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Autore: ma89vi    04/11/2011    4 recensioni
Salve a tutti! Mi scuso anticipatamente se eventualmente ci possano essere degli errori, ma sono nuova e non ancora sono pratica nel pubblicare storie! Spero che la storia vi piaccia!:)
Dal prologo: "Usagi non ricordava niente del suo passato. Da quel maledettissimo incidente, o almeno così le aveva raccontato quell’uomo. Quell’uomo con il camice bianco che l’aveva salvata, l’aveva accudita, si era preso cura di lei..."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Capitolo 3: Ritorno alla vita.

 

“Ma cosa? D-dove sono?”, domandò Usagi, non rendendosi ancora conto esattamente del luogo in cui si trovasse.

“Sei a casa mia, Usa. Sei a casa tua.”, le disse Mamoru, teneramente.

“Dottor Chiba, è lei?”, sussurò la ragazza, sollevandosi e mettendosi seduta.

Già, lui per lei era il dottor Chiba e non più il Mamoru che aveva conosciuto quella volta saltando nel vuoto.

“Come ti senti?”, le chiese con un velo di tristezza.

“Sto male! Sto malissimo! Non riesco a ricordare chi sono, per quanto mi impegni! Ho cercato, provato, mi sono sforzata di rimembrare qualcosa, ma ogni mia fatica è inutile!”, urlò la giovane, con le lacrime agli occhi.

Cominciò a piangere insistentemente, singhiozzando.

“Perché, perché è successo a me, dottor Chiba? Che ho fatto io di male per meritarmi questo? Perché sono sola al mondo? Perché nessuno mi cerca? Chi è mia madre? Chi sono i miei amici? Perché nessuno chiede di me?”

Alla vista di quella piccola creatura disperata, all’uomo si spezzò il cuore. La strinse forte a sé.

Non riusciva più a sopportare che quei bellissimi occhi azzurri si dilaniassero con il pianto.

Al toccare il suo petto con il viso, ad Usagi girò forte la testa.

Lo amava, lo amava silenziosamente. Forse se non ci fosse stato lui nella sua vita, l’avrebbe già fatta finita.

Anche se il suo era un amore destinato a rimanere platonico, continuava a provare un sentimento disinteressato per quell’uomo che le aveva salvato la vita.

“Usako, sfogati! Ne hai tutto il diritto, però ti prego non scappare come hai fatto oggi! Non lo sopporterei un’altra volta!”, le confessò, guardandola negli occhi.

A quelle parole, pronunciate con una grande sincerità, la ragazza arrossì.

Possibile che avesse una chance con il medico? Ma no, lui provava solo una grande tenerezza nei suoi confronti.

“D’accordo, glielo prometto!”, finì col dirgli.

Mamoru le sorrise. Era bello vederla rossa in faccia.

Possibile che fosse innamorata di lui? Ma no, lei provava solo riconoscenza nei suoi riguardi. Anche se un po’, in fondo, ci sperava.

Ora, però, non era tempo di pensare a queste cose.

“Usagi, ascoltami. Ho deciso di aiutarti nel ricordare. Ho il dovere di renderti di nuovo padrona della tua vita. Hai il diritto di conoscere il tuo passato.”, le rivelò.

 La ragazza rimase di stucco. Non si aspettava un comportamento simile. Per lei, lui era il freddo dottore che l’aveva strappata alla morte. In fondo, le ripeteva sempre di ricominciare da zero.

“Grazie Dottor Chiba!”, gli pronunciò timidamente.

“Dai, smettila di darmi del lei. Non chiamarmi Dottor Chiba! Chiamami semplicemente Mamoru!”, le disse, scherzosamente, accarezzandole i sottili capelli.

“D’accordo Mamo!”, esclamò la giovane, ridendo di gusto.

Nel dire Mamo, ebbe una scossa in testa. Vide sé stessa baciare un ragazzo simile a lui su una pista di atterraggio o una cosa del genere.

“Tutto ok, Usa?, le domandò il medico, preoccupato nel vederla toccarsi il capo.

“S-sì, tranquillo!”, le rispose Usagi, non rivelandogli nulla sul flashback che aveva appena avuto.

Possibile che avesse già conosciuto Mamoru prima dell’incidente? Un dubbio l’assalì. Era probabile! Perché altrimenti non l’avrebbe mai fatta soggiornare nella sua abitazione. Ma allora perché non glielo confessava? Forse, lo avrebbe dovuto sapere a tempo debito. Sì, doveva essere per forza così.

“Senti, Usa! Adesso devo correre al lavoro! Mi raccomando, fai la brava! Poi stasera ti porto fuori a cena!”, le disse il bel dottore.

Usagi arrossì nuovamente.

L’uomo dei suoi sogni l’aveva praticamente invitata per un appuntamento romantico. Anche se vivevano assieme, quello era pur sempre un appuntamento.

“D’accordo, Mamo! Buon lavoro!”, gli sussurrò, mentre il ragazzo varcava la porta di casa.

Di nuovo quella scossa dopo aver pronunciato il suo nome. Questa volta, vide sé stessa volare assieme a lui. Come era possibile? Era forse una paracadutista?

Si alzò velocemente dal letto e andò in bagno a sciacquarsi il viso.

