Capitolo
3: Ritorno alla vita.
“Ma
cosa? D-dove sono?”, domandò Usagi, non rendendosi
ancora conto esattamente del luogo in cui si trovasse.
“Sei
a casa mia, Usa. Sei a casa tua.”, le disse Mamoru,
teneramente.
“Dottor
Chiba, è lei?”, sussurò la ragazza,
sollevandosi e mettendosi seduta.
Già,
lui per lei era il dottor Chiba e non più il Mamoru che
aveva conosciuto quella volta saltando nel vuoto.
“Come
ti senti?”, le chiese con un velo di tristezza.
“Sto
male! Sto malissimo! Non riesco a ricordare chi sono, per quanto mi
impegni! Ho cercato, provato, mi sono sforzata di rimembrare qualcosa,
ma ogni mia fatica è inutile!”, urlò la
giovane, con le lacrime agli occhi.
Cominciò
a piangere insistentemente, singhiozzando.
“Perché,
perché è successo a me, dottor Chiba? Che ho
fatto io di male per meritarmi questo? Perché sono sola al
mondo? Perché nessuno mi cerca? Chi è mia madre?
Chi sono i miei amici? Perché nessuno chiede di
me?”
Alla
vista di quella piccola creatura disperata, all’uomo si
spezzò il cuore. La strinse forte a sé.
Non
riusciva più a sopportare che quei bellissimi occhi azzurri
si dilaniassero con il pianto.
Al
toccare il suo petto con il viso, ad Usagi girò forte la
testa.
Lo
amava, lo amava silenziosamente. Forse se non ci fosse stato lui nella
sua vita, l’avrebbe già fatta finita.
Anche
se il suo era un amore destinato a rimanere platonico, continuava a
provare un sentimento disinteressato per quell’uomo che le
aveva salvato la vita.
“Usako,
sfogati! Ne hai tutto il diritto, però ti prego non scappare
come hai fatto oggi! Non lo sopporterei un’altra
volta!”, le confessò, guardandola negli occhi.
A
quelle parole, pronunciate con una grande sincerità, la
ragazza arrossì.
Possibile
che avesse una chance con il medico? Ma no, lui provava solo una grande
tenerezza nei suoi confronti.
“D’accordo,
glielo prometto!”, finì col dirgli.
Mamoru
le sorrise. Era bello vederla rossa in faccia.
Possibile
che fosse innamorata di lui? Ma no, lei provava solo riconoscenza nei
suoi riguardi. Anche se un po’, in fondo, ci sperava.
Ora,
però, non era tempo di pensare a queste cose.
“Usagi,
ascoltami. Ho deciso di aiutarti nel ricordare. Ho il dovere di
renderti di nuovo padrona della tua vita. Hai il diritto di conoscere
il tuo passato.”, le rivelò.
La
ragazza rimase di stucco. Non si aspettava un comportamento simile. Per
lei, lui era il freddo dottore che l’aveva strappata alla
morte. In fondo, le ripeteva sempre di ricominciare da zero.
“Grazie
Dottor Chiba!”, gli pronunciò timidamente.
“Dai,
smettila di darmi del lei. Non chiamarmi Dottor
Chiba! Chiamami semplicemente Mamoru!”, le disse,
scherzosamente, accarezzandole i sottili capelli.
“D’accordo
Mamo!”, esclamò la giovane, ridendo di gusto.
Nel
dire Mamo,
ebbe una scossa in testa. Vide sé stessa baciare un ragazzo
simile a lui su una pista di atterraggio o una cosa del genere.
“Tutto
ok, Usa?, le domandò il medico, preoccupato nel vederla
toccarsi il capo.
“S-sì,
tranquillo!”, le rispose Usagi, non rivelandogli nulla sul
flashback che aveva appena avuto.
Possibile
che avesse già conosciuto Mamoru prima
dell’incidente? Un dubbio l’assalì. Era
probabile! Perché altrimenti non l’avrebbe mai
fatta soggiornare nella sua abitazione. Ma allora perché non
glielo confessava? Forse, lo avrebbe dovuto sapere a tempo debito.
Sì, doveva essere per forza così.
“Senti,
Usa! Adesso devo correre al lavoro! Mi raccomando, fai la brava! Poi
stasera ti porto fuori a cena!”, le disse il bel dottore.
Usagi
arrossì nuovamente.
L’uomo
dei suoi sogni l’aveva praticamente invitata per un
appuntamento romantico. Anche se vivevano assieme, quello era pur
sempre un appuntamento.
“D’accordo,
Mamo! Buon lavoro!”, gli sussurrò, mentre il
ragazzo varcava la porta di casa.
Di
nuovo quella scossa dopo aver pronunciato il suo nome. Questa volta,
vide sé stessa volare assieme a lui. Come era possibile? Era
forse una paracadutista?
Si
alzò velocemente dal letto e andò in bagno a
sciacquarsi il viso.
Doveva
sapere assolutamente se era davvero Mamoru l’uomo che le si
era insidiato nei brevi fotogrammi della sua memoria.
Decise
di indagare nella sua villa. Iniziò ad ispezionarla con cura
per vedere se era in grado di trovare qualche indizio che potesse
confermare la sua idea.
