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Autore: Kat Logan    26/10/2011    12 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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La bambina dai lunghi capelli biondi raccolti da un grande fiocco rosso prese a camminare più velocemente sulla strada deserta.
Il bianco della neve ricopriva l’asfalto e la fioca luce dei lampioni accesi, donava maggior candore alla coltre fredda ricamata da alcune orme, che segnavano il passaggio recente di qualcuno.
Si voltò, sgranando gli occhi azzurri in cerca di qualcosa.
Dietro di lei solo il buio che avanzava facendosi sempre più denso.
-       Nessuno ti sta inseguendo  –  cercò di autoconvincersi, sprofondando col viso nella sciarpa
calda un istante dopo aver liberato dalle labbra una nuvoletta di vapore.
Non c’era nessuno dietro di lei, eppure percepì come dei passi invisibili.
La sua fantasia di bambina lavorava troppo o forse era colpa del film horror visto di nascosto dai genitori a tarda notte la sera prima, che ancora le giocava brutti scherzi.
Quasi inconsapevolmente iniziò a correre, stando ben attenta a non scivolare. Voleva tornare a casa in fretta, voleva tornare nel suo luogo sicuro.
 
Un clacson insistente e una frenata brusca strapparono Minako a quel ricordo.
Stava camminando sul marciapiede affollato, con Ami al suo fianco e per un momento si era estraniata tornando a quel dicembre di molti anni prima.
La sensazione di essere osservata si fece più forte e cercò di scrollarsela di dosso anche se inutilmente.
Mina,  non c’è tempo per le paranoie!
Deglutì, osservando il viso di Ami corrucciato in una smorfia preoccupata.
Penserà che sono una persona orribile.
Minako si fece piccola nel suo cappotto, sperando di risultare invisibile.
Non ha tutti i torti.
La mani le scivolarono in tasca, afferrando con le dita il bigliettino bianco sul quale era segnata la cifra che doveva a tutti i costi avere, per mettere fine a quella storia.
Lo sguardo di qualcuno la investì.
Lo sentì chiaramente. Sulla pelle.
I suoi occhi saettarono dall’altra parte della strada in cerca del personaggio che le aveva appena fatto venire la pelle d’oca.
Il suo passo subì una variazione di velocità per andare in sincrono a quello di Ami.
Voleva fare in fretta, anche se si era cacciata di sua spontanea volontà in quella situazione che la stava mettendo fortemente a disagio.
Non ho scritto in faccia “criminale”, devo respirare. SOLO respirare. Tra poco sarà finito tutto. Andrà bene.
Strinse le palpebre in un gesto istintivo, come se servisse a convincere meglio se stessa.
Il pensiero di Akira prese possesso di ogni antro della sua mente, rassicurandola appena.
Doveva fare al più presto, doveva correre da lui, perché in fin dei conti ora la sua casa era quel ragazzo.
 
 
 
Setsuna proseguì nel suo inseguimento a distanza.
Era dalla parte opposta della strada e cercava di passare inosservata, buttandosi letteralmente dietro le macchina parcheggiate, ogni qual volta che Minako si era girata nella sua direzione.
Maledetta Aino, che hai in mente?
Un attimo prima era tutta sorridente e teneva a braccetto l’amica ed ora sembrava solo una persona sospetta.
Aveva contato fino a dieci prima di uscire e pedinare le due ragazze, lasciando Rei sola col suo disappunto e Yoshio nella sala da gioco.
Può arrabbiarsi quanto vuole, ma con quelle stampelle farebbe solo più danni che altro!
Distraendosi prese contro ad un passante assorto nella lettura del quotidiano, un “mi scusi” frettoloso e nella sua visuale scomparvero le sagome di Minako ed Ami.
Imprecò sottovoce, stringendo denti e pugni per il nervoso.
Guardò ancora tra la folla brulicante fino a che non incrociò qualche metro più avanti la banca centrale.
Che siano entrate…
L’illuminazione la colpì come un fulmine provocandole una scarica di adrenalina.
Lo sapevo! Aino è coinvolta! E per riavere Michiru bastano i soldi! La banca, ma certo!
Aspettò che il traffico si fermasse al semaforo e corse verso l’edificio.
Un sorriso le si stampò sul viso, “Aino ti ho in pugno!”
 
