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Autore: Martyx1988    28/10/2011    4 recensioni
Dopo i duri anni di allenamento in Siberia, per Camus è giunto il momento di conquistarsi l'armatura, obiettivo per cui è stato addestrato. Ma sotto le gelide acque dell'artico, nella mitica Atlandite, anche un altro ragazzo sembra intenzionato a compiere l'ultimo passo verso l'investitura a Cavaliere. Si ritroveranno a vivere un'avventura sulle orme dei guerrieri del passato, caduti per i loro stessi futuri ideali.
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Aquarius Camus, Scorpion Milo
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Milo e Camus - Frammenti di Amicizia'
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Vodka e ghiaccio


Erano in pochi a conoscere l'esistenza di Blue Grado, una città immersa nelle nevi e nei ghiacci siberiani che, secondo la leggenda, da tempi immemori custodiva il passaggio verso la mitica Atlantide. Forse, si disse Camus, perché era ubicata in una regione talmente ostile della Siberia da far desistere anche i più incoscienti tra gli esploratori.

Lui, però, non era né un esploratore né, tanto meno, un incosciente. Era un aspirante Cavaliere di Atena, addestrato tra i venti e le nevi di quella regione ostile e perciò abituato al freddo. Gli era bastato indossare una semplice giacca imbottita sopra la tenuta da allenamento per sentirsi completamente a suo agio nella bufera che imperversava in quel momento.

Il vecchio abitante che lo precedeva non sembrava di molte parole e a Camus stava bene. Non gli erano mai piaciuti i chiacchieroni. Da quel vecchio non voleva sapere altro che l'ubicazione dell'entrata per Atlantide, se mai esisteva. La sua mente matematica e razionale faticava ancora a credere nell'esistenza di una dea incarnata e cercava ancora una spiegazione logica ai poteri sovrannaturali che aveva scoperto di possedere e che, a quanto aveva capito, erano propri anche di altri giovani come lui. Accettare che, sotto i mari gelidi dell'Artico, ci fosse un intero regno, però, era troppo per lui. Eppure il vecchio non si era scomposto alla sua richiesta di accompagnarlo al passaggio. Si era aspettato un'occhiata stralunata o che l'uomo gli scoppiasse a ridere in faccia dicendogli che era vittima di uno stupido scherzo, invece aveva grugnito qualcosa di simile a “Ti stavo aspettando” e gli aveva fatto cenno di seguirlo. Nei pochi minuti di passeggiata lenta e silenziosa tra le vie di Blue Grado, la curiosità di Camus non aveva potuto fare a meno di crescere. Se Atlantide esisteva davvero tutto il suo mondo razionale veniva messo in discussione e la prospettiva, in qualche modo, lo elettrizzava.

Il vecchio si fermò in mezzo ad una piccola piazza ricoperta di neve, con uno stagno ghiacciato al centro sul cui bordo di marmo stava seduto un ragazzo, molto più imbacuccato di lui ma apparentemente a suo agio. Nell'attesa di chissà cosa, stava disegnando qualcosa di simile ad un ragno sulla neve con la punta dello stivale. Non aveva molto di particolare, a parte un fisico visibilmente allenato, ma Camus sentì subito che c'era qualcosa di più sotto quell'espressione annoiata e noncurante.

Il vecchio si avvicinò di qualche passo al ragazzo in modo che lo notasse e, quando questi alzò lo sguardo, notò subito Camus dietro all'anziano accompagnatore.

Ah, finalmente sei arrivato! È parecchio che sto qui ad aspettare” disse in greco, con un mezzo sorriso, per poi alzarsi dal bordo della fontana. “Allora, andiamo o aspettiamo di congelare tutti?”

Andiamo? pensò Camus. Quindi anche lui doveva raggiungere Atlantide? Per fare cosa?

Scusa, tu vieni con noi?” gli domandò nella stessa lingua, allora, Camus, non celando un certo disprezzo.

Già, ce ne andiamo tutti insieme ad Atlantide, contento?” rispose l'altro allegramente e apparentemente non toccato dallo sdegno di Camus.

