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Autore: Ignis    18/10/2011    6 recensioni
Siamo in un universo alternativo. Sulla Terra esistono due razze umane dominanti: una è quella dei Terrestri, gli abitanti della terraferma, mentre l'altra è quella dei Marini, gli abitanti dei mari. I Marini hanno soggiogato la razza umana diversi secoli fa e ora la dominano completamente, sfruttandola nelle maniere più disparate.
Louane è una ragazza Terrestre che, come tutti, spera di non essere scelta per essere deportata nel ventre oceanico... ma le sue speranze si rivelano presto vane. In un mondo ostile e sconosciuto come l'Oceano, sarà mai possibile per lei trovare il suo lieto fine?
Tratto dalla storia:
«Nash... mi dici perché hai scelto Wakko, all’asta?»
Lui però sembrava troppo impegnato a decidere cosa indossare ai piedi per prendere seriamente quella domanda. «Era l’unica decente. Un maschio non andava bene per Coco, e non si sarebbe divertita con una troppo grande per lei».
«E non ci sono altri motivi?»
«Dre».
«Nash».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Nash fu impegnato a preparare il borsone per uscire. Poi il ragazzo scosse la testa. «Senti, non ci sono altri motivi. Se ci fossero, te li direi. Sei mio fratello».

[Fiction Interrotta]
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Con un brutto scherzo Syona, la Terrestre personale di Nash, chiude a chiave Louane in una camera da letto, che si rivela essere la stanza di Dre. Nella camera Louane trova un blocco da disegno con tanti disegni e ritratti vari, ma a colpirla particolarmente sono i disegni che le ricordano la vita di superficie. Dre non impiega molto tempo per trovarla in camera sua, ma invece di arrabbiarsi decide di regalarle il proprio quaderno, senza un motivo apparente. Secondo Havor – il Terrestre che si occupa di Dre – quel regalo inaspettato potrebbe servire a uno scopo molto utile: di cosa si tratterà? E in che modo Eyla, la ragazza di Nash, sta contribuendo al continuo malumore del suo ragazzo?

08. La prigione di cristallo

Louane si avvicinò alla porta, incerta sul da farsi. «Non... non credo sia una buona idea, Havor. Dovremmo lasciar perdere...»
Lui le sorrise candidamente. «Non sei nella posizione di esprimere una tua opinione e pretendere di essere ascoltata, Wakko».
Lei sospirò. «Giusto. Ma non sono sicura lo stesso. I signori King sono molto gelosi di lei, e io sono arrivata da poco...»
«Non ne avranno a male» rispose con noncuranza l’uomo. «Anche io mi faccio carico di Shania per quanto riguarda la sua istruzione e la sua salute, e sono più che sicuro che ciò che stiamo facendo sarà utile per entrambe».
Shania, quella fragile Marina costretta su una sedia a rotelle. Louane sapeva già che passava quasi tutto il tempo dentro casa, se non per qualche rara passeggiata all’aperto – sempre che l’interno di un contenitore, fatto di un minerale trasparente resistentissimo e posto in fondo all’Oceano, si potesse definire “aperto” – e che nessun bambino era mai venuto nella villa dei King a trovarla, anche perché non andava a scuola. Solo la famiglia e i Terrestri più fidati potevano avvicinarsi, di norma, perciò Louane non si sentiva assolutamente all’altezza per poterle fare compagnia.
Havor bussò, e la ragazza si sentì morire per l’ansia. Cos’aveva fatto per meritarsi tutta quell’agitazione?
«Entra!» esclamò una voce acuta dall’interno.
Havor entrò, chiudendosi la porta alle spalle prima che Louane potesse entrare. Lei riuscì a sentire la sua voce ovattata: «Buongiorno, signorina Shania. Avete dormito bene?»
«Sì...» rispose la voce di Shania. Era stranamente debole per essere la voce di una Marina, cosa che ricordava a Louane tutte le volte che aveva saltato i pasti per mangiare a casa e tutte le volte che era stata costretta a rimanere in camera di Coco quando la bambina usciva. «Devo fare colazione?»
«Certamente, signorina. Deve mantenersi in forze e prendere le sue medicine... saltare i pasti nuocerebbe alla sua salute, lo sa bene».
Louane si rese improvvisamente conto di essere libera, così fece per andarsene... ma non fece in tempo a muovere tre passi che Havor riapriva la porta.
