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Autore: artemide88    28/10/2011    11 recensioni
Isabella Swan ha iniziato a lavorare presso la sede newyorkese di una multinazionale. il suo capo? Edward Cullen, ovviamente. non si sopportano ma lei ha bisogno di un lavoro e lui di una segretaria. e poi c'è una promessa da mantenere...buona lettura!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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cap 17 eccomi di nuovo, puntuale al venerdì! gioitene =) ah ah ah =)
bando alle ciance, BUONA LETTURA =)



CAPITOLO 17 –  GIORNO X, ORA X


Giorno x, ora x. Edward si annoiava, mancavano pochi giorni alle feste di Natale e nessuno aveva voglia di lavorare. Tutti erano più interessati ai regali, alla prossima vacanza, alle decorazioni per la casa. e non poteva nemmeno parlare con la sua segretaria di J. Jenks. Non le avrebbe di certo fatto piacere, ma prima o poi avrebbero dovuto affrontare l’argomento. Quella mattina il problema non si poneva, Isabella era fuori per commissioni urgenti. Anche se i loro rapporti erano migliorati, l’incidente dell’investigatore privato bruciava ancora ad entrambi. Si, avrebbero dovuto chiarire al più presto. A lui rodeva che chi avesse scelto per un compito tanto delicato si fosse rivelato un completo incompetente, mentre a lei...beh, Isabella qualche speranza l’aveva riposta in quella piccola indagine. Speranza ampiamente delusa.

In quel giorno x, in quell’ora x, tuttavia, Edward sapeva di aver fatto la cosa giusta. Era giusto che lei sapesse come stavano davvero le cose.  Avrebbe affrontato la questione con serietà e ne sarebbe uscita più forte. Lui ne era convinto.

Giorno x, ora x. Edward sorseggiava un caffè amaro e decideva quando partire per andare da sua sorella, forse avrebbe sentito anche i suoi genitori, per mettersi d’accordo. Era rilassato, ma presto non lo sarebbe stato più.

Quel giorno x, quell’ora x, se li sarebbe ricordati per tanto tempo.


***


Giorno x, ora x. Le strade di New York erano affollate di gente con grandi pacchetti in mano.

Giorno x, ora x. Isabella si aggirava per le vie, una valigetta in una mano, un caffè caldo nell’altra, per scaldarsi. Aveva avuto l’incarico di portare alcuni documenti al Comune.

Non sia mai che manchi qualche autorizzazione indispensabile! Se vogliono costruire un nuovo padiglione nella zona industriale, serve qualche firma importante e qualche incentivo sonante qua e là. E tante grazie, la responsabilità ricadeva sulle sue spalle.

Giorno x, ora x. Tutte le strade sembravano uguali a Isabella. Non trovava quello spirito di festa che invadeva le narici altrui. Tutti i volti che incontrava, in quel pomeriggio in cui la fioca luce diurna era ulteriormente attenuata dalle nuvole scure, erano sorridenti.

Beati loro...

Non le davano sui nervi, non si sentiva sola, solo un po’ asociale, visto che non riusciva a condividere la gioia che aleggiava nell’aria che sapeva di neve.

È lo spirito del Natale, pensò. Già quello spirito che in quel giorno x, in quell’ora x mancava a lei. Non che lo avesse mai sentito particolarmente, ma essere lontano da casa, con quel peso sullo stomaco, lo annullava del tutto. Se continuava così nella prossima Vigilia sarebbero arrivati gli Spiriti del Natale che fecero visita al  vecchio Scrooge.

Giorno x, ora x. Si rituffò nella folla, dopo aver parlato con la segretaria del sindaco, si era fatta due chiacchiere e un paio di risate, tutto nella norma. Se non mostrava il suo lato aggressivo, sapeva essere anche simpatica. Peccato che non si sentiva proprio se stessa e a suo agio in quelle vesti. I documenti, consegnati, approvati in tempi record,  erano stati rimessi nella valigetta.

Giorno x, ora x. Nelle strade newyorkesi illuminate a festa tutti si affrettavano in cerca dei regali mancanti. Il regalo per Charlie? Doveva farglielo e poi spedirglielo? Aveva visto su un catalogo una canna da pesca che sarebbe potuta piacere a suo padre, l’uomo pesce. Forse se la sarebbe cavata così, senza essere costretta a chiamare a casa per fare gli auguri, un regalo e un bigliettino erano meno costosi...e impegnativi per il cuore. Ah no. Di andare a casa non se ne parlava proprio. Il gelo che sentiva dentro di sé, non si era ancora sciolto, anche se era tornata al lavoro con la solita grinta che era parte di lei.

Giorno x, ora x. Ecco che i pensieri tornavano come sempre all’incontro con quell’imbranato di investigatore. Aveva promesso di far un altro tentativo negli archivi statali, forse avrebbe trovato qualche certificato utile...forse il suo di nascita completo, con il nome della madre, forse il certificato di matrimonio dei suoi genitori. Lei non aveva molte speranze, però, non gli sembrava una grande idea...

