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Autore: sapphire     22/10/2011    14 recensioni
Se anche voi odiate a morte Josh ...
Se anche voi avreste voluto sparargli e seppellirlo durante la 3 serie ... questa è la fanfic che fa per voi !
Ambientata in un fururo non troppo lontano in cui Josh sarà alle prese con il suo destino !
Spoiler 4 stagione!
Buona lettura! Avviso: sistemato html!!!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Josh Davidson, Kate Beckett | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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oki Se anche voi adiate a morte Josh …
Se anche voi avete fatto un salto alto tre metri quando Kate l’ha piantato …
Se anche voi avete escogitato mille maniere per ucciderlo …
Se anche voi avete pensato a infiniti modi con cui l’autore potesse cancellarlo dalla serie ( e dal cuore di Kate) questa è la fanfic che fa per voi, progettata esclusivamente per sottolineare la felicità nel vederlo sconfitto davanti all’indiscussa magnificenza di Castle!
Buona lettura!


DESTINY

“Il dottor Davidson è atteso in pronto soccorso! Dottor Davidson in pronto soccorso”
<< mi vorranno per un consulto >> disse fra sé e sé chiudendo i suoi abiti dentro l’armadietto.
<< ho sentito per radio che si tratta di un incidente stradale >> commentò amaramente Simon Ganth, il giovane collega chirurgo, guardandolo dispiaciuto << chiameranno anche un neurologo: un ragazzo ha la testa spaccata in due >>
<< viaggiano senza casco … incoscienti >>
<< dai il buon esempio, almeno tu! >> ridacchiò Ganth dandogli una pacca sulla spalla << sbrigati, ti staranno aspettando >>
<< bel modo di cominciare il turno di notte >> sbottò dopo un sospiro affranto. Era stanco, stanco di tornare dal terzo mondo, dove bambini e madri morivano di influenza e avere a che fare poi con ragazzini incoscienti e viziati pronti a dare la vita per il brivido del sabato sera. Che ingiustizia ,si ripeteva contando i giorni che mancavano per ritornare a prestare servizio a Nairobi.
A New York nulla lo tratteneva, nemmeno quei pochi amici che aspettavano impazienti il suo ritorno.
Odiava quella città, odiava ciò che rappresentava e odiava rivedere il volto di Kate i ogni donna che passava per la strada.
Era un fallito, si ripeteva quando si rendeva conto di pensare ancora a lei dopo due anni, un uomo fallito accortosi dei suoi sbagli quando oramai era troppo tardi . Più volte lei gli aveva rimproverato di non essere presente eppure credeva erroneamente che quella presenza della sua vita non se ne sarebbe mai andata. Non era stato così.
L’aveva vista in fin di vita, aveva pianto credendo di perderla e poi era stata lei a gettare la spugna.
“ Sei perfetto, mi piaci tanto ma … non sei abbastanza”
Quelle parole l’avevano segnato nel profondo. Come fare ad non essere abbastanza per una persona a cui piaci? Figurarsi per una a cui non piaci.
Dopo di lei non c’era stata più nessuna, nemmeno qualche avventura di una notte poteva riempire quel vuoto. Non essere abbastanza per lui non aveva senso, lui che faceva sempre più di quello che la gente si aspettava.
Passando dal corridoio si guardò in una superficie riflessa.
Era affascinate, colto, laureato, con un buon lavoro, impegnativo sì ma gratificante, aveva una moto, una bella casa sempre vuota e il cuore a pezzi da due anni. Possibile che non riuscisse ad andare avanti? Per lui la sua vita era come imprigionata in un limbo, aspettava che quella scintilla di felicità di riaccendesse eppure il suo Io interiore continuava a urlargli che quella scintilla poteva riaccendersi solo con Kate, la donna che amava e non vedeva più, nemmeno per caso.
Molte imbarazzanti situazioni erano capitate in tempi passati quando una delle sue ex si ripresentava in ospedale per una visita medica.
“ Ehi, che coincidenza , come stai? E’ tanto che non vediamo” civettavano ostentando soddisfazione per la loro nuova vita senza di lui.