«Dove pensi di andare? Vieni subito qui» le intimò l’uomo, prendendola per un braccio. La trascinò dentro senza che lei potesse fare niente.
La camera da letto di Shania era straordinariamente povera. Non c’erano tanti giocattoli o peluche come nella stanza di Coco, non c’era nemmeno una carta da parati allegra o un minimo di colore alla mobilia. Era tutto desolatamente bianco, come in un ospedale: pareti bianche, pavimento bianco. La scrivania e la sedia erano in legno smaltato, ma sulla scrivania non c’era niente, mentre le coperte del letto e i libri nella libreria erano gli unici elementi multicolori.
Nel letto stava seduta Shania. L’aveva già vista – di sfuggita, perché non le permettevano mai di starle così vicino – ma non si era mai accorta del suo aspetto desolato. Era straordinariamente magra e la sua pelle non pareva conservare una minima traccia di azzurro; i suoi occhi grandi e acquosi sporgevano ed erano quasi del tutto neri; le membrane delle mani sembravano pronte a strapparsi da un momento all’altro. Anche i denti sembravano più grandi del normale, pur avendo un aspetto smussato. Louane sentì di avere paura anche di lei: paura che le succedesse qualcosa mentre era lì.
Shania batté le palpebre un paio di volte, poi sorrise: la pelle del suo viso si tese sul teschio. «Tu sei Wakko...»
Louane deglutì. «S-sì...»
«Le raccomando di essere gentile con lei. Si spaventa facilmente, non è ancora abituata all’ambiente» disse Havor. Inizialmente Louane pensò che si stesse riferendo a lei, poi si rese conto che parlava con Shania. Fece un sorriso di scuse in direzione della bambina. Quella annuì. «Non preoccuparti».
Con sommo orrore di Louane, Havor chiuse la porta alle sue spalle mentre usciva. Terrorizzata, la ragazza guardò di nuovo Shania, che continuava a sorridere.
Vuole farmi calmare. Mi devo calmare. Calmati, Wakko! Louane si sforzava, ma era troppo difficile: quel sorriso che voleva essere rassicurante era irto dei denti più grossi che avesse mai visto in bocca a un Marino, in proporzione, e gli occhi sporgenti di quella bambina le mettevano ancora più ansia.
«Vieni qui» la invitò Shania, toccando delicatamente le coperte del letto. «Siediti».
Louane si avvicinò al letto. Trovando uno sgabello lì accanto, si sedette lì. A quel punto Shania era più in alto di lei: non sarebbe mai riuscita a farsi passare il nervosismo.
Lentamente, Shania sollevò una mano bianca e magra per sfiorare i capelli biondi di Louane. Fece un sorriso timido e affondò la mano nella chioma, accarezzandole la testa. «Quanto sei morbida. Io non ho i capelli così».
Louane aveva toccato i capelli di Coco, scoprendo che i capelli dei Marini erano morbidi, sì, ma in modo diverso rispetto alla morbidezza Terrestre. La consistenza dei loro capelli era gommosa, come per toccare delle frange sottili e un po’ viscide.
Mentre Shania la accarezzava, Louane si costrinse a osservarla con più attenzione per abituarsi alla sua presenza. Le membrane tra le mani erano davvero sottili, e in alcuni punti sorgevano anche dei piccolissimi fori: c’era da chiedersi non se, ma quando si sarebbero rotte del tutto. La pelle delle braccia non era proprio bianca: era azzurro chiaro, ma aveva anche delle chiazze biancastre sparse dappertutto, a darvi un aspetto squamoso e sciupato. Vedeva il collo e il petto di Shania palpitare a ogni respiro, così il suo sguardo si fermò sulle branchie: erano cosparse da una sostanza giallastra, diversa da quella azzurro chiaro cui era abituata. Evidentemente Shania non era capace di produrre la pellicola di protezione per le branchie quando stava in superficie. Shania la guardava ancora, sorridendo mentre faceva scorrere le dita sul suo viso. «Sì, sei davvero morbida. Nash ti ha presa proprio carina».
Nash. Louane si lasciò sfuggire un sospiro.
«Eh, lo so» mormorò Shania. «Mi sa che Eyla gli ha chiesto qualcosa di strano, perché in questi giorni è tanto arrabbiato... poi con me un po’ ci parla lo stesso»
«Eyla?» ripeté Louane.
