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Autore: Apple90    02/11/2011    6 recensioni
[Fan Fiction partecipante all'iniziativa "Birthday-A di Lights" indetta dal Gruppo "Cercando chi dà la roba alla Rowling]
(Spin Off, Prequel di Anima Nera)
One-Shot ambientata nelle Cucine di Hogwarts il giorno di Natale. E di un incontro particolarmente oscuro fra il Vice Comandante Granger e il Principe Oscuro, mago pluri ricercato dal Ministero, che lei conosce meglio di chiunque altro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Harry/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Anima Nera_prologo
Questa Fan Fiction partecipa all'iniziativa "Compleanno di Lights" indetto dalla pagina Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling"

La One-Shot è tratta da ANIMA NERA, chiunque avesse dei dubbi o non capisse la storia è avvisato ^_^





La Guerra del Calzino


Auguri Amica Mia,
Mi sopporti. E ciò basta e avanza.

Capitan Light era, più comunemente, colei che in gergo veniva definita un’istituzione. Un emblema silenzioso. Un osso duro che non si sarebbe mai arreso.

Il suo vero nome era Aranel, che nel linguaggio degli Elfi Domestici significava “Stella del Re”. E lei, con il suo portamento fiero e la sua folta chioma corvina, una Principessa lo sembrava per davvero.

Aranel aveva sessantaquattro anni, un’intelligenza eccellente e una razionalità che nessun altro Elfo Domestico aveva mai dimostrato. Aranel fu la seconda Elfa Domestica ad essersi ribellata alla schiavitù ispirandosi alle avventure di Dobby il Temerario. Dopo essere sfuggita all’ira della sua famiglia nel Kent, aveva vissuto per due mesi nei boschi e si era ritagliata uno spazio in settima pagina della Gazzetta del Profeta per la sua insolita “Guerra del Calzino”, ribellione silenziosa che aveva spronato decine di Elfi Domestici oppressi a ribellarsi al proprio penoso tenore di vita, fuggendo alla ricerca di un futuro migliore.

Ciò non era sfuggito allo sguardo di Minerva McGranitt.

Prima che la comunità magica riservasse alla  giovane Aranel una brutta fine, tre anni dopo la fina della Seconda Guerra Magica, la Preside di Hogwarts aveva provveduto a ingaggiare Capitan Light e il suo piccolo esercito di Elfi nelle Cucine della scuola, con una paga di dieci galeoni settimanali ciascuno. Mance escluse.

Uno stipendio paragonato a quello di molti Maghi Apprendisti. Una follia, aveva commentato acidamente Rita Skeeter nel suo reportage dedicato alla “Guerra del Calzino”. Un gesto folle ed alquanto incomprensibile da una donna ossessionata dall’eredità lasciatale dallo strambo Silente.

Aranel, capo Cuoco e Responsabile delle Cucine di Hogwarts, il mattino di Natale si svegliò molto presto. Fuori dalle finestre della sua piccola stanza del seminterrato si intravedeva un sottile manto innevato che ricopriva i prati della scuola. Come ogni giorno, indossò la divisa e il cappello da chef; e s’avviò fieramente giù per la scala a chiocciola che conduceva nelle cucine deserte. L’orologio appeso alla parete segnava le quattro e dieci del mattino. Mentre i suoi compagni ancora russavano pigramente nelle cuccette del piano di sopra, Capitan Light aveva il compito di redigere l’inventario delle scorte, controllare i forni e gli incantesimi evanescenti delle pietanze. Tutto doveva funzionare perfettamente nella sua cucina. In particolare quel giorno, Natale, dove gli studenti rimasti a Hogwarts e il corpo docenti avrebbe dovuto gustare un pranzo di prim’ordine.

Centodieci… centoundici…

In bilico precario su una cassetta di legno, Aranel ispezionò le file di bottiglie di Fior di Pesco ammonticchiate sugli scaffali della cantina, stringendo al petto un registro consunto. Dopo averli ricontati una seconda volta, strinse le labbra in una smorfia ed arricciò il naso adunco. Mancava una bottiglia.

