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Autore: Anima Viandante    02/11/2011    0 recensioni
Tutti i fans dei Gazette sanno che una volta Kai e Aoi si sono menati di santa ragione. Mi sono sempre chiesta come sia potuto accadere che un santo come Kai si fosse lasciato coinvolgere in questa situazione... beh, questa è la mia versione dei fatti
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Takanori e Akira li avevano lasciati soli, fratello e sorella. Natsuki gli aveva raccontato tutto: di come Yutaka aveva scoperto che era da tempo che aveva dovuto sottostare le avance sessuali dei suoi capi, di come uno di loro era diventato violento e infine di come l’aveva difesa quella notte evitando che finisse all’ospedale per l’ennesima violenza. Poteva leggere nei suoi occhi il senso di colpa per le offese e le percosse immotivate che aveva dato al compagno. Dopo averla stretta forte e biasimata per averglielo tenuto nascosto, uscì di casa senza spiegazioni, ma Natsuki sapeva che stava andando da Yutaka. Avrebbe voluto poter fare lo stesso, ma la vergogna le impediva di muoversi.

Proprio non riusciva a fermare le lacrime. Per la seconda volta nel corso di quelle 24 ore era stato paragonato ad uno sporco approfittatore e paradossalmente non era stato Yuu ad averlo ferito di più. Dopo aver cercato più volte di convincere Natsuki a lasciar perdere quel lavoro e denunciare i suoi capi, aveva deciso la sera prima di seguirla e proteggerla, anche contro la sua volontà. Avrebbe posto la parola fine a questa storia, che non faceva altro che corroderla dentro. Lo poteva vedere dal suo sguardo, un tempo così vitale ed ero così cupo e schivo. Non sapeva bene da quando era cominciato, ma improvvisamente aveva capito che quegli occhi profondi, specchio della sua anima così semplici, erano diventati per lui unici ed insostituibili. Si erano trovati più volte insieme per motivi futili, organizzare sorprese a questo o quel membro del gruppo, portare il pranzo al suo fratellone distratto per poi fermarsi a prendere il thè insieme. niente di speciale, nessun appuntamento, tutto estremamente casuale e naturale, ma non aveva mai provato niente di così profondo come l’amore per quella ragazza. Niente di più profondo e di più puro. E invece per ben due volte si era visto accusare di essere la causa del suo dolore, di aver insudiciato quel sentimento con violenza e perversione. Ed era stata lei stessa ad insinuarlo la prima volta. Mentre la trascinava via di forza da quella festa/orgia, dopo aver steso quel porco che le aveva messo le mani addosso, lei si era divincolata dalla sua presa e prendendolo per la giacca gli si era avvicinato al viso.
“guarda che se ne vuoi anche tu non hai che da metterti in fila” detto ciò lo aveva spinto contro il muro del vicolo buio in cui si trovavano, e senza preamboli aveva iniziato a slacciargli i pantaloni, non prima avergli ficcato la lingua in gola.
“ma che diavolo pensi di fare?”
“oh non fare il santarellino con me! Ti ho capito subito con i tuoi discorsi da buon samaritano preoccupato per la sua pecorella smarrita: non farti trattare così, liberati di loro. Ma sappiamo entrambi che il tuo interessamento non aveva altro scopo se non quello di sostituirti a loro tra le mie gambe” l’aveva fatto senza pensarci: uno schiaffo forte e deciso sulla guancia, tanto da farla girare di profilo. Si era subito pentito di quell’azione, ma ugualmente non era riuscito più a guardarla in faccia.
“ti porto fuori di qui e poi tolgo il disturbo”. Si avviò verso la sua moto, seguito a ruota Natsuki, che piangeva silenziosamente tutte le sue lacrime. Ora stava lì, seduto nello studio a guardare il thè raffreddarsi senza riuscire a dimenticare lo sguardo pieno di rancore di lei. Non riusciva proprio a conciliarlo con lo sguardo gentile e spensierato che gli aveva fatto sobbalzare il cuore. Inevitabilmente poi la mente correva al suo amico, che tanto immeritatamente l’aveva umiliato.
 
