Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Red S i n n e r    26/10/2011    0 recensioni
Credo che l'amore abbia diverse forme, l'amicizia è una di quelle
pensa Arianna senza aver mai conosciuto un'amica e amando da lontano, la sua vita sa di distanza e cioccolato.
Irene l'amore non sa come cercarlo, si scotta, e nessuno la ascolta senza giudicarla.
Chiara ama contare quando è triste o nervosa e con le parole non ci sa proprio fare.
Nadia è ingenua e infantile, innamorata dell'amore e un po' capricciosa.
Tutte quante cercano un'amica, potrebbero incontrarsi, potrebbero essere ottime amiche.
Potrebbero non riconoscersi mai oppure viversi dal primo istante.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cara amica che non esisti.

 

Irene: trucco pesante e giudizi.

 

 

 

A Irene piaceva la calca nelle discoteche, braccia e gambe sconosciute che sfioravano il suo corpo in gesti inconsapevoli oppure lascivi, amava coglierne la differenza mentre ballava con la testa in alto a guardare il soffitto fumoso e colorato.

Aveva l‘arroganza di pensare che non le importasse proprio niente del parere degli altri, dei loro giudizi, delle parole cattive; ma Irene aveva un’età in cui è così difficile capire chi voler essere, che anche accorgersi di star mentendo è complicato.

Irene era bella, e la bellezza dà fastidio a molti,  il suo sorriso era bello e quando rideva inclinava la testa all’indietro, o forse verso il cielo, e rideva davvero finché gli occhi non le diventavano lucidi di lacrime.

Aveva diciassette anni e la voglia di averne dieci in più per essere grande, per stare con ragazzi più grandi, per vivere la vita vera e non quella di una studentessa tra compiti a casa ed interrogazioni, ma Irene  era ingenua, troppo avventata, e non sapeva che a voler bruciare le tappe ci si può far male davvero, ma non sulla pelle.

 

La sveglia suonò decisamente troppo presto per i suoi gusti, in quel mercoledì che prometteva pioggia.    

Irene la spense facendola cadere a terra e il suo primo pensiero, non proprio romantico, fu quello di avere sonno. Si stiracchiò come un gatto e si tolse le coperte di dosso con un gesto deciso, sapendo perfettamente che se fosse rimasta più a lungo in quel bozzolo caldo si sarebbe addormentata di nuovo. Rabbrividì  nell’aria fredda e si diresse verso il bagno con passo strascicato, si guardò allo specchio e cercò di  guardare oltre: oltre il trucco pesante sugli occhi – ricordo della sera passata – e oltre la sua stessa pelle. Cos’era rimasto della notte passata? La sensazione di calore, l’abbraccio, i baci umidi? Cos’era rimasto?

Irene non lo sapeva, non lo ricordava, forse l’unica cosa rimasta era proprio il trucco, la maschera per apparire più grande.

Si lavò il volto attenta a non farlo e si infilò una felpa larga e un po’ sformata, era blu e sopra c’era stampata l’immagine di un cane in rilievo, ripassò la linea dell’eyeliner e l’ombretto scuro.

Aggiunse tre cucchiaini di zucchero nel suo caffè, e guardò fuori dalla finestra il cielo cupo e arrogante, sembrava mandarle un rimprovero e guardarla con biasimo attraverso i suoi nuvoloni scuri. Che cos’era più scuro, si chiese, le nuvole o l’ombretto? Si guardò allo specchio. Decisamente l’ombretto, sì.

Uscì di casa senza rivolgere la parola a nessuno, sua madre era già andata al lavoro, sua sorella dormiva ancora, e fortunatamente non avrebbe ricevuto rimproveri da nessuno, parole urlate e scure come le nuvole in cielo.

Irene non aveva un buon rapporto con la madre e nemmeno con la sorella, più piccola di lei di qualche anno, Irene non vedeva il padre da tre mesi e non riusciva a capire se le mancasse o meno.

Sua madre non faceva altro che urlarle contro: non le piaceva con chi usciva, né dove andasse, non le piaceva il fatto che si truccasse troppo e Irene lo sapeva che un po’ di quelle urla erano riferite a suo padre al quale, a quanto le aveva sempre ripetuto sua madre con stizza, lei somigliava troppo.

 

Si accese una sigaretta e buffò fumo con noncuranza, in realtà neanche le piaceva fumare, lo faceva solo per far indispettire ancor di più sua madre che mal sopportava la puzza e la guardava male ogni volta che la vedeva con un accendino in mano. A Irene piaceva far arrabbiare sua madre, sapeva che era sbagliato provocarle tanti dispiaceri e preoccupazioni, ma non riusciva a smettere e quasi mai si sentiva in colpa, bastava che ricordasse quel “sei uguale a tuo padre” sibilato o urlato che fosse, e Irene trovava tutta la voglia di farla disperare.  Poi qualche volta piangeva in bagno, di nascosto,  ma aveva comprato apposta eyeliner e mascara waterproof, quindi non se ne preoccupava più di tanto.

Seduta alla fermata dell’autobus, Irene aspettava, e nascondeva i suoi occhi dietro un paio di occhialoni anche se il cielo prometteva pioggia. Nascondeva gli occhi e faceva finta di non accorgersi di tutti gli sguardi ammiccanti, i fischi di apprezzamento, tutti sembravano fissarla, giudicarla; certe volte voleva urlare, scappare via.

Anche le sue amiche la giudicavano, ed era assurdo, perché non avrebbe dovuto considerarle ‘amiche’, ma erano la cosa che più si avvicinava al concetto. Irene sapeva che una volta arrivata a scuola l’avrebbero bersagliata di domande, il trucco da discoteca non lasciava dubbi, le avrebbero chiesto tutto quello che c’era da chiedere e poi l’avrebbero giudicata. Una piccola parola, uno sguardo un po’ schifato, una smorfia della bocca, e poi parole su parole su quello che non si dovrebbe fare e  cose come: “che ne dice tua madre? E tuo padre?”, e frasi più dure, giudizi più pesanti. I modi in cui certi ragazzi la guardavano e chiamavano le dava il voltastomaco.

Irene era stanca, ma sapeva che l’amicizia tanto decantata in film e telefilm era solo un’invenzione per incassare, un po’ come l’amore posticcio da soap opera, però un po’ ci credeva che esistessero ‘vere amiche’ e ‘veri amori’, solo che non credeva possibile che capitassero proprio a lei.

Si sarebbe accontentata di poco, davvero, anche solo di un’amica che non la giudicasse mai, mai, perché Irene a soli diciassette era tanto stanca.

Salì sull’autobus sovrappensiero, gli occhi che rincorrevano il paesaggio sempre uguale, trovò un posto proprio vicino al finestrino e guardò le nuvole farsi ancora più nere, più arroganti.

Chiuse gli occhi dietro le lenti degli occhiali e sperò ci fosse il sole, che la scaldasse un po’, perché del calore degli abbracci della sera prima non era rimasto proprio niente.

 

 

__________________________________________________________

Hello! Secondo capitolo e cambio di personaggio, come il primo questo è un capitolo molto introspettivo. Non so ancora come si svilupperà a storia, quindi il terzo capitolo sarà un grande mistero, soprattutto per me. X°°D

Spero sia stata una lettura piacevole  e grazie mille a Kay93 per la recensione al primo capitolo.

Red.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Red S i n n e r