 
*
 
Haruka rientrò silenziosa.
Michiru uscì dalla biblioteca appoggiandosi allo stipite della porta per salutarla, ma quando la vide le sue labbra non riuscirono a lasciare uscire alcun suono.
In volto aveva un’espressione strana. Un mezzo sorriso spiccava sulla sua faccia mentre lo sguardo era spento, assente, assorto in qualcosa.
Forse rincorreva un ricordo, forse un pensiero, ma qualunque cosa fosse non doveva essere allegro.
“Hey!”
“Hey!” rispose poco convinta Michiru. Avrebbe pagato oro per essere nella sua testa, per poter leggere i suoi pensieri più profondi e poterla capire un pochino di più.
“Allora…sei pronta?”
“Per cosa?”
“Per tornare a casa no? Se tutto va bene tra poco sarai libera!”
Il blu cobalto deviò a quelle parole per non perdersi nell’azzurro intenso dello sguardo di Michiru.
Di nuovo quegli occhi. Persi. Distanti.
“Oh…” la sua voce riuscì a produrre solo quel suono soffocato.
“Che c’è?!” domandò la bionda abbandonandosi sul divano.
Che sia dispiaciuta?
“Michiru…” la voce profonda e calda di Haruka che contrastava con quel silenzio che era appena calato le provocò un brivido lungo la schiena.
“Si?”
“Non mi hai risposto...” Sembrò faticare a finire la frase “Sei pronta?”
Forse non voglio andare più via.
“Non lo so!” disse per poi portarsi le mani alla bocca.
Haruka a quelle parole si drizzò sul divano come un fuso.
“Che c’è Michiru? Ti sei forse innamorata di me?” nonostante il suo tono fosse derisorio una strana nota, che stonava con la presa in giro le colorò la voce.
“Ti piacerebbe!” le rispose a tono l’altra facendo la sfrontata.
“Allora, perché non lo sai?”
La domanda mise spalle al muro Michiru.
Cosa doveva rispondere? C’era qualcosa che voleva sentirsi dire Haruka? C’era una cosa giusta e una sbagliata da dire in quel momento?
Non seppe rispondere.
L’unico desiderio che riusciva a sentire in quel momento era quello di non allontanarsi da li, da lei.
Non voglio risultare un’idiota.
“Ti ricordo…” Haruka si alzò e avanzò a passi decisi verso di lei, “Che io sarei quella cattiva, il nemico, tanto per intenderci”.
“Ne sono consapevole”.
La bionda si avvicinò ancora di più, sino a sfiorarle le mani. “E allora Michiru…”, l’altra si sentì impotente, sotto il controllo completo di Haruka, del suo respiro caldo, di quegli occhi magnetici.
“La risposta più saggia che dovresti dare…è…”
Il battito coprì ogni pensiero, ogni rumore, tutto tranne quella voce che la stava incantando, stregando, portando via.
“Sono pronta a fuggire il più lontano possibile” concluse Haruka.
Che poi io per egoismo non desideri la stessa cosa è un’altra questione.
“Non sei poi così cattiva come dici di essere!”  un sorriso luminoso s’impossessò delle labbra di Michiru e fu in quell’istante che Haruka cedette, gettò la maschera e forse anche parte del suo orgoglio.
 
“Sai una cosa?”
Un sospiro.
“No. Dimmi.” La voce paziente di Michiru risuonò nella stanza.
“Forse in realtà tu lo sei…”
“Cosa vuoi dire?”
“Forse tu sei pronta per andare, ma non lo vuoi dire perché sei una persona gentile che ha paura di ferire gli altri, persino persone come me e Akira”.
Uno sbuffo leggero interruppe un momento la bionda, mentre la sua mano cominciò a giocherellare con una ciocca blu che non apparteneva a lei.
Lo sguardo si abbassò appena sentendo il viso prendere un leggero colorito.
“Il fatto è che…”  ormai che ci sei dillo!  “forse, quella che non è pronta sono io.”
Le labbra di Michiru si schiusero per la sorpresa.
“In realtà, mi piacerebbe che non te ne andassi!”
Le dita affusolate e pallide abbandonarono di malavoglia i capelli che profumavano d’oceano, ma prima che potesse allontanarsi ulteriormente e voltarle le spalle, come se non avesse detto nulla d’importante, Michiru la fermò.
Non potendo optare per la forza bruta, che non le apparteneva scelse un bacio per trattenerla.
Lo fece con naturalezza, con calore, con affetto.
Si alzò sulle punte, incrociando le braccia esili dietro al collo di quella più alta, che pur rimanendo spiazzata rispose con passione a quel dono che Michiru le stava offrendo.
Il calore della sua pelle sotto i polpastrelli mentre l’accarezzava fece impazzire Haruka che divenne cieca, cieca di passione.  Fu come se la sua mente e il suo corpo non fossero più collegati.
Sentiva solo lei.
Il suo tocco gentile e leggermente tremante, il suo respiro caldo e profumato, mentre Michiru non seppe dare un nome a quella sensazione.  Si rese solo conto di non aver mai provato così tanta eccitazione, terrore e felicità allo stesso momento.
Ancora una volta il suo battito prepotente la rese sorda, le sue mani pretesero ancora più vicinanza da Haruka, che non gliela negò, invitandola con pochi gesti inframezzati da respiri mozzati a stendersi sul letto con lei.
Sembra incredibile, ma amo quello che siamo. Una stupida yazuka e un ostaggio.
Haruka a quel pensiero guardò Michiru sotto di lei, mentre con un gesto lento l’aiutò a liberarsi di quei vestiti che stavano diventando ogni secondo di più un intralcio tra loro due.
Amo questo, amo te. Non quello che dovremmo essere.
 
