Questa storia è stata ispirata
al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi
non mi appartiene.
“Ryuzaki?”
chiese
Naomi Misora. Una Giapponese pura, a giudicare dal nome che le
fluttuava sui capelli. Le avevo dato un biglietto da visita nero, con
sopra il mio nome falso. “Rue
Ryuzaki, giusto?” chiese ancora. “Sì.
Sono Rue Ryuzaki.”
risposi con tono di voce indifferente e freddo. Ci eravamo spostati
nel soggiorno della casa e adesso lei non la smetteva di fissarmi
perplessa. Ero appena sbucato da sotto al letto, ma oramai avrebbe
dovuto accettare la cosa senza fare troppe storie, no? Eravamo
seduti su dei divani l'uno di fronte all'altra studiandoci a vicenda. “Su
questo biglietto da visita c'è scritto che sei un
detective...”
aggiunse ancora. Non sopportavo tutte quelle domande, ma dovevo
mantenermi freddo, distaccato, come avrebbe fatto lui. Lui
non se ne sarebbe curato troppo, lui non avrebbe battuto ciglio di
fronte a tante domande. “Sì.
Esatto.” avrebbe detto. “Significa che sei un
investigatore
privato?”. Ci pensai un secondo su prima di risponderle:
“No, il
termine investigatore privato non è corretto. Avverto nella
parola
“privato” un eccesso di nevrotico egocentrismo...
Ecco, oserei
dire che sono un investigatore non privato. Un investigatore non
egocentrico.” dissi per ricevere l'ennesima occhiata
perplessa.
“Capisco...” si limitò a rispondere
l'agente che avevo di
fronte. Poggiò il biglietto su un tavolino, in modo da
allontanarlo
da sé come qualcosa di ripugnante. Probabilmente
credeva che io fossi un totale idiota, vero? Ma
solo una persona profondamente intelligente può fingere bene
di
profondamente stupida. “Allora,
Ryuzaki... permettimi di chiedertelo di nuovo: cosa stavi facendo
là
sotto?”. Ancora?
Quella tipa cominciava a essere ripetitiva... “Quello
che stavi facendo tu. Indagavo. Ho ricevuto un incarico dai genitori
del proprietario di questa casa, Believe Bridesmaid, e sono nel bel
mezzo delle indagini di una serie di omicidi. Come te...
suppongo.”
spiegai ancora una volta. Fingevo di non sapere nulla, quando in
realtà sapevo anche troppo, sia di lei che della persona per
cui
lavorava. “Sì...
è così. Anch'io sono una detective. Non posso
svelare per chi sto
lavorando, ma mi sono state affidate delle indagini top-secret. Per
trovare l'assassino di Believe Bridemsaid, Quarter Queen e Backyard
Bottomslash...”. Non
mi diceva di essere un agente dell'FBI? Sarebbe stato divertente
chiederle il distintivo che di sicuro non aveva, ma mi andava bene
anche così. Mi affrettai a rispondere con entusiasmo:
“Davvero?
Allora possiamo collaborare!”. Naomi
non perse neanche un secondo. “Dunque, Ryuzaki. Sotto il
letto sei
riuscito a trovare qualcosa di utile alla soluzione del caso?
Immagino stessi cercando qualche oggetto lasciato dal
colpevole...”
“No, in realtà non è così.
Siccome mi sembrava di aver sentito
qualcuno entrare in casa, mi sono nascosto per tenere d'occhio la
situazione. Dopo un po' ho capito che non eri una minaccia e
così
sono sgusciato fuori.” “Una minaccia?”
“Sì. Ho pensato che
magari poteva essere l'assassino venuto a riprendere qualcosa che
aveva dimenticato qui. Sarebbe stata un'occasione d'oro, ma purtroppo
le mie speranze si sono rivelate infondate. Però non
è stato del
tutto inutile, visto che ho conosciuto qualcuno come te. Non siamo in
un romanzo o in un fumetto, quindi l'antagonismo tra investigatori
è
inutile. Che ne dici, Misora? Perché non ci scambiamo le
informazioni che abbiamo a disposizione?”.
