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Autore: francy13R    07/11/2011    2 recensioni
La vita, chissà come, ti sorprende sempre quando meno te l'aspetti. Pensi che non ci sia via di scampo, pensi di rimanere quella emarginata per sempre e un giorno succede l'impensabile. Sei lì, sei importante per qualcuno, anzi essenziale e ti senti nuova. Lavinia è così e non sa cosa aspettarsi dalla vita e dalle persone che la circondano, ma sa che il suo posto non è dove è nata, sa di valere più di coloro che non la capiscono, di coloro che la ostacolano e ne ha la certezza in questo viaggio. Una giovane donna che cerca di scoprire se stessa, che sogna e spera sempre, perchè la speranza è l'ultima a morire.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5.The sun goes down, the stars come out and all that counts is here right now

 

A look from her is like oxygen 
How would I keep breathing without her 
She breaks a whole as she looks away 
Now my heart ain't beating without her


Weakness
The Wanted

 

 

Non avendo dormito per tutta la notte a causa delle continue incursioni di Lorenzo, Stefano, Alberto e gli altri, schiacciai un sonnellino di due ore sul pullman. Manuèl era seduto più avanti con dei suoi amici, tra cui il riccioluto mostratomi da Evelyn. Appena salita sul veicolo mi aveva salutato e il mio occhio era caduto sul posto vuoto accanto a lui. Ma passai oltre e mi accomodai su uno degli ultimi sedili vicino ad Alice. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che chiedermi quante probabilità avesse con James e io facevo finta di non ascoltarla appoggiando la guancia al finestrino mentre ammiravo il panorama scozzese sempre più verde. All'inizio avevamo attraversato alcune cittadine con splendide casette indipendenti, ma entrati in autostrada potemmo gustarci l'alba in tutta la sua bellezza. Il sole, infatti, alzandosi sempre più in alto illuminava le piccole collinette verdeggianti di un tenue arancione ed eliminava i piccoli residui di rugiada dalle foglie. Qua e là si intravedevano dei piccoli cottage con tanto di trattori e strade sterrate. La campagna della Scozia era molto più selvaggia e rozza rispetto a quella Inglese.



Verso mezzogiorno giungemmo in una piccola località chiamata Starling situata sulla sommità di un colle e visitammo mezzi addormentati e svogliati le sue mura medievali. Alice era in costante crisi e prima o poi le sarebbe arrivato un bel ceffone.



-Hai visto come lo guarda? Quell'arpia! Ma perchè non te ne torni dalle fogne da dove sei sbucata fuori? Mi sono informata, si chiama Sharon, ha ventidue anni ed è di Glasgow. L'unica parola che mi viene in mente quando la vedo è: topo. Ha quel muso troppo sporgente e, santo cielo, ha una faccia da prendere a martellate. Stamattina James non mi ha nemmeno salutata, ha abbassato la testa e ha guardato dall'altra parte. Che dovrei pensare? Santo cielo no! Lo so, non dovevo ricamarci sopra troppo, lo sapevo che sarebbe andata così, in fondo....ma molto infondo-, disse Alice con un sospiro.

-Noi due siamo destinate a prenderci le cotte, a farci i film mentali e a illuderci! Bella vita-, le dissi come se quelle due parole potessero consolarla o semplicemente farla sentire meglio. Eravamo troppo melodrammatiche e questo lo sapevo bene, ma era inutile provare a sopprime quella nostra attitudine. Purtroppo madre natura ci aveva fatto così e dovevamo accontentarci.

Alle sei il Corvoni ci consegnò le chiavi della nostra camera davanti all'ostello fatiscente di Inverness. Presi l'iphone pensando che tentare non faceva mai male e controllai la presenza di una qualsiasi wi-fi.

-Miracolo!-, urlai quando mi accorsi che esisteva. Non c'era nei nostri appartamenti ma in quel luogo dimenticato da Dio si. Dopo cinque minuti eravamo tutti quanti con il cellulare in mano connessi a Facebook.