 
*
 
Il fragore di un tuono che annunciava l’inizio di un forte temporale fece sobbalzare Minako che bloccò sul nascere l’urletto che aveva minacciato di uscire dalla sua bocca.
Quanto ci vuole per prelevare tutti quei soldi?
“Signorina…” l’uomo distinto in giacca e cravatta, che sedeva di fronte ad Ami, la guardò da dietro le lenti degli occhiali da vista per poi dare un seguito alla sua frase.
“E’ una somma piuttosto elevata quella che mi ha chiesto…” ne convenne schiarendosi appena la voce.
“Non vorrei risultarle indiscreto, ma…”
“E’ per un’opera d’arte che vuole acquistare!” intervenne Minako prima che l’individuo potesse finire.
“E comunque…è indiscreto!” aggiunse battendo il piede sul pavimento lucido della banca.
Ami la fulminò con lo sguardo per poi prestare attenzione al funzionario che stava già controllando il numero di conto corrente.
“Se non erro…una parte del prelievo deve farla dal conto di suo padre, siccome nel suo non risulta l’intera cifra!”
Questo tizio mi sta innervosendo. Ho bisogno di zuccheri, devo calmarmi.
La bionda cominciò a sudare freddo. Afferrò il cellulare dalla tasca dei jeans e guardò l’orario.
E’ già passata quasi un’ora, ci sto mettendo troppo tempo. Cavolo!
“Si” disse flebilmente Ami, “posso prelevare comunque anche dal conto di mio padre, sono co - intestataria, le serve un documento?”
“Si fermi”. Il tono autoritario proveniente dalle spalle delle due ragazze bloccò il banchiere.
“La signorina non deve fare alcun prelievo!”
Entrambe si girarono in direzione della proprietaria dell’esclamazione e nella loro visuale apparve Setsuna con in mano il distintivo.
La bionda si sentì svenire.
Se avevo fatto cadere i sospetti su di me ora è proprio palese la mia colpevolezza.
Scappare era inutile, l’ispettore era un osso duro e sicuramente l’avrebbe acciuffata in ogni caso.
Era finita. Aveva fallito. Fallito miseramente.
“Aino tu vieni in centrale con me!” La donna le sventolò davanti agli occhi un paio di manette; “e metti questi bei braccialetti argentati!” aggiunse soddisfatta.
Perdonami Akira.
Minako non oppose resistenza, le porse i polsi svogliatamente con un’espressione dura in viso che non le apparteneva.
Non le darò certo soddisfazione.
“Andiamo a fare due chiacchere…di nuovo…”
Non confesserò mai. Non dirò niente.
“Però questa volta…mi assicurerò che tu finisca dietro le sbarre!”
 
 
*
 
Erano passate ore e lei non aveva detto nulla.
Era palese che fosse andato storto qualcosa, perché per quanto potesse essere arrabbiata con lui, Minako, non avrebbe mai messo un muro di silenzio tra loro, soprattutto in una situazione come quella.
Akira non riusciva a stare più seduto. Non aveva mangiato e non era riuscito a distrarsi in alcun modo.
“Maledizione!” arrabbiato, diede un calcio al cuscino che giaceva sul tappeto.
“Devo fare qualcosa…” parlò ad alta voce, per spezzare il silenzio che lo stava facendo impazzire.
Esasperato e in cerca di una buona idea si sedette sul divano portandosi le mani alla testa.
Avrebbe pianto volentieri, ma quello non era certo il momento di darsi alla disperazione più totale.
 
