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Autore: Vals Fanwriter    27/10/2011    2 recensioni
Questa storia è arrivata quarta al "Wolfstar Contest".
Come poteva anche solo permettere che un’idea del genere gli sfiorasse la mente?
Ora ero io a stringere i denti, mentre lui cercava le parole giuste per continuare.
‹‹Basterebbe che mi mordessi!›› disse quasi implorandomi, mentre il mio disprezzo per la sua folle idea cresceva a dismisura, ‹‹Voglio stare al tuo fianco…››
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: James Potter, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'Dreaming the Marauders'
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Questa storia è arrivata quarta al Wolfstar Contest”.

Titolo della storia: I’ll stand by you
Autore: TittiValechan91
Fandom: Harry Potter
Pacchetto: Salazar (oggetto: bacchetta; caramella tuttigusti+1: cioccolato; citazione: “La luna è come la libertà: sta in cielo e in fondo al pozzo.” Di Antonio Delfini)

Rating: Verde
Genere: Romantico
Tipologia: One-shot
Avvertimenti: Shonen-ai
Introduzione: I Marauders hanno scoperto da un po’ il segreto di Moony ed in nome della loro amicizia vogliono stare con lui nelle notti di luna piena, ma Sirius ha un motivo in più per farlo.
Note dell'autore: //

 

~

 

I’ll stand by you.



 

 

 

     Mr. Moony, Mr. Wormtail, Mr. Padfoot e Mr. Prongs.

     Da un po’ di tempo a quella parte, erano diventati quelli i nostri soprannomi. Insieme eravamo i Marauders, la banda di scalmanati più famosa della scuola di magia di Hogwarts. Era incredibile come fossimo capaci di metterci nei guai, facendo inevitabilmente perdere punti alla nostra Casa; oppure come, almeno dieci volte al giorno, gruppi di ragazzine sospirassero rumorosamente, fermandosi a guardarci. In vita mia non ero mai stato un tipo popolare e che si metteva troppo in mostra, eppure sembrava che tutto quello fosse accaduto soltanto per causa mia.

     Insomma, nell’incontrare per la prima volta James, Sirius e Peter, non avrei mai valutato la loro come una compagnia pericolosa per me; o meglio, non avrei mai ritenuto possibile che si potessero immischiare in cose molto più grandi di loro. Tali cose consistevano nel mio piccolo problemino peloso – come lo chiamavano loro – e, sì, ho sempre creduto che se non fosse stata per la loro capacità innata di ficcare il naso in faccende che non li riguardavano, a quest’ora non saremmo Mr. Moony, Mr. Wormtail, Mr. Padfoot e Mr. Prongs. Saremmo semplicemente Remus Lupin, Peter Pettigrew, Sirius Black e James Potter.

     Magari io sarei rimasto il solito ragazzo studioso che se ne sta sulle sue; Peter il classico sfigato; James e Sirius invece si sarebbero contesi le più belle ragazze della scuola. Invece a noi era capitato quel malaugurato destino. Malaugurato dal mio punto di vista. Continuavo a ripetere loro che erano dei pazzi. La loro ossessione, riguardante lo scorrazzare per la Stamberga Strillante in compagnia del sottoscritto, nelle sembianze più mostruose e spregevoli, caratteristiche delle notti di luna piena, aveva raggiunto l’apice qualche mese fa.

     Senza che io ne sapessi niente, avevano discusso animatamente con la professoressa McGonagall sulla possibilità di diventare animagus per maghi del loro discreto calibro, e successivamente avevano ottenuto il permesso, da parte del preside, di studiare per ottenere risultati soddisfacenti in quella complicata branca degli incantesimi.

     Si può immaginare perfettamente l’indignazione che ne seguì da parte mia, nello scoprire cosa stavano architettando. Tenni loro il muso più a lungo, di quanto aveva fatto Sirius dopo aver smascherato il mio di segreto, un anno prima; ma naturalmente ciò non bastò a dissuaderli dai propositi poco allettanti che gli invadevano il minuscolo atomo che si ritrovavano per cervello, in comune per giunta – quindi immaginate cosa potesse venir fuori.