Aprì
gli armadi, guardò dentro i cassetti, sulle mensole, dentro
i libri, ma niente. Non trovò nulla.
“Non
è lui!”, sospirò tra
l’amareggiato e il tranquillo.
Poi
qualcosa catturò i suoi occhi. C’era qualcosa che
stava brillando sul piano della cucina, grazie ai raggi del sole.
Si
avvicinò per vedere cosa fosse.
Era
un volantino argentato.
Nel
prenderlo tra le mani, si bloccò.
Lesse
“Corso di paracadutismo gratuito”.
Si
gelò per un attimo.
Quel
ragazzo che aveva baciato, con cui aveva volato era proprio Mamoru!
Lasciò
cadere quel foglio e si mise le mani in faccia.
“Ho
baciato Mamo! Ho baciato Mamo!”, ripeteva senza sosta.
“Ora
non potrò più vederlo in faccia! Mamma mia, che
vergogna! Un momento, però. Questo è un buon
segno. Vuol dire che piano piano riuscirò a ricordarmi tutto
di me!”, esclamò soddisfatta.
Passò
il pomeriggio guardando la TV e pensando a cosa indossare per la sera.
Dopo
aver scartato numerosi abiti, ne scelse uno nero, che arrivava al
ginocchio, a maniche corte.
Ben
presto calò il buio e Mamoru non rientrava.
“Uffa,
sono quasi le 22 e Mamo ancora torna! Ho fame!”, si
lamentò la ragazza.
D’un
tratto la porta si spalancò.
“Scusami,
Usa! Ho avuto un’emergenza! Vado un attimo a cambiarmi e
arrivo!”, le disse velocemente.
Usagi
lo guardava con occhi sognanti. Come era bello il suo Mamo! Dopo aver
scoperto di averlo baciato, gli sembrava ancora più speciale.
“Lo
amo! Lo amo tanto! Ma non riesco a rivelarglielo! Forse ho troppa paura
di perderlo!”, rifletteva, sconsolata.
“Eccomi,
sono pronto!”, esclamò l’uomo, uscendo
poco dopo dalla sua camera da letto.
Alla
sua vista, Usagi tremò.
Era
troppo affascinante con lo smoking. Era convinta che si sarebbe sentita
male solo a guardarlo.
Anche
Mamoru era rimasto senza parole alla vista della ragazza. Era davvero
bellissima.
“Usako
se sapessi quanto ti amo! Ma non posso dirtelo. Non voglio perderti!
Voglio accompagnarti verso una nuova rinascita!”,
pensò il medico tra sé e sé.
“Andiamo,
Usa!”
Uscirono
dalla villetta e salirono nella elegante macchina di Mamoru.
“Sai
Mamo, sono contenta che tu mi abbia invitata a cena!”, gli
rivelò la biondina.
“Sono
contento, Usako! Mi piace vederti tranquilla!”, rispose il
medico, sorridendole.
Quel
sorriso le fece sciogliere il cuore. Allo stesso di tempo, si sentiva
anche un po’ in colpa. Non gli aveva confessato di essersi
ricordata di loro due che saltavano nel vuoto e di loro due che si
baciavano. Era troppo imbarazzante!
“Siamo
arrivati, Usa!”, le disse il bel dottore , dopo aver
parcheggiato, distogliendola dai pensieri.
Scesero dall’auto ed entrarono in un magnifico ristorante di lusso.
Usagi non credeva ai suoi occhi!
La sala era enorme e illuminata da antichi lampadari di cristallo ricoperti in oro massiccio appesi al soffitto, che richiamavano il pavimento in marmo lucido dello stesso colore. Sembrava ci si potesse specchiare!
I tavoli poi erano davvero splendidi: ovali, in legno scuro, e coperti da meravigliose tovaglie bianche decorate da fili d'oro, che si incontravano ai bordi formando ali di farfalle. Al centro di ognuno c'erano 3 candele accese, 2 bicchieri di cristallo lucente(uno per l'acqua e uno per il vino), il tovagliolo color panna che si sposava benissimo con la tovaglia e le posate che brillavano in un gioco di luci e colori.
Anche
le sedie erano eleganti: in stile classico, erano nere in ferro
battuto,con lo schienale in volute.
“Benvenuti!”,
gli disse il concierge all’ingresso.
“Un
tavolo per due, grazie!”, esclamò il ragazzo.
“Prego,
accomodatevi pure!”, li incitò il cameriere,
accompagnandoli al tavolo e lasciando loro il Menu.
“Mamo,
che posto carino!”, gli fece notare Usagi, visibilmente
attratta dallo sfarzo di quel locale.
“Sono
contento che ti piaccia!”, le rispose orgoglioso il ragazzo.
Lo
rallegrava il pensiero della sua Usako felice e sorridente.
Avrebbe
voluto vederla sempre così.
Improvvisamente,
si udirono dei piatti cadere.
Una
ragazza dai capelli corti, color biondo cenere, che lavorava
lì, stava guardando dalla loro parte.
“Usagi
sei proprio tu?”, le chiese, commossa.