E cosa ci devi fare ad Atlantide, ammesso che esista?” continuò Camus.

Esiste” bofonchiò il vecchio, ma nessuno gli badò.

A quanto pare la mia armatura d'oro è lì sotto e devo recuperarla” ribattè di nuovo il ragazzo, con una noncurante alzata di spalle.

No, ci deve essere un errore” affermò sicuro Camus, scuotendo la testa. L'altro si accigliò.

Perché?”

Perché anche io devo recuperare la mia armatura d'oro là sotto”

Il ragazzo contorse il volto in un'espressione addolorata. “Beh, questo è un problema”

Avete finito? Non ho tutto il giorno” li interruppe il vecchio, per poi proseguire verso la loro meta senza attendere alcuna risposta.

Camus lo seguì a ruota, non senza aver lanciato un'occhiata torva all'altro ragazzo, che andò a chiudere la fila poco dopo. Proseguirono in silenzio, ma la mente di Camus lavorava a pieno ritmo. Chi era quel ragazzo? Un altro aspirante Cavaliere d'Oro? Era lì perché era l'ultimo ostacolo da superare per la conquista dell'armatura? Perché non era stato informato di nulla?

Quando la scogliera si delineò davanti a lui, Camus si impose la calma. Se al Santuario volevano che prevalesse su quell'estraneo, così sarebbe stato. Sarebbe diventato ciò per cui era stato addestrato a qualunque costo.

Quello è il passaggio” indicò loro il vecchio, riferendosi ad un promontorio ghiacciato che sporgeva sul mare più del resto della scogliera. I due ragazzi si avvicinarono per andare ad osservare l'inquietante vortice d'acqua che si apriva sotto i loro occhi.

Giusto per facilitarci il lavoro, eh amico?” commentò l'altro, guadagnandosi un'occhiataccia da Camus. Questi non perse tempo in chiacchiere e si tuffò senza timore nel vortice.

L'acqua gelida lo sommerse in un istante, mozzandogli il respiro. Nuotare non serviva a niente, la corrente del mare era troppo forte per poterla contrastare, inoltre gli sembrò saggio risparmiare le forze per recuperare, poi, l'armatura. L'impatto col fondo del mare fu più duro del previsto e gli procurò due o tre serie ammaccature e qualche graffio. Era atterrato in una zona completamente asciutta del fondo del mare, con le acque che lo sovrastavano come un'immensa volta celeste in tumulto.

Era zuppo ed infreddolito, ma il clima in quel luogo incredibile era mite e piacevole. Si alzò in piedi per iniziare l'esplorazione del fondale, ma non ebbe il tempo di fare un passo che venne travolto in pieno da qualcosa, o meglio qualcuno.

Ouch! Scusa, amico!” disse subito l'altro ragazzo, dopo che ebbe realizzato su chi era atterrato.

Camus se lo scostò in malo modo di dosso e si rialzò per guardarlo dall'alto in basso, severo.

Chiariamo una cosa: io-non-sono-tuo-amico” scandì il francese, per poi voltargli le spalle.

Guarda che la capisco benissimo la mia lingua madre! Non c'è bisogno di fare lo spelling” gli urlò dietro il ragazzo, prima di seguirlo a breve distanza.

Camus dimenticò in fretta la presenza del suo inaspettato compagno, totalmente rapito dal panorama che gli si presentò davanti agli occhi. Mentre osservava l'immensità del mare sopra di lui, si sentì piccolo e insignificante, una formica al cospetto dell'universo. Non fosse stato per quella distesa azzurra, il resto del paesaggio rassomigliava molto ad altri della terraferma, con alture e valli, colline e prati. Conchiglie e coralli prendevano il posto di fiori e arbusti e lo accompagnarono nell'esplorazione di quel luogo magico che stava mettendo a dura prova la sua razionalità. Quali leggi fisiche potevano permettere l'esistenza di un posto simile in fondo al mare? Chi erano gli uomini straordinari che erano riusciti a compiere quel miracolo dell'ingegneria, se mai di questo si trattava?