No, a Josh non sarebbe mai ricapitato di rincontrare Kate e ostentare felicità o soddisfazione davanti ai suoi occhi magari tristi, magari no, perché lui non era abbastanza, forse nemmeno per restare amici e prendere un caffè una volta al mese.
Scosse la testa e si diresse verso il pronto soccorso: se per una donna non poteva essere abbastanza almeno per i suoi pazienti voleva essere tutto.
<< sono qui, qual è l’emergenza? >>
<< uomo, trentacinque anni , coinvolto nell’incidente … lamenta dolori addominali >> lo informò il dottore di turno, Aaron Stewart, un uomo stempiato e ricurvo a cui la vita aveva riservato più difficoltà di tutti, ma che al contrario di lui ora aveva tutto ciò che Josh desiderava.
Josh annuì e scostò la tenda divisoria controllando la situazione del paziente: era tempestato di lividi e contusioni, aveva la testa bloccata da fasce rigide e un braccio steccato provvisoriamente dai paramedici, gli occhi chiusi lividi e labbra cianotiche << è grave ma stazionario >>
<< l’hanno portato qui in elicottero . Sono in arrivo altri cinque feriti non gravi >>
<< Mark mi sente? >> disse Josh alzando la voce. L’uomo mormorò un poco convinto sì << dove sente dolore? >> Mark indicò l’addome.
<< Sospetto un’emorragia >> commentò il dottore ancora ricurvo sulla cartella abbassando il tono di voce per non essere sentito dal paziente << la moglie sarà qui fra poco >>
Josh scostò la maglia dell’uomo e notò che tutta la superficie era ricoperta di lividi blu e rossi, chiaro segno di emorragia interna.
<< è da operare, immediatamente , me ne occupo io >>
<< ti seguo >>
<< Mark? Stia tranquillo, la faremo stare meglio … adesso la operiamo e quando si risveglierà sarà in piena forma >>mentire spudoratamente faceva parte del suo lavoro, era il giusto prezzo per non far agitare i pazienti: il cuore batte più veloce, l’emorragia si espande ed arriva la fine prima che possano raggiungere la sala operatoria. Non doveva accadere.



Il pungente e monotono ritmo dei macchinari lo stava portando alla pazzia eppure l’operazione era riuscita perfettamente tanto che, superate le prime ore critiche, Josh e Aaron si stavano dedicando alle chiacchiere rigeneratrici mentre cauterizzavano i vasi sanguigni interessati. Le infermiere lo chiamavano “occasional friends” o “Tweet after stress” quando i medici, occupati nel salvare una vita, si rilassavano dopo la riuscita dell’operazione mentre richiudevano il paziente. Secondo Josh, era quello il momento più bello del suo lavoro, accadeva anche a Nairobi quando chiacchierava con medici che nemmeno capivano la sua lingua, solo per allentare la tensione snervante delle ore passate.
<< così … torni in Africa? >> domandò il suo collega con un sorriso orgoglioso.
<< sì, la prossima settimana >>
<< io non so come fai … io non riuscirei a vivere lontano dalla città e lavorare con pochi strumenti di fortuna, impazzirei … sei in gamba! >>
<< non mi sento così … >> sospirò chiamando l’infermiera strumentista << ago da 1 grazie >>
<< subito dottore >> glielo passò in fretta.
<< sai Aaron, ti invidio … hai tutto ciò che vorrei avere io >>
<< cosa, una moglie isterica e tre figli petulanti? >> sdrammatizzò con un sorriso.
<< no … ma una famiglia >>
<< e come puoi? Sei sempre via … >> commentò ingenuamente. Colse nel segno.
“Come puoi pretendere di avere me, una famiglia se non ci sei mai? Come posso sentire che ci sei quando anche se non ho bisogno di aiuto scompari?” gli venne in mente la loro ultima litigata prima che se ne andasse per sempre. Kate, Kate sempre Kate. Lei era diventata il metro per misurare tutto, ogni donna, ogni situazione che gli si presentasse davanti .
<< scusa … detta così sembra che sei senza speranze >> Aaron sospirò e cercò di sorridergli nascondendo il suo imbarazzo sotto la mascherina.
