata, aveva deciso
di alzarsi.
‘Beh, sono venuta qui solo per salutare… io
ora…’ ma lui le aveva afferrato il
braccio prima che potesse aggiungere altro.
‘Kazuha…’
‘Kazuha! Rimani a cena, cara?’ il tempismo delle
madri sa essere veramente
snervante. Specie quando, in genere, cercano in tutti i modi di
combinarti il
matrimonio con la
ragazza in questione.
“Era… deciso… ma fresco” con
tranquillità, la commessa aveva afferrato quattro
tester e altrettante strisce di carta, spruzzando il primo.
“Questo è il fior di loto” gli aveva
teso la striscia e lui aveva quasi subito
scosso la testa: non era quello… no. Non era il profumo di
Kazuha. Altra
striscia, altro profumo “mer de tulipes… significa
mare di tulipani” ma anche
stavolta non era questo.
“No no… troppo banali. Senza offesa”
“Niente offesa… quando si ama qualcuno, tutto il
resto è banale” gli sorrise
lei, beccandosi una faccia contrariata, ma Heiji non seppe negare
“questo è
ibisco, ma…” anche stavolta Heiji scosse la testa
“me l’aspettavo… beh, secondo
me allora è questo, poi possiamo sempre
provare…”
“Cos’è rimasto?” chiese
curioso il detective, osservando la boccetta rimasta
nella mano della commessa e, mentre la spruzzava sulla striscia, gli
arrivò la
folata del profumo del pomeriggio prima.
“E’ questo! Cos’è? Come si
chiama?”
“Bergamotto”
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Sorpresa. La faccia di Kazuha era
letteralmente sorpresa quando Heiji si era presentato in casa sua e le
aveva
porto un pacco regalo. Erano saliti in camera di lei perché
lui era venuto con
la scusa di una mano con un compito di inglese e quando, dopo pochi
istanti le
aveva porto il pacco, lei era decisamente rimasta di stucco. Non era il
suo
compleanno, non le sembrava che ci fosse una qualche ricorrenza, San
Valentino,
non che lei si aspettasse niente in quel giorno, era ben lontano. Non
era
neanche Natale. Si trattava forse di uno scherzo?
“Che fai? Non lo prendi?” Heiji era insieme
imbarazzato e seccato: voleva un
invito scritto dal fiocco? Lei lo prese titubante.
“Che cos’è? Perché mi fai un
regalo?” l’aveva guardato insospettita.
“Mi sei venuta in mente tu e l’ho
comprato…” scrollò le spalle lui,
noncurante,
o per lo meno in apparenza. Le guance si erano tinte di rosa, come
quelle di
lei. “su, aprilo”. Kazuha si morse il labbro
inferiore, mentre lentamente
scioglieva il fiocco, con l’immagine di insetti, un libro di
fantasmi, un… beh…
sicuramente non quello che c’era dentro: un set di profumo e
crema per il corpo
al bergamotto.
“Wow! Grazie, Heiji! Adoro questo profu…”
“Lo so…” aveva abbassato lo sguardo lui,
imbarazzato “provalo, no? Se non ti
piace per la marca lo cambio…” bella scusa: voleva
sentire come stava sulla sua
pelle. Lei aveva dato una spruzzata sul polso, per poi portarlo al
naso, con
l’aria estasiata.
“Grazie Heiji, lo adoro! Senti anche tu”
già il sentirlo spruzzare nei dintorni
l’aveva frastornato, il sentirlo sulla pelle di lei cosa gli
avrebbe fatto? Si
andò a sedere sul letto, cercando di mantenere
un’espressione vaga e dignitosa.
Ma lei non si arrese e, anche se lei lo prendeva come un gioco, si
andò a
sedere sul letto di fianco a lui e tese il braccio sotto il suo naso.
“Kazuha…”
“Dai su, voglio il tuo parere! È un tuo regalo
dopotutto!” la guardò storto,
eppure la mano si mosse verso quella di lei, per posare il polso
proprio sotto
il naso, mentre Kazuha spruzzava un po’ di profumo anche sul
collo. Heiji sentì
il profumo di lei invaderle le narici, mentre l’osservava con
la coda
dell’occhio: la cosa stava diventando pericolosa.