<< Com’è possibile? Com’è possibile?!>>

Nel registro non furono pervenute nemmeno due uova, uno Zuccotto di Zucca e tre confezioni di Mielecialde. Maledizione.

<< Intruso!>> urlò l’Elfa, che discese con un balzo dalla cassa di legno e s’avviò a grandi passi nelle cucine. In fondo alla sala, seduto a un minuscolo tavolo traballante dove solitamente gli addetti ai dolciumi adornavano le loro pietanze, c’era un Uomo. Era piuttosto alto, i suoi folti capelli corvini scompigliati sfioravano di poco il soffitto, ed era costretto a starsene chino in una posizione goffa e innaturale. Il suo mantello era abbandonato sullo schienale di una sedia. Indossava abiti babbani. Nulla, nel suo aspetto, lasciava presagire che egli fosse un mago. Un maglioncino sobrio color acquamarina, dal quale trapelava il colletto di una camicia, era accompagnato da un paio di jeans scoloriti. E dalle scarpe… erano scarpe? Un incidente cromatico, forse. Con uno stupido, sgargiante baffo trasversale che correva sulla suola.

<< Buon Natale, Capitano.>> disse lui. E i suoi occhi, di una sfumatura scarlatta, la scrutarono intensamente per qualche lungo istante.

<< Si chiama rubare, questo… rubare!>> abbaiò Aranel. E, con un gesto deciso, raggiunse il ragazzo e gli strappò le confezioni di Mielecialde ancora impacchettate dalle mani. << Questo non è un ristorante!>> Rabbiosa, agguantò un mestolo da cucina appeso a un bancale e lo utilizzò per indicarlo con aria minacciosa. << Avevamo un patto, Vesper. Non puoi servirti come ti pare e piace, come se questo posto fosse di tua proprietà.>>

Lui rise. << Avevo fame.>>

<< Buon Merlino, cosa ti è successo alla faccia?>>

<< Effetti collaterali.>>

L’Elfa sospirò. Gli scagliò addosso le Mielecialde rubate e, senza degnarlo di uno sguardo, voltò sui tacchi e s’arrampicò ai fornelli. << Hai un aspetto terribile.>> disse a denti stretti. Agguantò una tazza di terracotta e una brocca di latte fresco, con la quale la riempì fino all’orlo. Poi, con un gesto elaborato delle mani, impose le dita sopra la ciotola e un caldo fumo dall’aroma di miele si sollevò tremolante dalla tazza. << Erano due mesi che non ti facevi vedere. Problemi con i tuoi Pipistrelli?>>

<< Sei l’unica Elfa a possedere il senso dell’umorismo.>>

<< E l’unica a sopportarti.>>

Aranel discese dai fornelli e gli posò la ciotola bollente sul tavolo, davanti ai suoi occhi rossastri. << E’ latte e miele.>> disse, assumendo un tono severo. Le mani lungo i fianchi. Il cipiglio cupo di una professoressa. << Mangiare è importante. Devi farlo, se vuoi toglierti quelle orribili occhiaie. E quell’aria da vampiro che ti ritrovi.>>

Lui scoppiò a ridere. << Va bene, mamma.>>

<< Se qualcuno scoprisse che gli Elfi ti aiutano, Harry Potter. Se qualcuno lo venisse a sapere…>>

<< Ho i miei metodi per passare inosservato.>>

<< Oh, sì.>> Aranel lo guardò come si guardava uno Schiopodo Sparacoda particolarmente aggressivo. << Sono capace a leggere, sai? Ogni giorno la Preside mi dona la sua copia della Gazzetta del Profeta. E ogni giorno leggo delle scorribande, degli omicidi, delle carneficine e delle folli, inutili e stupide corse addosso a quegli attrezzi babbani di Harry Potter. E’ terribile.>>

<< Si chiamano Automobili.>>

<< Si chiama “farsi ammazzare”, Vesper.>>

Lui emise un sospiro. Era il suo soprannome. Non sapeva che cosa significasse, ma tutti avevano iniziato a chiamarlo così dopo che Harry Potter era uscito di senno e aveva deciso di combattere il male a modo suo.