<< lo sono … >>
<< devi solo trovare quella giusta. Sai, qualcuno che ti capisca … mh, una dottoressa che lavora con te a Nairobi … >>
<< non ci vedremmo mai comunque. E’ questo il punto … lei me l’aveva detto >>
<< lei è … Kate? Quella detective? Sono passati due anni amico >> lo rimproverò bonariamente, esasperato da quella lagna tediosa che si ripeteva ogni volta che lui tornava a New York.
<< sai Josh, se New York ti fa stare male forse è il caso che resti più tempo a Nairobi. Stai lì uno , due anni … prova a sentire quella sensazione di nostalgia di casa e poi torna. Credo che sia la cosa giusta … >>
<< vuoi liberarti di me ? >> ironizzò con un sorriso nascosto dal velo verde. Il collega scosse la testa.
<< dico solo che forse troveresti la persona giusta e dimenticheresti lei … o quantomeno la rabbia e la delusione che provi scomparirebbe … sai due anni sono tanti per dimenticare non capisco perché tu non ci sia mai riuscito >>
<< sei un dottore mellifluo Aaron te l’hanno mai detto? >> ironizzò ancora lanciandogli rapide occhiate mentre passava il filo nero lungo la profonda cicatrice del paziente. Si sarebbe vista per sempre.
<< ne sono consapevole, ma ho ragione >>
<< non riesco ad andare avanti perché ogni volta che incontro una donna rivedo lei … lei che mi dice di non essere abbastanza … >>
<< per ogni donna non sarai mai abbastanza. Persino mia moglie mi urla il sabato sera di non essere abbastanza produttivo in casa, ma sai … dopo un turno di dodici ore trovo difficile persino respirare >>
<< mi dai saggi consigli adesso? >> ancora quel tono sprezzante e evasivo. Aaron non lo sopportò più.
<< senti, tu al contrario di me sai come conquistare una donna, hai le possibilità di averle tutte ai tuoi piedi … adesso impara a tenertene una >> Aaron alzò per un secondo gli occhi dal tampone rosso sangue che stava passando sulla ferita e lo fissò << lei non era quella giusta Josh … >>
<< lo era … >>
<< no, vi ho visti insieme quando siamo usciti quella sera . Eravamo al Plaza . Ho visto come ti guardava e poi ho visto come i suoi occhi si sono illuminati quando le era squillato il cellulare >>
<< era annoiata da te ! E poi non aveva risposto >> obbiettò con un sorriso sfuggitogli al suo controllo.
Aaron lo guardò male e depositò gli strumenti nel vassoio allontanandosi di qualche passo << ah di sicuro era qualcuno che riusciva a farla sorridere più di come riuscivi tu >> uscì dalla sala operatoria bruscamente togliendosi il camice e i guanti in poco tempo.



Quella giornata era stata terribile, colma ricordi piacevoli resi orrendi da quegl’ avvenimenti che erano riusciti a cancellare tutto ciò che c’era di positivo nel ricordarsi di lei.
Josh sospirò e chiuse la porta della stanza 407 dove Hanna Perkins stava riposando accanto al marito finalmente fuori pericolo. Mark sarebbe guarito.
Decise di andare verso la reception e invitare Lilian, l’adorabile vecchietta del turno di notte, a prendere un caffè prima di tornare a ricevere pazienti al pronto soccorso. Lei era una delle poche persone che aveva piacere di rivedere: era prossima alla pensione, logorroica ma simpatica che in chissà quale modo riusciva sempre a strappargli un sorriso quando New York lo rendeva malinconico come quella sera.
La salutò da lontano e lei si alzò dalla sedia facendogli cenno che stava per staccare dal turno per una pausa.
<< Dottor Davidson, è sempre un piacere rivederla sa? E’ così gratificante ricevere la corte da un così bel giovanotto … >> sorrise divertito e si appoggiò al bancone .
<< sono pronto ad offrirle il miglior caffè dell’ospedale >> la vecchietta chiuse gli occhi azzurri e arrossì .
