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Autore: Vanderbilt    07/11/2011    16 recensioni
Bella, ragazza di diciotto anni con una famiglia apparentemente perfetta. Desidera innamorarsi per la prima volta.
Edward, un passato difficile, non si è mai innamorato.
Entrambi si conosco da molti anni, ma non sono mai riusciti ad instaurare un rapporto a causa del carattere introverso di Edward.
Abitano a Savannah, sognano di andare al college, ma ora dovranno affrontare l'ultimo anno di liceo, pieno di imprevisti a grattacapi...
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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Nobody said it was easy

Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
Tell you I set you apart.

Coldplay, The scientist

La sera precedente era stato difficile staccarmi da Edward. Avevo passato la serata più intesa e bella forse della mia intera vita. Dopo il nostro bacio siamo tornati alla macchina e lì è stato difficile trattenersi, finendo con il baciarci ancora e ancora. Il risultato era stato tornare a casa all'una passate, visto che una volta davanti il mio vialetto, ci eravamo nuovamente persi a parlare. Non potevo farci nulla, Edward era come una calamita per me e lo stesso ero io per lui.

Una volta a letto ripensai al tempo passato con lui e il sonno come arrivava fuggiva via per lasciarmi sognare ad occhi aperti. Era possibile all'improvviso concetrare perennemente i propri pensieri su un ragazzo? Per me sì, non potei rispondere diversamente.

Alla mattina era stata una fatica enorme riuscire a svegliarmi e trascinarmi al bar, dove Alice e Rose mi stavano aspettando per la colazione. A scuola, essendo arrivate in ritardo, non ero riuscita a vedere Edward e questo mi infastidii non poco. Poiché non lo vidi per l'intera mattinata, attesi con ansia la pausa pranzo.

Suonata l'ultima campanella fuggii letteralmente dalla classe, schivando all'impazzata i ragazzi in corridoio per arrivare in sala mensa. Contro ogni mia previsione lo trovai già al nostro tavolo e appena mi vide mi fece segno di raggiungerlo. La mensa era ancora vuota e nonostante la mia corsa non capii come Edward riuscì ad arrivare prima di me.

«Bella!», mi salutò Edward alzandosi. «Ho preso il pranzo anche per te». La sua gentilezza mi fece quasi commuovere, non ero abituata ad essere trattata con i guanti come lui faceva con me.

Si avvicinò con il chiaro intento di baciarmi una guancia, ma io all'ultimo mi girai di scatto e feci scontrare le nostre labbra. Rimase un attimo sorpreso da quel bacio a stampo.

«Edward», salutai a mia volta. Ci sedemmo fianco a fianco, aspettando l'arrivo degli altri per mangiare.

«Sei riuscita a dormire qualche ora? Mi sembri un po' stanca», mi disse Edward. La sua domanda aveva una nota scherzosa e provocatrice, non me l'ero di certo immaginata visto il suo sorriso malizioso. Era divertente vederlo così spensierato e mi faceva un enorme piacere sapere che con me era aperto ed allegro.

«Diciamo che qualcuno ha occupato i miei pensieri e il sonno come veniva se ne andava», dissi stuzzicadolo.

Edward mise un braccio sulla mia sedia e si appoggiò allo schienale, poi avvicinò il suo viso al mio abbassando il tono di voce: «Se può consolarti è stato lo stesso per me...».

L'arrivo degli altri pose fine alla nostra chiaccherata.

La pausa pranzo passò tra occhiate e ammiccamenti miei e di Edward. Nessuno sembrò fare caso a noi e l'unica cosa che notai per tutta l'ora furono gli strani sorrisi che si rivolgevano Emmett e Rose, i quali si erano avvicinati molto negli ultimi due giorni.

Io ed Alice stavamo uscendo dalla scuola, le lezioni erano finite e tutti gli studenti erano impazienti di tornare a casa. Tutti tranne me.

