Tre
Mariah is nervous
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Per qualche ragione,
dall’inizio dell’anno scolastico le lezioni di
letteratura del professor Garden erano diventate le mie preferite.
“Oh, adesso ho capito il perché”,
pensai, voltandomi alla mia sinistra. Aiden stava giocherellando con
una penna, chino sul banco mentre il professor Garden ci ordinava di
aprire il libro a pagina 428.
Il profumo delle pagine del libro di
testo raggiunse le mie narici mentre lo sfogliavo. Cercai di non
guardare eccessivamente in direzione di Aiden. Ormai mi ero abituata al
fatto che fosse a pochi centimetri di distanza da me, ma a stento certe
volte mi trattenevo dal guardarlo. E poi, tutte le volte che era lui a
guardare me per caso o tutte le volte che mi rivolgeva la parola, mi
assaliva una tremenda ansia e diventavo nervosa come non mai. Eppure
ero un tipo di persona pacata.
«Mariah?»
Il mio cuore sobbalzò, e mi
parve avesse raggiunto la gola con un salto. “Uno dei pochi
conoscenti che mi chiama Mariah e
non Mary, come spesso fanno in
tanti”. Questo pensiero mi colmò istantaneamente
di soddisfazione. «S-sì?» gli chiesi io,
la voce ridotta a un flebile sibilo.
«Scusami» disse con
il suo abituale tono gentile «ho dimenticato il libro
nell’armadietto. Non è che…»
«C-certo!» esclamai
con voce strozzata, spingendo il libro nella sua direzione.
Mi accorsi solo dopo mezzo minuto di
star trattenendo il fiato. La sua schiena era piegata sul mio libro, e anche io ero piegata sullo stesso libro. Ecco che la situazione di
vicinanza cui mi ero abituata con così tanta
difficoltà crollò. Stavamo seguendo dallo stesso
libro, vicini, molto più vicini di quanto fossimo mai stati.
Le mie mani sudavano e si tormentavano sotto il banco e deglutivo con
estrema fatica. Avvertivo la fronte madida di sudore ma non volevo
avere reazioni di alcun genere: non avevo voglia per niente di apparire
nervosa di fianco a lui.
«Tutto bene?» mi
domandò improvvisamente a un certo punto, durante la
spiegazione del professor Garden che non stavo ascoltando –
troppo occupata a tormentarmi di pensieri su Aiden.
Trattenni nuovamente il fiato.
Boccheggiai qualcosa senza dire nulla, prima che finalmente mi
uscissero delle parole: «Sì.
Perché?» la mia voce aveva assunto un tono
innaturalmente acuto.
«Perché sei
avvampata in viso» mi mormorò, mentre io
continuavo a ripetermi quanto fosse bella la sua voce.
«Sicura di stare bene, vero?»
Il fatto che almeno da ciò
che aveva detto sembrasse preoccupato per me contribuì
non a rendermi più tranquilla, anzi, a farmi sentire peggio.
Il mio cuore… Dio, si stava ribellando al mio corpo come se
avesse preso vita.
Ma non era quella la cosa peggiore: si
era accorto che ero nervosa e tutta rossa in viso, a causa sua.
«Ehm, uhm… ecco… sì, io sto
benissimo. Sono solo nervosa per il test di biologia che
c’è tra un’ora» mi inventai la
scusa più plausibile. In realtà il test non mi
preoccupava molto, tenendo presente che ero molto
più agitata per il fatto che stavamo parlando.
«Oh, quello preoccupa anche
me» terminò con un sorriso e con una scrollata di
spalle molto bonaria.
Io ebbi solo la forza di annuire,
apparentemente impassibile.
Solo quando riabbassai lo sguardo sul
libro mi resi conto non solo che eravamo già andati avanti
di mezza pagina, ma oltretutto… “Dio, la nostra
prima conversazione, per quanto breve!”
In seguito, ripreso il controllo di me
stessa e una volta cessato il tremore che mi aveva scosso finora tutto
il corpo, mi domandai perché. “Perché
inizio a comportarmi come una bambina stupida quando lui interagisce
con me?”
Con il cuore che stava iniziando a
riavere una frequenza normale, mi asciugai una lacrima che era in
procinto di sgorgare dall’occhio destro.
“Merda… una lacrima, addirittura”. Per
l’emozione, stavo lacrimando. Mi maledissi per la mia
caratteristica di ingigantire le cose. E perché ero
così soggetta ad Aiden Jenney da perdere il controllo del
mio essere.
Passai il resto della lezione a
guardare Aiden con la coda dell’occhio. Essendo ora
così vicini, mi era più semplice scrutarlo
segretamente. Ogni tanto si passava una mano in mezzo ai capelli
scurissimi. Ma lo faceva con noncuranza, secondo me nemmeno se ne
accorgeva. Realizzai di non riuscire neanche a capire quanto,
effettivamente, vi fosse di sexy in lui: ero innamorata di lui da
così tanto tempo che non ero più capace di
scorgere pregi e difetti nel suo aspetto esteriore. Per me Aiden era
Aiden e basta.
