Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: AgnesDayle    29/10/2011    6 recensioni
Tra i quartieri alternativi di Brixton, Shoreditch e Camden Town la vita di Agnes Dayle è destinata a legarsi ad un gruppo rock emergente, e in particolare a due dei suoi componenti: Ian e Colin. Due giovani londinesi molto diversi tra loro che in comune hanno solo una passione, quella per la musica, e un certo interesse per Agnes.
Accompagnata dalle migliori canzoni rock di sempre, Agnes sarà catapultata in un mondo senza tempo fatto di concerti, feste sfrenate e personaggi eccentrici.
DAL PROLOGO:
"Quando verranno a chiederti del nostro amore, un amore così lungo tu non darglielo in fretta." Un ingorgo di parole premeva sulle labbra serrate ma quella promessa, almeno quella, l'avrebbe mantenuta. Non avrebbe omesso nulla. Avrebbe parlato della grande passione che li aveva uniti, dell'abisso nero e profondo in cui era stato facile perdersi e di un legame, d'affetto e d'amore, l'unica luce che non sarebbe mai andata via.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sutcliffe' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
capitolo 12


Outside the Wall



Berwick Street. Erano le dieci del mattino e, nonostante la concorrenza fosse già all'opera, Championship Vynil era ben lontano dall'apertura. Non che questo facesse molta differenza per le tasche del suo proprietario. Davanti al vecchio negozio di dischi non c'era una fila di clienti desiderosi di entrare. E Ian non se ne stupiva affatto. Championship non esercitava alcuna attrattiva sulle persone che passavano lì davanti. Non aveva vetrine dai colori vivaci né insegne accattivanti e già dall'esterno si poteva avvertire l'odore di umidità che vi aleggiava dentro.
Per l'ennesima volta tornò a guardare lungo la strada e finalmente vide il proprietario venirgli incontro. La mano destra stava tirando fuori dalla giacca le chiavi del negozio.
-Alla buon'ora!-
-Dannazione, non potresti arrivare almeno una volta in ritardo?- Si lamentò una voce rauca e affaticata mentre l'uomo si apprestava ad aprire la porta del negozio.
-Forse sei l'unico datore di lavoro a lamentarsi della diligenza del suo impiegato- Rispose Ian divertito.
-Io sapevo che ieri sera avevi le prove con il gruppo, tu sapevi che mi sarei visto con Laura. Mi sembrava scontato che avremmo aperto più tardi!-
Ian scosse la testa rassegnato.
-La prossima volta puoi anche avvisarmi! E se ti decidessi a darmi una chiave sarebbe anche meglio-
-Sì, ci manca solo questo. Non usciresti più da questa bettola e cambieresti l'ordine degli album, come quando sono partito per Dublino.-
Nel frattempo i due erano entrati e avevano iniziato le attività con cui inauguravano l'inizio di ogni giornata.
Per Ian non era stato affatto facile trovare un lavoro adatto a lui. Il suo carattere scostante e a volte scontroso non era esattamente una qualità che i commercianti cercavano nei loro dipendenti. Con Hornby, invece, era scattata fin da subito una certa affinità.
Hornby era quel raro tipo di persona con cui Ian riusciva ad andare d'accordo. Era un uomo interessante, una sorta di enciclopedia ambulante di musica pop. Gli piaceva parlare ma non era logorroico né impiccione. Le faccende personali erano quasi sempre escluse dalle loro conversazioni, come se anni prima avessero stretto un patto in tal senso. Aveva però quella strana fissazione di dover stilare una classifica di tutto ciò che lo riguardava: dischi, libri, film, musicisti peggiori, gruppi migliori. E così trascorrevano intere giornate a discutere di quelle insolite classifiche. Neanche a dirlo, non erano mai d'accordo su niente.