L’aria fredda del mattino non riusciva a cancellare il calore che lo pervadeva per la rabbia e la vergogna. Raggiunse lo studio in un lampo e appena entrato si precipitò dall’amico, trovandolo leggermente più calmo di prima ma nella stessa identica posizione. Gli posò una mano sulla sua e cercò il suo sguardo. lo incrociò per un’istante e vi lesse la sua stessa tristezza. Non poté fare altro che stringerlo forte a sé, scusandosi tacitamente e allo stesso tempo ringraziandolo per quello che aveva fatto. Non avrebbe mai potuto ricambiarlo, perché Natsuki era per lui la cosa più importante al mondo. Forse l’unico modo per farlo era accettare i sentimenti che Yutaka provava per lei. E dopo una tale dimostrazione d’amore non vedeva proprio come avrebbe potuto evitare di farlo.
I giorni erano passati tutti uguali, velocemente, come se niente fosse successo. Non aveva più neanche pensato a riprendere la sua carriera, magari presso un’altra società. Sapeva di essere troppo debole per cancellare quei giorni ed andare avanti. Sarebbe stato troppo penoso ritrovarsi nuovamente in quelle stesse situazioni, il lavoro sarebbe diventato un’angoscia. La cosa che più l’affliggeva era che non era riuscita a ringraziare il suo salvatore. Ogni volta che prendeva in mano il cellulare piena di decisione il ricordo del suo comportamento così offensivo le toglieva il fiato e la spingeva sull’orlo del pianto. Più il tempo passava più si sentiva in colpa, più vedeva lontana la possibilità di prendere coraggio. Da quella sera era passato più di una settimana e non era uscita nemmeno una volta. Si era occupata della casa come mai prima, aveva accudito il fratello, che dal canto suo non era mai stato così affettuoso con lui. Ogni giorno prima di uscire le baciava la ferita sulla fronte.  In quel momento aveva bisogno di tanto affetto, ma pian piano era diventato solo  soffocante. Restare chiusa in casa le dava l’impressione che il tempo si fosse fermato, ma dentro di sé sentiva che invece correva veloce.
 
Non ce la faceva più a vederla vegetare in casa in questo modo. Non si fermava una attimo, e se lo faceva si immergeva in un film o ascoltava la musica a volume altissimo. Era come se volesse stordirsi, evitare di pensare. Come biasimarla. Anche lui non riusciva a non pensare a come avesse fatto a non accorgersi di quello che stava accadendo. Doveva farla uscire, farle affrontare i suoi fantasmi. E poi sapeva che non sarebbe stata sola.
“Natsuki, manca il latte”
“è impossibile, te l’ho fatto comprare proprio due giorni fa.”
“lo so ma l’altra sera ho cenato con latte e biscotti” in effetti si era quasi strozzato per finire il latte. Nella sua ossessiva ricerca dell’ordine, Natsuki le aveva scritto ogni giorno una lista precisa di quello che era necessario comprare.
“ti prego non farmi uscire, sono stanchissimo”. Lesse l’incertezza sul suo volto. Sapeva che prima poi avrebbe dovuto rompere questo guscio
“d’accordo”. Si vestì in fretta, prese i soldi e le chiavi e si avviò verso l’ascensore. L’attesa sul pianerottolo fu snervante. Pensò per un attimo di prendere le scale, ma poi pensò a quanto fosse stanca ed entrò all’aprirsi delle porte. Doveva fare solo tre piani, una distanza brevissimi, ma rimasta solo e chiusa in quello spazio così angusto si sentì mancare l’aria. Quasi corse per uscire dal palazzo e prese una boccata d’aria fresca, chiudendo gli occhi.  
“so che sono un po’ di giorni che non esci, ma mi viene il dubbio che tu sia stata incarcerata da tuo fratello a vederti così felice di uscire” Yutaka la stava guardando con il suo solido sorriso, anche se le sembrava un po’ preoccupato
“stai bene?” rispose di sì con un mugugno e si avviò verso il supermercato.
“spero non ti dispiaccia se ti accompagno”
“certo che no. Anzi vorrei cogliere l’occasione per ringra…”
“non c’è bisogno, non serve rivangare brutti ricordi” dicendo ciò la superò lungo la strada ma venne fermato da Natsuki, che con calore gli strinse la mano e si appoggiò alla sua spalla.
“ti prego resta con me. Non mi sono mai sentita così tranquilla” Yutaka le diede un bacio sulla fronte.
“non potrei mai rinunciare alla tua compagnia Natsuki”.

  
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