“Piangi come una femminuccia!” Ecco cosa gli avrebbe detto Haruka.
La suoneria del cellulare partì ad un volume spropositato.
Irritato fece per buttare dall’altra parte della stanza l’aggeggio infernale ma un numero sconosciuto attirò la sua attenzione.
Le persone che avevano il suo numero erano tutte registrate in rubrica.
Osservò lo schermo illuminarsi a intermittenza con più attenzione.
Un fisso…
“Chi diavolo…”
La curiosità scavalcò il desiderio di scagliare contro il muro il cellulare, premette il tasto della ricezione chiamate e si portò l’apparecchio all’orecchio.
Un sospiro all’altro capo.
I suoi occhi ghiaccio si sgranarono, l’avrebbe riconosciuta anche solo con uno sbuffo.
“Minako?” domandò con voce tremante.
“Devo fare in fretta, è l’unica chiamata che mi permettono di fare. Mi dispiace. Mi hanno beccata”.
Le parole dette in fretta sottovoce, concitate non gli permisero di dire nulla.
“Ti amo. Non metterti nei guai”.
La linea cadde lasciandolo impietrito.
Il cellulare gli scivolò dalle mani schiantandosi rovinosamente sul pavimento.
Era finita?
 
Si sentiva il petto squarciato.
Si sentiva annientato dalla voce che l’aveva cullato e amato in quegli anni.
Aveva sorriso dall’altra parte della cornetta?
Cosa posso fare ora?
 
“Ti amo, non cacciarti nei guai.” Quella frase sembrava avere il suono di un addio.
 
Perdendo Minako avrebbe perso tutto. Il suo mondo, o almeno la parte bella di quel mondo in cui viveva, sarebbe crollata senza di lei.
Perciò non aveva più niente da perdere.
Si fece forza.
Inspirò profondamente e perse un minuto a contemplare lo scrosciare della pioggia che si abbatteva su Tokyo.
 
“Sembra che tu abbia bisogno di un ombrello!” Akira sorrise gentilmente nel vedere una sconosciuta indecisa se affrontare quel temporale improvviso con solo il riparo della sua cartella sulla testa, o attendere ancora un po’ sotto la tettoia che l’aveva tenuta asciutta, sino a quel momento.
“E’ un tentativo per rimorchiarmi questo?” chiese ridendo di gusto lei.
“E’ la tua possibilità per arrivare a casa prima che faccia buio, dato che non accenna a smettere!” rispose di rimando il ragazzo.
La sconosciuta bionda, sembrò pensarci un momento su.
Lo guardò da capo a piedi e lo trovò bellissimo.
I suoi occhi grigi erano gentili e sinceri.
“Mi chiamo Akira!” disse porgendogli la mano per presentarsi.
“Mi…” prese un respiro “Minako, piacere!”
“Allora Minako…vuoi un passaggio sotto al mio ombrello?”
“Credo proprio accetterò!” la ragazza sorrise, prendendolo a braccetto per farsi più piccola sotto quell’ombrello rosso non troppo grande per due persone.
 
 
*
 
Michiru sotto la doccia era ignara di ciò che stava succedendo nella sala dell’appartamento.
Il getto d’acqua calda attutiva la discussione tra Haruka e Akira dai toni piuttosto accesi.
 
“Haruka mi devi portare dal vero Oyabun!” Akira non stava supplicando glielo stava ordinando anche se a denti stretti.
“Lo so, ti sto praticamente chiedendo di tradirlo…” aggiunse con una nota di dispiacere nella voce.
“No, mi stai mandando al macello Akira! Mi spappolerà il cervello nella più rosea delle alternative lo sai?”Haruka era paonazza in volto, pronta ad esplodere come un vulcano.
“E’ colpa nostra se Minako rischia di finire in galera, devo tirarla fuori da li. Non posso andare da solo e sparare da una parte all’altra in caserma, non è tecnicamente fattibile…”
“Ah avevi premeditato l’omicidio di massa prima di correre qui e progettare il mio, di omicidio!” Gli rispose sarcastica Haruka sbuffando.
“Perché ti serve quell’uomo? Non c’è altra alternativa?”
“Tu ne vedi? Io no.” Akira scosse il capo. “Chiedere un favore qui, comporta sempre qualcosa di poco piacevole ma…lui è l’unico che ha i contatti con i nostri avvocati o con i poliziotti corrotti che possono aiutarci”.
 