Eppure, ero consapevole del numero di
ragazze che durante gli anni si erano dichiarate a lui. Quello per me
avrebbe dovuto significare un allarme di pericolo grande quanto una
casa e rumoroso come la sirena dell’ambulanza, invece non me
ne importava un fico secco.
Piuttosto, dovevo cominciare a pensare
a un modo per non doverlo sempre guardare di nascosto. Forse dovevo
fare qualcosa, agire. In fondo, chi non osa
nulla non speri in nulla, dice quella famosa citazione.
Il problema era cosa
fare.
La giornata scorse senza ulteriori
imprevisti né azioni o attenzioni insolite da parte di Aiden
nei miei confronti.
Il test di biologia era stato
più semplice del previsto, e fui davvero sollevata non
appena giunse l’ora di consegnare. Così, prima di
passare alla lezione successiva, decisi di fare una capatina in bagno.
Spalancai la porta e mi addentrai, e
quasi subito mi giunse una zaffata che sapeva di sapone di bassa
qualità misto urina. Un odore davvero disgustoso. Sperando
di dimenticarmi della puzza presto, mi accostai a un lavandino
arrugginito e scrostato, e mi guardai allo specchio sovrastante appena
di sfuggita.
Solo in quel momento mi accorsi della
ragazza.
Stava gemendo tra sé e
sé e calciava il muro del bagno, contribuendo a far venire
via i pezzi di calcestruzzo che già si staccavano da soli
sovente. Pareva arrabbiata e frustrata, ed esprimeva la sua rabbia con
la violenza verso la povera parete. “Che senso
c’è a calciare un muro inanimato?”, mi
domandai.
La ragazza si voltò,
guardandomi in viso. Io distolsi lo sguardo, timidamente. Non ero mai
stata brava con gli sconosciuti, quindi compresi che era meglio far
finta di niente, conseguenza del contrario: avrei potuto provocare
danni peggiori a me e a lei.
Aveva i capelli scalati che non
toccavano le spalle. Erano un po’ più chiari dei
miei e arruffati. Il suo viso dai fini lineamenti, quasi infantili, era
rigato da due strisce di lacrime che, mischiandosi con la matita per
occhi, avevano assunto un colore nerastro. Il trucco rimanente si era
accalcato appena sopra i suoi zigomi, e il tutto insieme non le
attribuiva un aspetto migliore di quello che avrebbe avuto se fosse
stata struccata.
«Scusa»
esordì lei con voce tremante e singhiozzante, con uno scarso
tentativo di abbozzarmi un sorriso. «Avresti un
fazzoletto?»
Io mi voltai e la squadrai dalla testa
ai piedi. Era più bassa di me e più minuta. Dava
l’impressione di poterla distruggere semplicemente con un
calcio.
«Sai, è finita la
carta igienica» proseguì lei indicando con un dito
il contenitore vuoto della carta.
Io annuii e tirai fuori un pacchetto
che avevo in tasca, ancora inutilizzato. Estrassi un fazzoletto bianco
e glielo porsi, senza proferire parola.
Lei lo prese e mi accennò un
ringraziamento con il capo.
«Tutto bene?»
chiesi infine, benché con un po’ di esitazione.
Forse non avevo dato l’impressione che mi importasse davvero.
Invece sì, il mio senso della solidarietà qualche
volta usciva fuori.
La ragazza fece di sì con il
capo. Mi sorrise, stavolta un sorriso meglio riuscito.
«Sì. Adesso sì.»
La situazione mi metteva a disagio. Non
ero brava a parlare con gli sconosciuti, figuriamoci a consolarli. E
nonostante ora la ragazza stesse meglio, non mi sembrava proprio che il
suo umore fosse divenuto molto più allegro. E se continuava
a guardarmi così, il mio disagio sarebbe aumentato, poco ma
sicuro.
Mi voltai verso il lavandino e aprii
l’acqua, fingendomi impegnata a lavarmi le mani. Dopo di che
udii solo il rumore dei suoi passi mentre usciva dal bagno, e la sua
voce, ancora flebile, che mi diceva: «Grazie per non avermi
chiesto i dettagli.» E infine la sua figura scomparve dietro
la porta, confondendosi in mezzo a tutte le altre nel corridoio.
Jade’s place:
Eccomi con il terzo capitolo, dal
Mariah’s POV. Mi sono chiesta, appena incominciato a scrivere
“Jade, come farai a descrivere le sensazioni di una Mariah
timida e innamorata?” Poi però mi sono detta
“Ma dai Jade, è molto facile: scrivi esattamente
di come ti comporti tu quando ti piace qualcuno!” xD
più facile di così si muore -.- Mariah da questo
lato mi rispecchia. Intanto potete farvi un giro qui, se non avete
nulla da fare :D : Violet
- Annabelle's diary e Superbia
e Presunzione =) mi farebbe piacere sentire la vostra
opinione ;D
Domanda: chi era la ragazza del bagno?
Siete curiosi di scoprirlo? E Vanessa, invece? Come andrà
con James e Aiden che cosa c'entrerà con lei? Bene, allora
vedremo nel quarto capitolo di “Beneath the snow”
:D arrivederci!!!
Vostra
Jade