     Il mio sadismo, però, non rimase a lungo a deturparmi il volto, già perennemente depresso, anzi acquistai un grande entusiasmo quando i ragazzi mi mostrarono il loro progressi, pochi mesi dopo. James riusciva già ad effettuare una trasformazione completa e a diventare un cervo maestoso, con tanto di corna; a Peter mancavano solo delle orecchie pelose per riuscire a sembrare un topo a tutti gli effetti; solo Sirius sembrava un po’ indietro con lo studio. A quei tempi, riusciva solo a farsi spuntare una enorme coda da cane, e ciò non lo metteva certo di buon umore. Il suo – diciamo – profitto nel conquistare quanti più esseri di sesso femminile stava calando vertiginosamente, con l’aumentare della sua depressione. Non gli si vedeva più un sorriso decente da quando i suoi due colleghi animagus avevano completato le loro trasformazioni. Nemmeno le battutine di James su Rüf riuscivano a divertirlo e spesso si emarginava.

     Ricordo benissimo il giorno in cui Prongs fece la battuta più esilarante del suo repertorio di battute sui personaggi storici famosi di quella materia. Il discorso, che la maggior parte degli studenti riteneva quotidianamente tedioso, quella mattina verteva sulla rivolta di Elfric l’Avido. Si stava appunto accennando al fatto che il sopraccitato fosse un goblin, che James affermò: ‹‹È ovvio che abbia messo in fuga tutti quei nemici. Essendo un goblin, con la faccia che si ritrovava, doveva averli spaventati. Non doveva essere affatto affascinante.››, ed inchiodò una gomitata su un fianco a Sirius, in segno di complicità. Il tono di voce era stato tale che tutti gli studenti in aula avevano udito la frecciatina, e delle risate si erano alzate qua e là tra i banchi, intervallate da sospiri e urletti da parte di qualche fan del moro. Tuttavia, da parte di Padfoot non ci fu alcun segno di ilarità, ma Prongs non ci fece granché caso, sostenuto da Peter, al suo fianco, che si teneva la pancia dal troppo ridere.

     In quei giorni avevo tenuto d’occhio Sirius e mi ero accorto di quanto fosse cambiato. Era come se non riuscisse più a divertirsi. Fino a quel momento, tutti gli altri Marauders, compreso lui, mi avevano rimproverato in continuazione il fatto che non mi sapessi divertire, e lo avevo sempre ammesso: non andavo in giro a fare conquiste, non ingaggiavo liti con i Serpeverde ed ero sempre al passo con lo studio. Perfino Peter risultava più trasgressivo di me. Ma da un po’ ero svettato al terzo posto. Sirius era l’ultimo della classifica, mogio com’era, ed era impossibile vederlo così.

     James sosteneva che: ‹‹Ancora qualche settimana e tornerà come prima!››, ma a parer mio sembrava irrecuperabile. Il mio amico James poteva essere troppo impegnato a stare dietro a Lily Evans, la sua bella dai capelli rossi; Peter troppo intento a proporgli sempre nuovi stratagemmi di conquista; ma io dovevo fare qualcosa per Sirius, prima che restasse come unica chance il San Mungo, reparto psicologia.

     La mia occasione giunse una sera di metà novembre. La notte successiva ci sarebbe stata la luna piena, e Prongs e Wormtail mi avrebbero fatto compagnia per la prima volta. Questo piccolo particolare rese ancor più irritabile Sirius, che ormai era passato dalla malinconia all’asocialità più totale. Non rivolgeva la parola a nessuno già da qualche giorno, neppure ai Marauders, e il non vederlo in camera, quella sera, all’una di notte, mi fece impensierire maggiormente.

     Mi avvicinai al letto dal quale proveniva il ronfare di James, scostai un po’ le tende del baldacchino e scossi una spalla del moro con una mano.

     ‹‹James, James, svegliati.›› bisbigliai.

     ‹‹MmhLils, mi hai portato la colazione a letto?›› fece quello sorridendo, senza aprire gli occhi.

     Scossi la testa e non riuscii ad evitare che mi si dipingesse una smorfia divertita in volto.

     ‹‹È ancora presto per la colazione e poi sono Remus››.

     Quello aggrottò le sopracciglia, continuando a tenere ben chiusi gli occhi.

     ‹‹Rem?››

     ‹‹Volevo solo sapere se avevi visto Sirius››.