-Ok, adesso per favore ascoltami e appoggia quel cazzo di cellulare-.

-Alice, non fare la dura. Me la sistemo dopo la roba-, dissi entrando nella nostra stanza composta da bel tre letti a castello per un totale di sei posti. Appoggiai lo zaino sopra il letto vicino alla finestra e la spalancai per sostituire l'aria opprimente dell'interno con quella gelida che soffiava sulla città. La vista non era delle più brutte, infatti la nostra spaziosa camera si affacciava direttamente sulla strada e in lontananza si poteva anche scorgere il mare. Appoggiai il cellulare al davanzale ed inspirai liberando i polmoni dal peso della solitudine. Ero in quel posto bellissimo, sperduto, selvaggio, senza tempo, ero libera. Per una volta ero padrona della mia vita. Sorrisi al pensiero che almeno in Scozia non ero giudicata per quello che ero stata ma per quello che ero. Ed ero convinta di essere una ragazza forte, talvolta indecisa o timida, ma pur sempre coraggiosa. Nessuno poteva buttarmi giù in quel momento. Forse avrei sofferto per quello che avrei fatto qui, mi sarei pentita di alcune scelte o semplicemente il rimorso avrebbe preso sopravvento, ma quello non era il momento di pensare, di riflettere, di trovare la via più giusta. No quello era il momento di agire d'istinto, di buttarsi a capofitto tra mille desideri e sfizi. Nessuno me l'avrebbe impedito.

 





-Fatti vedere! Oh santi numi! Sei un disastro. Ma ti trucchi la mattina?-. Borbottai un: “Si mamma” e alzai gli occhi al cielo evitando lo sguardo esasperato della mia migliore amica.

-Questa volta dobbiamo essere delle fighe! Capito? Mica come l'ultima volta che siamo dovute andare a comprarci la roba e cambiarci nel bagno del college. Scordatelo ed è per questo che ti ho portato il mio vestito-, disse Alice illuminandosi d'un tratto.

-Cosa? L'hai portato seriamente? Ma hai detto che non avevi niente per la discoteca!-, urlai dalla gioia. Quella ragazza mi aveva fregato un'altra volta.

-Solo per assecondarti. Cosa ti avevo detto? Portati delle cose un po' carine, ma tu niente. Solo felpe e t-shirt!-. Estrasse dallo zaino il suo vestito (che in realtà usavo solo io) di un blu oltremare meraviglioso. Andavo matta per quel capo, ma quando avevo deciso di comprarlo anche per me fui rimasta delusa dal fatto che il negozio li aveva finiti, così per carità Alice lo aveva ribattezzato come di mia proprietà. Era con semplici spalline e scendeva stretto aderendo con il petto fino alle costole, dopo di che si allargava lasciando scoperta più di metà gamba. Inspirai il profumo della stoffa, sapeva di estate, di caldo e di erba appena tagliata.

-Quanto ti voglio bene?-, sussurrai.

-Spero tanto-, rispose Alice provocando le risa delle ragazze attorno a noi.

-Purtroppo ho solo le zeppe, quelle basse beige-.

-Vanno benissimo Alice-. Le baciai una guancia e l'abbracciai a me. -Dovresti provare a parlare con James stasera. Alla fine non hai niente da perdere-. Lei annuì come se ci avesse già pensato.

-Dai cambiati, grazie al cielo non andiamo in discoteca altrimenti suderei e mi rovinerei i capelli, ma quel vestito va bene anche per un pub-, commentò distratta mentre cercava di ficcarmi in bagno. Risi della sua goffaggine dopo di che mi preparai. Be' il vestito non era proprio adatto al tempo di Inverness così aggiunsi il cardigan beige che mi ero portata come cambio. Passai i lati degli occhi con un filo di matita e le labbra con un lucidalabbra alla ciliegia mentre spalmai sulle guance una buona quantità di fondotinta al fine di eliminare quelle maledette occhiaie. Lasciai i capelli ricci ricadere sul corpetto del vestito dato che per mancanza di spazio non avevamo portato una piastra.