Hornby era attento anche alle sue esigenze di musicista. Se aveva qualche concerto gli permetteva di uscire prima da lavoro e in alcuni casi anche di prendersi l'intera giornata libera. Certo, la paga non era granché e più volte, per pagare l'affitto, aveva dovuto contare su Colin, o meglio sui genitori di quest'ultimo i quali, nonostante l'iniziale ritrosia, volevano che il figlio pensasse unicamente a realizzare i suoi sogni.
La mattina stava trascorrendo con l'usuale lentezza. Il campanello della porta aveva suonato due volte: la prima volta era entrato un turista che in un inglese stentato aveva chiesto se avessero qualcosa dei REM, niente di difficile se avesse saputo pronunciare correttamente il nome della band. Il tizio per diversi minuti gli aveva ripetuto lentamente "Rem" fino a quando Ian gli aveva dato carta e penna e aveva finalmente capito che si trattava del gruppo rock inglese, così da esclamare oltraggiato "Oh, AR I EM??". La seconda volta era entrato un cliente abituale che ogni giorno tornava per controllare se era arrivato un vecchio quarantacinque giri degli Smiths.
Verso mezzogiorno, il campanello segnalò l'ingresso di qualcun altro. Ian, intento a lavorare sul testo di una canzone, sollevò lo sguardo annoiato. Erano tre ragazzine in divisa scolastica. Sì, erano già state lì qualche altra volta. In realtà non capiva cosa ci facessero in un posto come il Championship. E non tanto perché a quell'ora avrebbero dovuto essere a scuola, piuttosto perché tipe come quelle sarebbero state meglio nei grandi magazzini della Virgin. In particolare due di loro non sembravano avere alcun interesse per la musica: camminavano per l'angusto locale senza curarsi dei dischi, chiacchierando rumorosamente. Ian aveva già deciso che le avrebbe ignorate quando i suoi occhi si posarono in maniera distratta sulla terza ragazzina. Se ne stava in silenzio a fissare gli album e i vinili come qualcosa di prezioso e dal valore inestimabile. Pareva non sentire la conversazione delle altre due e rispondeva meccanicamente quando veniva interpellata.
Qualcosa di quella ragazzina lo portò a pensare ad Agnes. Forse era quel suo mettersi in un angolo, la modestia dei suoi movimenti impercettibili, la paura di recare fastidio con la sua sola presenza. Un involontario sorriso si delineò sulle sue labbra mentre trovava naturale alzarsi e andare incontro alla ragazzina.
-Posso esserti utile?- chiese gentile.
-Sì, io...- la ragazzina sembrò essere in difficoltà.
-La mia amica cerca un cd dei Pink Floyd- intervenne un'altra.
-Non un cd!- disse scandalizzata la ragazzina mentre le sue guance segnalavano un forte imbarazzo. -Vorrei comprare tre album dei Pink Floyd, qualcosa che racconti del loro percorso artistico.- Spiegò frettolosamente ma con una certa convinzione.
Anche quest'uscita gli ricordò Agnes. Nonostante la sua innata timidezza, nelle situazioni di difficoltà anche lei riusciva a tirare fuori un caratterino niente male.  Agnes sapeva essere caparbia, a volte anche cocciuta. Ricordava ancora quando si erano conosciuti. In un primo momento l'aveva etichettata semplicemente come una ragazzina timida e impacciata, poi a fine serata l'aveva sentita discutere con Gheorghe e Colin perché voleva tornarsene a casa da sola.
-Uuuuh, che paroloni!- la canzonò una delle amiche senza particolare cattiveria. Ma quella battuta sembrò andare a segno perché la ragazzina si morse nervosamente il labbro inferiore e abbassò lo sguardo.
-Dai Lucy, stiamo scherzando. Non ti vergognare!- La esortò ridacchiando l'altra.
Quella era una cosa che Ian non riusciva davvero a sopportare: vedere una persona in difficoltà e qualcun altro palesemente divertito. Seppelliti dentro la sua testa teneva ancora i ricordi di Eton e dei torti subiti da parte dei suoi compagni. Così, quando assisteva a scene del genere, anziché prendersela con il fautore di quell'imbarazzo e rispondere alla cattiveria con altra cattiveria, qualcosa lo spingeva a mostrarsi solidale e gentile con la persona che aveva subito il torto.