Shania fece una piccola smorfia. «Lei e Nash sono fidanzati. È stato molto cattivo, ma quando glielo dico lui fa finta di niente...»
«Perché cattivo?» chiese ancora Louane, sempre più stupita. Nash aveva fatto qualcosa di male mettendosi con quella Eyla (chiunque fosse) e quella ragazza gli aveva detto di fare qualcosa che lo rendeva scontroso con tutti. Di cosa poteva trattarsi?
«Scusa, Wakko... è un segreto... stai buona, eh?» Shania la guardò con un’occhiata apprensiva.
Louane si rese conto di essersi alzata in piedi, perciò si sedette subito al proprio posto, arrossendo un po’. Subito dopo le prese la mano e iniziò ad accarezzarla. «Scusa, non volevo. Scusa, scusa, scusa, signorina Shania» mormorò.
Si stupì quando anche la bambina parve dispiaciuta. Quell’espressione svanì comunque in fretta. «Wakko, tu ce l’hai un fratello?»
Louane rimase spiazzata. Era chiaro che Shania non conosceva le regole da seguire con i Terrestri, o forse non aveva intenzione di rispettarle. I Marini dovevano comportarsi come se i Terrestri fossero stati creati dal nulla appositamente per loro, senza pensare alla loro famiglia o alla loro vita di superficie. La domanda la sorprese abbastanza da paralizzarla per parecchi secondi, in attesa di una smentita che non arrivò.
«Allora?» la incalzò Shania con un altro sorriso, che accartocciò la pelle attorno agli occhi e li fece sembrare ancora più sporgenti.
Louane strinse le labbra. «Ecco... sì...»
Shania parve estasiata dalla notizia. «È più grande? È più piccolo? Com’è? È bello? Giocate insieme?»
«È più grande... gli voglio tanto bene. Sì, è anche carino, cioè, non è male... e...»
La voce le si spense in gola. Jean le mancava davvero troppo per poterne parlare in tutta tranquillità con una Marina: non era passato abbastanza tempo dall’ultima mattina in cui l’aveva visto, sorridente e irritante come al solito. L’aveva svegliata facendola cadere dal letto e mentre l’accompagnava a scuola in macchina non aveva fatto che parlare di Desirée e di quanto fosse ansioso per il matrimonio. L’aveva salutato in modo più freddo del solito, e non poteva fare a meno di pentirsene ogni volta che ci ripensava.
«Che c’è? Raccontami!» la pregò Shania. «Avanti...»
Louane strinse le labbra. «Ecco...»
Prima che potesse dire altro, la bambina era tornata all’attacco. «E sopra com’è? È vero che l’acqua sopra è tutta piatta e che sopra non c’è niente? Come fate? Non hai paura di cadere verso l’alto? E la terra, è vero che è diversa da quella che sta sotto il mare? E che ci sono dei pesci che nuotano nell’aria?»
Di tutto ciò, Louane riuscì ad afferrare soltanto l’ultima parte. «Pesci che nuotano nell’aria?» ripeté. «Del tipo?»
«Aeeeh...» fece, stringendo i pugni, poi indicò la libreria. «Mi prendi un attimo quel libro blu?»
La ragazza si avvicinò alla libreria e prese l’unico libro blu del ripiano che Shania le aveva indicato. Sopra, a caratteri cubitali, c’era scritto “Creature dell’Oceano”. Louane lo porse alla bambina, che se lo aprì sulle ginocchia e prese a sfogliare rapidamente. Dal canto suo, la Terrestre non poteva fare a meno di temere che si tagliasse con la carta, magari su una delle sottilissime membrane.
«Ah! Ecco, tipo questo». Shania le mostrò la pagina, dove c’era fotografato un pinguino mentre nuotava. «Se non è un pesce, allora cos’è?»
Sul libro diceva chiaramente che era un uccello acquatico, ma evidentemente voleva sentirselo dire da una fonte diretta. «Sì, si chiama uccello. Quelli sopra l’acqua hanno le ali con tante penne e piume per volare».
«Volare?»
«Sì, insomma, nuotare nell’acqua».
Shania pareva pendere dalle sue labbra. «E come sono fatti, allora? Me ne disegni uno?»