Usciti notai con un sospiro di sollievo che molti erano più in tiro di me, quindi mi rilassai strinsi Alice e Marianna e tutto il gruppo iniziò a dirigersi verso un pub, tra i più noti nella cittadina, dove avrebbe suonato una band. Mi ero informata su internet. Si chiamavano “One Feeling” e il cantante era un gran figo, inoltre suonavano un genere tra il pop ed il rock che io adoravo. La serata non poteva presentarsi meglio di quella che era. Come ciliegina sulla torta mi girai sul marciapiede controllando chi vi fosse dietro di me e vidi Manuèl con le mani nelle tasche dei jeans e gli occhi puntati verso il mare lontano. Era divino! Quella sera indossava un pullover marrone che si intravedeva appena sotto il giubbotto di pelle nero ed una sciarpa dello stesso colore del maglione.

Il locale era sulla via principale non lontano dal centro della città. Il suo interno era buio infatti ad ogni tavolino vi era solo una piccola abatjour che sprigionava una leggera luce soffusa.

Ordinammo dei drink analcolici. Il fatto che non potessi bere nemmeno una birra mi innervosiva più del solito, per avvicinarmi a Manuèl non potevo confidare completamente in me stessa, mi serviva l'alcool. Come risposta mi apparve James, un giovane venticinquenne da far cadere nella mia maledettamente diabolica rete. Mi alzai e con una camminata disinvolta mi diressi verso di lui e la sua amica Sharon che... be' assomigliava davvero ad un topo soprattutto con quella sformata camicia nera e quei capelli all'aria.


-Ma buonasera!-, dissi scivolando sulla panca vicino a lui.

-Cosa ti porta qui Lavinia?-, chiese James intuendo forse in parte la mia idea malefica.

-Ventuno-.

-Cosa?-.

-Ventuno! È l'età minima per poter ordinare drink alcolici qui in Scozia ed ecco, come ben saprai io ne ho solo diciassette, ma so essere una persona molto responsabile, quindi diciamo che la mia età celebrale ruota intorno ai ventiquattro anni, il che mi fa pensare: sono abbastanza grande per una birra! Giusto?-.

-Arriva al succo!-.

-Voglio che tu mi ordini una birra!-. Sputai il rospo sicura che dopo il mio ragionamento ad alta voce avrebbe accettato. “Sei troppo un gentiluomo per negarmi questo! Di' di si, maledetto albino!” urlai nella mia mente. Dopo averci pensato su per un minuto buono disse:-Ma si, cosa potrà mai farti una birra? Nonostante non mi fidi di te, te la ordino, ma ricordati: mi devi un favore-. Sharon era così sorpresa dalla sua concessione che era rimasta a bocca aperta, tentò di replicare, ma la bloccai con uno sguardo da se-dici-qualcosa-ti-aspetto-fuori-e-ti-accoltello! Sorrisi ad entrambi, in seguito mi dileguai.




Alice, persa nei suo pensieri, non aveva nemmeno notato la mia scappatella. In quel momento mi sentii davvero, ma davvero potente, avevo abbassato al mio livello James. Sorrisi raggiante. Dopo di che l'esibizione del gruppo iniziò e cantarono “Yellow” dei Coldplay ed altre canzoni sempre in versione acustica, avrebbero lasciato i pezzi rock infondo. Quando James arrivò, come detto, con la birra Alice si svegliò dal suo sogno ad occhi aperti e gli sorrise cosa che fece anche lui prima di scomparire nell'angolo più appartato del locale.