<< oh grazie … >> si voltò verso l’infermiera che era di turno con lei ricomponendosi e le comunicò: << Melanie ,vado a fare una pausa ti occupi tu di tutto? La dottoressa Gomez vuole l’ECG della 231 , quando ti arriva chiamala >>
<< ma certo, stai tranquilla >> rispose e la ragazza bionda si voltò appena in tempo per vedere piombare verso il bancone un uomo stralunato e senza fiato che gesticolava a ritmi alterni . Josh non prestò molta attenzione, avendo Lilian che gli copriva la visuale però Melanie mentre, con la sua inesperienza, che quell’uomo fosse pazzo.
<< signore, si calmi, cosa è successo? Sta cercando qualcuno? >>
<< no! No … cioè sì … un dottore! La dottoressa … Preston! Sì, Preston! >>
<< Non è di turno al momento >>
<< come non è di turno? >> gridò . Lilian lanciò un’occhiata a Josh il quale si rassegnò a prendere il caffè da solo, abbassando lo sguardo per rispondere ai messaggi dei colleghi. Lilian così si voltò verso l’uomo e domandò in modo chiaro e conciso.
<< Signore, si calmi per favore e ci … >>
<< Calmarmi! Io sono calmissimo!! Vede? >> si raddrizzò e ricominciò a gesticolare nervosamente pasticciandosi i capelli scuri già scompigliati .
<< bene, senta … neuropsichiatria è di là … >>
<< Lei non si rende conto! C’è un emergenza qui! >>
<< Signore si calmi >> ripeté Lilian più lentamente. Non stava capendo niente di cosa volesse eppure non sembrava pazzo.
<< Come posso calmarmi?! E’ grave vi dico! Mia moglie … no cioè non è mia moglie perché non vuole sposarmi … la mia fidan… beh non vuole nemmeno che la chiami così … insomma lei è … è … qui >> l’ultima parola fu pronunciata con profonda rassegnazione quando la donna arrivò guardandolo esasperata .
<< Castle rilassati … sto bene, per adesso, ma se non la smetti di sproloquiare ti tiro addosso qualcosa di pesante >>
Josh s’accigliò. Riconobbe quella voce . Nascosto dalle due infermiere alzò lo sguardo incrociando il viso di Kate , contratto, ansioso ma … sereno. Il cuore gli si fermò in gola.
Quale destino crudele poteva realizzare i suoi pensieri esattamente contrari a ciò che aveva appena affermato, presentandogliela lì, proprio nelle due settimane in cui lui era a New York? E ovviamente con lei c’era lo scrittore.
Quando l’aveva lasciato gli aveva giurato di non sentirlo da tanto tempo e invece dopo due anni erano ancora insieme. Che stesse male? Che fosse ferita, di nuovo? Kate si strinse nel cappotto e si appoggiò maldestramente al bancone cercando di calmarsi.
<< suo marito è un po’ agitato … >>
<< non è mio marito … ancora … >> rispose lei con un sorriso tirato. Gli strinse la mano e per Josh fu un’altra fitta dolorosissima al cuore. Lo amava, lo aveva sempre amato e aveva vinto. Si amavano da prima che lui arrivasse. Il destino aveva voluto che Josh fosse solo un interludio di qualche mese prima che lei capisse di chi era davvero innamorata .
Josh si nascose meglio abbassando il capo e osservò la scena con la coda dell’occhio.
<< Rick, hai spiegato che ci serve la dottoressa Preston? >>
<< dicono che non c’è! >>
<< la chiamiamo subito … >> rispose Lilian sorridendo << Melanie porta anche una sedia a … >> Castle sibilò scuotendo la testa con timore.
<< no, si trascinerebbe fino in sala parto pur di non essere spinta come un’invalida … mi creda >> Kate rise ma alzò le spalle prima che una contrazione la piegasse in due. Castle la sorresse apprensivo e l’abbracciò.
Dovevo esserci io al suo posto, io!! Non lui! Si ripeteva Josh osservando quella scena che avrebbe fatto invidia ad un film da oscar.
<< chiamo Alexis e mia madre, hanno parcheggiato ad un isolato da qui . Sicura che non vuoi … >>
<< no, sto bene … davvero >>
<< fingerò di crederti >> lei gli accarezzò il viso e sorriso convincendolo del contrario.
