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Autore: samek    04/11/2011    8 recensioni
Reincarnation!AU - Arthur era un ragazzo normale, figlio del preside del college Camelot, poi iniziarono i sogni.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi | Personaggi: Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Fandom: Merlin.

Pairing: Arthur/Merlin.

Rating: Pg;

Genere: Introspettivo, Romantico.

Warning: Reincarnation!AU, Pre-Slash.

Words: 883 (fiumidiparole).

Summary: Arthur era un ragazzo normale, figlio del preside del college Camelot, poi iniziarono i sogni.

Note: Scritta per il prompt: Merlin, Arthur/Merlin, Reincarnation!AU In cui è Arthur a ricordare tutto e non Merlin. Merlin che non sa come gestire la sua magia e Arthur deve aiutarlo di chibi_sare11 per la Notte Bianca di maridichallenge. Il titolo della storia è un verso di Stripped dei Depeche Mode.

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono, non ci guadagno nulla ù_ù

 

Take my Hand, Come Back to the Land

 

I sogni cominciarono quando Arthur compì vent’anni –  sogni bizzarri di duelli e di tornei, di dame e di mostri – solo che lui sapeva che non erano sogni veri. Erano ricordi. Ricordi di una vita passata, e gli facevano una paura fottuta, perché tutto quello… tutto quello non poteva essere reale, andiamo. Draghi? Magia? E poi cosa, avrebbe scoperto che Morgana era davvero sua sorella e non la figlioccia di suo padre? Ridicolo. Il solo pensiero era vagamente inquietante, perché Morgana era un po’ – molto – spaventosa ed Arthur preferiva averci a che fare il meno possibile, grazie tante.

E non poteva parlarne con nessuno, perché anche se i suoi genitori erano dei fan del ciclo arturiano, Uther – sì, be’, se Arthur si chiamava così un motivo c’era – non avrebbe esattamente fatto i salti di gioia se lui all’improvviso gli avesse detto: «Papà, io sono Re Arthur. Quel Re Arthur». E, insomma, lui era un ragazzo intelligente, non ci teneva a finire dallo strizzacervelli.

Poi i sogni non erano così male, potevano anche essere interessanti ed avvincenti, e ad Arthur faceva un po’ ridere come le cose fossero state stravolte dalla letteratura, se pensava a quanto fosse tamarro Gwaine e al fatto che non ci fosse un solo capello biondo tra i ricci della sua Guinevere, che – tra parentesi – non era affatto una spocchiosa principessina delicata.

Ed era bello rivedere tutti loro, ritrovarli e sapere che ora erano un po’ tutti più felici, avere la possibilità di conoscere sua madre e la sua passione per il cibo cinese, giocare a football con Leon, Percival e Gwaine, perfino vedere Gwen e Lancelot passeggiare mano nella mano – ad Arthur non dava fastidio, perché il suo amore apparteneva ad un’altra vita, apparteneva al sogno, e nel presente restava solo il calore dolce di un bacio.

Poi una mattina Arthur si era ritrovato nel cortile del college – il Camelot e, sul serio, suo padre era il preside, ma doveva un tantino smetterla con queste fisse – a fare qualche passaggio con i suoi amici, quando Gwaine gli era arrivato addosso, passandogli un braccio attorno spalle ed arruffandogli i capelli, e lui aveva mancato la palla. E siccome le disgrazie non vengono mai sole, quella era andata a schiantarsi dritta dritta sulla faccia di un ragazzetto mingherlino che stava passando lì accanto.

Arthur si era voltato per scusarsi – un «Ops! Tutto bene, amico?» già sulla punta della lingua –, ma le parole non gli erano uscite di bocca, perché gli occhi blu che lo stavano fissando erano in ogni suo sogno e lui era possibilmente un po’ innamorato di loro, e li avrebbe riconosciuti anche se non fossero stati accompagnati da quelle assurde orecchie.

«Non ti scusare, non c’è problema» ironizzò Merlin, con la sua solita linguaccia, e all’improvviso Arthur ricordò tutti i motivi per i quali adorava metterlo alla gogna.

«Scusa, sono stato distratto dalle parabole che ti spuntano dai capelli» rispose, prima di riuscire a trattenersi, come se non avessero fatto altro che battibeccare in questi toni fino ad un momento prima. Ma quando gli altri ragazzi scoppiarono crudelmente a ridere e Merlin arrossì imbarazzato, si rese conto che no, razza di testa di legno che non era altro, non era affatto così, e aveva appena sbeffeggiato uno sconosciuto senza alcuna delicatezza – essendo lui in torto, per di più.

La palla sembrò schizzare da sola da terra, dov’era caduta, e piantarsi nella sua fronte, facendogli vedere le stelle per una manciata di secondo. E, okay, Arthur se l’era meritato, ma qui non sì stava giocando ad armi pari, maledetto prestigiatore da quattro soldi.

Quando si riprese, però, Merlin gli restituì uno sguardo spaventato, prima di fuggire via. E di colpo Arthur capì. Merlin non sapeva, non lo ricordava, proprio come gli altri; lui – il Re per sempre – era l’unico a ricordare. Merlin non sapeva della magia, e se lei si era si svegliata da poco come i suoi ricordi, allora doveva essere maledettamente terrorizzato.

Leon gli afferrò un braccio, quando lui fece per corrergli dietro. «Dai, non infierire» disse, trattenendolo.

«Non-» iniziò lui «Voglio solo scusarmi» lo rassicurò, prima di slanciarsi al suo inseguimento.

Lo trovò sul terrazzo del dormitorio B; Arthur non aveva idea del perché si fosse diretto subito lì, ma era sicuro di sapere dove Merlin sarebbe andato. Ed infatti eccolo là, i gomiti appoggiati al parapetto, le spalle curve e le mani tra i capelli.

«Merlin» lo chiamò, e lui sussultò, ma lo sguardo che gli rivolse quando si voltò era perplesso.

«Dici a me?» domandò. «Senti, se sei venuto per fare a pugni-»

Arthur si accigliò, smettendo di ascoltarlo; era sicuro di non essersi sbagliato, quello era Merlin, il suo Merlin. Poi arrivò l’illuminazione divina. «Emrys?» ritentò e lui sbatacchiò le ciglia, sorpreso.

«Come sai il mio nome?»

«So un sacco di cose» rispose quindi, accennando un sorriso ed appoggiandosi di spalle contro la balaustra, accanto a lui. «So che abbiamo la stessa età, che sono stato un idiota, prima, e…» che quel punto sotto l’orecchio, che ora stai lasciando scoperto, ti fa mugolare ed arricciare le dita dal piacere «… che diventeremo ottimi amici».

«Ah, sì?» replicò lui, sarcastico.

«. Sono Arthur» gli tese la mano, allora «Arthur Pendragon».

Quando Merlin la strinse, tutto tornò al posto giusto. Il giorno dopo i sogni smisero di tormentarlo.

 

FINE.

   
 
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