Harry bevve lentamente il latte caldo trattenendo la tazza con entrambe le mani, come se fosse costituita di un materiale prezioso. Non la ringraziò, ma il suo sguardo sollevato bastò a rallegrarla.

Harry Potter era un mago buono. Harry Potter aiutava la gente che soffriva e voleva uccidere silenziosamente chi non meritava di stare al mondo. Come i Maghi malvagi.

Era comparso dal nulla nel bosco quando era da poco sfuggita alla sua famiglia, ancora sporca e sanguinante. Se non fosse stato per il supporto di Harry Potter, non ci sarebbe stata nessuna “Guerra del Calzino”. Nessuna ribellione degli Elfi Domestici.

Harry Potter era stato amico di Dobby. Ed ora era amico di tutti gli Elfi delle cucine.

<< C’è una cosa che devo dirti.>> squittì Aranel, che riprese la sua conta delle uova con il registro consunto stretto fra le manine grassocce. << Una cosa importante, Harry Potter!>>

Lui assunse un’aria allarmata. << Parla piano.>> sussurrò, portandosi l’indice al naso.

Aranel abbassò notevolmente la voce. << Fily e Roger, addetti alla guarnizione dei dolciumi, hanno deciso di onorare il prezioso contributo di Harry Potter alla “Guerra del Calzino”, che ci ha permesso di essere liberi. Nessuno deve sapere che Harry Potter ci ha aiutato, ovviamente, ma vogliamo in qualche modo esprimerti la nostra gratitudine per aver…>>

<< Grazie, Capitano.>> Harry le sorrise. Con un sorriso ampio, disteso, che non aveva nulla a che fare con il mago cattivo che dipingevano tutti i giornali. Aranel capì che forse, dopo tutto, si trovava lì perché non aveva nessun altro posto dove passare il Natale. Era un ragazzo solo.  

<< Potrai rimanere qui a pranzo, Vesper. Mangiare con tutti noi. Fily e Roger ci tengono tanto a consegnarti il regalo personalmente. Hanno passato tutta la sera a decorarlo.>>

<< Mi fermerò molto volentieri.>> Un altro sorriso. Più spento, tirato, di chi stava riportando alla mente qualcosa di spiacevole. << Dopo tutto è Natale. Anche Vesper deve fermarsi a festeggiare il Natale, no?>>

<< Certo che sì!>> squittì l’Elfa.

 

*°*°*°*°*

 

L’orologio appeso alla parete segnava le otto del mattino, e tutti i trentacinque Elfi erano piombati in cucina ed avevano iniziato a lavorare freneticamente in vista del pranzo natalizio, che quell’anno avrebbe avuto come tema principale pietanze di carne, minestroni, Sandwich ripieni, Torte di Carne e Verdura, formaggi e una vasta gamma di dolci decorati, crostate e Zuccotti di Zucca.

Fily e Roger continuarono a lavorare al regalo di Vesper nel bancale in un angolo delle cucine, accanto a Taryl, Cerin e Brok: addetti esperti alla cottura delle carni.

Aranel passò in rassegna tutti i compagni, assicurandosi che il loro lavoro fosse svolto correttamente. Strigliò Lilya per la sua pessima abitudine di impastare frettolosamente i Tortini di Zucca, e passò una buona mezz’ora insieme a Chern e Sparry a sistemare  le centinaia di pasticcini nei vassoi, pronti per essere infornati.

In tutto quel trambusto Harry Potter si mantenne in disparte. A dire il vero, mantenere non fu un termine appropriato. Era ammonticchiato sul piccolo divano stipato nel minuscolo ufficio del retro, dove Aranel si ritirava prima di dormire per redigere i conti e le scorte, perduto in un sonno profondo. Faceva quasi tenerezza.