     James ci pensò per un po’, grattandosi la testa con una mano.

     ‹‹Sì.›› rispose con voce impastata dal sonno, ‹‹Penso che Alice sia una tipa corteggiabile per te, Sir, ma fa’ attenzione a Frank››, e detto questo, si girò dall’altro lato, riprendendo a russare.

     Lo fissai sbigottito, poi scrollai le spalle. Stavo perdendo tempo.

     Scesi giù in Sala Comune. Non c’erano molte possibilità su dove poter trovare Sirius. Non poteva essere che lì. Era troppo giù per tentare di rallegrarsi con una notte di fuoco trascorsa con la prima oca giuliva trovata; era troppo giù per andare ad abbuffarsi nelle cucine del castello; ed era troppo giù anche per dormire, a quanto pareva.

     Come previsto, lo trovai nel bel mezzo della Sala Comune, ma il suo aspetto non era del tutto normale, o meglio era alle prese con la trasfigurazione del proprio corpo. Il problema era che somigliava di più a un centauro che a un cane, sorvolando il fatto che non possedeva gli zoccoli. Stava ritto in piedi su delle zampe nere e pelose; la coda gli spuntava dai pantaloni ed era rigida come una linea retta – probabilmente a causa del suo nervosismo; le braccia umane ricadevano lungo il suo corpo, a mo di rassegnazione; ed infine il suo sguardo, ora puntato su di me, possedeva un che di terrore, misto a rabbia.

     ‹‹No!››

     Non capii se quell’esclamazione fosse scaturita dal fatto che avesse perso l’equilibrio, o per qualcos’altro. Più tardi compresi che la causa ero io, perché l’avevo visto in quelle imbarazzanti sembianze; ma non dissi nulla in proposito, mi limitai ad avvicinarmi a lui. Ora stava disteso a terra, con la faccia immersa nella moquette per la vergogna. Le sue gambe stavano tornando alla normalità e il suo respiro si stava facendo pesante, per il troppo sforzo impiegato per quell’incantesimo.

     ‹‹Sirius…›› sussurrai.

     Lui alzò la testa per guardarmi. Aveva gli occhi lucidi.

     ‹‹Porco Snape!›› imprecò, ‹‹Non ci riuscirò mai.››

     Gli tesi una mano e lo aiutai ad alzarsi. Lui, una volta in piedi, barcollò un po’. Lo tenni saldamente, passandomi un suo braccio intorno al collo, e lo accompagnai alla poltrona più vicina.

     ‹‹Ti eserciti troppo.››

     Lui sembrò serrare le mascelle dietro le labbra.

     ‹‹Mi esercito troppo poco.›› ribatté, dopo qualche secondo, poi si passò una mano sugli occhi e se li stropicciò.

     Pensai che avesse ancora il giramento di testa e così mi frugai nelle tasche ed ne estrassi una tavoletta di cioccolato al latte. Ne avevo sempre una con me, dovunque andassi, soprattutto nei giorni in prossimità della luna piena. In quelli, ero sempre troppo stanco e sembrava che il cioccolato fosse l’unica cosa che mi tirasse un po’ su. Con l’andare degli anni, esso era diventato il mio cibo preferito e non era mai successo che ne fossi stato a corto. Avevo sempre una scorta personale, di tutti i tipi di cioccolato immaginabili, e spesso capitava che i Marauders, in particolare Peter, venissero a sgraffignarne qualche pezzo dal mio baule.

     ‹‹Mangia questo, Sirius. Ti farà bene.›› dissi porgendo quella dolce tentazione al mio compagno.

     Stranamente sorrise, per la prima volta dopo molte settimane.

     ‹‹Tu e questo cioccolato…›› fece, scartando la barretta e addentandola senza troppi complimenti, ‹‹Non fai altro che mangiarne, tu.›› continuò poi tra un morso e l’altro.

     ‹‹Nemmeno a te dispiace, vedo.››

     A quello scambio di battute, rise, anche se in maniera sommessa. Sembrava sollevato, ma non abbastanza da cancellare completamente l’evidente tristezza.