«Bella, Alice! Ehi, aspettate un attimo!», Rose gridò nel parcheggio i nostri nomi finché non la sentimmo e ci fermammo accanto alle nostre macchine, dove solitamente aspettavamo i ragazzi.

«O dio, è più di cinque minuti che cerco di raggiungervi! Siete mezze sorde?!». Rose aveva il fiatone per la corsa e riuscì a parlare a scatti. «Fatemi riprendere fiato, devo parlarvi».

«Certo Rose, abbiamo tutto il tempo», rispose Alice con la fronte corrugata.

«Oh, no! Non abbiamo tutto il tempo, quando arriveranno i ragazzi non potrò parlare!», disse Rosalie.

«Perché?», chiesi perplessa. Nel frattempo mi guardai intorno alla ricerca della chioma ramata di Edward, non vedevo l'ora di rivederlo!

«Mi state facendo innervosire con tutte le vostre domande e vi assicuro che lo sono già di mio!», esclamò Rose irritata.

«Okay, allora parla e basta!», rispose a tono Alice, anche lei irritata per l'attesa che ci stava propinando Rosalie.

«Emmett si è dichiarato!», urlò facendo voltare verso di noi alcuni ragazzi poco distanti dalle nostre macchine.

«O mio dio! Davvero? E tu cosa gli hai risposto? E bravo il mio fratellone!». Alice era partita in quarta con le domanda.

«Ehm... a dir la verità non gli ho ancora risposto», disse Rosalie sospirando colpevole. «Abbiamo chiarito i nostri malintesi e poi lui mi ha rivelato i suoi sentimenti».

«Cosa ti ha detto esplicitamente? Voglio sapere le sue parole esatte!».

«Alice!», la ripresi fulminandola con gli occhi. «Sono affari loro! Non dobbiamo impicciarci!».

«Eddai Bella, anche tu vuoi sapere come sono andate le cose!», cercò di convincermi, mentre Rose guardava divertita il nostro scambio di battute.

Scossi il capo e alzai gli occhi al cielo, esasperata dal suo comportamento da perfetta pettegola.

«Avanti ragazze, non litigate. Emmett mi ha solo detto che sono nei suoi pensieri, gli piaccio, niente di più. Io gli ho risposto che ho bisogno di tempo, intanto potremo iniziare a frequentarci», svelò Rose per la felicità di Alice.

Da lontano vidi arrivare Edward e un sorriso spontaneo si aprì sul mio volto. Edward ricambiò il mio sorriso abbagliandomi completamente.

«Stanno arrivando i ragazzi», avvisai distratta.

Alice si avventò subito sul povero Jasper e si estraniarono completamente da noi. Emmett e Rose presero a parlare, allontanandosi leggermente per avere la loro privacy.

«Ti va di andare a farci un giro?», propose Edward con tono leggermente incerto, forse timoroso di ricevere un rifiuto.

«Certo! Solo che non posso stare via molto, domani ho un test di biologia e non ho ancora aperto il libro», dissi triste di poter passare poco tempo con lui.

«Se vuoi posso aiutarti, me la cavo piuttosto bene in biologia», mi propose. Io non avrei di certo rifiutato un aiuto simile, sopratutto dal momento che odiavo l'argomento che avrei dovuto studiare.

«Accetto più che volentieri. Dove andiamo? Che ne dici di Madison Square?», domandai conscia che molto probabilmente in sua compagnia lo studio sarebbe passato in secondo piano.

«Perfetto, lì nessuno ci disturberà», rispose Edward pensieroso.

«Andiamo con la mia macchina? Almeno Emmett non si lamenterà per essere stato lasciato a piedi», dissi scherzando, ma sapendo benissimo che Emmett ne era capace.

«Okay», esclamò Edward ridendo.

«Su Bella, non è difficile! Ci sono sedici incroci, con un rapporto fenotipico...». Edward stava cercando di farmi entrare in testa la seconda legge di Mendel, ma non riuscivo a ricordarmi tutti gli incroci se non a memoria. Edward continuava a dirmi che dovevo ragionarci e non spararli a caso.

