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Autore: nefastia    22/10/2011    7 recensioni
Ho temuto per anni di morire. Poi ho saputo. Sono stata sicura che sarei morta presto.
E ho smesso di avere paura, per quanto l’incertezza e la preoccupazione per la mia famiglia fossero sempre presenti come una sottile ansia che mi consumava.
Quando è successo, ho provato quasi sollievo.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dramione forza 9'
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Capitolo 7°
Finché morte non ci ha separati
 
«Verrà anche Lucius, ha ottenuto una dispensa speciale. Ovviamente sarà senza bacchetta e scortato da un Auror, ma potrà partecipare alla festa.»
Non rispondo. Non so che dire. Sono ancora molto arrabbiata con lui, tuttavia vorrei rivederlo, scoprire se provo ancora dei sentimenti per lui. O se abbia mai provato i sentimenti che mi sono raccontata.
 
Sono assolutamente certa che il nostro rapporto non è mai stato in nessun modo paragonabile a quello tra Draco e sua moglie.
E se anche lo fosse stato, per intensità, mai si sarebbe espresso nello stesso modo: non riesco più a sopportare tutto quello che mi tocca vedere, lei non ha il minimo senso delle forme, nessuna educazione. Mi meraviglio di Draco, che so capace del più ferreo autocontrollo, si comporta perfino peggio di lei, che almeno ha la scusante di non aver ricevuto alcuna educazione.
 
Sono scandalosi.
Che bisogno hanno di toccarsi continuamente? Non possono limitare le effusioni alla camera da letto? Devo proprio trovarmeli a tutte le ore appiccicati sui divani, in giardino e dovunque? Fanno arrossire gli antenati dei ritratti, scappare gli Elfi, ridere gli operai e mettono ME costantemente in imbarazzo.
 
E poi litigano! Non si limitano a discutere educatamente, no, si accapigliano come bambini, ricorrono alla bacchetta, urlano, si rincorrono.
Lo devo dire come va a finire SEMPRE? 
 
È stressante.
Credo che queste mura non abbiano mai visto niente di simile.
Potrei sempre rifugiarmi in una stanza, lontana dal trambusto, ma non voglio farlo.
Mi perderei le risate di Draco. Malgrado lo scandalo e la disapprovazione, ogni volta che sento il suono delle sue risate io sto meglio. Ne ho sentite così poche quando ero viva!
 
Lui adesso ride ogni giorno, per motivi stupidi e battute ancora più stupide, per le facce di sua moglie, per i versi di Eltanin, per le situazioni ridicole in cui si cacciano ogni tanto tra una litigata e una inevitabile sessione di baci.
Già, baci. Merlino, come adolescenti.
 
Non voglio perdere la leggerezza con cui mi lancia un saluto veloce passando davanti al ritratto. Lo sguardo intenso che rivolge a Eltanin, la dolcezza insostenibile del suo viso mentre la culla per farla addormentare.
Non mi voglio allontanare da quella piccola strega meravigliosa che, ne sono quasi certa, ha la vista di nonna Peverel.
 
Dovrò dirlo a Draco.
 
***
 
«Come sarebbe “rosso”?»
«Rosso pompeiano. Alla Granger piace.»
«Mi stai dicendo che hai fatto dipingere di rosso le pareti del MIO salone delle feste?»
«Non ti fa bene la morte, madre. Un tempo non dovevo ripeterti le cose tante volte!»
«Io non ci posso credere! La mia boiserie…»
«Era troppo rovinata!»
«Ma… rosso!»
«Con rifiniture verde ramina.»
«Sai che consolazione! Se continuerai a seguire i gusti della tua Sang…»
«Madre…»
«Sì, lo so. Scusa. Temo solo che tra un poco il Manor inizi a somigliare ad un pub, sai, uno di quei locali dove i babbani vanno ad ubriacarsi.»
Draco ride.
«Ti porterò a vedere quando sarà finito. Credo che ti piacerà.»
«Oh, non ti scomodare!» tanto ci vado da sola a vedere, e subito.
 