     ‹‹Volevo essere con te, domani notte.›› mugugnò ad un certo punto, portando alla bocca l’ultimo pezzo di cioccolato rimasto e masticandolo con foga, ‹‹Gli altri ci saranno, mentre io…››

     ‹‹Non è colpa tua.›› lo interruppi, ‹‹È una magia molto complessa, Sirius. È già molto che tu sia arrivato a questo punto. Non serve che tu ti sforzi così tanto. Ce la farai, ma hai bisogno dei tuoi tempi.››

     Padfoot prese a fissarsi le mani, intente ad accartocciare sempre di più l’involto della cioccolata. Le mie parole non lo avevano tranquillizzato. Glielo leggevo in faccia.

     ‹‹Sir…?››

     ‹‹Ci ho pensato, sai?››

     Aggrottai le sopracciglia ed aprii bocca per domandare a cosa avesse pensato, ma mi fermai. Sembrava stesse rimuginando su come esprimersi.

     ‹‹Forse sarebbe tutto più semplice se anche io…››

     Prima che potesse concludere, mi alzai in piedi, di scatto, e gli diedi le spalle, inspirando ed espirando più velocemente del dovuto, per la rabbia e per la voglia matta che mi era venuta di schiaffeggiarlo. Quello intuì il mio stato d’animo e mi si avvicinò, senza tentare di fissarmi negli occhi.

     Come poteva anche solo permettere che un’idea del genere gli sfiorasse la mente?

     Ora ero io a stringere i denti, mentre lui cercava le parole giuste per continuare.

     ‹‹Basterebbe che mi mordessi!›› disse quasi implorandomi, mentre il mio disprezzo per la sua folle idea cresceva a dismisura, ‹‹Voglio stare al tuo fianco…››

     Tornai a scrutarlo da sopra una spalla, con un che di odio. Lui deglutì. Probabilmente nei miei occhi leggeva facilmente l’amarezza che stavo provando.

     ‹‹Non pensavo fossi così stupido.›› borbottai.

     Lui emise un forte sospiro e si passò una mano tra i capelli, già abbastanza disordinati.

     ‹‹Okay, Remus… Scusa… Non credevo di…››

     Mi voltai completamente verso di lui e la voce gli morì in gola. Il mio sguardo furente preannunciava pericolo.

     ‹‹La luna è come la libertà: sta in cielo… e in fondo al pozzo.››

     Sirius spalancò la bocca. Non ero certo che avesse recepito il messaggio, ma doveva in qualche modo sapere che il dolore che mi aveva costretto a provare era identico a quello, misto a terrore, che avevo assaporato la notte in cui fui attaccato da quel mostro, e ciò mi aveva indotto a pronunciare quella frase. Era la stessa che, tra le risate taglienti e spietate, era fuoriuscita dalla bocca del lupo, con una perversione tale da rimanere impressa nella mia mente fino a quel momento.

     Era chiaro anche a Sirius che la libertà concessami era rimasta a giacere chissà dove e risultava pressoché nulla. Lo aveva sicuramente compreso dalla mia frase perché, dopo qualche minuto di silenzio, mi aveva abbracciato e mi aveva sussurrato una sfilza di scuse, che nessuno avrebbe immaginato potessero anche solo sfiorargli le labbra.

     Dopo un po’, si staccò da me e mi afferrò il viso tra le mani, pieno di entusiasmo. Inspiegabilmente ebbi un tuffo al cuore nel vedere il sorriso radioso che gli decorava il volto, a pochi centimetri dal mio.

     ‹‹Ti prometto che sarò con te il mese prossimo, Moony.›› fece mentre, dal canto mio, gli rivolgevo una smorfia che voleva sembrare incoraggiante, ma che data la vicinanza del moro si era limitata ad essere incorniciata da uno strano calore alle gote.