“Dovresti aiutarlo Haru” la voce di Michiru interruppe la loro disputa verbale.
La bionda la guardò. Aveva addosso solo un asciugamano e i capelli le ricadevano bagnati sulle spalle incollandosi alla sua pelle candida e vellutata.
Ad Haruka sembrò di vedere una Dea sulla soglia del bagno.
Agli Dei non si può disubbidire!
 
“D’accordo. Ti porterò da quello vero!” Disse di malavoglia per poi emettere uno sbuffo pesante.
“E tu…” guardò l’altra ancora ferma nella stessa posizione “vatti a vestire!”
“Grazie Haruka!” Akira strinse la ragazza in un caloroso abbraccio.
“Hey, tutto questo affetto è imbarazzante, piantala!” lo spintonò lei allontanandolo da sé.
“Oh…come sei! Devi essere più amorevole lo sai? Hai sempre quell’espressione dura poi…ti verranno le rughe presto!”
Michiru scoppiò a ridere da dietro la porta.
“Non origliare tu!” la rimproverò Haruka imbarazzata.
“Michi ti ha fatto proprio bene!” gli sussurrò Akira all’orecchio.
“Demente, zitto!!!”
Haruka si passò una mano tra i capelli. Sospirò.
L’odore di Michiru ancora sulla sua pelle.
“Andiamo!” ordinò prendendo la sua pistola, “spero che la tua sia carica, quello ha il grilletto veloce!” aggiunse, mentre nella sua testa le immagine degli uomini che aveva visto diventare di colpo cadaveri insanguinati per mano di quell’uomo prendevano il sopravvento.
 
 
 
 
 
 
“Non posso crederci, lui è sempre stato qui? In questo palazzo?”
Haruka annuì con un cenno del capo mentre l’ascensore mostrava loro i corridoi del piano più alto.
Avanzarono lentamente, mentre la ragazza cercava senza sosta una soluzione per uscire vivi da quella situazione.
Avrebbero avuto il tempo di reagire o sarebbero stati ammazzati all’istante?
Rivedrò mai Michiru?
Prese un lungo respiro avvicinandosi alla guardia vestita di scuro pronta ad impedire il loro passaggio.
“Ten – ō, lo sai che…”
“Lo so che lui non può entrare!” Haruka fu un fulmine, impugnò l’arma e sparò dritto in testa alla prima guardia che non ebbe il tempo di reagire.
“Scusa…” sibilò “eri al momento sbagliato nel posto sbagliato”.
Akira era incredulo, era stato tutto così veloce che non aveva avuto il tempo di capire ciò che era accaduto sotto ai suoi occhi.
“Haruka c’era bisogno di…” un brivido gli attraversò la schiena senza riuscire a fargli terminare la frase.
Era abituato alla violenza, ma Haruka non era una che decideva con leggerezza delle vite altrui.
“E’ una guerra questa Akira”.
Le iridi cobalto si fecero dense, per un momento sembrarono scurirsi per potere celare ogni emozione, ogni frammento di umanità che la Yakuza ancora non le aveva portato via.
 
“Non ci sono prigionieri. Solo vittime e assassini. Sta a te scegliere dove schierarti”.
 
 
 


Note dell’autrice:
 
Ciao a tutti! Questo finale in tutta sincerità non so da dove mi sia saltato fuori, ma ormai è scritto e poco importa! XD Che pasticcio.
Preparatevi perché il prossimo capitolo, che teoricamente dovrebbe essere il penultimo, sarà piuttosto movimentato.
Spero di riuscire a scrivere il tutto in modo più o meno decente. Non so sinceramente dove andremo a finire, spero solo di non perdere il controllo delle vicende o qui altro che Odissea di Omero ci salta fuori!
Mi sento piuttosto sfinita, scrivere di Michiru e Haruka è stata davvero ardua!!
Ringrazio tutti quelli che mi hanno aggiunto come autore preferito, che hanno la storia nelle seguite o nelle preferite. Tutti quelli che passano a farmi visita sulla pagina fb, chi perde un po’ di tempo a recensirmi e chi si fa del male psicologico leggendomi!
Grazie, grazie, grazie!!
 
Kat

   
 
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