È difficile riconoscere il salone, così vuoto e bianco. Polveroso, le finestre nude, il pavimento ricoperto di calcinacci e pezzi di legno. Ci sono diverse persone che lavorano in relativo silenzio. Un paio di queste, in alto, vicino al soffitto, ripuliscono le formelle in legno, che da scure, come le ho sempre viste, rivelano un legno chiaro e semplici decori in verde e rosso.
La luce è accecante.
Una strega è impegnata a tracciare sulla parete sopra la porta del giardino un grande ovale, che raggiunge quasi il soffitto.
 
Non ho motivo di restare.
È quasi buio. Non c’è più nessuno.
 
Draco non si è sognato di abitare nella dimora tradizionale della famiglia. Sta restaurando alcune stanze solo per la festa di presentazione di Eltanin. Salvo pochissime volte, la sera se ne vanno tutti, a dormire a casa. Così dice Draco.
Perché non è questa la sua casa?    
 
***
 
«A righe? Vorresti mettere delle tende a righe?»
«Perché no?»
«Granger, ma ti senti quando parli? Spero che Eltanin non erediti il tuo gusto estetico!»
«Malfoy, lo sai che non ci capisco niente, perché mi tormenti con queste stronzate?»
«L’idea del rosso pompeiano è stata buona.»
«Ah! Mi hai fatto scegliere duecento cose delle quali non mi importava un accidenti e l’unica volta che hai seguito il mio parere è stata quella. Non ti suggerisce niente?»
«Ma se non l’avessi fatto sarebbe stato un disastro! Ti rendi conto che quello che avevo in mente era un ambiente gelido e severo, ora invece è un ambiente caldo e non meno raffinato. Per le tende però… seta avorio?»
«Certo, Furetto. È sicuramente meglio.» Si gira dall’altra parte e sbuffa sonoramente.
«Sono sicuro che ti piaceranno.»
«Anch’io ne sono sicura.»
«Me lo merito un bacio?»
«No. Però sono generosa…»
 
Di nuovo! Merlino, dammi la forza!
 
Alla fine anche la storia del rosso non è andata così male. Racchiuso in grandi pannelli rettangolari bordati di color verderame che percorrono le pareti tra un’apertura e l’altra, sopra le quali la forma ovale dipinta in quel rosso spento, è circondata da due serpenti verdi con le code attorcigliate in alto e le bocche che si fronteggiano spalancate in basso.
È intelligente, Draco, e il suo gusto è inappuntabile. Ha fatto contenta la moglie salvaguardando la raffinatezza dell’ambiente e disseminando simboli della tradizione familiare. La sala è stupenda.
 
***
 
Passo sempre più tempo china sulla culla della piccola. Sarà una strega di tutto rispetto. Ormai ne sono certa, lei mi vede. La sua magia spontanea si manifesta continuamente e gli adulti non sempre se ne accorgono.
 
Continuo a pensare che sarebbe meglio assumere una balia, e ogni volta che la Mezzosangue si scopre il seno per allattare senza badare ai presenti mi viene un travaso di bile.
 
Malgrado tutto capisco. Non sono così cieca da non vedere la felicità negli occhi di quei due quando tengono in braccio la piccola, non sono così morta da non riconoscere l’amore e la sollecitudine mentre si occupano di ogni sua più piccola necessità. Draco qualche volta sembra un po’ ottuso, pretende di essere presente ad ogni pasto, abbraccia sua moglie e guarda  sua figlia come se il suo poppare fosse un miracolo da non perdere, le fa il bagno con le sue mani e le cambia perfino i pannolini puzzolenti (perdonate la volgarità).
 
Ho sospeso il giudizio.
 
Tutta questa felicità mi confonde. Un tempo sapevo perfettamente cosa fosse giusto e sbagliato. I comportamenti erano improntati a chiare regole che mio figlio e sua moglie ignorano clamorosamente. Stanno bene, certo. Non ho mai visto Draco più sereno e il mio cuore non resta certo indifferente, temo solo il prezzo che dovrà pagare per queste gioie intime. Sarà messo all’indice? Perderà, o ha già perso, il suo ruolo nella società magica? Quanto potrà danneggiarlo questa sua scelta?
 