Louane batté le palpebre. «Signorina Shania, tu non hai dei libri che parlano della superficie? Ce ne sono così tanti...» disse, guardando di nuovo la libreria e ripensando a quelle sparse per la casa.
Shania scosse la testa. «Non ci sono da nessuna parte. Papà dice che tutto quello che sta sotto il mare che è terrestre sono solo i Terrestri. Allora, me ne disegni uno?» Si sporse da un lato del letto molto lentamente, aprì una cassetto e ne trasse un blocco da disegno e una matita di plastica. Li porse a Louane.
«Io non so disegnare bene» si schermì la Terrestre.
«Provaci, dai, ti prego!» la pregò Shania.
Se si fosse scoperto che la piccola signorina Shania era arrivata a doverla pregare per farsi accontentare, Louane sarebbe finita dritta tra le fauci di Alexander King e consorte. Prese il quaderno e fece del suo meglio per disegnare un gabbiano. Ciò che venne fuori alla fine fu una sorta di birillo con un cono per becco e triangoli per fare ali, coda e zampe, ma Shania parve molto soddisfatta.
«Quindi le pinne degli uccelli come si chiamano?»
«Ali. Servono per volare» rispose Louane.
«E tu, Wakko, hai mai volato? Anche tu vivi sopra il mare, quindi...»
«Ma no... è come stare fuori in questa città, oppure dentro questa casa. Con le ali si spinge l’aria verso il basso... per riuscire a volare dovrei avere una membrana come quella che tu hai tra le mani, solo che sarebbe tra le braccia e le gambe».
Shania rise. La sua risata aveva un suono strano: erano come tanti piccoli singhiozzi. «Che strano! Una cosa così esiste?»
Louane sorrise e tentò di disegnarle un pipistrello. Ci riuscì, ma piuttosto male. «Più o meno è così... ma non so come si dice in lingua marina. Nella mia lingua è chauve-souris».
Shania sgranò gli occhi: sembravano pronti a caderle in grembo. «Chau...?»
Louane sorrise imbarazzata. «Non... non so come altro dirlo, altrimenti non avrei usato la mia lingua. Scusami».
La bambina però era davvero colpita. «No, va bene! Ripetilo, dai!»
«Chauve-souris» ripeté la ragazza docile.
Continuarono a ripetersi “pipistrello” in francese finché non tornò Havor, deciso a far terminare quello spettacolo e a far fare colazione a Shania. Portò fuori Louane con decisione, ma pareva soddisfatto.
«Benissimo. È stato così terribile?» le chiese.
Louane sorrise e scosse la testa. Havor ricambiò il sorriso.
«Domani mattina potrai tornare a parlare con lei. È il momento migliore, quando i signori King sono tutti fuori o quasi... ma chiedi sempre a me il permesso. In questo modo, gradualmente, dovresti riuscire ad abituarti ai Marini» disse.
Louane fece un sorriso più largo. «Grazie, Havor!» trillò felice. Fece per andarsene, ma lui la fermò.
«Un’altra cosa ancora. D’ora in poi, quando vai nelle stanze della signorina Shania, porta il quaderno del signorino Dre. Potrebbe essere utile».
Louane lo guardò un po’ stupita. «Per cosa?»
Lui si limitò a sorridere senza rispondere. Si congedò con un mezzo inchino e appoggiò la mano sulla maniglia della camera di Shania.
A Louane tornò in mente una cosa. «Aspetta!»
«Sì?» fece Havor voltandosi verso di lei.
«Shania nella sua libreria non ha libri che parlano della superficie... e mi ha anche detto che non ci sono libri sulla superficie da nessuna parte. È vero?»
Havor fece un sospiro pesante. «Qui siamo a Seahorse, nel territorio tra Fishtide, Stomias e Arothron. Nessuna delle città sotto la loro giurisdizione possiede materiale che parli della terraferma. Wakko» disse serio «sono felice che la signorina Shania mostri interesse nei confronti tuoi e dei Terrestri, ma ti sarei grato se evitassi di parlarne troppo con lei. Non è ancora abbastanza saggia da saper distinguere cosa può sapere e cosa no».
Detto questo uscì dal corridoio, lasciando Louane a riflettere. Non capiva, semplicemente, perché si dovesse tenere segreto. In ogni caso i Terrestri erano sottomessi ai Marini, perciò perché preoccuparsi di nascondere qualcosa?
   
 
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