«Ed, non ce la farò mai! Mendel non aveva nulla da fare che studiare le piante di pisello?», mi lamentai sbuffando sonoramente. Edward rise dei miei continui tentativi di smettere di studiare e mi propose un accordo: l'avrei ripetuta un'ultima volta bene e poi avremo smesso di studiare. Feci come mi aveva chiesto e finalmente mi rilassai contro il petto di Edward, il quale era appoggiato ad un albero.

«Vedi che alla fine ce l'hai fatta?! Non ci voleva tanto, no?», mi disse stringendomi contro il suo petto.

«Hai ragione. In questo momento ho in mente altro, sai per imparare meglio, lo studio è importante, non è così?!». La mia voce somigliava di più a quella di una gatta morta, ma non ci badai. Mi girai verso di lui e mi sedetti sulle su gambe, avvicinandomi per baciarlo.

Ogni volta che posavo le mie labbra sulle sue qualcosa esplodeva: fuochi d'artificio? Forse.

Persi la cognizione del tempo a furia di baci e coccole. Fu Edward a rendersi conto che era l'ora di rientrare a casa.

«Bella, sono già le sei, forse sarebbe il caso di iniziare a raccogliere le nostre cose», propose scostandosi leggermente da me. Si alzò e mi tese la mano per aiutarmi.

«L'idea di rientrare a casa non mi entusiasma particolarmente», constatai tristemente. Era da qualche mese che il rapporto tra i miei genitori era in qualche modo cambiato, non sapevo definire come, fatto sta che loro non erano più gli stessi.

«Come mai?», mi chiese Edward, interessato al mio cambio d'umore.

«A casa c'è un po' di tensione, non so perché, ma si avverte», risposi prendendo per mano Edward.

Apprezzai molto che Edward non volesse in qualche modo consolarmi o dire la solita frase "andrà tutto bene".

Il viaggio in macchina fu breve. Una volta sotto casa Cullen spensi un attimo la macchina per salutarlo.

«Ci vediamo domani, Bella». Edward si avvicinò e mi diede il bacio più dolce che ci fossimo mai scambiati dalla sera prima.

«A domani», risposi imbambolata a guardarlo mentre scendeva dall'auto. Una volta fuori mi fece un cenno con la mano al quale risposi con un sorriso a trentadue denti.

Una volta arrivata a casa mi accolsero con un freddo bentornata le urla dei miei genitori. In tutta la mia vita non li avevo mai sentiti urlare in questo modo.

Dall'ingresso sentivo esattamente cosa stava dicendo mia madre. Entrambi non si accorsero del mio arrivo e io silenziosamente mi avvicinai alla cucina per sentire meglio.

«Sono stufa, Charlie! Stufa dei tuoi continui...».

«Tu?! Sono io che non sopporto più questa situazione, Renèe!».

Continuarono così per dieci minuti buoni, scaricando le colpe l'una sull'altro. Ad un certo punto, stufa di quella situazione, mi schiarii la voce ed entrambi bloccarono la loro litigata volgendo lo sguardo alla porta della cucina. Quando incrociarono il mio sbiancarono rimanendo senza parole. Renèe fu la prima a riprendersi dallo shock di essere stati beccati a litigare dalla loro unica figlia.

«Tesoro, hai fatto tardi oggi. Mi hai fatto preoccupare». Oh, certo! Ma se le avevo mandato anche un messaggio per avvertirla che sarei rientrata per cena?!

«La cena sarà pronta a minuti, Bella. Intanto potresti andare a cambiarti e a rinfrescarti un po'», mi propose mio padre. Era lui il cuoco di casa, anche se non particolarmente bravo, diciamo che io ero l'unica su cui si potesse fare realmente affidamento in fatto di cucina.

«Sì, scendo tra poco». Confusa uscii dalla cucina e salii al piano di sopra.

La cena fu un disastro, regnava il silenzio e l'unico rumore che si sentiva erano procurati da forchette e piatti. Non mi ero mai trovata così a disagio con i miei genitori. Odiavo quell'inutile tensione. Nessuno parlava, nessuno faceva domande e nessuno commentava il cibo, nulla di nulla, il vuoto!