Sta organizzando una festa.
Questa è sempre stata una prova per le famiglie magiche: la riuscita di una festa è la cartina tornasole del ruolo sociale della famiglia. Non conosco la lista degli invitati, non posso che sperare.
 
***
 
Guardo dagli occhi del ritratto e non incontro il solito divanetto rosa, il tavolo da fumo orientale, il tappeto cinese. Lo sguardo spazia nel salone dalle pareti rosse, magnificamente arredato, con divani avorio, cuscini champagne, le famose tende di seta, trionfi di fiori chiari, pochi mobili essenziali, di gusto impeccabile. Sì. Sono soddisfatta.
 
Sento delle voci maschili, adirate. Che succede?
«Tu sei scemo! Come ti è passato per la testa di cambiare tutto? Quello che era andato bene a otto generazioni di Malfoy non era abbastanza per una mezzosangue? Ti ha rincoglionito, lasciatelo dire! Non oso pensare a come avrà ridotto le camere da letto!»
 
Eccolo, avrei dovuto aspettarmelo, Lucius non è cambiato.
Sento un leggero senso di apnea. Ansia? Emozione?
«Quello non sono state toccate.»
«Mi meraviglia parecchio, ha bisogno di pareti rosse per la festa ma accetta di dormire sotto un baldacchino verde?»
«Non ci dorme.»
«Che vuol dire che non ci dorme? Ti ha costretto a cambiare stanza o già non te la dà più?»
«Che dici?»
 
Possibile che quel… mio marito debba parlare di argomenti intimi di fronte a estranei? Quello alle sue spalle deve essere l’Auror di cui Draco mi ha parlato.
«Mi esprimo meglio, tua moglie mezzosangue ti nega le sue grazie? Ti ha già estromesso dal suo letto?»
 
Draco ride di gusto, e anche a me viene da ridere. Se li avesse visti in questi giorni!
 
«Non è per fare un erede che facciamo sesso. Ti parrà strano ma a noi PIACE. Un sacco. E non se ne parla di dormire separati.»
«E dove dormite insieme, di grazia?»
«A Londra, nella casa vicina a King Cross.»
«A Londra? Mi stai dicendo che non abitate al Manor?»
«Esatto.»
«QUELLA ti ha mangiato il cervello! È questa la tua casa, come lo è stata per tutti i Malfoy prima di te e lo sarà di quelli che verranno dopo! Ammesso che la tua sposa si degni prima o poi di produrre un erede maschio!»
«Non so che farmene di eredi maschi, né del Manor! Io e lei abbiamo una figlia che adoriamo e se vorrà darmi altri figli li ameremo allo stesso modo, qualunque cosa siano. E abiteremo dove ci parrà meglio. Con questo il discorso è chiuso, riguardo alle mie scelte non hai più voce in capitolo.»
 
«Draco Malfoy, dove tenevi le palle che adesso tiri fuori?»
Ohi! Mi porto una mano alla bocca. Come ho potuto dire una simile volgarità? Di fronte a Lucius. E a Draco. E a un estraneo? Merlino, A forza di passare il tempo con questi due scatenati…
 
Lucius mi guarda per la prima volta. Non è vero che non è cambiato. È sempre bello ed elegante ma il suo viso mostra qualche ruga che prima non c’era.
Sono quasi due anni che non lo vedo. Ascolto il mio cuore, o quello che è. La sua immagine è sempre bellissima ed elegante, il suo sorriso pieno di fascino.
Non sento niente.
Lo ammiro, sono curiosa di sapere cosa fa adesso, vorrei essere ancora al suo fianco per questa festa.
 
Basta così. Nessun brivido, nessun desiderio. Sarà perché non ho più corpo? O perché il mio grande amore per lui non era poi tanto grande? Non lo saprò mai, temo.
 