-Quindi, Lucy, vorresti imparare qualcosa in più sui Pink Floyd?-
La ragazza, ridestandosi dall'imbarazzo, fece sì con la testa.
-Bene. Abbiamo The Piper At The Gates Of Dawn dalle atmosfere psichedeliche e risalente a quando ancora nella band suonava Barrett. Poi devi ascoltare assolutamente The dark side of the moon con le sue The great gig in the sky e Time. E ovviamente c'è The Wall che, se saprai ascoltarla, ti apparirà come un romanzo che narra la storia di Pink, una celebrità rock le cui debolezze e i cui traumi esistenziali costituiscono un muro di isolamento che lo allontana dalla realtà. E' uno dei miei cinque album preferiti in assoluto- Concluse con un sorriso gentile.
Nel frattempo aveva trovato le copie degli album di cui aveva parlato e li aveva lasciati tra le mani di una Lucy estasiata. Le altre assistevano alla scena ammutolite. Ogni tanto la sua innata capacità di mettere gli altri in soggezione serviva a qualcosa.
-Li compro-
-Tutti e tre? Guarda che costano...-
-Sì, tutti.- rispose risoluta.
-Bene. Hornby tratta bene la ragazza. E' mia amica!- Disse strizzando l'occhio alla ragazzina.
Proprio in quel momento fece il suo ingresso un'altra persona. A Ian bastò una fugace occhiata per riconoscere Agnes, forse evocata dai suoi pensieri. O più prosaicamente, era lì per via dell'appuntamento che avevano dopo pranzo con il resto del gruppo.
-Buongiorno- Salutò insolitamente rigida la ragazza, ma senza perdere l'innata gentilezza che la caratterizzava.
Ian la guardò attentamente, desiderando per un momento sorriderle e salutarla allegramente. Come al solito non ci riuscì e dovette accontentarsi di un 'Ciao' poco entusiasmante.
Le tre ragazzine si girarono a guardare la nuova arrivata e, dopo aver aggrottato le sopracciglia ed essersi consultate tra loro, fecero una faccia sorpresa.
-Ma lei è...- Proruppe quella che a Ian era apparsa come la più spavalda.
Agnes si voltò in direzione delle tre con uno sguardo interrogativo.
Stranamente prese la parola proprio la timida Lucy.
-Ci stavamo chiedendo se sei la modella  del profumo di Jean Paul Gaultier- spiegò imbarazzata.
Ma quell'imbarazzo era nulla se paragonato a quello che fece imporporare le guance di Agnes. Ecco perché Ian continuava e avrebbe continuato ad adorarla. Faceva un mestiere che le avrebbe dovuto dare alla testa ma restava comunque totalmente ignara della sua bellezza.
-Sì, sono io- rispose concisa.
-Oh, di presenza sei ancora più bella!- Esclamò una delle ragazzine facendo avvampare di imbarazzo l'oggetto dei suoi complimenti.
-Emh, ti ringrazio- disse con un sorriso forzato.
-Come mai qui?- Si decise a chiederle anche per toglierla dall'imbarazzo.
-Ero qui vicino per un servizio e ho pensato che potremmo andare insieme alle prove- Gli lanciò un'occhiata stranamente preoccupata -Certo, se ti va...-
-Va bene. Hai già pranzato?- chiese quasi meccanicamente.
Ian si maledisse per quella conversazione così piatta. Nelle ultime settimane, qualcosa nel loro rapporto si era incrinato e non riuscivano più ad essere naturali. Agnes gli parlava sempre con quel tono cauto, come se si aspettasse una scenata o chissà cos'altro. A volte gli rivolgeva sguardi interrogativi nel tentativo di capirlo. Ian, da parte sua, sentiva il bisogno di allontanarsi da lei, perché qualcosa in quella ragazza lo faceva stare male.
Decisero di pranzare insieme e quasi immediatamente Ian se ne pentì. Agnes era a disagio e lui non riusciva a farsi passare dalla mente i pensieri che avevano iniziato a assillarlo da quando l'aveva baciata.
Fu un pasto silenzioso e rapido. Quando finalmente si alzarono, Ian dovette trattenere l'impulso di voltarle le spalle e andarsene per un'altra strada.