Nove e trenta.

Hagrid il Guardiacaccia depositò dinnanzi all’ingresso delle Cucine un’enorme cassa di legno traboccante di lepri e donnole cacciate durante la sua ultima battuta nella foresta. Aranel fu costretta a richiamare cinque compagni addetti ai Primi Piatti per trasportare insieme la pesante cassa all’interno delle Cucine, dove gli animali vennero adeguatamente ripuliti e cucinati alla brace.

Dieci e ventitré.

I pasticcini furono tolti dai forni e, al loro posto, vennero inserite le crostate e gli Zuccotti di Zucca ripieni. La cottura dei dolci venne completata nel giro di un’ora e, grazie a incantesimi di lievitazione, i cibi furono sistemati in enormi vassoi e ordinati gli uni sugli altri in enormi carrelli di legno.

Undici e tredici.

Mancava un’ora al pranzo di Natale. L’atmosfera si fece più concitata e tutti gli Elfi aumentarono il carico di lavoro per terminare in tempo la lavorazione dei cibi. Aranel, ansante, s’arrampicò su una cassetta vuota di bottiglie e rimirò i suoi compagni, brulicanti come formiche alle prese con la costruzione del loro formicaio. << Amici!>> strepitò, levando le mani in alto adornate con decina di braccialetti di corda colorati. << Un attimo di attenzione, per favore.>>

Molti occhi a palla rotearono su di lei.

Aranel si morse un labbro. Vederli lì, affaccendati ai fornelli l’uno accanto all’altro: elfi liberi, pagati, spesati e felici. Elfi che adoravano il loro lavoro e, più di ogni altra cosa, la Preside che aveva concesso loro un futuro migliore. Quell’immagine la commosse. Calde lacrime le inondarono gli enormi occhi azzurri. E non riuscì a fare altro che estrarre un’enorme fazzoletto rattoppato da una tasca della divisa da chef, con la quale si soffiò sonoramente il naso. L’unica cosa che riuscì a dire, fra le lacrime, fu: << Buon Natale.>>

<< Buon Natale anche a te, Capitano!>> strillarono molti, in coro.

Aranel si asciugò gli occhi umidi con una manica. Per la prima volta si sentì parte di una grande famiglia.

<< Buon Natale Capitano!>> le voci stridule di Fhinneas e Pergh emersero gioiose dalla ghiacciaia. Poco dopo le loro esili figure avvolte in pesanti parka invernali fuoriuscirono dalla stanza trasportando due grossi prosciutti.

Una vera famiglia.

Un bussare frenetico alla porta la distolse per un attimo dalla commozione del Natale. Discese dalla cassetta e attraversò con passo svelto la calca di compagni che avevano ripreso freneticamente il lavoro. Era compito esclusivo del Capo Cuoco occuparsi dei fornitori. Ma chi avrebbe consegnato delle scorte un’ora prima del pranzo di Natale?

Aranel agguantò il pomello d’ottone. Ci fu il grattare sordo dell’imposta sui cardini. Lentamente, la porta si spalancò.

<< Buon Natale.>>

L’Elfa rimase lì impalata, avvolta nella sua divisa bianca sporca di crema di noce e panna montata. Un mestolo ancora stretto fra le dita. Provò una sensazione nuova, strana, che mai aveva avvertito: era timore. Imbarazzo. Terrore.

Hermione Granger le rivolse un ampio, radioso sorriso. Era in piedi nel corridoio di fronte alla piccola porticina delle cucine, un grosso pacco regalo fasciato con carta rosa pastello stretto fra le mani. Aveva smesso la divisa da Auror e indossato un lungo maglione di lana dal colletto alto, jeans di fattura babbana e stivali invernali. Teneva insolitamente i capelli sciolti. E quasi non la riconobbe. Era… sorridente. Dopo la scomparsa di Vesper non l’aveva mai più vista sorridere, nemmeno sui giornali.