“Ti piace, quindi?” respirò sul braccio
di lei, facendole venire i brividi per
tutto il braccio.
“M-moltissimo!” ritirò il braccio
imbarazzata, ma ormai era tardi; il detective
tese la testa di lato, avvicinandosi a lei, annusando il profumo appena
spruzzato. “tu che ne pensi?”
“Mh… aspetta” si era sistemato,
più vicino. Troppo vicino, ma ormai la mente
era partita. Stupido profumo… perché
gliel’aveva comprato? Il motivo era
proprio lì, davanti a lui, ad un solo centimetro dalla sua
mano, ormai a pochi
millimetri dal suo naso e, sì, dalla sua bocca.
“Heiji…?” tremava la voce di lei, che
aveva indietreggiato di poco, con il
busto e la testa.
“Aspetta” ripeté lui, portando la mano
sulla spalla per avvicinarla. Il
cervello gli era andato in tilt, la mente era totalmente bianca.
Sentiva solo
lei, e il suo profumo.
“Ma…”
“Ssh..” aveva aggiunto lui, e lei si era rilassata,
appoggiando la fronte sulla
testa inclinata di Heiji, che sentiva perfettamente la pelle di lei
rabbrividire. “Hai freddo?”
“Decisamente no. E tu che stai facendo?”
“Non ti avevo detto di stare in silenzio?”
“Non è più lecito chiedere?”
la voce di lei era emozionata, cosa positiva,
giusto? Heiji fece forza sul braccio sulla sua spalla posandola
delicatamente
sul letto, per poi tornare a godere del profumo sul collo di Kazuha. Se
l’avesse guardata avrebbe notato le guance scarlatte della
ragazza, che non
sapeva se fare resistenza o meno.
“Hai chiesto tu il mio parere sul profumo sulla tua pelle.
Sto… valutando” si
era sdraiato di profilo, spostando la mano sulla spalla fino al fianco
di lei,
cercando di avvicinarla a lui, facendo mettere anche lei sul fianco.
“Quanto dura questo… esame?”
“Fin quando non mi dirai basta; per me possiamo rimanere
così” sì, la mente era
decisamente partita; teneva gli occhi chiusi mentre il naso poggiava
delicatamente sull’incavo della spalla di lei. Si aspettava
il ‘basta’, invece
si ritrovò le braccia di Kazuha intorno al collo, che si
avvicinava un poco,
facendo spazio sotto il fianco per il braccio di lui.
“Penso che ci sia solo una cosa da dire a questo
punto” il battito di Heiji era
aumentato all’improvviso: voleva già che si
staccassero? “Buonanotte Heiji” il
sorriso sulle labbra di lui nacque spontaneo, che rimase per il resto
del
tempo, mentre la avvicinava un po’ di più a
sé.
“Buonanotte Kazuha”
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Buffa. Era decisamente buffa mentre
dormiva eppure… così adorabile. Aveva dormito
appena due ore ed Heiji aveva
ringraziato mentalmente il fatto che quella notte il padre avesse il
turno di
notte al lavoro e che la madre era andata a dormire presto, tranquilla
perché,
i due, dovevano studiare. Tenerla tra le braccia gli dava una strana
sensazione
di benessere allo stomaco; ormai poteva sentire ovunque il profumo,
quindi alzò
lo sguardo ed andò ad annullare la distanza tra loro due,
abbracciandola più
stretta, appoggiando quindi il mento sulla testa di lei.
“Kazuha” aveva sussurrato
“svegliati”
“Mh… ma non è domenica,
papà?”
“Che cavolo dici, stupida? Non sono tuo padre”
queste parole fecero aprire gli
occhi alla ragazza, che si ritrovò faccia
a faccia con l’incavo del collo del detective.
“Ah!” esclamò lei: si era dimenticata
di… beh, del regalo e tutto il resto.
“Che ti prende?”
“Ci siamo addormentati!” esclamò lei,
sorpresa ed imbarazzata.