E dulcis in fundo ecco che arrivò in quel pomeriggio di un giorno x, a quell’ora x, la telefonata della persona che non avrebbe voluto sentire prima del tempo. E. Cullen.

“non è ancora tornata??”

“no.”  rispose secca mentre pensava: non sono io quella a dover tornare, ma il tuo cervello dalle Hawaii. Un investigatore, uff...

Non gliel’aveva ancora perdonata, era un conto in sospeso tra loro due. Se Charlie fosse comparso all’improvviso, da un momento all’altro, gliel’avrebbe fatta pagare.
“sono quasi sotto il palaz-“

“si, si ho capito, si sbrighi!” come era insopportabile, prima la mandava dall’altra parte della città e poi le faceva fretta perché rientrasse. E le sbatteva pure il telefono in faccia! Maleducato! Tuttavia Isabella aveva notato una certa ansia nella sua voce, una sorta di incredulità e di nervosismo.


***


Che era successo nell’ufficio durante l0assenza di Isabella? credo che quanto leggerai, lettore, sarà sufficiente a spiegare l’impazienza di E. Cullen.

“papà!”

“Carlisle!” esclamarono insieme i due uomini.

Di male in peggio. Prima era arrivato il padre di Isabella a sorpresa, poi il suo di padre, sempre a sorpresa. Si erano messi d’accordo per una simpatica visita non annunciata ai figli? Edward voleva mettersi le mani nei capelli e strapparseli tutti. Aveva sperato in una conclusione tranquilla di quell’anno. Brindisi, canapè, regali, la piccola festicciola organizzata negli uffici a cui aveva promesso di fare un salto. E invece ora, il signor Swan e Carlisle Cullen si abbracciavano come amici di vecchia data, ignorandolo completamente, come se non ci fosse nemmeno lui, lì con loro.

“come stai Charles? E la piccola?”

“si tira avanti e la piccola...beh non è più tanto piccola...” ridacchiarono insieme, con quella risata roca e grossa. Charlie tirò fuori un sigaro e lo accese.

“non si potrebbe...” la voce di Edward era resa sottile sottile dalla presenza del padre, sembrava quella di uno scolaretto. Beh, caro lettore, Edward in quel momento si sentiva un bambino, come sempre di fronte a suo padre. Dopotutto Carlisle Cullen, l’inarrivabile Carlisle Cullen, era sempre stato il suo mito. Aveva costruito un immenso impero finanziario dal nulla e il figlio doveva solo accontentarsi  di amministrarlo. Per quante novità o successi Edward avesse riportato, sarebbero stati sempre di gran lunga inferiori a quelli del padre.

“andiamo in ufficio, così mi racconti tutto.” Cullen senior condusse in ufficio quello che sembrave l’amico di una vita, lasciando Edward alla scrivania di Isabella, chiedendosi se il mondo avesse attraversato qualche dimensione extratemporale o se fosse caduto un meteorite cambiando gli equilibri.

E così senza una parola in più ma solo l’odore di sigaro nell’aria, i due presero possesso dell’ufficio, con sommo scoramento di Edward. avrebbe voluto sentire...origliare era poco elegante? Prima però chiamò Isabella, doveva arrivare al più presto. Lui già faceva fatica a gestire suo padre, figuriamoci anche quello di qualcun altro!

Si mise dietro la porta, l’orecchio ben teso a captare qualche suono, ma oltre a rumore di sedie spostate e di bicchieri che tintinnavano si udiva ben poco.

Dei discorsi seri appena iniziati nell’ufficio, non avrebbe potuto che sentire un indistinto mormorio.

“allora Charles, che posso fare per te?”

“Carlisle, ho paura di aver sottovalutato la mia bambina.” Allo sguardo interrogativo dell’altro si spiegò meglio. “prima la passione per armi da fuoco” chiuse gli occhi e sembrò rabbrividire al solo pensiero di sua figlia con una pistola in mano, “poi il MIT...le ho lasciato fare tutto, contando sul fatto che prima o poi le sarebbero passati tutti i grilli che aveva in testa. Ho cercato di essere un buon padre per lei e invece è diventata un maschiaccio. Ho fatto tutto quello che potevo essendo solo. Quando inizio a sperare che le cose per lei qui a New York possano andare bene, vengo a sapere dove lavora. Questo non me lo dovevi fare, non erano questi gli accordi.” Agitò il sigaro in aria, dispiaciuto e alterato.

“ho pagato la sua università, come stabilito e le ho trovato un lavoro...”

“Carlisle! Dannazione! Non dovevi trovarglielo qui, in questo stesso palazzo! Avevi promesso che sarebbe stato in un’azienda secondaria, in un altro settore, non alla Guns!” ora si che l’uomo si stava arrabbiando. Si alzò in piedi e si diresse verso la vetrata, il sigaro all’angolo della bocca.

“Charlie, non avevo idea!” esclamò il signor Cullen sorpreso. “ho lasciato la pratica in mano alla mia segretaria...”