Detta
così sembrava tanto
una bugia, un investigatore non poteva sperare una cosa del genere e
Naomi doveva averlo capito.
B
stava facendo in modo da
risultare il più pericoloso e innocuo possibile, un concetto
strano,
ma era proprio questo che voleva ottenere.
Come
previsto la donna si affrettò a rispondere: “No.
Ti ringrazio per
la proposta, ma devo rifiutarla. Ho l'obbligo di mantenere il
segreto. Immagino che anche tu ce l'abbia, il segreto
professionale.”
“No, non ce l'ho.” dissi con la massima
ingenuità. “Devi
averlo, se sei un detective.” “Davvero? Allora ce
l'ho. Però,
trovo assai più logico che sia la risoluzione del caso ad
avere la
priorità su tutto il resto... Va bene, Misora. Allora
facciamo così.
Sarò soltanto io a fornire a te le informazioni.”
ed era proprio
quello cui volevo arrivare.
B
era decisamente un tipo
impaziente. Addirittura a voler aiutare l'arma del suo rivale per
farla arrivare prima al punto giusto?
“Come?
No, così non...” “Non c'è
problema. Dopotutto, che sia io o tu
a venire a capo del caso, per me è la stessa cosa. L'unico
desiderio
dei miei clienti è che venga risolto. Se sei dotata di una
mente
superiore alla mia, in questo modo le probabilità di
risolverlo
aumenteranno considerevolmente. Potrai decidere in seguito se
fornirmi o meno le informazioni in tuo possesso. Allora, intanto
questo...” dissi infilando la mano in tasca. Di sicuro stavo
aumentando la sua diffidenza, ma non volevo che si fidasse di me o di
sicuro avrebbe chiesto ad L di cercarmi. Tirai
fuori dai jeans il cruciverba spedito giorni prima alla polizia di
Los Angeles. Chissà
se L già aveva avuto modo di vederlo? “Questo...”
cominciò lei. “Oh, lo conosci
già?” “Ah, no... veramente
non...”. La
fissavo con sguardo inquisitorio mentre la studiavo. Non mi capitava
da tempo di avere a che fare con una persona così spontanea:
balbettava, non faceva nulla per nascondere il senso di ribrezzo che
probabilmente le provocavo. Eppure se era stata scelta da L mi dovevo
aspettare qualche sorpresa. “Lascia
che ti spieghi... È il cruciverba che è stato
inviato da un anonimo
il mese scorso, il 22 luglio, al dipartimento di polizia di Los
Angeles. Pare che nessuno sia stato in grado di finirlo, ma la
soluzione porta all'indirizzo di questa casa. Probabilmente
l'assassino l'ha mandato alla polizia e all'intera società
come
avvertimento... anzi no: come sfida.” dissi passandoglielo.
La
osservai leggere le definizioni, la sua espressione cambiava
continuamente. “Capisco, però... Siamo sicuri che
la soluzione
conduca inequivocabilmente a questo indirizzo?” chiese
insicura.
“Sì. Se vuoi puoi tenere quel foglio e provare a
risolverlo,
appena avrai un po' di tempo. Comunque, un assassino che manda un
avvertimento, a meno che non abbia altri scopi ben precisi, di solito
è un tipo con una personalità teatrale... Anche
le wara ningyo
lasciate sulla scena del delitto e le stanze chiuse dall'interno
possono essere considerate elementi tipici di un comportamento
teatrale. In tal caso, ci sono buone probabilità che abbia
lasciato
sulla scena del delitto anche qualcos'altro... un messaggio, o
qualcosa di simile. Non trovi, Misora?” dissi portandola
sulla
strada che desideravo. Ancora
non aveva fatto nulla, ancora non aveva mostrato le sue doti. Ma non
c'era bisogno di mettersi troppa fretta.
Eppure
era B stesso che
sentiva il bisogno di aiutarla. Forse aveva calcolato il tempo? Forse
doveva farcela entro una data precisa? Avendo quegli occhi e quel
potere poteva aver calcolato che procedendo così lentamente
la sua
vittima sarebbe morta prima che Naomi giungesse al punto che
desiderava.