<< la dottoressa Preston sarà qui fra venti minuti al massimo … vi accompagno nella vostra stanza … >> disse Lilian lanciando uno sguardo preoccupato allo scrittore visibilmente scosso, più di Kate ovviamente.
<< Lanie sarà qui in mezz’ora … stai bene? >>
<< Rick! Quando anche tu avrai la possibilità di provare la fantastica sensazione di partorire ti rifarò la stessa domanda e ti meraviglierai di te stesso quando ti tratterrai dallo strozzarmi >>
<< scusa … sarò più silenzioso , più reattivo e consolatorio possibile >> Kate sorrise e si strinse a lui mentre Melanie avvertiva il decimo piano dell’arrivo dei due.
Josh pensò in fretta. Non aveva voglia di salutarla, di dirle “ ehi vai alla grande” quando invece non lo pensava affatto e passare davanti a lui mentre stringeva fra le sue braccia la donne che amava. Loro avrebbero avuto una famiglia, come lei desiderava, a lui restavano solo i ricordi e l’aereo che entro quattro giorni sarebbe partito per Nairobi. Cercò una via di fuga ma loro erano rivolti verso l’entrata e l’avrebbero visto. Non era mai stato un codardo ma quella situazione proprio non riusciva a reggerla. La donna che amava incinta di un uomo che aveva da sempre detestato e che due anni prima aveva preso a pugni.
Poi due donne, che conosceva si precipitarono verso di loro emozionate .
<< la macchina è vicina ! Abbiamo avvertito il tuo capo e chiamato Lanie e … oddio! Sto per diventare nonna di nuovo! >>
<< Kate stai bene? Papà ti sta facendo arrabbiare? >>
<< non più del solito … ma ho la strana sensazione che le gambe non mi … ahi … >> Castle la prese i braccio e lei si aggrappò stringendogli capelli e maglia per non urlare.
<< perché le infermiere spariscono quando c’è bisogno? >>
<< ah eccola! >> gridò Alexis << andiamo! Non vorrai mica partorire in mezzo al corridoio! >>
<< mh, no grazie … ma non mi lasciare >> tremò, Josh era sicuro di non averla mai vista tremare.
<< stai tranquilla … io sono qui sempre … >> sorrise ancora .
<< Rick … qualunque cosa dirò o griderò sappi che ti amo >>
<< siamo qui per questo Katie … ma per ogni evenienza ti ho nascosto la pistola >> per un attimo lei chiuse gli occhi sorridendo, poi li riaprì indirizzandoli verso Josh.
Lo riconobbe a stento avendo gli occhi lucidi dall’emozione e dal dolore e si scambiarono uno sguardo, incredulo lei, sprezzante lui . Kate lo guardò attentamente avendo presente a malapena gli sfocati ricordi che li vedevano insieme prima che Castle sconvolgesse così tanto la sua vita da rendere evanescenti i momenti meno importanti che non lo riguardavano . Lui non era importante. Due anni prima avrebbe giurato che gli piaceva Josh, solo perché ancora non sapeva cosa la vita le aveva riservato. Sospirò in un attimo di calma mentre Castle si muoveva per raggiungere l’infermiera. Chiuse gli occhi e affondò il viso all’incavo del collo dello scrittore con un sorriso.
Kate aveva visto il suo passato allontanarsi da lei.
Josh aveva visto quello che, anni prima aveva creduto essere il suo futuro, andare via per sempre.
Incurvò le spalle e rispose alla chiamata del cercapersone che gli comunicava un’emergenza in chirurgia e alzò ancora una volta lo sguardo per vederla sparire dentro l’ascensore abbracciata a Castle, felice come ogni donna diretta al decimo piano.
L’aveva persa per sempre , l’aveva persa due anni prima ma solo ora se ne accorse come se per tutto quel tempo avesse negato la realtà a sé stesso nascondendosi dietro i ricordi . Lei non era mai stata sua, mai.
Si voltò e proprio in quel momento, Josh Davidson, si rassegnò alle sorti del suo destino crudele.



Oh povero ( sarcasmo malefico) … ahah quanto mi sono divertita a scriverla! E lei non l’ha quasi riconosciuto ! XD
Spero che a voi sia piaciuta !
Grazie di aver letto questa pazzia!



   
 
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