Finii il più presto possibile di mangiare, augurai la buonanotte e salii di corsa nella mia stanza, chiudendomi dentro il mio rifugio sicuro.

Presi il cellulare per controllare se ci fossero messaggi o chiamate perse e vidi la bustina bianca lampeggiare, segno che mi era arrivato un sms.

"Ciao Bella, domani sera ti va se andiamo a fare un giro? Ti avverto già, non ho in mente nulla, vorrei solo passare una piacevole serata in tua compagnia. Edward"

O mio dio! Edward! Era proprio lui! Non riuscivo a crederci, era stato così dolce!

Risposi subito al messaggio, accettando con entusiasmo la sua proposta. Non vedevo l'ora di passare del tempo con lui, soli.

Finalmente la serata della nostra uscita arrivò. Edward mi aveva detto di vestirmi comoda. Non sapevo cosa avesse in mente, era stato evasivo a tutte le mie domande.

Avevo indossato dei jeans attillati e una maglietta a maniche corte. Mi sarei portata dietro una giacchetta nel caso la temperatura si abbassasse.

Mentre scendevo le scale che portavano al piano di sotto, riflettei sui miei genitori. Dalla litigata di ieri sera non avevamo più parlato, loro si evitavano e io evitavo loro e il maluomore che si rifletteva su di me.

Lasciai un post-it in cucina per far sapere che uscivo e attesi Edward in veranda. Arrivò puntuale come sempre e senza farlo scendere salii in macchina, salutandolo con un bacio.

«Allora, dove mi porti?», iniziai con le mie domande ed Edward rise per la mia impazienza.

«Al mare», rispose senza deviare la mia attenzione su altri argomenti, come era capitato oggi.

«Al mare?», ripetei scettica, fissandolo curiosamente.

«Esatto. So che sono già le ventuno e domani c'è scuola, cercherò di non farti tardare molto». Era sempre premuroso, come se io venissi sempre prima in ogni suo gesto o pensiero.

«Stamattina sapevi già la meta?», chiesi sospettosa. Edward trattenne a stento un sorriso e non passò inosservato sotto il mio occhio vigile.

«Forse», rispose cercando poi di spostare la conversazione su altro.

«Sì o no?», ribadii risoluta e attesi una risposta concreta.

«Ieri sera ci ho pensato a lungo e alla fine ho deciso che andare sulla spiaggia sarebbe stato un programma perfetto», spiegò imbarazzato evitando il mio sguardo e fissando intensamente la strada.

Io mi districai dalla cintura di sicurezza per avvicinarmi e lasciargli un bacio sul collo: «Grazie, sei davvero adorabile».

«Siamo quasi arrivati». Edward non era abituato ai complimenti e me ne accorsi dal momento che diventò rosso e virò la conversazione in un territorio neutro.

Una volta scesi dalla macchina Edward prese una coperta dal bagagliaio e, prendendomi per mano, mi guidò lungo un piccolo sentiero che portava ad una spiaggia piccola ed isolata.

Ogni volta che la mia pelle entrava in contatto con quella di Edward un leggero tremore si propagava nel mio corpo. La sua pelle era liscia, senza imperfezioni ed era piacevole la sua stretta salda.

Edward sembrava perfettamente a suo agio con ogni gesto che mi rivolgeva e la sua sicurezza aumentava la mia di pari passo.

La spiaggietta era davvero perfetta. Isolata dagli scogli e con una sabbia talmente fine che accarezzava i piedi. La luna illuminava l'oceano e il punto dove Edward stese la coperta, non troppo vicina all'acqua per non avere sorprese indesiderate.

Si stese e mi tirò giù con sè. Scoppiammo a ridere divertiti dalla situazione e felici di essere lì insieme, di fronte ad un simile spettacolo.

