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Autore: _Ellis    27/10/2011    1 recensioni
"Amanda, colei che dev'essere amata".
Quando il latino ti offre un'ottima idea per una storia e la tua compagna di banco una fantastica idea per un personaggio, non si può che mettersi a scrivere.
Dedicata a Lady K_, che mi ha ispirato questa folle protagonista :)
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai di soprassalto alle due di notte, rendendomi conto di essermi addormentata sul tavolo, di fronte al pc.
Qualcuno aveva suonato il campanello ed ero sicura fosse Nic, che aveva dimenticato di avere le chiavi.
Prendo la mazza da baseball che teniamo nel portaombrelli da quando una vecchia conquista di Nicole aveva preso l’abitudine di venire ad importunarla sotto casa e aprii con cautela la porta.
Una ventata di capelli biondi mi si piazzò davanti.
La mia magrissima amica era sorretta da un alto individuo bruno, con uno smoking nero e la camicia completamente sbottonata.
Nicole rideva: “Ehi, Anne! Sei sveglia!”
Aveva la voce da ubriaca, che non sopportavo ma che mi ero abituata a sentire uscire da quelle labbra rossettate Dior.
“Vattene via!” ringhiai all’uomo, che abbozzò una risata ancora più sbronza.
“Eddai, dolcezza, non ti faccio niente… Fammi portare a letto la tua amica!”
“Non ci provare neanche!” abbaiai, mostrando la mazza da baseball.
“E va bene, stronzetta. Te la lascio qui.”
Mi mollò in braccio Nicole con i suoi cinquantatre chili e per poco non caddi.
Entrai in casa, chiusi velocemente la porta e sdraiai Nicole sul divano.
Era completamente sversa.
“Nic, Nic svegliati!” le intimai, preoccupata.
Lei schiuse gli occhi e riuscì solo a mormorare “…Bagno…”.
Ebbi giusto il tempo di trascinarla davanti al water perché cominciasse a vomitare.
Mezz’ora dopo, la cacciai a letto, con ancora addosso il vestito nero.
Ero più distrutta di lei, andai a dormire a mia volta.
Decisi che il giorno dopo le avrei dovuto parlare.
Non poteva andare avanti così.

Amanda era più vicina di quel che si potesse pensare.