     Ringraziai Merlino che fosse buio in Sala Comune quella notte. Una minima luce mi avrebbe fatto sentire ancor più stupido, di come si era sentito Sirius qualche minuto prima. Ovviamente quel maledetto aveva avuto la capacità di far sparire dalla mia mente tutto il rancore che avevo racchiuso in quella frase metaforica, che lo aveva indotto a fare marcia indietro. Ero sicuro al cento per cento che se ne fosse accorto, anzi, che conoscesse da secoli il modo per farsi perdonare da me. Non potevo di certo dimenticare il giorno in cui era saltato addosso a James per ingaggiare una lotta all’ultimo sangue e – casualmente – il mio libro di Incantesimi, poggiato su una malcapitata poltrona, era finito nel caminetto acceso durante la colluttazione. Black allora aveva afferrato la sua bacchetta e, pronunciando un ‹‹Accio libro!››, si era ritrovato a dare fuoco alla moquette. Allora gli avevo strappato la bacchetta di mano e con l’Aguamenti avevo salvato la situazione… ma non il mio libro. Mi ero voltato verso di lui con un’espressione indignata, senza proferire parola, e gli avevo reso la bacchetta, ma quello, invece di afferrarla, mi aveva preso la mano con entrambe le sue. Qualcosa dentro mi si era attorcigliato, mentre mi fissava serio, e man mano che il tempo passava, le sue sopracciglia gli avevano donato un cipiglio dispiaciuto.

     ‹‹Scusami, scusami tanto, Remus. Scusa!››

     In meno di due secondi mi ero ritrovato a ridere del suo ridicolo grugno ed avevo completamente dimenticato il danno. Qualche settimana dopo, avevo trovato un libro di Incantesimi nuovo di zecca ai piedi del mio letto, nello svegliarmi, e mi ero ricordato all’istante che dovevo essere arrabbiato con lui, ma ormai era troppo tardi.

     Col passare del tempo, mi ero reso conto che era quello il modo di fare di Sirius: farti sentire in colpa di averlo fatto sentire in colpa. Buffo, no?

 

 

 

     Ad ogni modo, due giorni dopo, stressato e stanco dall’andamento della nottata maledetta, riuscii comunque a notare che Sirius pareva molto più rilassato, quasi su di giri. A lezione di Pozioni, lo sentii fare un paio di battute sui Serpeverde, accompagnato dalle risa di James e di Frank Longbottom, Grifondoro anche lui. Il professor Slughorn ci aveva diviso in gruppi da tre per produrre una fiala di distillato di morte vivente – io e Peter lavoravamo con Mary Macdonald. Ogni tanto il cagnaccio mi scoccava degli sguardi radiosi e due erano le possibilità: o aveva scoperto un nuovo passaggio segreto, che magari conducesse da Honeydukes o da Zonko, oppure Frank era diventato magicamente un asso in Pozioni, viste le scarse capacità degli altri due nella suddetta materia. Tuttavia più tardi avrei scoperto che non si trattava di nessuna delle due cose. In primis, non poteva aver avuto tempo materiale per scorrazzare per il castello alla ricerca di passaggi segreti, anche perché noi altri ci eravamo impossessati del mantello dell’invisibilità la notte precedente. Inoltre la seconda ipotesi non poteva essere valida. Il loro intruglio infatti si guadagnò un banalissimo Troll, quella mattina.

     Così, il pomeriggio, io e lui ci ritrovammo a studiare in biblioteca, mentre James era agli allenamenti di Quidditch e Peter probabilmente in Sala Comune ad abbuffarsi di caramelle mou. Era il momento giusto per chiedergli il perché fosse così di buon umore, ma il mio buonsenso mi impediva di distrarmi dall’enorme volume che avevo recuperato da uno scaffale poco prima.

     Solo quando Sirius mugugnò: ‹‹Facciamo una pausa, Moony?›› in tono lamentoso, allora alzai lo sguardo dalle pagine ingiallite, borbottando un assenso.

     ‹‹Dovresti cercare di migliorare in Pozioni›› dissi alludendo a quella mattina.

     Lui sbuffò, come a dire che pensavo soltanto allo studio, e poi tornò a sorridere, esattamente come aveva fatto qualche ora prima.

     ‹‹Non ho tempo per Pozioni.››

     A quell’esclamazione gli rivolsi un’occhiata severa. Conoscevo benissimo quella specie di esaltazione. L’avevo vista sul volto di James e di Peter alla loro trasformazione finale in animagus.

     ‹‹Non starai trascurando gli studi per quello?››

     Stavolta Sirius, nello sbuffare, alzò gli occhi al cielo.