***

-No, non ci siamo. Fermi un attimo-
I ragazzi smisero subito di suonare dietro l'invito di Agnes. Ian la guardò confuso.
-Cosa non andava?-
-Ero fuori tempo-
Ian trattenne a stento una risposta delle sue. Da quando avevano iniziato le prove si era svelato un lato tutto nuovo di Agnes. Era un tipo puntiglioso, perfezionista. E, dannazione, tendeva a criticare tutto quello che faceva.
-Agnes eri perfetta- intervenne Colin in un tono ragionevole che mal celava la sua esasperazione. Cosa che ovviamente la irritò.
-Colin se usi questo tono potrei pensare che mi consideri pazza-
-Pazza tu? Ma cosa vai pensando! Magari un po' maniacale, ma pazza mai. Te lo giuro!- Rispose con fare teatrale portando una mano sul petto.
Agnes si mise a ridacchiare.
-Te l'ho mai detto che sei un idiota?- chiese ironica.
-Oggi no ma credo che tra un po' mi regalerai la tua dose giornaliera di insulti-
-Colin ce la fate a provare senza di me?- li interruppe Ian, avvertendo un familiare peso al petto.
L'amico aggrottò le sopracciglia e annuì serio.
-Certo, perché?-
-Mi sono venute delle idee per un pezzo a cui sto lavorando da un po'- spiegò mentre, sotto lo sguardo attonito di quattro persone, posava la chitarra e prendeva dallo zaino uno dei suoi tanti bloc notes. -Voi continuate pure, però.-
Odiava quando lo guardavano in quel modo. Come un enigma irrisolto, uno stramaledetto cubo di Rubik che tutti si intestardiscono a risolvere pur odiandolo. Per evitare di incrociare i loro sguardi, chinò la testa sul foglio bianco che aveva di fronte e iniziò a scribacchiare parole prive di senso.
Solo quando il gruppo riprese a suonare, Ian potè tirare un sospiro di sollievo. Ma uno strano impulso lo spinse a sollevare lo sguardo e quello che vide gli procurò una fitta. Agnes, Colin e gli altri erano proprio lì a due passi da lui, tanto che se avesse allungato le mani avrebbe potuto toccarli, stringerli. Ma ai suoi occhi apparivano distanti e inavvicinabili.
Tutti lì dentro nascondevano le proprie chimere, timori inconfessati, sogni spezzati e fragili insicurezze. Eppure non si lasciavano sopraffare e provavano a mandare avanti le loro vite. Ogni giorno affrontavano coraggiosi cambiamenti, reinventavano se stessi secondo le esigenze del mondo circostante. Anche Agnes, nonostante non ne fosse del tutto cosciente, si lasciava travolgere da quel fiume in piena che era la vita. E guardandola adesso, così sicura mentre impugnava il microfono quasi come uno scettro, anche a lui veniva voglia di lasciarsi andare.
Ma questo slancio non era sufficiente. Lui rimaneva immobile, immutato. Dentro di sè era ancora il ragazzino silenzioso che alla scuola e ai rapporti interpersonali preferiva la musica. Un ragazzino rassegnato che, consapevole dei suoi limiti, non credeva nella possibilità di un cambiamento.
Quei pensieri gli diedero almeno l'ispirazione giusta per scrivere il testo di una canzone. Aveva riempito tre pagine di appunti quando la porta dello scantinato si aprì lasciando entrare Astrid.
Dopo qualche minuto i ragazzi decisero di fare una pausa per salutare l'amica.
-Tesoro, c'è Londra piena di te mezza nuda!- Esclamò con il solito entusiasmo, riferendosi ai cartelloni pubblicitari del profumo di cui Agnes era testimonial.
-Mezza nuda...Un parolone! Non si vede neanche mezza tetta-
-Colin- lo rimproverò oltraggiata Agnes.
-Se vuoi ti faccio avere uno degli scatti di prova in cui si vede più roba!-
-Astrid!-
-Stai facendo l'appello, tesoro?-
Agnes la fulminò con lo sguardo, decidendo infine di cambiare discorso.
-A cosa dobbiamo la tua presenza molesta?-
-Avevo voglia di cantare- Rispose la rossa alzando le spalle come se fosse ovvio.
-Carina, guarda che qui non facciamo karaoke- Rispose sprezzante Karl che venne ignorato da tutti quanti.
-Cosa vuoi cantare, dolcezza?- Chiese Dave prendendo in mano le bacchette.
-Rendiamo omaggio alla nostra Regina!-
I ragazzi iniziarono a suonare God save the Queen, accompagnati dalle voci allegre e a tratti stridule di Agnes e Astrid. E così, le ultime prove dei Fifth Beatle prima del grande debutto si trasformarono in una sorta di jam session in cui ognuno suonava e cantava un po' come gli pareva.
Ian li osservava con l'ombra di un sorriso sulle labbra. Per evitare di farsi coinvolgere, si preparò uno spinello e si mise a fumare con molta calma. Ogni sospiro avvelenava gola e polmoni, forse anche la testa. Quasi lo stesso effetto che gli faceva ogni occhiata ad Agnes e Colin. Lo faceva stare male ma non poteva fare a meno di guardarli.
Agnes e Colin erano complici. Si punzecchiavano, si sfottevano ma solo un cieco non avrebbe notato il legame che li univa. Erano due luci che si fondevano insieme, senza che una prevaricasse l'altra. Erano giusti insieme.
E per questo Ian li odiava.
Odiava Colin perché era la persona migliore che lui conosceva, una di quelle persone pronte a tutto pur di vederti sorridere. Lo odiava perché arrivava sempre primo, anche quando si trattava di aiutare Agnes.
Odiava Agnes. E ancora di più odiava i suoi occhi blu perché, quando si posavano su di lui, attraversavano inesorabili quel muro che lo circondava e gli donavano brividi preziosi. Quegli occhi luminosi lo illudevano, gli facevano credere che la felicità fosse proprio lì, a porta di mano. Ma cosa gli restava quando quegli stessi occhi si chiudevano o venivano rapiti da qualcos'altro? Niente, se non lui e il muro che aveva messo tra sé e il mondo.