“lavora in questo ufficio, a quella scrivania. Fa la segretaria per tuo figlio...” il tono di Charlie era amareggiato, si sentiva tradito dal suo amico. Aveva riposto in lui la sua fiducia e la vedeva calpestata. Proprio a lui che si considerava un uomo d’onore!

E così Carlisle capì, ricollegò tutti i tasselli. Quando il curriculum di Isabella Marie Swan era arrivato nel suo ufficio, inviato dal padre premuroso secondo gli accordi, lui aveva girato la pratica a Vanessa dicendole di trovarle un posto. Era stato prima dell’estate, un periodo massacrante e pieno di grane, lui proprio non aveva avuto il tempo di occuparsene, anche se avrebbe tanto voluto.  Aveva una promessa da mantenere e un amico a cui doveva un favore. un enorme favore.

La segretaria doveva aver pensato che Isabella sarebbe andata bene come segretaria per Edward. Dopotutto, Carlisle gli aveva tolto la sua ultima collaboratrice, lei, per portarla a Seattle, nella nuova sede appena aperta.

“oh.” Esclamò Carlisle. “Qualche settimana fa, Edward mi ha chiesto il suo aiuto...era indietro con un progetto e...”

“si, ha conosciuto Philip. Non so che le abbia detto quel pezzo di merda, ma alla fine è arrivato un investigatore privato da New York a fare domande indiscrete su me e la mia piccina...”

Cullen senior raggiunse l’amico alla vetrata e insieme videro i primi fiocchi di neve scendere sulla città.

“forse è giunto il momento di dirle la verità, Charlie. Non puoi continuare a tenerla allo scuro di tutto. È cresciuta, non è più una bambina...”

“lei è la mia bambina!” urlò l’altro rubicondo! Il sigaro gli cadette dalla mani, tanta era stata la veemenza delle parole. il silenzio che seguì, fu interrotto da una voce femminile.

“io non sono più una bambina, Charlie.” Isabella era rientrata dalle sue commissioni, trovando Edward Cullen con un orecchio posato su un bicchiere di vetro, intento a cercare di capire al conversazione che si svolgeva nel suo ufficio. Era davvero buffo, aveva pensato. Il volto concentrato, una ruga che solcava la fronte, la lingua che spuntava dalle labbra...si era quasi messa a ridere.

Quando aveva saputo che i loro padri stavano parlando, forse di lei, anzi di sicuro di lei, nell’ufficio principale, non ci aveva pensato due volte, a spalancare la porta e ad entrare.

“non sono una bambina Charlie.” Ripeté. “non trattarmi come tale.”

Carlisle Cullen la osservava curioso. “la piccola Isabella...” mormorò.

Alle spalle della ragazza si affacciò anche Edward, incapace, come al solito, di trattenere la sua curiosità al di fuori di questioni che non lo riguardavano.

“vi spiacerebbe spiegare anche a noi che sta succedendo? Papà, come fai a conoscere Isabella?”

“non sono affari tuoi, ragazzo. E stai lontano da lei.” Charlie, recuperato il sigaro e masticatolo con ferocia, era davvero minaccioso. Isabella per tutta risposta sbuffò, mentre Edward in qualche modo sortì l’effetto della minaccia. “ho prenotato due posti sul volo per Seattle che parte tra un paio d’ore, signorina. Preparati, il resto ce lo faremo spedire.”

Il volto di Isabella passò in un nanosecondo dall’incredulità alla rabbia. Come si permetteva suo padre di venire nel suo posto di lavoro e trascinarla a casa, come se fosse stata davvero una bambina indisciplinata?

“te l’ho già detto un milione di volte, papà, resta fuori dalla mia vita.” detto ciò si rivolse al suo capo. “tra qualche giorno iniziano le vacanze. Mi prenderei il resto della giornata libera e da domani sarò in ferie, se lei è d’accordo.” Non appena Edward annuì lei sparì dalla loro vista, fulminea.

“Isabella!” il signor Swan si era lanciato al suo inseguimento, ma aveva trovato Edward Cullen a sbarragli la strada.

In quel giorno x, in quell’ora x, il mondo di Isabella aveva ricevuto un primo scossone. Ma
la terra, era destinata a tremare ancora, in un altro giorno x, in un’altra ora x.





p.s. dell'autrice: allora? che ne pensate? ve lo avevo detto che qualcosa avrebbe iniziato ad intrevadersi. che nasconde davvero Charlie? forse è un pallosetto come capitolo, ma meglio certe cose non riuscivo a dirle =)
se ci sono errori di battiura, segnalateli pure, ho avuto poco tempo per rivedere il tutto, scusate.
credo che ringraziarvi per la risposta positiva alla storia e per le recensioni sempre magnifiche, sia ben poca cosa. ma lo farò lo stesso =) GRAZIE A TUTTI!
vi ricordo le altre mie storie (se avete voglia e tempo, sono sempre lì =))

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