     ‹‹Quello›› fece imitandomi, ‹‹mi serve. Sono a buon punto, Remus, e se mi fermo adesso, finirò per non riuscire a stare con te il mese prossimo!››

     Quelle parole mi fecero sobbalzare e non per il loro significato in sé, ma per il tono adottato nel pronunciarle. Avevo capito fin dall’inizio che Sirius fosse decisamente più fissato degli altri per la storia degli animagus, ma quel tono battagliero e testardo era la prova effettiva che il suo proposito di uscire di notte dal castello, a spassarsela in sembianze animali, non era minimamente paragonabile al suo desiderio di non lasciarmi solo.

     Iniziai a fissare di nuovo le pagine del libro, come imbarazzato dalla situazione creatasi. Intanto Padfoot si portò le braccia dietro il collo, in una posizione più comoda, continuando a scrutarmi curioso, ma il mio silenzio lo indusse a proseguire.

     ‹‹Ascolta, Rem. Io non voglio sembrare più figo con questa trasformazione, ma – come posso spiegarti? – ci tengo più di qualsiasi altra cosa.››

     Fece una pausa.

     ‹‹Anche l’altra notte, quando ti ho proposto di…››

     ‹‹Non me lo ricordare!›› sbottai e lui esitò un po’ prima di continuare.

     ‹‹Io volevo solo… che tu fossi felice.››

     Lo aveva ammesso con semplicità, senza troppi giri di parole, ed io temevo che il nodo che mi si era creato in gola stesse per rubarmi qualche lacrima di commozione. Incrociai le braccia sul tavolo e ci affondai dentro la faccia, tentando di bloccarle. Probabilmente Sirius era allarmato dalla mia reazione, perché chiamò il mio nome almeno tre volte prima che tornassi a guardarlo in faccia e, di conseguenza, sospirasse sollevato.

     ‹‹Odio ammetterlo ma, nonostante tutto… ti voglio bene.›› mugugnai, mentre lui si accingeva ad arrossire alle mie parole.

     ‹‹A-anch’io.›› fece lui, volgendo lo sguardo altrove.

     Il resto del pomeriggio proseguì normalmente, dopo quello scambio di battute. Io e Sirius tornammo a studiare con molta più dedizione, il che da parte mia poteva sembrare normale, ma per la sua persona era abbastanza preoccupante.

     Il silenzio però non torreggiò soltanto nell’ampio salone della biblioteca, ma anche nei luoghi che occupammo nei giorni successivi, in particolare quando eravamo soli. Soltanto una volta si era visto Sirius così silenzioso, se escludiamo ovviamente il periodo di depressione pre-animagus: era stato in seguito alla sua prima e ultima cotta.

     Era il secondo anno ed una Corvonero del settimo si era azzardata a fargli gli occhi dolci. Per qualche settimana Sirius era parso in paradiso, ma quando aveva scoperto che la tipa era impegnata da ben tre anni con un suo compagno di casa, si era messo a tacere, quasi in segno di protesta, fino a che non aveva scoperto il bel vivere delle storie a breve termine.

     La differenza tra allora e adesso era che la causa sembrava imbarazzo, e da parte di entrambi.

 

 

 

     Quella specie di blackout fortunatamente durò solo fino al mese successivo, quando Sirius inaugurò la sua trasformazione completa nella nostra stanza e, tra le urla di giubilo di James e Peter, il sacco di pulci, dopo essere tornato in sembianze umane, annunciò: ‹‹E dopodomani ci sarò anche io!››

     Nel pronunciare quella frase mi aveva rivolto il solito sorriso raggiante. Sembrava finalmente soddisfatto dei suoi sforzi e forse, almeno lui, non vedeva l’ora che arrivasse la fatidica notte.

     Così il pomeriggio, a cui sarebbe seguita la notte di luna piena, ebbi la possibilità di ascoltare uno dei discorsi più glicemici del suo repertorio. Ero in Sala Comune – indovinate un po’ – a leggere. Trovavo che quell’occupazione mi aiutasse a scacciare i cattivi pensieri riguardanti l’imminente incubo notturno ma, inaspettatamente e per la prima volta, questo metodo sembrava non funzionare. Ero stanco, agitato, nervoso. Non avevo mai provato tutte quelle cose insieme, prima di una trasformazione, e tendevo a scorrere la decima riga di una pagina del libro di Pozioni per l’ennesima volta, data la mia distrazione. L’arrivo di Sirius nella stanza non migliorò di molto il mio stato d’animo, anzi mi fece venire la pelle d’oca.