“Direi di sì. C’è qualcosa
che non va?”
“No ma… no” sorrise, cosa che fece anche
lui subito dopo. “ma non è ora che tu
vada a casa? È mezzanotte passata
dopotutto…”
“Vuoi che vada via? Non ho sentito un basta…
quindi sono rimasto”
“Mh… vuoi che lo dica?” chiese lei,
alzando lo sguardo verso di lui. Certo che
non voleva, specie ora che aveva visto gli occhi ancora assonnati di
lei,
lucidi; le labbra morbide erano così vicine. Bastava un
semplice movimento per
prenderle e… cavoli. Era decisamente troppo bella e quella
situazione gli
sembrava surreale: sembrava quasi che lei provasse lo stesso per lui.
“Heiji?
Vuoi che…”
“No!” gli era uscito di getto e lei aveva sorriso,
prima di andare a stringersi
in quell’abbraccio, appoggiando la bocca sul suo petto. Lui
poteva sentire il
battito accelerato di lei, ma era troppo intento a cercare di
rallentare il
proprio per fare due più due. Ma Kazuha lo sentiva eccome,
quel cuore
scoppiargli nel petto. “mh… in
realtà… non mi piace molto
così”
“Eh? Così come?” aveva chiesto lei,
spaventata.
“Sei lì, raggomitolata, non riesco a guardarti in
faccia, sbuca fuori” Kazuha
aveva tirato su il viso, più rossa di prima se possibile.
Lui si beava di
quella visione: no, nessun altro poteva vederla
così… bella e invitante. Non
avrebbe permesso a nessuno di avvicinarsi. Ma come fare?
“Contento?” aveva sorriso lei, cercando di
nascondere l’imbarazzo con il
divertimento. Ma ogni espressione svanì, lasciando posto
alla sorpresa, quando
Heiji si mosse andandosi a posizionare su di lei, a pochi centimetri
dal suo
viso, il petto sul suo, cercando di non pesarle, mantenendosi con il
gomito sul
materasso. “che… che
c’è?” aveva chiesto titubante.
“Voglio baciarti Kazuha… e che tu lo voglia o no,
è quello che farò quindi…”
le
spostò una ciocca di capelli dal viso, serissimo, posando lo
sguardo sulle sue
labbra “dopo potrai tirarmi quello che vorrai, ma se non lo
faccio, credo che
impazzirò del tutto”
“Che?! Hei… Heiji… as…
petta…” ma non voleva davvero che lo facesse, lo
sapeva
benissimo anche lui. Infatti, non oppose resistenza quando lui si
avvicinò
ancora di più, fino a sfiorare con le labbra quelle di lei.
“Aspetto solamente un ‘basta’…
se non arriva, sai bene cosa accadrà” ma quella
parola non arrivò mai, lui probabilmente neanche
l’aspettò; dopo due secondi
era lì, che premeva la bocca sulla sua, senza sapere bene
cosa diavolo stava
facendo; ma baciarla era così naturale che non si voleva
fermare. Il sapore di
lei era più forte del profumo. Averla lì, era
qualcosa di incredibile. Cercò di
approfondire il bacio, inconsapevolmente, e fu la fine di tutto: non
capì più niente,
spostò le braccia sui fianchi di lei, fino a portarla sopra
di lui, più
stretta… più vicina. La mano di lei
salì sui capelli di lui, a stringerli, come
se non avesse aspettato altro in vita sua, come se non ci fosse altro
posto per
loro.
“Heiji…” aveva provato a dire, sulle
labbra di lui, ma non sapeva neanche come
continuare. Portò una mano sulla gamba di lei, mentre
l’altra continuava a
cingerle i fianchi, carezzandola dolcemente ed, quasi
inconsapevolmente, le
alzò un po’ la maglietta, lasciando scoperta la
pelle candida. La mano si
bloccò al caldo contatto, mentre l’altra si
muoveva verso la compagna, deciso a
continuare il gioco. “mh… Heiji…
as…” la mano saliva su… più
su, ormai avevano
preso possesso della schiena di lei, mentre una strana sensazione sotto
la
cintura prendeva possesso di lui. Cavoli… quanto la
desiderava. La mano si era
spostata davanti, rimanendo sotto la maglietta, cercando di salire
ancora e
ancora… “Heiji, aspetta” era riuscita ad
allontanarsi un poco da lui, di
malavoglia certo, ma qualcuno il controllo doveva pur recuperarlo.