<< G-grazie.>> bofonchiò Aranel. Ricevette l’enorme pacco e faticò a sorreggerlo fra le mani. << Buon Natale anche a lei, Vice Comandante!>> Avrebbe desiderato più di ogni altra cosa voltare rapida sui tacchi e rintanarsi all’interno delle cucine, suo habitat naturale; ma sua immensa gentilezza e l’aiuto che Hermione Granger aveva riservato nei confronti della “Guerra del Calzino” glielo impedì. Si trovava di fronte alla Presidente del C.R.E.P.A., da poco entrato a far parte dei Comitati Ufficiali del Ministero della Magia. Una fedele e preziosa combattente per la libertà degli Elfi.

<< E’ stata molto… gentile! Molto gentile, Vice Comandante. Dico davvero!>> squittì Aranel. Che altro avrebbe potuto dirle? Che un pluriomicida ricercato stava dormendo placidamente nel suo retrobottega? << La ringrazio infinitamente, Vice Comandante. E’ stato un gesto molto carino da parte sua. Un gesto nobile, signorina Granger!>>

<< E’ tutto a posto, Aranel?>> le chiese Hermione. E arricciò il suo naso all’insù in un’espressione teneramente dubbiosa, come se sospettasse qualcosa.

<< Io… sì, certo! E’ tutto a posto, Vice Comandante!>> Aranel fece un passo indietro verso la porta. Strinse forte a sé il pacco regalo. << Buon Natale!>>

E fuggì in cucina, richiudendosi rumorosamente la porta alle spalle. Doveva dirlo a Harry Potter, subito! Vesper doveva sapere, o per lui sarebbe stata la fine. Azkaban! Azakaban! Ecco cosa poteva succedergli. O qualche bacio di qualche Dissennatore. O una maledizione!

<< Harry Potter!>> ululò l’Elfa, piombando rumorosamente nel retrobottega.

Ma, al suo posto di Vesper, ammonticchiato sul letto non c’era nient’altro che un cumulo di coperte stropicciate.

 

*°*°*°*°*

 

Hermione non resistette all’impulso di entrare. Fu più forte di lei. Aprì frettolosamente la minuscola porticina di legno del quinto piano con un pesante chiavistello, facendo grattare rumorosamente la serratura. Ci fu un cigolio sordo e, finalmente, il varco le consentì di addentrarsi all’interno di una classe avvolta nell’oscurità. Il pavimento e le file di banchi erano intaccati di polvere, dal soffitto pendevano decine di ragnatele. Un luogo spettrale, abbandonato, di cui nessuno doveva conoscere l’esistenza.

Quella classe era stata stregata dalla Preside McGranitt in modo che fosse visibile solo dal personale riservato del Ministero. E Hermione Granger, nuova Vice Comandante del Quartier Generale, non aveva resistito alla forte tentazione di vederlo con i suoi occhi. Lo Specchio delle Brame, proprio lì, alto e imponente con le sue decorazioni in oro massiccio e ottone, in un angolo remoto della classe. << Nessuno studente deve avvicinarsi a quello specchio.>>, la McGranitt era stata categorica. << Le menti giovani e inesperte degli studenti potrebbero subire gravi traumi nell’osservare i propri sogni più nascosti manifestati nello Specchio. Ma esso non dona la verità, né altre virtù. Egli è capace meramente di restituire davanti ai nostri occhi ciò che desideriamo più profondamente, e che non possiamo ottenere.>>

Ed era ciò che voleva Hermione. Più di ogni altra cosa.

Lentamente, compì un passo dinnanzi allo Specchio delle Brame.

Una sua copia sorridente, dagli splendidi capelli lisci ben pettinati e un delizioso abito color lavanda dalla gonna a pieghe, le restituì lo sguardo. Era in piedi in un campo nella brughiera inglese. Stringeva in mano una pochette a frange. L’altra era intrecciata alle dita di un ragazzo, del quale il volto in penombra era difficilmente visibile. Hermione si avvicinò maggiormente allo specchio, cercando di identificarlo, e in quell’istante un respiro gelido sulla sua schiena le ghiacciò ogni goccia di sangue che le scorreva nelle vene.

