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Autore: Anima Viandante    02/11/2011    0 recensioni
Tutti i fans dei Gazette sanno che una volta Kai e Aoi si sono menati di santa ragione. Mi sono sempre chiesta come sia potuto accadere che un santo come Kai si fosse lasciato coinvolgere in questa situazione... beh, questa è la mia versione dei fatti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era troppo tempo che questa storia andava avanti e quel giorno avrebbe chiarito definitivamente i suoi sospetti. Non voleva crederci, o meglio non poteva. Non riusciva proprio ad immaginare che una persona così importante, un amico, un fratello, avesse potuto fargli una cosa del genere. Sbatté la porta d’ingresso della loro sala riunioni e in con un paio di falcate decise raggiunse gli altri. C’era Kouyou in piedi davanti alla porta, probabilmente intento a prendersi il suo solito bicchierino.
“Yuu ben arrivato, sei riuscito anche a battere il mio record di ritardo” questo parole gli uscirono di bocca senza neanche pensarci, lo si capiva dal repentino cambiamento di espressione che gli percorse il viso non appena capì che non era proprio aria. Gli occhi di Yuu dovevano essere davvero infuocati.
“ehi ma che cos’hai?”. Con una leggera spinta lo tolse dal suo cammino, senza curarsi del suo grido di protesta o degli sguardi accigliati degli altri membri del gruppo. Aveva in mente una sola cosa e in secondo fu sul suo obbiettivo. gli prese la mano destra e trovò quello che cercava: un livido sulle nocche, come dovuto ad un pugno, ed un graffio che sembrava essere stato lasciato proprio da dei denti. Non gli lasciò neanche il tempo di aprirsi nel suo solito sorriso di e di chiedergli con la sua aria gentile “cosa succede?”. Sì, probabilmente era questo quello che avrebbe fatto, e non avrebbe che peggiorato la situazione: se c’era qualcuno che sapeva cosa fosse successo qui, era proprio Yutaka.  con tutta la potenza e lira che aveva in corpo assestò un pugno in piena faccia al loro leader.
 
Un pomeriggio, più o meno un mese prima avrebbe giurato di aver visto Yutaka uscire dal vialetto di casa sua. Non poteva esserne certo così il giorno dopo gli aveva chiesto se avesse preso un abbaglio. La sua reazione gli era sembrata alquanto sospetta.
“ti sbagli, perché mai avrei dovuto trovarmi lì?” aveva balbettato, voltandosi di scatto e riprendendo quello che stava facendo. Strano vedere Yutaka così nervoso, ma infondo mancava una settimana al suo compleanno e non gli sarebbe suonato per nulla strano che il suo amico avesse cominciato si da allora a consultarsi con sua sorella pe regali, torta, festa  e tutto il resto. E infatti e sue aspettative vennero soddisfatte: Yutaka gli preparò una torta stupenda, come mai ne aveva viste prima: l’interno di crema era rivestito da uno strato di cioccolato bianco e per decorazione aveva realizzato delle scritte di cioccolata. 5 frasi, 5 come il numero delle persone più importanti della sua vita. Ognuno di loro aveva pensato a qualcosa da dirgli e aveva incaricato il cuoco del gruppo di stamparli nero su bianco sulla torta. Era stato un pomeriggio fantastico, e il ricordo di quell’incontro casuale era già svanito.
 Tutto sarebbe di certo finito lì se non fosse tornato un giorno in anticipo da lavoro. Aveva trovato Yutaka sull’uscio di casa sua, che si chiudeva la porta alle spalle sbattendola sonoramente.
“Yutaka… che cosa ci fai qui?” impossibile descrivere appieno come la sua espressione era passata dalla rabbia, all’incredulità, alla colpa per poi nascondersi dietro un velo di cordialità.
“Yuu.. che fortuna ero passato per incontrare te”.
“beh certo sei a casa mia… ma sapevi che oggi avrei dovuto registrare insieme ad Kouyou, non è da te dimenticartene”
“è vero che sciocco! In questo periodo ho proprio la testa da un’altra parte” dopo qualche secondo di silenzio lo incalzai
“bene… ora sono qui perciò dimmi ”.
“ehm…si ero passato solo per dirti che domani sto invitando tutti a venire da me per guardare un film”
“certo buona idea, basta che non ci propini un dei tuoi soliti polpettoni drammatici”
“no tranquillo, sceglierò una commedia, così magari eviterete di addormentarvi”
“allora non posso mancare. A domani”
“certo a domani”. Nel vederlo scendere le scale mi era parso che avesse lanciato uno sguardo preoccupato verso la mia porta di casa. Sto diventando davvero paranoico, pensai tra me. E invece il mio intuito non aveva mai visto giusto come in quel caso.
“Natsuki, sono a casa” nessuna risposta, solo rumore di acqua proveniente dal bagno. mi diressi verso la cucina e tirai fuori le prime cose che trovai nel frigo.