Doveva sapere assolutamente se era davvero Mamoru l’uomo che le si era insidiato nei brevi fotogrammi della sua memoria.

Decise di indagare nella sua villa. Iniziò ad ispezionarla con cura per vedere se era in grado di trovare qualche indizio che potesse confermare la sua idea.

Aprì gli armadi, guardò dentro i cassetti, sulle mensole, dentro i libri, ma niente. Non trovò nulla.

“Non è lui!”, sospirò tra l’amareggiato e il tranquillo.

Poi qualcosa catturò i suoi occhi. C’era qualcosa che stava brillando sul piano della cucina, grazie ai raggi del sole.

Si avvicinò per vedere cosa fosse.

Era un volantino argentato.

Nel prenderlo tra le mani, si bloccò.

Lesse “Corso di paracadutismo gratuito”.

Si gelò per un attimo.

Quel ragazzo che aveva baciato, con cui aveva volato era proprio Mamoru!

Lasciò cadere quel foglio e si mise le mani in faccia.

“Ho baciato Mamo! Ho baciato Mamo!”, ripeteva senza sosta.

“Ora non potrò più vederlo in faccia! Mamma mia, che vergogna! Un momento, però. Questo è un buon segno. Vuol dire che piano piano riuscirò a ricordarmi tutto di me!”, esclamò soddisfatta.

Passò il pomeriggio guardando la TV e pensando a cosa indossare per la sera.

Dopo aver scartato numerosi abiti, ne scelse uno nero, che arrivava al ginocchio, a maniche corte.

Ben presto calò il buio e Mamoru non rientrava.

“Uffa, sono quasi le 22 e Mamo ancora torna! Ho fame!”, si lamentò la ragazza.

D’un tratto la porta si spalancò.

“Scusami, Usa! Ho avuto un’emergenza! Vado un attimo a cambiarmi e arrivo!”, le disse velocemente.

Usagi lo guardava con occhi sognanti. Come era bello il suo Mamo! Dopo aver scoperto di averlo baciato, gli sembrava ancora più speciale.

“Lo amo! Lo amo tanto! Ma non riesco a rivelarglielo! Forse ho troppa paura di perderlo!”, rifletteva, sconsolata.

“Eccomi, sono pronto!”, esclamò l’uomo, uscendo poco dopo dalla sua camera da letto.

Alla sua vista, Usagi tremò.

Era troppo affascinante con lo smoking. Era convinta che si sarebbe sentita male solo a guardarlo.

Anche Mamoru era rimasto senza parole alla vista della ragazza. Era davvero bellissima.

“Usako se sapessi quanto ti amo! Ma non posso dirtelo. Non voglio perderti! Voglio accompagnarti verso una nuova rinascita!”, pensò il medico tra sé e sé.

“Andiamo, Usa!”

Uscirono dalla villetta e salirono nella elegante macchina di Mamoru.

“Sai Mamo, sono contenta che tu mi abbia invitata a cena!”, gli rivelò la biondina.

“Sono contento, Usako! Mi piace vederti tranquilla!”, rispose il medico, sorridendole.

Quel sorriso le fece sciogliere il cuore. Allo stesso di tempo, si sentiva anche un po’ in colpa. Non gli aveva confessato di essersi ricordata di loro due che saltavano nel vuoto e di loro due che si baciavano. Era troppo imbarazzante!

“Siamo arrivati, Usa!”, le disse il bel dottore , dopo aver parcheggiato, distogliendola dai pensieri.

Scesero dall’auto ed entrarono in un magnifico ristorante di lusso. 

Usagi non credeva ai suoi occhi! 

La sala era enorme e illuminata da antichi lampadari di cristallo ricoperti in oro massiccio appesi al soffitto, che richiamavano il pavimento in marmo lucido dello stesso colore. Sembrava ci si potesse specchiare! 

I tavoli poi erano davvero splendidi: ovali, in legno scuro, e coperti da meravigliose tovaglie bianche decorate da fili d'oro, che si incontravano ai bordi formando ali di farfalle. Al centro di ognuno c'erano 3 candele accese, 2 bicchieri di cristallo lucente(uno per l'acqua e uno per il vino), il tovagliolo color panna che si sposava benissimo con la tovaglia e le posate che brillavano in un gioco di luci e colori. 

Anche le sedie erano eleganti: in stile classico, erano nere in ferro battuto,con lo schienale in volute.

“Benvenuti!”, gli disse il concierge all’ingresso.

“Un tavolo per due, grazie!”, esclamò il ragazzo.

“Prego, accomodatevi pure!”, li incitò il cameriere, accompagnandoli al tavolo e lasciando loro il Menu.

“Mamo, che posto carino!”, gli fece notare Usagi, visibilmente attratta dallo sfarzo di quel locale.

“Sono contento che ti piaccia!”, le rispose orgoglioso il ragazzo.

Lo rallegrava il pensiero della sua Usako felice e sorridente.

Avrebbe voluto vederla sempre così.

Improvvisamente, si udirono dei piatti cadere.

Una ragazza dai capelli corti, color biondo cenere, che lavorava lì, stava guardando dalla loro parte.

“Usagi sei proprio tu?”, le chiese, commossa.


  
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