Mi guarda. Sembra commosso.
Ah! Lucius Malfoy commosso! Assurdo!
«Cissy, mia cara, non credevo di poterti vedere… parlare… Sono grato a quel somaro di nostro figlio se non altro per questo, per poterti parlare di nuovo.»
Erano umidi i suoi occhi?
«Anch’io sono contenta di vederti. Ti vedo bene, non sembra davvero che tu esca da una prigione.»
Che stavo dicendo? Automaticamente avevo ripreso i miei modi educati, censurando le emozioni negative, la rabbia, l’orgoglio ferito, la delusione.
«Oh, è una lunga storia. In realtà non sono più in prigione, vivo in esilio già da un anno. Avremo modo di parlarne.»
È così? Ha trascinato la sua famiglia nel peggior guaio che si possa mai immaginare, ha ucciso e torturato, ha perso una guerra e se la cava così? In esilio, dall’aspetto non si direbbe che viva di carità o che muoia di nostalgia.
 
«Avremmo potuto parlare molto più comodamente se non fosse stato per il tuo “Amicus”»
«Di che parli?»
«Di Amicus Carrow, è chiaro. È stato così educato da farmi fuori prima di lasciare il nostro tetto. E non con un pulito Avada, con un Sectumsempra! Mi ha fatto letteralmente a pezzi!»
«Ma Amicus stava a Hogwarts, che motivo aveva…»
«Oh, veniva molto spesso, invece. Credo che avesse qualcuna, qui. O qualcuno, forse. Comunque quando è venuto a “salutarmi” era insieme a sua sorella, Alecto.»
 
Lucius si porta le mani al volto.
«Me lo sono trovato vicino cento volte, avrei potuto ucciderlo con le mie mani… se solo avessi saputo!»
«Ha importanza, ormai?»
«Cissy, non pensare mai che tu non abbia importanza per me. Sei l’unica che abbia mai amato. Sei la madre di mio figlio. Sei quella tra le cui braccia avrei voluto morire.»
«Oh, non essere così melenso! Tutta questa importanza non l’ho avuta quando si è trattato di compiere scelte a nome di tutta la famiglia. Forse se l’avessi avuta a quest’ora non avresti un Auror alle costole», rivolta all’Auror. «Mi scusi. E io non potrei parlare con te guardandoti dall’alto in basso, che come soddisfazione è davvero misera.»
«Riconosco i miei errori, Cissy. Sai che ero convinto in buona fede di fare l’interesse tuo e di Draco. Credevo che Riddle avrebbe vinto.»
«E se così fosse stato avremmo avuto l’onore di essere i suoi servi. Ti sei mai chiesto come sarebbe il mondo sotto Voldemort? Non ha mai esitato a torturare e uccidere i suoi fedeli per motivi futili. Con lui non sono mai esistiti intoccabili. Davvero avresti voluto questo per noi?»
«Cissy…»
«Puoi anche chiamarmi Narcissa, lascia perdere i vezzeggiativi. Quello poi non mi è mai piaciuto.»
«Davvero?»
«Lucius!»
«Che c’è? Sono stupito, ti ho chiamata così tutta la vita, non potevi dirmelo prima?»
«Sì, forse. Ci sono parecchie cose che credi di sapere di me. Non ti ho mai corretto, credo per gentilezza, o per pigrizia. Litigare con te non era bello.»
«E ora?» Ma è scemo? O mi sta prendendo in giro?
«Non vedo più la necessità di essere gentile, non devo litigare con te, se non voglio. Non so se l’hai capito, ma il nostro matrimonio è finito! Ti ricordi “finché morte non ci separi?” Ecco, ci ha separati. Tu sei solo il mio vedovo, non credo di doverti più niente.»
La sua faccia non sarebbe stata più stupita e offesa se l’avessi colpito con uno schiaffo.
«Ti ho amato, Cis… Narcissa.»
«Anch’io Lucius. Ma tu non mi hai mai conosciuta davvero.»
«Tu sì, invece.» Non è una domanda.
 
Il suo sguardo è pensoso, triste. Non disperato, non terribilmente addolorato. In ogni caso io sono morta, siamo separati in ogni caso. Ma forse lui ha bisogno di qualche tempo per scendere a patti con il mio nuovo modo di chiamare le cose con il loro nome. Ho smesso di ammantare la realtà di metafore splendenti per non offendere gli occhi delicati dei nostri pari.
 
«Vai a fare una passeggiata, il giardino è splendido in questa stagione.»
«Grazie, lo farò.»
 
È così che finisce? Non sento niente.
Ancora niente, nemmeno sollievo, nemmeno tristezza.

   
 
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