“Yuu ciao” l’accoglienza di mia sorella era stata piuttosto fredda. Alzai lo sguardo dal mio pasto e la guardai interrogativo.
“ti sembra questo il modo di salutare il tuo fratellone, l’unico uomo della tua vita, luce dei tuoi occhi?” ogni volta che la guardavo non potevo fare a meno di notare quanto fosse bella e quanto ci somigliassimo. Quella sera aveva i capelli pettinati da un lato, a coprire gran parte della fronte e parte dell’occhio sinistro.
“come faremo ad entrarci tutti in questa casa, tu, io e il tuo ego”
“meno male che sei piccola e magra allora” le dissi abbracciandola con tutta la forza che avevo.
“dai Yuu, non fare il cretino, è stata una giornata pesante” nel tentativo di liberarsi dalla mia presa la frangetta le si spostò lasciando scoperta la sua fronte.
“che cos’è quel cerotto?”
“…. Niente, solo un graffio, durante il servizio fotografico ho inciampato sui filo di un faretto e sono caduta. Lo sai che è da poco che porto scarpe di quel tipo no?” era vero, niente l’aveva più sorpreso della sua richiesta di farla entrare nel mondo delle modelle. Era sempre stata una ragazza riservata, che non si vestiva in modo appariscente e non amava per niente i fronzoli. Tutto il contrario di lui ovviamente. Ma la sua richiesta non gli era dispiaciuta e si era fatto subito in quattro contattando i suoi agenti perché le organizzassero un provino. E così aveva iniziato la sua carriera, ed erano ormai sei mesi che non aveva un attimo di tregua: d’altronde aveva il suo stesso fascino.  
“sei davvero un disastro!”
“certo, sono tua sorella! Dai ora lasciami che mi vado a preparare”
“dove te ne vai a quest’ora?”
“festa dell’agenzia, non posso mancare.” Così si era vestita ed era uscita di casa, mentre Yuu si godeva nel suo letto il suo telefilm preferito.
 
La mattina dopo si svegliò alle 6 per prepararsi e raggiungere gli altri in studio. Percorse il corridoio di casa che ormai conosceva a memoria ad occhi ancora chiusi. Li aprì solo una volta in bagno, dove trovò la luce già accesa. Seduta sul wc stava sua sorella, intenta a spogliarsi per mettersi il pigiama ed andare a dormire dopo una notte di follie. La sua pelle bianchissima era diventata in più punti violacea.
“ma cosa sono quei lividi?”
“buongiorno anche a te. Te l’ho detto ieri, sono caduta su un faretto”
“sì, e te lo sei dato addosso alle gambe e alle braccia ripetutamente!”
“lo sai che ho la pelle sensibile. Vado a nanna ora, buona giornata” detto ciò gli diede un bacio sulla fronte e sparì in camera sua. Si sorprese a domandarsi da quando sua sorella le era cominciata a sembrare così distante. Per questo motivo raggiunse i suoi colleghi di pessimo umore e la giornata gli sembrò non trascorrere mai. C’erano tutti eccetto Takanori e Yutaka, che avrebbero registrato il giorno seguente. Finito il lavoro non si trattenne come al solito un’oretta in più al bar con i suoi amici ma si fiondò a casa. Era come se avesse un brutto presentimento, doveva raggiungere sua sorella. Nonostante si fosse sbrigato, arrivò comunque troppo tardi, ma in tempo per vederla prendere l’autobus correndo su vertiginosi tacchi a spillo e con un vestito che lasciava poco spazio all’immaginazione. Dannazione, quando fosse tornata a casa gliene avrebbe dette quattro. Stava per avviarsi al suo palazzo, quando notò qualcosa di familiare; una moto blu, di gusto orribile a suo parere, impossibile da non riconoscere: era la moto di Yutaka, al quale aveva fatto più volte notare che era davvero l’equivalente di un pugno in un occhio. E di li a pochi metri stava il suo proprietario, che stava osservando come lui sua sorella. inforcato il casco, sfrecciò con la sua orribile ma velocissima moto dietro all’autobus. Le coincidenze cominciavano ad essere davvero troppe, ma un ultima briciola di buona fede gli rimaneva ancora in fondo al cuore, perciò preferì chiudere quei pensieri in un angolo remoto del suo cervello e di lasciarli sopiti a meno che non avesse avuto prove schiaccianti.

Ma queste non tardarono ad arrivare. La mattina seguente aveva sentito sua sorella rientrare: aveva passato tutta la notte teso come una corda di violino e non appena aveva sentito il rumore della chiave nella toppa le si era precipitato incontro. Vide sua sorella sussultare alla sua vista e girare il viso.
“Yuu mi hai fatto prendere un accidente. Non dovresti essere a letto?” tentò di sgattaiolare ma il fratello le prese con forza il braccio strattonandola a sé. Aveva il labbro spaccato, e gli occhi gonfi di pianto.