Chi era?

Era un’Auror ben addestrata. Non diede il tempo al suo cervello di razionalizzare l’accaduto. Estrasse rapida la bacchetta da una tasca del mantello, voltandosi rapidamente per tenere sotto tiro l’aggressore. Ma non c’era nessuno.

Cosa diavolo…

Un crepitio dal soffitto. Degli stridii sordi. Poi un frenetico battito d’ali. Hermione levò gli occhi in alto, rimirando nient’altro che buio. Ancora stridii. Erano Pipistrelli.

Ne seguì un lungo, cigolante lamento. E i pipistrelli che pendevano dalle volte del soffitto discesero giù verso di lei con una velocità disarmante, sbattendo forte le loro piccole ali pelose, stridenti come forsennati, finché non l’avvolsero quasi completamente, facendole fuggire la bacchetta di mano. Hermione urlò e si dimenò per scacciarseli di dosso. I suoi strilli disperati parvero abbracciare delle frequenze di ultrasuoni.

<< Basta così, ragazzi.>>

Come se fossero stati richiamati dal loro padrone, tutti i pipistrelli scomparvero all’istante e tornarono in volo radente ad annidarsi nell’oscurità. Hermione fu pervasa da un conato di vomito.

<< Buon Natale, Vice Comandante.>>

Quella voce. La sua voce. Era uscita dallo Specchio?

Hermione si voltò, rapida. E il sorriso sinistro del Principe Oscuro le sorrise attraverso il vetro. I suoi occhi rossi dardeggiarono nel buio. Si sentì sollevata all’idea che fosse un mero riflesso di uno specchio, imprigionato al suo interno. Harry Potter, il male, il nemico del Ministero. Se lo solo avesse avuto fra le mani…

Dal soffitto provennero altri stridii sinistri.

<< C’è una cosa molto importante che devi sapere, Vice Comandante.>>

Hermione tornò a guadare lo Specchio. Harry era sparito. Al suo posto c’era solo la sua copia felice e sorridente persa nel prato, che coglieva serena mazzi di margherite insieme a una bambina della quale non riusciva a intravederne il volto. Aveva una chioma di ricci capelli castani e due profondi, enormi occhi verdi…

<< Io non sono malvagio.>>

Altri stridii. Un battito d’ali. Hermione temette che quelle schifose creature tornassero giù di nuovo, e compì un balzo all’indietro. La sua schiena cozzò contro qualcosa di duro e non riuscì a trattenere un urlo stridulo.

Vesper era lì. Vero. In carne ed ossa.

I suoi occhi rossi penetrarono il buio come due rubini luminosi. Erano elettrici. Erano… non riusciva a spiegare a parola l’innata sensazione di timore che trasmetteva quello sguardo:  un misto di malvagità e rancore, di dolore represso. Di un ragazzo perduto.

<< Tu non sei reale. Tu sei solo una proiezione di quello Specchio.>> disse Hermione, risoluta. Cercò di mantenere un contegno composto. Si chinò e raccolse la bacchetta, senza mai dargli le spalle. Qualunque cosa fosse, la McGranitt aveva profondamente ragione. Nessuno studente doveva giocare con quello Specchio.

<< Io non sono reale?>> Rise. Una risata fredda. Sinistra. Divertita. << Come preferisci, Vice Comandante. Fossi in te, ed è un consiglio spassionato, eviterei di stare troppo attaccato a quello Specchio. Ho avuto spiacevoli esperienze. Creature che balzano fuori dal nulla, sogni imprevedibili…>>

<< Silenzio!>> abbaiò Hermione, che proiettò la bacchetta nella sua direzione. << Ora ritorna nello specchio. Sparisci!>>