Edward si stese supino, con un braccio piegato sotto la sua testa e l'altro ad avvolgermi. Io mi stesi su un fianco appoggiandomi al suo corpo e posai la testa sul suo torace, sentendo il battito regolare del suo cuore.

«Amo fissare il cielo di notte», confessai a bassa voce per non spezzare l'atmosfera surreale che si era creata.

«Devo confessare che ha il suo fascino, ma se lo si guarda con una ragazza altrettanto fantastica perde un po' della sua magia», mi lusingò. Arrossii imbarazzata e felice del suo complimento. Non ero una di quelle ragazze che dovevano essere costantemente lodate, ma sapevo accettare un complimento di buon grado, senza fare troppo modesta. Un complimento non lo rifiutavo per nulla al mondo, dopotutto ero una donna e la vanità era sempre presente, anche se in minor dose.

«Sai», iniziò Edward; «mentre stavo uscendo di casa ho incontrato Emmett, era talmente allegro che gli ho chiesto cosa fosse successo di così straordinario da renderlo di buon umore. Era un po' che non lo vedevo così, ultimamente era sempre giù di tono».

«Oh! Avanti Ed! Non farti cavare le parole di bocca!», lo ripresi. Aveva il bruttissimo vizio di dire le cose a metà ed era irritante stare sulle spine.

«Rose gli ha detto che potrebbero provare a stare insieme», mi rivelò finalmente.

«Ah, non ci ha messo molto Rose a cambiare idea». Risi di gusto constatando che in un solo giorno era capitolata alle moine di Emmett.

Ero felice per loro, insieme erano perfetti, una vera e propria coppiata vincente. Anche loro avevano avuto i loro problemi, ma alla fine tutto li aveva portati a questo punto e potevano finalmente amarsi liberamente.

«Emmett era così felice che penso abbia rivoltato la casa con la sua esuberanza, se poi ci aggiungiamo Alice...».

«... il casino è assicurato», finii al suo posto.

«Sì, suppongo si possa dire anche così», disse Edward ridendo. La sua risata era contagiosa, una vera delizia per le orecchie.

«Edward», lo chiamai dopo un attimo di esitazione. «Dalla sera del nostro appuntamento ho un piccolo dubbio. Tu hai parlato con tua sorella o tuo fratello del... nostro rapporto?».

«No, a dir la verità non mi confido molto con loro, ma penso abbiano capito qualcosa. A volte tirano qualche battutina o cercano di incastrarmi con le loro frasi contorte», mi rispose. Prima che potessi replicare continuò a parlare: «Però, Bella, voglio che sia chiara una cosa, noi non ci stiamo nascondendo da nulla, non dobbiamo farlo».

«È proprio questo il punto, non voglio fare le cose in segreto, perché non c'è nulla di male se noi...». Lo squillo insistente del mio cellulare interruppe ciò che volevo esprimere, era tutto il giorno che ci pensavo!

Afferrai il cellulare irritata e, senza guardare il nome sullo schermo, risposi: «Pronto?», ringhiai.

«Ciao Bella, è forse un brutto momento?», rispose la voce all'altro capo del telefono esitante.

«Jason! No, figurati! Da quanto tempo non ci sentiamo?! Come stai?». Ero felicissima di risentire Jason, era da un po' che le nostre chiamate si erano ridotte, da una al giorno a massimo una alla settimana.

«Io bene, tu? Come va la scuola? Sai, qui ci manchi molto, quando pensi di tornare?», mi chiese con la vocetta da bambino imbrociato che usava per convincermi a fare qualcosa. Ormai lo conoscevo come le mie tasche!

«Tutto bene», guardai Edward e mi corressi; «anzi, benissimo. Per ora non ho in mente un viaggio nello Utah, ti farò sapere nel caso dovessi venire».

Sentii i muscoli di Edward tendersi e lo guardai per capire se ci fosse qualcosa che non andava, ma il suo viso era una maschera composta, nulla fuori posto, nemmeno una traccia di emozione.

«Peccato, mi avrebbe fatto piacere rivederti».