***

I Fifth Beatle attendevano dietro le quinte il loro momento. A breve avrebbero suonato davanti a qualche migliaio di ragazzi. Gran parte di loro non aveva mai sentito parlare del gruppo ed era lì solo per sballarsi mentre giovani sconosciuti si susseguivano sul palco. Ma non importava, quel concerto era decisivo per il loro ingaggio con la EMI. Se fossero riusciti ad attirare l'attenzione del pubblico, la EMI avrebbe investito molto più denaro sul loro album.
I ragazzi intorno a Ian cercavano di dissimulare il nervosismo. Dave con le bacchette si picchiettava le cosce muscolose a tempo di qualche loro canzone. Karl e Colin commentavano tutto, dai gruppi che stavano suonando prima di loro fino alle tipe che gli passavano accanto.
Ian, invece, stava seduto in silenzio. Non pensava alle canzoni in scaletta, né a quanta gente fosse pronta a farli a pezzi. Ian conosceva con estrema esattezza i pregi e i limiti della band. E per fortuna la paura da palcoscenico non apparteneva a nessuno di loro. O forse, a qualcuno sì...
-Dov'è Agnes?- Chiese a Colin.
-E' andata a salutare Astrid e qualche altra amica. Ma ormai è passata quasi un'ora da quando si è allontanata.-
-Dove stai andando?- Domandò Karl vedendolo alzarsi.
-Vado a cercarla.-
Per fortuna non ci mise troppo tempo. Era in un angolo da sola e l'ansia la stava divorando.
-Agnes, guarda che siamo lì- disse indicando il punto da cui era arrivato.
-Ah, sì. Ora vi raggiungo- rispose la ragazza con voce stranamente acuta.
Ian si chiese come potesse aiutarla a superare le sue paure. Poiché non c'era molto tempo decise per qualcosa di molto diretto.
-Hai visto quante persone ci sono lì fuori?-
-Sì. E' una fortuna. Sì, insomma..Per voi, intendo.- Continuava a parlare in quello strano modo, sembrava che fosse sull'orlo di una crisi di nervi.
-Ma se sbagliamo qualcosa può anche essere una sfortuna. Sì insomma...sarà una figura di merda colossale!-
Ian la vide torturarsi il labbro inferiore con i denti. Se continuava così ci sarebbero voluti i punti.
-Agnes...-
-Ian forse è meglio che mi cancelliate dalla scaletta-
Ecco, la voleva portare proprio a quello. Doveva sfogarsi.
-Posso accettare che mi consideri una ragazzina senza spina dorsale ma l'idea di rovinare la vostra occasione... No, non posso sopportarla!-
-Agnes tu non rovinerai proprio nulla. In queste settimane ti sei esercitata in ogni momento e non ti ho mai sentita fare chissà quali errori imperdonabili-
-Sei tu, cioè voi...siete voi che mi trasmettete sicurezza- gli spiegò senza osare guardarlo negli occhi.
Ian le si fece più vicino e con una mano sul mento la indusse a sollevare lo sguardo.
-Ti ricordi cosa ti ho detto di Stuart Sutcliffe?-
Agnes battè le palpebre mentre mormorava un sì stentato.
-Se quegli estranei lì fuori ti fanno così paura, puoi non guardarli. Se vuoi, guarda me.- deglutì a fatica mentre aggiungeva -O Colin, ciò che ti fa stare meglio.-