~

Il fatto era che non condividevo assolutamente il suo stile di vita sregolato e frenetico.
Beveva così tanto che la nostra amica infermiera Christie le aveva previsto una cirrosi epatica entro tre anni.
Fumava e andava a letto con tutti i ragazzi che, come diceva lei, la ispiravano.
Cancro ai polmoni e AIDS non mi avrebbero sorpresa.
Era senza dubbio bellissima, con quel fisico magro che le invidiavo da morire.
Ogni aspetto di lei esplicitava il suo perenne nervosismo: le mani erano sempre in movimento, i lunghi capelli lisci spesso elettrici o devastati da continui inutili trattamenti dal parrucchiere.
Era anche molto più ricca di me: oltre al mediocre lavoro come commessa in un piccolo negozio di vestiti, posava anche per molti fotografi e la si poteva ammirare su diverse riviste di moda.
Da quando la conoscevo, ovvero dall’età di 16 anni, non aveva mai avuto una storia seria.
Tutti i ragazzi carini con i quali io, innamorata cotta, mi immaginavo un futuro perfetto, conosciuta la mia migliore amica finivano inevitabilmente a letto con lei.
Questi “incidenti” sono stati gli unici motivi di litigio fra me e lei negli ultimi anni e lei si è sempre giustificata nello stesso identico, patetico modo: non sapevo ti piacesse, è stato più forte di me, lui era così carino…
Credevo soffrisse di una sorta di cleptomania: doveva, per forza, rubarmi tutti i ragazzi. Non lo sopportavo.
Non ero ancora riuscita a parlare, sebbene fosse passata una settimana da quella disastrosa festa, nella quale lei aveva perso completamente la testa e io… una Chanel nera da 700 $.
Nicole si era, ovviamente, scusata:
“Ero completamente ubriaca, ho vomitato sul divanetto blu e credo di aver macchiato anche la Chanel… Quell’uomo mi ha accompagnato in bagno e quando mi sono ripresa un po’ ho notato che era un figo da paura, così ci siamo appartati sui divanetti rossi…”
Qui si era interrotta, per lanciarmi uno sguardo eloquente e una risatina, a cui io non risposi se non mantenendo il mio disperato sguardo che le stavo imprimendo negli occhi da quando aveva detto di aver vomitato su due anni di sacrifici.
Lei assunse allora uno sguardo meno allegro e io mi costrinsi a balbettare la domanda di cui più temevo la risposta: “E poi che ne hai fatto della Chanel?”
“E che ne so. L’unica cosa che mi ricordo è che dopo esserci divertiti lui mi ha portata a casa!”
Con questa lapidaria risposta, mi fece sprofondare nella disperazione più totale.
Mi alzai dalla sedia gialla del cucinino dove stavamo parlando e, con gli occhi lucidi e senza dire una parola, mi chiusi in camera.
“Eddai, Anne, lo sai che mi dispiace da morire!”
Non la stetti ad ascoltare, buttandomi a faccia in giù sul letto, decisa ad addormentarmi.
Era dunque passata una settimana, durante la quale avevo cercato di limitare al massimo la conversazione con Nicole.
Mi lasciava post-it attaccati al frigo con scritto a che ora sarebbe tornata, dove andava, con chi era o, più semplicemente e sovente, che usciva.
Due o tre volte non era neanche tornata a casa, mandandomi nell’ansia più assurda.
Dopotutto le volevo bene.
Tanto.
Ma quando faceva così…
Respira profondamente, Anne.
Elimina i progetti Nicolicidi, Anne.

~

Quella volta ero io a tornare a casa ad un’ora indecente.
Non rientravo da un party esclusivo, bensì da una terribile nottata di lavoro: il mio capo mi aveva affidato un servizio sulla difficile situazione politica del momento, “conscio della mi eccezionale bravura”.
Lecchino.
Infilai le chiavi nella toppa e mi resi conto che la porta era aperta.
Nicole era in casa, quindi, o dei ladri mi avevano appena svaligiato l’appartamento.
Non sapendo in quale delle due ipotesi sperare, entrai finalmente in casa.
Lanciai la borsa sul pavimento e, dando un’occhiata al mobile dell’entrata, notai lì un mazzo di chiavi che confermò la presenza della mia coinquilina.
Le luci accese mi testimoniarono il suo essere sveglia, così urlai:
“Niiic, sono a casa!”
Lei non mi rispose, così mi avviai verso la luce proveniente dal cucinino.
Lì, la vidi:
i capelli biondi lasciati ricadere spettinati sulle spalle, due occhiaie sul violaceo scuro che le cerchiavano le orbite, tra le mani magre e nervose una sigaretta e un bicchiere di scotch.
Odiavo quando fumava in casa, ma ero troppo spaventata dallo sguardo perso di Nicole per provare anche solo a sgridarla.
Aveva sicuramente pianto ed era ancora sveglia nonostante fossero le tre del mattino.
“Che è successo, Nic?” chiesi, con la voce che mi tremò a dispetto della fermezza che mi ero imposta.
Lei aspirò una grande boccata di fumo, per poi risputarlo con l’assurda confessione:
“Sono incinta, Anne”



Rieccomi tornata! (Ah, perchè qualcuno ti aspettava? Speriamo di sì ;D)
Capitoletto un po' drammatico, ma non preoccupatevi...
Sono previsti nuovi colpi di scena! *risata satanica*
Mi fareste molto piacere anche solo con una recensioncina piccina picciò.
Sperando di non avervi rotto troppo le scatole,
_vALe
  
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