-Sarà un buon segno?-, chiese appoggiando il mento sul palmo della mano e guardando annoiata la performance. -Certo che lo è scema! Divertiti!-, dissi bevendo tutto d'un sorso la birra.

All'improvviso qualcuno mi prese per la vita e mi spinse all'indietro facendo premere la mia schiena contro il suo petto. -Da quando una minorenne può bere una birra ad Inverness?-, sussurrò al mio orecchio e riconobbi l'accento inglese di Manuèl. Le ragazze erano occupate a parlare dei loro problemi o ad ascoltare la band, quindi non si accorsero della figura che mi teneva stretta mentre il suo respiro caldo mi scompigliava i capelli.

-Da quando sono più furba di tutti voi messi insieme-, dissi fissando il palco davanti a me. Non avevo il coraggio di girarmi verso il suo volto. Controllai che non fosse rimasta della birra nella bottiglia. Un sorso...forse avrei dovuto scolarmi anche quello. Scossi la testa in preda al panico. Lui era ancora lì, con la testa delicatamente poggiata sulla mia spalla e le mani strette attorno ai miei fianchi.

-Senti, dato che non è obbligatorio rimanere qui. Mi chiedevo se...-. Non fece in tempo a finire la frase che mi alzai e sussurrai ad Alice che me ne andavo per una mezz'oretta. Afferrai il suo maglione per non perderlo tra la folla che si era radunata attorno ai tavolini ed uscimmo.

-Vieni!-, disse prendendomi per mano ed allontanandomi dal mondo. La sua pelle calda mi faceva uno strano effetto perchè allo stesso tempo ero sia elettrizzata che calma, come se lo conoscessi da sempre e avessi piena fiducia in lui. Probabilmente se mamma mi avesse vista con lui avrebbe iniziato con la sua predica: “Non lo conosci! Potrebbe stuprarti, violentare il tuo piccolo e fragile corpo, schiaffeggiarti, buttarti sotto un ponte”. Ma la mia immaginazione davanti a quelle parole non riusciva minimamente a prendere forma. Tutte quelle ammonizioni erano inconcepibili quando si parlava di Manuèl. Non mi avrebbe mai fatto una cosa del genere, lo sentivo.

Procedemmo per il lungo mare e scendemmo una scalinata che ci portò direttamente sulla spiaggia. Mi tolsi le zeppe così da poter infilare le dita dei piedi nella sabbia soffice, ma leggermente melmosa di Inverness. La zona era completamente deserta.



La luna era lì, pronta a sbucare tra le nuvole che lentamente si stavano diradando. Il solito profumo di salsedine mi colpì in pieno volto facendo volteggiare la mia massa di ricci.

-Bel posto eh?-, commentò Manuèl distraendomi. C'era qualcosa di familiare in quella situazione...Il sogno! Tutto combaciava. A quel punto avrei dovuto girarmi verso di lui, ammirarlo alla luce della luna e baciarlo. Ma la piccola differenza tra sogno e realtà era che nel sogno sapevi già quello che bisognava fare, nella realtà invece veniva messo in gioco tutto ciò che il sogno dava per scontato. E se mi fossi voltata e le cose non fossero andate come avrei voluto che andassero?

Alzai lo sguardo verso il cielo ed annuii alla sua domanda immergendo di qualche centimetro i piedi nell'acqua congelata dell'oceano. Nonostante la temperatura bassa e il vento non riuscivo a sentire altro che il calore dal suo braccio attorno alla mia vita. Il suo respiro contro il mio.

Feci un passo avanti verso l'oscurità del mare solo per girarmi ed ammirarlo. Era alto almeno un metro e ottantacinque e la sua espressione disinvolta aveva lasciato spazio ad una più tormentata e triste.

-Perché quella faccia?-, chiesi conoscendo già la risposta. Lui si limitò ad alzare le spalle e ad incamminarsi sulla costa. Lo raggiunsi correndo.