Accidenti, questo posto è da paura!” esclamò la voce allegra del ragazzo alle sue spalle, risvegliandolo dai suoi quesiti. “Ma hai visto che roba, amico? Ah giusto, io-non-sono-tuo-amico”

Il greco si affiancò a Camus, che si era fermato su uno spiazzo ad osservare tutt'attorno. Questi cercò di ignorarlo, cosa che si rivelò subito un'impresa ardua.

Che razza di posto è? Quando mi hanno detto che dovevo andare ad Atlantide, dopo essere scoppiato a ridere, mi ero immaginato qualcosa tipo il Santuario, ma di sicuro non questo... insomma, sembra di stare dentro un acquario”

Ma tu parli sempre così tanto?” gli domandò Camus alla fine di quel monologo, esasperato.

Solo con la gente che mi stimola. Dovresti sentirti onorato”

Onoratissimo” precisò Camus, del tutto privo di entusiasmo.

Il francese riprese la marcia, nella speranza di scongiurare una ripresa della conversazione da parte dell'altro ragazzo. Questi rimase leggermente indietro a bofonchiare tra sé e sé, ma fu più semplice per Camus ignorarlo.

Passato lo stupore, il giovane guerriero iniziò a pensare ad una soluzione per il grosse problema che gli si presentava davanti: trovare l'armatura dell'Acquario in mezzo a quella vastità prima del greco. Il suo compagno di viaggio accorse inconsapevolmente in suo aiuto.

Cavolo! Quella non è roba che si vede tutti i giorni. Guarda un po' anche tu, non-amico”

Camus lo accontentò solo nella speranza che poi sarebbe stato definitivamente alla larga da lui, ma dovette incredibilmente dargli ragione.

Alla loro destra, non molto lontano, si ergeva una struttura di ghiaccio tanto imponente che sembrava toccare la volta marina. Spuntoni e artigli circondavano quella che sembrava la parte centrale, un'alta torre ghiacciata che riverberava alla luce flebile del sole che arrivava là sotto a stento.

Un brivido caldo percorse il corpo di Camus e una strana sensazione lo permeò, come se quel luogo lo stesse richiamando. Sentì il suo cosmo rispondere al richiamo accendendosi e circondandolo con quell'aura dorata che ormai conosceva bene e che, anni prima, gli aveva rivelato la sua vera natura.

Subito percepì anche un altro cosmo, di intensità pari alla sua e molto vicino. Scoprì con stupore che apparteneva al ragazzo che era sceso lì con lui e che, in quel momento, si stava incamminando verso la struttura di ghiaccio.

Era l'ennesima prova che anche quel greco era un potenziale Cavaliere d'Oro, e quindi un concorrente per quell'armatura che, forse, era celata sotto quei ghiacci eterni. Tuttavia Camus era abituato a non fallire e non aveva intenzione di farlo in quell'occasione. Si affrettò a raggiungere l'altro ragazzo e a superarlo, finché non si ritrovò a correre tra scogli e coralli, fermamente intenzionato ad arrivare primo. Arrestò la sua corsa a meno di un metro di distanza da uno degli spuntoni di ghiaccio che contornavano la torre, ad occhio e croce il più imponente.

La sensazione di richiamo si era fatta più insistente e gli martellava in testa quasi fino a fare male. Era segno che la sua intuizione riguardo l'ubicazione dell'armatura era giusta.

Senza staccare gli occhi dall'imponente formazione, sentì i passi dell'altro ragazzo avvicinarsi. Gli sembrò stranamente silenzioso, ma non tentò minimamente di riaccendere la conversazione.

Quando, però, il greco emise un'esclamazione di dolore, si voltò d'istinto verso di lui.

Ahi! Ma che diavolo...?” il ragazzo infilò una mano nella tasca del giubbotto per estrarne quella che, probabilmente, era la causa del suo dolore. Dopo aver tirato fuori la mano dalla tasca, lasciò cadere ciò che ne aveva estratto e iniziò a scuotere la mano, come se si fosse scottato.