     ‹‹Non venite stasera, vi prego.›› borbottai mentre si metteva a gambe incrociate sulla moquette davanti a me.

     ‹‹Perché?›› fece lui, in tono stranito.

     ‹‹Ho… un brutto presentimento.››

     Sirius sospirò, lisciando freneticamente il tappeto – immaginavo – per calmarsi.

     ‹‹Invece verremo.›› ribatté ad un certo punto, alzandosi in piedi.

     ‹‹Ma…››

     E poi si era avvicinato troppo, impedendo alle mie labbra di continuare, occupate ad ospitare le sue, intente in un gesto semplice e dolce, intente nel solo sfiorarsi. Il battito del mio cuore era improvvisamente diventato più veloce, eclissando così la stanchezza, l’agitazione ed il nervosismo, e non rallentò nemmeno quando, nell’allontanarsi, Sirius aveva assunto un cipiglio da malandrino. Poi si era abbassato, per guardarmi meglio in viso, che credevo rasentasse il bordeaux ormai, e mi aveva preso una mano.

     ‹‹Ti prometto che la tua luna starà in cielo stanotte.››

     Dischiusi la bocca per lo stupore, mentre lui mi abbracciava, e non era il solito abbraccio – ce n’eravamo concessi tanti, in quegli anni – ma era qualcosa di estremamente caldo e, per una volta, sentii davvero l’affiorare di un barlume di libertà… qualcosa mai provato prima.

 

 

 

     A seguito di quella nottata, l’unica cosa che volevo era dormire fino all’ora di pranzo, ma un paio di fattori, ahimè, me lo impedirono. Primo, il freddo micidiale che risiedeva nella Shrieking Shack; secondo, quella cosa fastidiosa, seccante e viscida, chiamata lingua. Sì, perché tra i tanti modi in cui Sirius poteva utilizzare la sua abilità di trasformarsi in un cane, magari modi utili alla società, doveva proprio scegliere una specie di sveglia umida, da utilizzare ovviamente verso l’unico, povero, essere vivente che si meritava un po’ di riposo.

     ‹‹Woff!››

     Odiavo ufficialmente Sirius Black, ma ciò non mi permise di rimettermi a dormire. Aprii gli occhi di malavoglia ed intravidi una cioccorana incartata, in bocca al suddetto cagnaccio, che me la porgeva tra un guaito e l’altro come a dire: ‹‹Colazione, Moony››, e ce lo vedevo proprio a dire quella frase. Accettai il dono di quell’adorabile animale e mi sedetti, non prima di ricevere un altro bacetto affettuoso.

     ‹‹Piaciuta la nottata?›› domandò quando fu tornato normale.

     ‹‹Per i miei standard, decisamente.›› ammisi io.

     Lui abbozzò una smorfia divertita, ma sembrava che ci fosse ancora qualcosa a tormentarlo.

     ‹‹E a te?›› gli chiesi io, intuendo l’affiorare di qualche strano pensiero nella sua mente.

     Stavolta il suo sorriso si allargò.

     ‹‹Sinceramente?››

     Annuii e lui mi fissò per un istante interminabile negli occhi, senza dire una parola, ma presto riprese: ‹‹Mi è piaciuto molto di più il pre-nottata.››

     Persi un battito nel ricordare il bacio che mi aveva dato la sera precedente e probabilmente arrossii perché lui aggiunse: ‹‹E credo che neanche a te sia dispiaciuto.››

     No, non mi era dispiaciuto e Sirius lo lesse nel sorriso che regalai, prima che potesse depredarlo con un altro bacio.

     Per una volta, la luna poteva eclissarsi.

     Per una volta, non importava dove fosse ubicata.

     Per una volta, importava soltanto dove fossi io e cosa provassi…

 

 

 

     ‹‹Uhm… Prongs chiama Moony. Prongs chiama Padfoot. Rispondete. Che dite? Credete sia il caso di andare a fare colazione, prima che faccia notte?››

     Un sorriso di circostanza e una poco convincente nonchalance, prima di rispondere: ‹‹Perché no.››

 

 

 

The end.

~

   
 
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