“che ti è successo? Dove sei stata?”
“niente non preoccuparti. Posso spiegarti”
“bene perché non vedo l’ora di sentire tutta la storia”
“si ecco sono andata ad una festa in discoteca con gli altri colleghi. C’è stata una rissa e io mi sono trovata coinvolta”
“non ti sembrano un po’ troppi gli incidenti che ti sono capitati in questo periodo. Non me la racconti giusta, né tu né Yutaka”
“che centra lui? anche se l’hai visto riaccompagnarmi a casa mi ha fatto solo una gentilezza dal momento che ci siamo incontri per caso, non ero insieme a lui!”
“quindi ti ha riaccompagnato. E magari è stato proprio lui a farti tutti questi lividi i giorni scorsi. È da prima del mio compleanno che siete strani”
“lasciami Yuu”
“no, questa volta voglio la verità!”
“ahi, mi stai facendo male” nel tentativo di opporsi al suo divincolarsi le aveva stretto il braccio su uno dei suoi  lividi. Non sopportava l’idea di averle fatto provare anche solo il minimo dolore, lui la voleva proteggere, lui la voleva salvare da chiunque le facesse del male, e invece veniva trattato come un carnefice. Mollò la presa senza riflettere e Natsuki sfruttò l’attimo per sfuggirgli chiudendosi in camera sua.
“Yuu credimi, sono stati degli incidenti. E soprattutto Yutaka non c’entra niente”
“apri quella porta Natsuki” dopo numerosi tentativi privi di risposta decise che se non avrebbe avuto risposte da lei le avrebbe pretese da lui. Si vestì in fretta e uscì di casa dirigendosi allo studio.
E così lo aveva colpito, lui che era la causa della sofferenza sua e soprattutto della sua Natsuki. Continuò a colpirlo finché Akira non lo fermò.
“yu ma che ti dice il cervello, sei impazzito!” quelle parole neanche raggiunsero le sue orecchie. Non avendo più la possibilità di colpire l’avversario gli afferrò la mano urlando con quanto fiato aveva in corpo
“questa mano dovrei tagliartela, così eviterai di malmenare ancora le ragazze indifese.” Quell’affermazione lasciò tutti di stucco, Akira compreso, il quale mollò la presa sul compagno e si voltò con sguardo interrogativo verso Yutaka.
“che cosa sta dicendo? che vuol dire?”
“non so di cosa parli Yuu!” disse Yutaka asciugandosi il sangue che gli usciva copioso dalla bocca.
“dico che sei un figlio di puttana, sporco puttaniere!” “non ti permetto di insultarmi così senza una ragione.” 
“senza una ragione dice lui! La ragione valla a chiedere a mia sorella, che hai violentato come una troietta”
“non ti azzardare ad insinuare una cosa del genere!!” una rabbia cieca si impossessò del batterista che assestò un pugno all’altezza dello stomaco di Yuu. I due cominciarono a darsele di santa ragione, non risparmiando alcun colpo, finché i loro amici non riuscirono a fatica a dividerla.
“io ti farò pentire di essere nato, sporco traditore! Come hai potuto trattare in questo modo una donna. E poi tra tutte proprio mia sorella”
“ma che stai dicendo! Io… io sono innamorato di lei” nessuno riuscì a trattenere Yuu dall’assestare un altro pugno in faccia al batterista
“amore? Tu quello lo chiami amore? L’hai ridotta uno straccio brutto pezzo di merda!”
“se c’è qualcuno che ha evitato che diventasse davvero uno straccio quello sono io! Ho cercato solo di proteggerla da sé stessa e da quello che stava diventando! Se non vuoi credere a me chiedi a lei”
“ma che stai dicendo?” un’espressione sconvolta si dipinse sul volto del chitarrista.
“è vero Yuu. Io conosco la faccenda dal principio. Dovresti parlare con tua sorella prima di lanciare accuse del genere. Dai, Akira ti riaccompagna a casa con la sua macchina” disse Takanori poggiandogli una mano sulla spalla
“non capisco che cosa stiate dicendo, la faccenda mi sembra molto chiara: Yutaka si è approfittato di lei e quando si è visto rifiutato l’ha costretta con la violenza di cui lei porta ancora i segni” lacrime copiose rigavano il volto di Yutaka
“non è vero… non è vero, io la amo” la sua voce si ridusse ad un sussurro "… l’ho amata da sempre…”.
“Kouyou, prepara un thè per Yutaka e portalo di là. Akira tu aiutami a portare Yuu in macchina, ho idea che non voglia sentire ragioni” detto questo Takanori lo fece alzare e lo trascinò per un braccio. Strattonò in malo modo Akira che lo aveva afferrato a sua volta.
“non sono un soggetto potenzialmente pericoloso da portare in carcere. Ho capito vengo con voi” quando uscì insieme ai compagni dalla sala vide Yutaka ancora scosso dai singulti.

  
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