Camus rivolse l'attenzione all'oggetto a terra. Sembrava un aculeo, aveva un intenso colore rosso e, a giudicare dal vapore che emanava, doveva essere incandescente.

Che cos'è?” domandò Camus, spinto dalla curiosità.

Non ne ho idea, non sapevo nemmeno di averlo in tasca” rispose il compagno, allarmato. “Certo, somiglia molto al mio”

Al tuo?”

Il ragazzo mostrò l'indice della mano destra a Camus, che vide l'unghia tingersi rapidamente di rosso e crescere fino a farsi lunga e appuntita quasi quanto l'aculeo a terra. Non aveva mai visto niente del genere in vita sua e, stando a quanto gli avevano detto riguardo al custode della Casa dell'Acquario, quell'aculeo non c'entrava niente con le energie fredde che il Cavaliere dell'Undicesima presiedeva. La domanda che pose subito dopo quelle riflessioni al ragazzo di fronte a lui gli sorse spontanea.

Ma tu chi sei?”

Il greco non fece però in tempo a rispondere, perché l'aculeo ai suoi piedi prese a vibrare e ad illuminarsi da tanto era incandescente. Come l'ago di una bussola, poi, puntò verso la struttura di ghiaccio e vi penetrò alla velocità di un proiettile, lasciandosi dietro un sottile foro.

I due ragazzi rimasero a fissare il punto d'entrata dell'aculeo, all'erta e in silenzio totale, per poter così percepire anche il più minimo rumore.

Tutto iniziò con un sottile sibilo che fuoriusciva dal foro e che crebbe fino a diventare un fischio fastidioso, quindi una fragorosa esplosione di ghiaccio.

Vennero sbalzati entrambi indietro dalla detonazione. Camus si rimise subito in piedi, per trovarsi faccia a faccia con la cosa più mostruosa che avesse mai visto. L'enorme bestia aveva due buchi dorati al posto degli occhi, contornati da un corpo sottile e triangolare fatto di un turbine di roccia, acqua e frammenti di ghiaccio. Sei zampe spuntavano dai lati del corpo, precedute da un paio di enormi chele che la bestia sollevò, insieme alla sua vera arma. Dal fondo della coda segmentata spuntava un aculeo rosso, lo stesso che il greco si era trovato in tasca, solo cinque volte più grande.

Ciao, bellezza” ghignò il ragazzo, prima di accendere il suo cosmo e sfoderare il suo aculeo rosso. Camus se lo vide sfrecciare davanti agli occhi e saltare agilmente sull'enorme scorpione urlando qualcosa di incomprensibile. Tre luci rosse andarono a colpire l'animale, che subito emise un verso stridulo e prese a contorcersi per disarcionare il suo avversario, il quale era riuscito a montarlo, seppur con qualche difficoltà. Le chele dello scorpione tentarono di afferrare il greco, ma questi riuscì sempre ad evitarle, portando la bestia a colpire se stessa.

Camus era rimasto a terra ad osservare, impressionato e intimorito allo stesso tempo, il duro scontro tra i due, finché l'altro ragazzo non lo richiamò all'attenzione.

Datti una mossa! Vai a prendere l'armatura!” riuscì infatti ad urlare, tra un assalto e l'altro dell'enorme aracnide.

Camus si ridestò e portò l'attenzione dietro lo scorpione. L'esplosione aveva aperto un passaggio nel ghiaccio abbastanza largo da permettergli di passare. Lanciato un ultimo sguardo allo scontro, prese a correre verso la galleria, ripromettendosi che sarebbe tornato in aiuto del compagno di viaggio, una volta recuperata l'armatura, come l'etica dei Cavalieri di Atena comandava.