Harry rise. Venne fuori dall’ombra e il suo viso diafano venne illuminato dal chiarore della sua bacchetta. Era un mostro. Un mostro. Una creatura demoniaca maledettamente affascinante, pallida e sinistra, ma con una profonda tristezza negli occhi. E le sue labbra sottili, il suo naso, ogni più piccolo particolare di quel viso che conosceva alla perfezione. Ebbe voglia di sfiorarlo. E, senza che se ne accorgesse, la sua mano si levò verso il suo viso. << Tu sei… irreale.>> bofonchiò Hermione. << Sei un sogno. Sei una specie di illusione. Dio, no. No. Sto impazzendo.>> Rise, pianse e singhiozzò al tempo stesso. Stava completamente delirando. Forse il trucco più semplice era chiudere gli occhi, respirare profondamente e ritornare sui propri passi per terminare il tour degli auguri di Natale.

Non ebbe alcun effetto.

Quando riaprì le palpebre Harry era sempre lì, sorridente. Ma questa volta la sua risata fu profonda, come se non si divertisse così da anni.

<< Mettiamola così, Vice Comandante. Io sono un miraggio. Una meravigliosa illusione.>> Fece una pausa, mordendosi un labbro per trattenete una risata. << Ora mi ascolti?>>

<< Ti prego. Sparisci. Io non volevo, va bene?>> Hermione si portò le mani nei capelli. << Non volevo mettermi davanti a quello Specchio. Non volevo…>>

<< Ssshht.>> Lui le posò una mano sulle labbra. Il suo sguardo si fece serio. << La McGranitt è stata perentoria. Che nessuno fissi lo Specchio! Lei non è una sprovveduta, Hermione. Avrà avuto i suoi buoni motivi per dire una cosa del genere. Ma non aveva fatto i conti con la curiosità di Hermione Granger. Non è vero?>>

<< Io non so cosa tu sia, ma devi tornartene là dentro. Subito.>>

Harry rise. << E va bene.>> mormorò, più a sé stesso che a lei. << Volevo parlarti, almeno una volta. Ma credo che un miraggio sia poco credibile, ancor meno della sua controparte reale pluri-ricercata dal Ministero. Mi arrendo.>>

<< Bravo. E ora…>>

<< Sparisco, sì. Ho capito.>> Harry trasse un profondo sospiro. Poi fece scivolare le mani sulle sue spalle, trattenendola delicatamente. Quel contatto la fece trasalire. Era tangibile. Reale. Vero come non mai. Che cosa stava succedendo?

<< Mi permetti un’ultima cosa, Vice Comandante?>>

Hermione rimase lì impalata a fissarlo, persa in quello sguardo folle, e maledettamente ipnotico. Non ebbe il tempo di replicare. Vide il suo viso farsi più vicino, e la sua testa immersa nel vuoto non le trasmise alcun segnale di allarme. Aveva la bacchetta in mano. E il miraggio di Harry la stava per baciare. Non fece nulla per impedirglielo. Lasciò che le labbra di Harry incontrassero le sue, avvertì le sue mani cingerle delicatamente i fianchi. Troppo vere. Troppo reali. Come se stesse vivendo un sogno capovolto, o fosse precipitata all’interno dello specchio. Nella sua realtà.

Quando il suo cervello comprese, quando finalmente la pazzia venne sostituita alla fredda razionalità, fu ormai troppo tardi. Cercò di divincolarsi, e gli assestò dei pugni violenti contro il petto, ma la sua presa si fece più ferrea e la sua bacchetta gli fu sfilata abilmente dalle dita. Ma più tentava di fuggire, più il desiderio di baciarlo diveniva latente.

Si baciarono ancora. E ancora. Per quelle che le parvero ore. La concezione del tempo nella sua testa venne sostituita da un profondo strato di nebbia, il cuore impazzito e martellante nel suo petto. La stanza si riempì dei loro sospiri sommessi.

<< Sei davvero tu?>>

Silenzio. Un lontano fruscio di vento. Hermione riaprì gli occhi, scoprendo che Vesper, o il suo miraggio, o cosa diavolo fosse, era sparito nel nulla. Dissolto nel buio.

 

**°*°*°*°*

 

 

 

 

   
 
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