-Vediamo chi arriva per primo alla bandiera?-. Risi della sua scommessa, ma non mi tirai indietro. Iniziai a correre a raffica, ma nonostante ciò lui mi batté. “Maledetti ragazzi ipersviluppati”. Quando arrivai lo colsi di sorpresa e mi gettai sulle sue spalle facendolo cadere. Finimmo entrambi sulla soffice sabbia che si infilò nei miei capelli e mi ritrovai schiacciata tra il terreno e il suo corpo. Avrei tanto voluto che stesse in quella posizione fino all'apocalisse, ma da vero gentiluomo si sdraiò al mio fianco rivolgendo lo sguardo alle stelle finalmente visibili. Non seppi per quanto tempo rimanemmo in quella posizione a riprendere fiato, ognuno immerso nei propri pensieri, ognuno lontano anni luce dall'altro come due stelle che potevano vedersi ma non toccarsi. Eppure la stella al mio fianco sfiorò la mia mano e la strinse forte. Appartenevamo a due mondi diversi, parlavamo lingue diverse, avevamo amici che nessuno dei due conosceva, ma tutto ciò importava ben poco di fronte a quello che provavamo l'uno per l'altro. Alzai la mano verso il cielo indicando una stella, la più luminosa del cielo. Mi sentivo a casa, non la casa nella quale vivevo, ma la casa alla quale appartenevo, nella quale ero me stessa, la casa che tanto avevo desiderato e cercato rifugiandomi nei miei pensieri più profondi. Senza neanche uno sforzo l'avevo incontrata. Il mio volto mutò l'espressione seria in una serena e rilassata mentre ritiravo la mano e l'appoggiavo senza esitazione sul suo cuore. Sentii un sussulto provenire dal ragazzo accanto a me e mi girai incontrando i suoi occhi verdi pieni di una felicità ancora non sperimentata sul suo volto.



-È tutto sbagliato, lo so, ma non mi importa-, sussurrò provocandomi la pelle d'oca. Gli accarezzai il contorno perfettamente regolare della mascella fino ad arrivare al naso leggermente all'insù.

-Sei bellissima! Lo sai?-. Gli sorrisi dolcemente dopo di che prese le nostre mani incrociate e le alzò mostrandomi il tatuaggio con aria interrogativa.

-Cosa vuol dire?-.

-Vuol dire che l'amore è troppo doloroso per essere vissuto. Che è meglio essere senza cuore che avere un cuore infranto in mille pezzi. È quella che sono-. Avevo riassunto la mia intera vita in quelle parole che fino alla settimana prima erano state la mia filosofia di vita. Ma adesso? Cosa ne era di me? Di tutto ciò in cui credevo? Persa nel vuoto senza una direzione, una via sicura che mi avrebbe condotto all'essere fiduciosa in me stessa, ecco quella che ero. Una lacrima scivolò lungo la mia tempia per poi disperdersi nella sabbia di quel luogo sconosciuto.

-Guardami!-, ordinò. Non riuscii ed automaticamente chiusi gli occhi per ricacciare la sensazione di oppressione che mi stava pervadendo. Quale appiglio potevo avere ora che tutte le mie certezze erano scomparse? La sua mano calda girò il mio viso verso il suo e mi accarezzò la guancia. Potevo sembrare una stupida! Mettermi a piangere davanti ad un ragazzo che nemmeno conoscevo... Ma era stato lui stesso a stravolgere la situazione. Aprii gli occhi mettendo a fuoco le sue labbra che si avvicinavano e mi baciavano la fronte.

-Volevi dimostrare qualcosa a qualcuno, non è vero?-.

-Si. A me stessa, forse non sarò mai la ragazza forte ed indipendente che dico di essere, ma mi fa sentire degna di considerazione-, dissi uscendo dal guscio per la prima volta in tutta la mia vita.