La galleria d'entrata continuava in un sistema di cunicoli di ghiaccio naturali che, dedusse Camus, doveva attraversare tutta la struttura. L'atmosfera surreale che quell'ambiente creava lo rapì subito, portandolo ad arrestare la sua corsa per guardarsi intorno. Intrappolati tra i ghiacci c'erano gli oggetti e gli animali più disparati. Il guerriero riconobbe frammenti di un tempio greco, un triglifo che raffigurava quello che sembrava un tridente, il pezzo di un capitello e molto altro, tra cui pesci, coralli e conchiglie. Sembrava quasi che il ghiaccio avesse travolto tutto, senza dare scampo a nessuno, intrappolando nella sua fredda morsa l'immagine della distruzione che aveva causato, per sempre.

Camus procedette in quel labirinto ghiacciato seguendo solo i suoi piedi, che sembravano conoscere perfettamente la strada, al contrario di lui. Man mano che procedeva una forte malinconia si faceva strada dentro al suo cuore, una strana sensazione di ricordi lontani e destini sbagliati.

La mano scorreva sulla parete trasparente, permettendogli di percepire la storia che quelle pareti raccontavano e di dare un senso a quella marea di sentimenti che l'aveva invaso e che aveva sottomesso con forza la sua stoica razionalità.

Quando giunse al cuore pulsante di tutto il complesso, la malinconia dentro di lui ebbe infine un volto, anzi due. L'immagine che gli si presentò davanti era degna di un'opera d'arte del Louvre, una bellezza neoclassica mischiata con un tocco di impressionismo dato dal ghiaccio che circondava le due figure.

Venne immediatamente rapito dallo splendore della donna, una giovane ragazza dalla pelle candida, priva di abiti e circondata da una corona di capelli quasi bianchi e fini. Sorrideva fiduciosa al ragazzo poco sotto di lei, tanto da lasciarsi accarezzare il volto da lui.

Fu quando posò lo sguardo sul ragazzo che il cuore di Camus perse un battito. Era giovane e bello anch'egli, ma non era quella la cosa importante, quanto l'armatura dorata che gli copriva il corpo.

Camus la riconobbe istintivamente. Era l'armatura dell'Acquario. La sua armatura. Come poco prima, posò la mano sul ghiaccio che lo divideva dal suo obiettivo e subito il suo cosmo rispose, accendendosi e pulsando al ritmo del suo cuore. L'aura dorata intorno alla sua mano riuscì a penetrare il feretro e a raggiungere l'armatura, che entrò in risonanza col suo cosmo.

In questo modo, Camus riuscì ad entrare in contatto con quella che pensò fosse l'anima dell'armatura, che gli confermò quanto aveva percepito lungo il suo percorso. La storia dei due ragazzi davanti a lui era triste e segnata dai tradimenti, ma aveva avuto il suo lieto fine in quella tomba di ghiaccio che aveva reso immortale i loro giovani volti e l'affetto evidente che li legava l'uno all'altra.

Seraphina, non sarai più sola...

La frase gli rimbombò nella testa come un'eco lontana nel tempo ma vicina e penetrante.

...D'ora in poi io veglierò assieme a te...” concluse Camus in un sussurro, volgendo lo sguardo verso il volto di porcellana di Seraphina.

Lo fissò per istanti interminabili, finché gli occhi socchiusi della ragazza non si spalancarono all'improvviso. Camus sobbalzò per la sorpresa e indietreggiò, mettendosi in guardia. Il feretro di ghiaccio prese ad incrinarsi pian piano e a vibrare, come poco prima aveva fatto l'aculeo dello scorpione. Prevedendo l'esplosione, il francese si nascose in uno dei tanti cunicoli che conducevano a quel santuario, trovando riparo dalle schegge di ghiaccio appena in tempo. Un stridio acuto riecheggiò per tutte le gallerie, abbattendo le pareti più sottili di alcune di esse, tra cui quella che aveva riparato Camus. Il ragazzo potè allora vedere coi suoi occhi cosa aveva provocato quello sfacelo.

La figura angelica di Seraphina aveva lasciato il posto alla versione mostruosa di lei, fatta degli stessi materiali dello scorpione di poco prima e altrettanto spaventosa. Per Camus fu subito chiaro che quell'essere era il suo ultimo ostacolo nel cammino verso la conquista dell'armatura.