E
intanto ancora non capivo
perché l'assassino dovrebbe portare la detective che cerca
di
trovarlo alla soluzione del caso.
Sarebbe
un controsenso,
eppure...
“Chiedo
scusa.” dissi saltando giù dal divano e
avvicinandomi al
frigorifero. Era ora di pranzo, così aprii il frigorifero e
presi un
barattolo di marmellata che avevo lasciato lì appena entrato
nella
casa. “Quella
marmellata è per caso...” “No, questa
è mia. Me la sono portata
e l'ho lasciata al fresco. È ora di pranzo.”
“Pranzo?”. Ancora
mi sembrava assurdo come quella donna non facesse nulla per
mascherare le sue emozioni. Senza pensarci troppo presi un po' della
sostanza zuccherina e la portai alla bocca con le dita. La
detective mi osservava con un'espressione tra il disgustato e il
perplesso. Un
modo di fare da maleducato, certo, ma allo stesso tempo perfetto per
la mia parte. Il
mio obiettivo era aiutarla, ma anche inquietarla. Forse
avevamo ragione, forse ho davvero una personalità teatrale,
ma una
volta lì tanto valeva divertirsi. Tu non lo faresti, mio
caro
lettore?
No,
probabilmente non lo
farei. In una situazione del genere sarebbe normale che tutte le
persone coinvolte agiscano con estrema serietà e tensione.
Ancora
più teso dovrebbe essere chi viene cercato, ma B era
così
rilassato, così incredibilmente calmo e divertito.
Sembrava
che quella che
stesse vivendo non fosse la sua vita, si comportava esattamente come
si comporta una persona giocando a un videogioco: sa perfettamente
che se le cose andassero male non perderà niente e allora
tanto vale
sperimentare, tanto vale divertirsi.
Tanto
si può sempre
ricominciare da capo.
“Mh?
Qualcosa non va, Misora?” “Stra... strano, come
pasto.”
“Davvero? Io lo trovo normale. Quando si usa la testa, viene
voglia
di dolci. Quando voglio fare un buon lavoro, non c'è nulla
di meglio
della marmellata. Lo zucchero fa bene al cervello.”
“Ah...”. Dopo
la breve spiegazione, mi portai il barattolo alla bocca e cominciai a
sorseggiare tranquillamente il suo contenuto come una bevanda. La
spiegazione che avevo appena dato sarebbe stata tipica di L e infatti
fu proprio lui a darmela. Ebbi un breve flash-back, la The Wammy's
House, i dolci, il suo visino malinconico. Chissà
se fisicamente era davvero come mi ero conciato? Forse
era cambiato? Ma dicono che le abitudini sono dure a morire e persino
a Watari sembrava un caso perso. “Scusa
per la pausa.” dissi educatamente dopo aver finito.
“No...
figurati.” “C'è ancora della marmellata
in frigo. Ne vuoi un po'
anche tu?” chiesi ironicamente. “N... no,
grazie.” si affrettò
a rispondere con un sorriso falsissimo. Andiamo,
ero davvero così inquietante? Non
credevo di poter incutere così tanto timore... dovrei
prenderlo come
un pregio o un difetto, mio caro lettore? Riuscire
ad incutere timore fingendo di essere un totale idiota è un
qualcosa
di difficile, non credi? In
effetti è divertente avere la sensazione di sapere tutto e
vedere
che invece gli altri non sanno niente. Io
avevo in mano la verità, ma non l'avrei fatta vedere ai miei
rivali. “Davvero?
Allora andiamo!” esclamai leccandomi le dita ancora sporche.
“Andiamo... dove?”. Mi
venne spontaneo di chiedermi dove potessi mai andare secondo lei. “Ovvio.
A continuare il sopralluogo, Misora.” E
adesso avrei cominciato a divertirmi, mio caro lettore... _________________________ Authoress' words Yeeeh! Pubblico di notte! L'ho fatto
perché così anche la luna mi leggerà! No, in verità è
perché ho studiato fino ad adesso e ora sto seriamente
delirando. A voi capita mai di delirare e di vedere antichi
Romani e Greci che camminano dentro casa vostra causa interrogazione
imminente post-febbre? Ecco, quello.