-Tu sei degna di considerazione, non lo dubitare mai-. Si alzò, dopo di che mi aiutò a fare lo stesso. Mi prese il viso tra le mani e si abbassò leggermente ipnotizzandomi con quegli occhi incredibilmente grandi e verdi. La luna aveva illuminato i suoi capelli rendendoli quasi bianchi, li accarezzai come non avevo mai fatto nella realtà e chiusi gli occhi.

Le sue labbra toccarono leggermente le mie infondendomi ancora più pace di quanto non avesse già fatto il suo tocco. Ero a casa, niente avrebbe potuto buttarmi giù. Nessuno avrebbe potuto dirmi che stavo sbagliando.

 

 



Manuèl

 

Era così bella, con quello sguardo serio, quasi concentrato. Con quelle labbra incurvate verso il basso che rivelavano la sua vera tristezza e confusione. Con quel tatuaggio che mascherava tutta la sua dolcezza. Voleva apparire forte, voleva esserlo, forse più di qualunque altra cosa e adesso che avevo scoperto che anche lei aveva un cuore, sembrava distrutta, come se le certezze su cui basava la sua vita fossero crollate nello stesso preciso istante in cui l'avevo guardata negli occhi. Era spaventata, si poteva capire dagli occhi sgranati, ma perchè avere paura della propria vita? Perché dire che non era degna di considerazione se la trovavo così interessante?

-Tu sei degna di considerazione, non lo dubitare mai-, sussurrai e quelle parole non erano mai state più vere. Improvvisamente l'aria attorno a me si era fatta afosa e le gambe non rispondevano più agli stimoli del cervello, dovevo alzarmi. Presi la sua mano e la riportai con i piedi sulla soffice sabbia. Si sistemò il vestito impacciata, poi si guardò attorno come se tutta la nostra conversazione non fosse mai accaduta, come se non esistessi. Le accarezzai i capelli arrivando alle sue guance fatte apposta per essere circondate dalle mie mani. Lavinia puntò gli occhi verde smeraldo nei miei. Era troppo tardi, l'amore mi aveva fregato un'altra volta, ma in questo caso sentivo che quella ragazza era quella giusta. In un lampo vidi tutta la mia vita con lei, lo svegliarmi tutte le mattine con lei accanto, i nostri bambini, i nostri capelli bianchi. La mia immaginazione correva come un treno senza freni, incapace di dire stop, ma un suo semplice tocco mi riportò alla realtà, su quella spiaggia deserta, a quel sorriso e a quella mano che accarezzava i miei capelli. Era quella giusta. Mi chinai quasi involontariamente come se le mie labbra e il mio cuore fossero attratti dal suo sguardo e la baciai. Sapeva di salsedine e di sole, sapeva di casa. La sua mano strinse i miei capelli avvicinando il volto al suo mentre le mie esploravano la sua schiena fino a quei fianchi che avevo tanto desiderato stringere e premetti il suo piccolo corpo contro il mio abbracciandola. Le sue dita fredde scesero lungo la tempia fino al collo provocandomi dei leggeri brividi per tutto il corpo.

Il tempo si era fermato. La luna, le stelle e le nuvole erano le uniche testimoni di quel bacio così giusto quanto sbagliato. Si scostò prima di me e sorrise tenendo chiusi quegli occhi che avrebbero potuto illuminare un'intera città.

-Dovrei tornare indietro-, sussurrò rompendo l'incantesimo. La mia fronte era incapace di staccarsi dalla sua, dovetti sforzarmi per lasciarla. Le accarezzai una guancia mentre il suo sguardo incontrava il mio, la presi per mano e ci allontanammo. Non avrei mai dimenticato quel posto e se un giorno fossimo stati insieme quello sarebbe stato il primo luogo in cui l'avrei portata. Mi girai solo per ammirare un ultima volta la luna, no, la ragazza accanto a me era molto più bella.



















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PinkPrincess
 
Grazie mille per averla messa tra le seguite!!! <3


 

  
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