La donna puntò gli occhi dorati sulla sua preda e passò all'attacco, allungando una mano ad artiglio per afferrare Camus. Questi la evitò con agilità, ma venne afferrato dall'altra mano e sbattuto contro la volta di ghiaccio, che si incrinò all'impatto con la sua schiena.

Il guerriero accese il suo cosmo nuovamente e lanciò la Diamond Dust direttamente sul viso di Seraphina, che lasciò la presa su di lui per coprirsi il volto. Memore dei suoi combattimenti contro gli orsi polari durante il suo addestramento in Siberia, Camus si lanciò verso le gambe della gigantesca donna, ma venne nuovamente intercettato ed imprigionato a terra dalla sua mano. Le lunghe dita, poi, gli circondarono il corpo in una morsa soffocante e la vista gli si annebbiò. Seraphina se lo portò davanti al viso deforme e spalancò la bocca, da cui fuoriuscì un soffio gelido di morte. Camus, sempre più vicino alla voragine, approfittò di un momento di lucidità per individuare una stalattite che spuntava dalla mano del mostro, strapparla via con tutte le sue forze e piantargliela nel palato roccioso poco prima che Seraphina chiudesse le fauci intorno a lui. La creatura lasciò di nuovo la presa con lo stesso urlo stridulo di poco prima.

Camus cadde a terra e vi rimase in preda ad una fame d'aria mai provata. Quando ebbe riacquistato un minimo di respiro, tornò in piedi e ritentò l'assalto alle gambe di Seraphina, ma dovette bloccarsi poco dopo.

Mentre si contorceva dal dolore, la gigantesca donna aveva inarcato la schiena mettendo in vista ciò che nascondeva dentro il petto. L'armatura dell'Acquario era custodita all'altezza del cuore, circondata da un bozzolo d'oro e ancora pulsante e luminosa. Sembrava quasi che lei stessa stesse dando vita a quel mostro apparentemente imbattibile. La sfida consisteva quindi nello sconfiggere il suo stesso obiettivo, dedusse Camus con un sorriso. In parole povere, l'armatura voleva che superasse se stesso.

Camus si raddrizzò e chiuse gli occhi, alla ricerca della parte più intima del suo cosmo, di quella scintilla che lo avrebbe fatto bruciare fino all'estremo.

Caduto in una profonda concentrazione, non vide che Seraphina aveva smesso di lamentarsi e che lo stava fissando minacciosa, né la guardò mentre caricava il braccio per afferrarlo nuovamente.

Camus evitò l'enorme mano solo quando questa era arrivata a pochi centimetri dalla sua testa. Le dita di pietra lo sfiorarono, il polso gli diede l'appoggio per spiccare il primo salto, l'altra mano, che cercava febbrilmente di prenderlo mentre era in aria, quello per il secondo e ultimo. Il mostro davanti a lui si risollevò e allargò le braccia, pronto a schiacciarlo come una zanzara tra i due palmi. Camus si ritrovò davanti il cuore completamente scoperto, si mise in posizione e lanciò l'Aurora Execution contro la sua armatura. Il colpo passò il torace di Seraphina da parte a parte. L'aura dorata che scorreva dentro al mostro venne via via meno e di lui non rimase che un cumulo informe di pietra e ghiaccio.

Quando Camus atterrò sopra le macerie, faticò a riconoscere il suo stesso corpo. Un attimo prima aveva indosso pochi indumenti laceri e impregnati di sudore. Ora era quasi completamente ricoperto da quella stessa armatura contro cui aveva rivolto il suo colpo più potente.

Le vestigia dell'Acquario erano calde e leggere. Gli sembrava quasi di avere addosso una seconda pelle. L'avevano messo alla prova, lui l'aveva superata e l'avevano accettato come loro nuovo possessore. Ce l'aveva fatta. Era un Cavaliere d'Oro, nonostante il mostro di pietra e ghiaccio e quel fastidioso ragazzo greco.