***

Il concerto era giunto a metà e i Fifth Beatle si erano mostrati all'altezza delle aspettative. Ian aveva notato quattro errori fino a quel momento. Ma non contavano assolutamente nulla in un concerto. Quello che contava davvero era saper coinvolgere il pubblico, farlo muovere, cantare e urlare. E loro ci stavano riuscendo.
Quando Agnes salì sul palco, Colin le fece spazio spostandosi alla sua sinistra. Non troppo distante. Come a un segnale convenuto, nello stesso istante anche Ian la affiancò. Era il loro modo di starle vicini.
Ian quasi sbagliò accordo quando vide Agnes spingere in maniera impercettibile l'asta del microfono verso destra. In quella posizione, quando lasciò fluire la voce attraverso le labbra, i suoi occhi blu poterono trovare con più facilità e discrezione quelli di Ian. E non li lasciarono per tutta la durata della canzone.
Con quel gesto Agnes aveva riposto in lui tutta la sua fiducia. Gli stava dimostrando che, con lui accanto, poteva superare le sue paure e i suoi limiti. E quell'abbandono così ingenuo gli accese dentro la speranza: con quella donna nella sua vita, Ian sentiva di poter vivere fra tutti coloro che andavano e venivano al di fuori del muro.

***

Gli applausi scroscianti ed entusiasti salutarono la band mentre abbandonava il palco e si dirigeva dietro le quinte. I ragazzi non la smettevano di ridere e compiacersi di quel risultato. E come dargli torto? Erano anni che aspettavano quel momento. E a quanto sembrava quello era solo l'inizio. Il dirigente della EMI li attendeva proprio ai piedi della scalinata: una sfilza di elogi pronti ad uscire dalle labbra stirate in un sorriso compiaciuto.
Ian lo vide appena con la coda dell'occhio. Il suo campo visivo era occupato da ben altra immagine. Agnes era appoggiata ad una parete, dritta e nervosa. Quando lo vide camminare nella sua direzione, assunse un'aria diffidente che mal celava una certa preoccupazione. Forse era colpa del cipiglio sicuro che aveva assunto. Quando le fu di fronte, però, le rivolse un sorriso pieno di calore mentre le portava le mani sui fianchi sottili. L'avvicinò a sè e la baciò come la cosa più naturale e spontanea del mondo.