«Anche a me Jason, anche a me. Prometto di venire prima dell'estate», promisi solennemente. «Ora ti devo lasciare, ci sentiamo Jason».

«Sì, 'notte Bella», mi salutò dolcemente per poi riattaccare.

Non mi sembrava educato restare al telefono con lui quando ero in compagnia di Edward.

«Era Jason, il vicino dei miei nonni dello Utah», spiegai. Non sapevo perché sentivo il bisogno di giustificarmi, in fondo non avevo fatto nulla di male.

«Mmm... È tardi Bella, forse ci conviene rientrare». Edward non mi convinse molto, ma lasciai perdere visto che era davvero l'ora di rientrare.

Fu piuttosto silenzioso per tutto il viaggio di ritorno, non che non lo fosse spesso, ma questo era un silenzio diverso, di certo non rilassante. Questo fu quello che pensai, finché Edward non mi salutò calorosamente come sempre. A quel punto pensai di essermi immaginata tutto.

 

Ciao! Come state? La vostra regione è stata colpita dall'alluvione? La mia purtroppo sì, essendo della Liguria qui le cose sono state molto tragiche.

Come sempre ecomi qui con l'aggiornamento del lunedì!

Ringrazio come sempre le persone che recensiscono e mi danno sempre una loro opinione, vi adoro, davvero *-* Vorrei elencarvi tutte *-* Mi siete di grande sostegno, siete fantastiche dalla prima all'ultima *-*

Devo essere sincera, volevo prendermi due settimane di pausa dall'aggiornamento del lunedì, per portarmi avanto con la storia e per scrivere il nuovo capitolo di Rules of attraction (purtroppo con questa sono molto indietro ç.ç), ma visto che grazia a SerenaEsse sto andando avanti con i capitoli, non ci sarà alcun blocco di aggiornamento.

Bene, passando al capitolo volevo specificare che sin dall'inizio della storia tutto ciò che ho messo riguardo Savannah è vero, mi sono informata e ho fatto le mie ricerche, quindi ogni piazza e luogo esiste davvero. Certo, nello scorso capitolo, il posto dove Edward e Bella si scambiano il loro prima bacio esiste, c'è, ma non so realmente se si vedono tutte le luci della città, da come viene descritto si presuppone di sì.

Un'altra cosa che vorrei fosse chiara, così di evitano fraintendimenti xD, sta nel rapporto di Edward e Bella: non stanno insieme, nessuno dei due ha dichiarato di essere innamorato dell'altro, stanno semplicemente vivendo un rapporto nuovo, maturo, dove non c'è bisogno di dirsi "vuoi essere la mia ragazza?", perché se due persone sono abbastanza mature e con la testa sulle spalle non si vedono con altre persone quando sai che c'è già qualcuno nella tua vita. Questo ovviamnete riguarda loro, non voglio puntare il dito contro nessuno ;)

Premetto che in questa storia non ci saranno triangoli amorosi, oppure uno lascia l'altro, sarà una storia spero diversa. Ovviamente la mia consulente personale mi dirà se la direzione che prendo sarà sbagliata, vero Serena? xD

Ultima cosa! Io e SerenaEsse abbiamo aperto un nuovo contest sempre su Twilight, il tema questa volta è il Natale: Luci di Natale. Spero nella vostra partecipazione ;)

Ora vi lascio lo spoiler, non so come mai le nute sono sempre così lunghe xD

«Ehi, Bella!», mi salutò Edward. Non riuscii a rispondere, i singhiozzi mi stavano soffocando. «Bella?». Edward chiamò il mio nome preoccupato per il mio silenzio.

«Edward», dissi piangendo con voce roca. Non continuai, non sapevo cosa dire, semplicemente avevo bisogno di sentire la sua voce.

«Bella, cosa succede? Mi stai facendo preoccupare! Sei ferita? Stai male?».

Tranquille, non fatevi prendere dallo sconforto, nessun incidente in vista xD

A lunedì!

Kiss :*

Jessica

 
   
 
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