Non appena si ricordò di aver lasciato l'altro nei guai, si lanciò di corsa lungo quel che restava dei cunicoli di ghiaccio. Accese il cosmo e lo sentì molto più potente di prima, ora che aveva un'armatura in grado di amplificarlo.

Quando, finalmente, sbucò fuori dall'ultima galleria, trovò uno spiazzo deserto ad attenderlo. Del greco e del suo mostruoso avversario non v'era traccia all'orizzonte. Si sorprese quando l'istinto lo portò ad escludere l'ipotesi peggiore e lo incitò ad andare alla ricerca del compagno di viaggio, ma dopo pochi passi una voce sfacciata alle sue spalle cancellò dalla sua mente ogni buon proposito.

Alleluia! È parecchio che ti aspetto. Cominciavo a credere di dover venire in tuo soccorso”

Il greco era stravaccato sopra la galleria da cui Camus era venuto, col solito sorriso furbo in volto e un'armatura d'oro che, similmente a quella dell'Acquario, gli copriva buona parte del corpo.

Stanco del suo sarcasmo, il neo-Cavaliere decise di rispondergli a tono.

Veramente ero io che stavo venendo in tuo aiuto, visto che mi sembravi non poco in difficoltà, prima”

In difficoltà? Io? Ho sistemato quell'insetto non appena hai voltato le spalle. Tu, piuttosto, con chi hai avuto a che fare? Ci hai messo così tanto che stavo per diventare vecchio”

Una donna” rispose secco Camus, meravigliandosi poi quando vide che erano bastate quelle due parole ad ammutolirlo.

Una...donna? Stai scherzando” affermò il greco, dopo essersi messo a sedere con le gambe penzoloni.

Affatto” lo contraddisse Camus. “Era una donna gigantesca e...nuda”

L'altro ragazzo lo guardò con tanto d'occhi e la bocca spalancata.

Bah!” sbottò poi, contrariato. “Sempre agli altri capitano le fortune”

Tornò a terra con un balzo e si avvicinò a Camus con uno sguardo serio stampato in faccia.

Mi hai fatto una domanda, poco fa, se non sbaglio” gli disse, dopo qualche istante, con voce bassa e cupa.

Davvero? Quale domanda?” ribatté lui a tono e senza abbassare lo sguardo.

Il greco rise, quindi tese la mano verso Camus.

Mi chiamo Milo, Cavaliere d'Oro dello Scorpione” si presentò il ragazzo.

Camus annuì e sorrise a sua volta, quindi ricambiò la stretta. “Camus, Cavaliere d'Oro dell'Acquario. Non saremo vicini di casa, per mia fortuna”

Non sai cosa ti perdi, ghiacciolino”


Il vecchio Unity porse i due bicchieri colmi di vodka e ghiaccio al giovane Cavaliere greco che attendeva al bancone e, mentre lo osservava sedersi di fronte al nuovo amico, si disse che era valsa la pena vivere oltre duecento anni solo per la scena che aveva di fronte. I due ragazzi somigliavano ai loro predecessori in maniera impressionante, sia nell'aspetto che nel carattere. Se, infatti, il Cavaliere dello Scorpione era solare e bonario, al contrario quello dell'Acquario era freddo e composto. Proprio per questo si miscelavano bene, come il vodka con ghiaccio che si stavano accingendo a bere.

Unity doveva quell'innaturale lunga vita al suo breve passato di Generale degli Abissi, di cui non andava fiero, ma che gli aveva permesso di fare da guida ai due ragazzi lungo la strada verso il loro destino. Era stato lui a mettere l'aculeo di Cardia nella tasca della giacca di Milo, come suggeritogli da un intuito che sapeva non essere suo, bensì di quella dea che aveva perdonato tutti i suoi peccati molti decenni addietro. Non osò, tuttavia, prendersi il merito della riuscita della missione dei due giovani. La sua non era stata altro che una comparsa, loro erano stati i veri attori, nella profondità di Atlantide, contro quelle forze misteriose che, da quel giorno in poi, avrebbero accompagnato le loro esistenze.