“Uff…” l’aveva guardata male
lui “che succede?”
“Beh… che diavolo stiamo facendo?”
“Speravo l’amore… ma a quanto pare tu
hai idee ben diverse” l’aveva presa in
giro lui, mentre lei tornava rossa. Aveva tentennato, ed Heiji ne
approfittò
per baciarla un’altra volta.
“Non credo che sia il caso” lui l’aveva
guardata stupefatta, eppure sembrava…
“non dico per sempre, Heiji, non guardarmi
così” un sospiro di sollievo lo fece
rilassare.
“Per un attimo ho pensato che tu…”
“Che io?”
“Non provassi quello che provo io” la
guardò dritto negli occhi, quelli di lei
così emozionati, così speranzosi, e seri.
“Cosa provi tu?” chiese lei, con la voce tremante.
“Mh… fammi pensare” invertì
nuovamente le parti, mettendosi sopra di lei.
“Smettila di giocare” rise lei, divertita.
“Desiderio…” le baciò il
collo, inspirando il profumo
“impazienza…” un bacio
sulla guancia, mentre le mani le carezzavano i fianchi, che lo guardava
severa.
Prese la mano di lei e la premette sul petto “e questo
cos’è?” chiese lui,
fintamente serio.
“Un cuore enigmatico” rise ancora.
“O semplicemente…” si spostò
lentamente a pochi millimetri dalle labbra di lei
“un cuore innamorato” fu lei ad annullare la
distanza, impaziente, desiderosa, innamorata…
“ti amo, Kazuha”
“Io ti amo da sempre…” erano tornati a
baciarsi, non servivano altre parole,
bastava avere l’uno l’altra. Un gioco di mani, un
gioco di labbra, un gioco di
capelli mischiati, tanto che non sapevano più dove fossero
quelli dell’uno e
dove quelli dell’altra. Non fecero l’amore quella
notte, fecero molto di più.
Perché quando si scopre un amore ricambiato e ci si
è già detti tutto, non si
può far altro che godere dei momenti silenziosi come quelli,
a baciarsi, a
scambiarsi carezze.
E, sì… Heiji non ne era esattamente soddisfatto,
ma per lo meno, la sua
espressione era di pura felicità,
perché se non era stato quel giorno, poteva essere quello
dopo e quello dopo
ancora… fino all’infinito.
Sua. Ecco l’aggettivo
più che perfetto
adatto a descrivere Kazuha. E avrebbe voluto che lo fosse in tutti i
sensi, in
tutti i modi, in mille miliardi di momenti. Stupidi vestiti di
troppo…
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Salve a tutti ^.^
Era un po’ che non scrivevo una Heiji x Kazuha e mi mancava
troppo *_* ieri
stavo pensando al nostro Detective dell’Ovest, dopo aver
finito di vedere il
Movie 07, e a quando finalmente si accorgerà di quello che
prova per la nostra
povera adorata Kazuha… sì perché, per
quanto ne sia PALESEMENTE innamorato,
ancora non l’ha capito e lo sappiamo tutti molto bene
ç_ç stupido tonno… sì
insomma… allora mi è venuto in mente:
‘come reagirà quando scoprirà di
amarla?’.
Beh insomma… ho provato a mettere le sue sensazioni cercando
di mantenere il
suo carattere scorbutico. Kazuha non ha decisamente vita facile, ma
insomma il
nostro caro Heiji lo amiamo comunque *_*
Spero che vi sia piaciuta… io non sono esattamente
soddisfatta, forse avrei
voluto mettere altre cose ma… penso di aver messo tutto il
necessario.
Fatemi sapere che ne pensate se vi va, e se siete d’accordo
con me sulla
tontaggine del nostro super amato detective <3 *_*
bacini,
*-._Kalie_.-*