***

Quando Ian aprì la porta di casa, non ebbero bisogno di accendere alcuna luce. Dalla grande vetrata del soggiorno filtravano le prime luci dell'alba. L'appartamento era immerso in un tenue chiarore.
Fu strano ritrovarsi lì da soli dopo quello che avevano appena vissuto. Un brusco ritorno alla realtà mentre si sta ancora sognando. Quando si voltò in direzione di Agnes, sul suo viso lesse la stessa desolazione.
Lo superò un po' impacciata e si chiuse nella sua stanza. Lui le concesse qualche minuto e  la seguì, bussando e aprendo la porta con cautela. La trovò seduta sul letto, lo sguardo basso e un'espressione contrariata.
-Agy...-
-Niente Agy, Ian. Ho bisogno di capirti- lo interruppe guardandolo dura. -Anzi no, tu devi capire me. Io sono fatta così. Mi manca il coraggio, sono piena di paure. E tu non puoi punirmi quando mi mostro debole e premiarmi quando provo a non esserlo. E' questione di tempo ma prima o poi ti deluderò di nuovo, perché, vedi, questo è un lato di me. Posso provare a correggerlo ma ci sarà sempre. Quindi è meglio se lasciamo perdere, ok?-
-Sei stanca di me-
Agnes alzò la mano come a volerlo bloccare.
-Sono i tuoi sbalzi d'umore, Ian. Mi feriscono-
-E credi che mi comporto così perché ti mostri debole- constatò lui mentre si appoggiava alla parete.
-Sì e non te ne faccio una colpa, credimi. Anche a me...-
-Ma ti sei vista stasera?- sentì il bisogno di interromperla -O magari negli scatti di Astrid? O nell'intervista per quella rivista italiana? Non c'entra niente la tua presunta fragilità.-
-Cos'altro può essere?-
Ian voleva davvero che lei capisse. Voleva raccontarle tutto ma trovare le parole per spiegare quello che aveva dentro era davvero difficile.
-Conosci The Wall dei Pink Floyd?- Cazzo, non sapeva spiegarsi senza dover ricorrere alla musica. Era davvero un idiota.
-Sì ma...- rispose incerta.
-Ma non abbastanza bene, ho capito- Rimase un attimo in silenzio e poi parlò. Parlo per quella che a lui sembrò un'eternità.
-Da bambino ero costretto a trasferirmi da un posto all'altro per via del lavoro di mio padre. Sai, era un diplomatico. Quando arrivavamo in una nuova città, io e mio fratello Daniel non parlavamo con nessuno. Circostanza normale, visto che non conoscevamo la lingua del posto. Poi ci siamo trasferiti a Londra e io continuavo a non parlare nemmeno tra gli inglesi. Mio fratello, invece, ha tentato di...sì, insomma...di adeguarsi. Ma non ha avuto buoni risultati-
Si interruppe mentre un sorriso cinico gli stirava a forza le labbra.
-E considerata la brutta fine che ha fatto, per molto tempo mi sono convinto che adeguarsi a quello che vogliono gli altri sia sbagliato, oltre che inutile. Poi ho conosciuto te e mi hai costretto a rivedere le mie convinzioni. Tu mi fai venire voglia di cambiare, mi hai dato un motivo per collegarmi a questa realtà che ho sempre detestato. Per te vorrei essere un uomo migliore.-
-Ian, io non voglio cambiarti. Voglio te, così come sei- Gli disse con semplicità.
-Questa è una bugia, ingenua ma pur sempre una bugia. A un certo punto capirai di meritare di più e troverai qualcuno che ti merita davvero.-
-Non pretendere di sapere meglio di me quello che voglio.- Lo avvertì mentre arrabbiata si alzava dal letto e gli veniva incontro -Io non ti lascerò.-
-Non fare promesse che non sai se potrai mantenere- Le disse guardandola in quegli occhi blu screziati da ombre grigie.
-E' una promessa e la manterrò, se me ne darai la possibilità.-
-Tutto quello che vuoi, Agnes- mormorò lui.

***

Mentre l'alba lasciava posto ad un mattino insolitamente luminoso, Agnes fece l'amore con Ian. La naturalezza con cui gli fece dono della forma di fiducia più grande gli procurò un profondo brivido. Cercò di darle una prima volta speciale che fosse degna di lei, qualcosa che si avvicinasse alla fragile perfezione di cui si era innamorato.
Quando stavano per addormentarsi, vide che i suoi occhi blu erano limpidi. Non c'era nessun'ombra a incupirli.




Note:
Ciao a tutte!  Oltre che il capitolo, oggi trovo difficile anche scrivere le note. Da un lato vorrei spiegare ogni parola,ogni gesto; dall'altro capisco che è meglio non farlo e lasciarvi alle vostre impressioni.
Mi limito quindi alle solite precisazioni su citazioni e riferimenti musicali.
Nella prima parte c'è un "omaggio" ad un romanzo a cui sono molto affezionata: Alta fedeltà di Nick Hornby. Qui trovate la recensione. I riferimenti sono diversi: il nome del negozio, il suo titolare e ovviamente la particolarità delle classifiche.
Il riferimento ai Rem è stupido, lo so! Ma molti italiani continuano a chiamarli con il nome italianizzato e immagino la faccia schifata di un fissato e snob come Ian.
La foto del profumo a cui si riferiscono tutti nel corso del capitolo è questa.
Nel capitolo più volte faccio riferimento al "muro". Questo perché i pensieri di Ian sono ispirati da The Wall dei Pink Floyd, album che mi ha accompagnata nella scrittura di questo pezzo. Anche il titolo del capitolo è tratto da questo splendido album ed è la canzone che lo conclude: Outside the Wall. Ci sono altre canzoni che mi hanno ispirata: To Sheila dei The Smashing Pumpkins(non ho trovato una bella versione su youtube) e Creep dei Radiohead.
Come sempre, mi rimetto al vostro parere.
A presto,
Agnes








   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: AgnesDayle