In quel momento, però, posati gli scrigni d'oro in un angolo nascosto che Unity stesso aveva indicato loro, Camus e Milo erano solo due ragazzi che stavano scoprendo di poter essere amici, a dispetto della diffidenza iniziale del primo.

Doveva essere stato così anche per Degel, pensò il vecchio locandiere, la prima volta che aveva incontrato Cardia e il suo cuore impaziente di ardere. Lanciò uno sguardo ad un vecchio disegno che aveva avuto l'accortezza di incorniciare tanto tempo prima e che ritraeva tre ragazzi, poco più che bambini, sorridenti. Lui il sorriso dell'infanzia l'aveva perso precocemente, insieme alla sorella che, in quel ritratto, gli stava accanto. Il suo amico Degel, invece, era morto sorridendole come Unity aveva mancato di fare.

Un altro giro, per favore” gli ordinò Camus, nell'eco di una risata suscitata probabilmente da una battuta di Milo.

Non sei un po' giovane per la vodka liscia?” gli domandò Unity, burbero.

Domani sarò in un posto dove queste cose sono proibite” gli spiegò il Cavaliere, già leggermente alticcio. “Fammi godere questi ultimi momenti da uomo normale”

Unity piegò l'angolo della bocca in un mezzo sorriso e preparò l'ordine. Quando lo consegnò a Camus, lo vide che fissava il disegno nella cornice, assorto.

...Seraphina...” sussurrò, quasi fosse in trance.

Come?” gli chiese Unity, anche se aveva capito benissimo.

Camus parve risvegliarsi, lanciò uno sguardo imbarazzato al vecchio, farfugliò un rapido “Niente” e tornò al tavolo coi bicchieri, tra le grida di giubilo di Milo.

Unity sorrise. Alla fine, quindi, anche il nuovo Aquarius aveva avuto a che fare con sua sorella. Se, duecento anni fa, ne aveva causato la caduta, quel giorno doveva essere intervenuta nella sua rinascita. Era un pensiero tanto sentimentale da risultare persino irreale, ma a Unity piaceva, perché sapeva che era nell'indole di Seraphina fare cose del genere, anche se era scomparsa troppi anni addietro.

Si versò anch'egli un'abbondante dose di vodka in un bicchiere di ghiaccio e bevve alla salute di quei due giovani, al ricordo di Seraphina e alla sua vita che poteva, ormai, volgere al termine.

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Camus e Milo © Masami Kurumada

Unity, Seraphina, Cardia e Dègel © Shiori Teshirogi

Dunque, questa One Shot è nata da una domanda sortami dal nulla: se Cardia e Dègel sono caduti ad Atlantide, che Aquarius ha visto bene di congelare, come hanno fatto i loro successori ad ottenere le armature? Come risposta è uscita fuori questa fic, che vuole provare ad immaginare un possibile ed assolutamente non pretenzioso primo incontro tra Camus e Milo. Con questi spero di essere rimasta IC (hanno tra i 14 e i 16 anni), metterò comunque l'indicazione OOC per precauzione. Non ho dato molto spazio alla parte più d'azione della storia per mancanza di ispirazione e perchè non volevo dilungarmi e rendere noiosa la lettura (poi magari ho ottenuto l'effetto contrario, ma spero di no).

Per quanto riguarda gli altri personaggi, mentre Seraphina era contemplata già dall'inizio, Unity è stata un'idea venuta lungo il percorso, ma, come la mia beta Violet Aquarius - che ringrazio - mi ha fatto notare, potrebbe essermi sfuggito, durante la lettura del Canvas, il dettaglio della sua morte. Ad ogni modo, essendo che mi piace la sua partecipazione alla storia, mi cautelo con un AU che, spero, non mi faccia guadagnare le ire altrui (come anche la storia in generale) :)

Spero quindi che vi piaccia (nel caso fatemelo sapere e non siate clementi) e se volete lasciare un commento, è ben gradito :)

Martyx

   
 
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