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Autore: Helena Corvonero    07/11/2011    2 recensioni
Hermione Granger si ritrova a King's Cross, ma questa volta non deve prendere il treno per Hogwarts, deve iniziare un viaggio più grande, che la porterà verso un futuro diverso. Ad accompagnarla ci sarà Draco Malfoy, e nonostante il traguardo sia verso il futuro questo viaggio la porterà a fare un tuffo nel passato, per ricordare come tutto sia iniziato: con una scommessa.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Angolo dell’autrice:
salve gente, come va?
Allora, questo capitolo è mooooooooolto importante e ricco di eventi. E’ lunghissimo perché non me la sentivo di spezzarlo.

Ah, un’ultima cosa: questo capitolo è dedicato completamente a Draco e alle sue riflessioni.
A presto, un bacione.
 
L’autrice.
 
 
 
CAPITOLO SEDICI:
QUADRI
 
 
 
 
 
 
Draco Malfoy si dirigeva per l’ennesima volta verso l’ufficio della Preside.
Gli era arrivato un gufo, due giorni prima, che comunicava che sarebbe dovuto andare dalla McGranitt al più presto.
Aveva sbuffato: chissà di che aveva da lamentarsi, la vecchia.
Così quella sera aveva aspettato che la cena finisse e si era avviato verso lo studio.
A doverlo ammettere, gli piaceva camminare lungo i corridoi di Hogwarts: così intricati da parere un labirinto, non sapevi mai dove potevi andare a finire.
A volte, quando era sovrappensiero, si incamminava per quelle vie silenziose, senza una meta, e piano piano i problemi scivolavano via, la mente si svuotava.
Era una fredda serata di novembre, e la luce pallida delle torce sembrava ancora più spettrale.
Mentre camminava rifletteva: erano usciti un altro paio di volte, con la Granger, ed era andato tutto bene. Aveva fatto buona impressione, ne era certo.
D’altronde aveva la ricetta perfetta: stare ad ascoltare, annuire, non insultare i suoi amici e assecondarla.
Aveva fatto tutto ciò, per cui ormai doveva essere ‘cotta’ a puntino.
Passo dopo passo, respiro dopo respiro, era arrivato a destinazione silenzioso come un serpente (mi sembrava il paragone adatto n.d.a.). Si guardò l’orologio da polso. Era in anticipo, ma bussò lo stesso. Nessuno rispose.
Così si appoggiò alla porta, in attesa che la McGranitt arrivasse, provò addirittura ad aprire ma niente.
Si concentrò solo sul silenzio, nemmeno i quadri facevano rumore, l’unica cosa che sentiva era il suo respiro.
Un momento. Nemmeno i quadri facevano rumore?
Eppure sentiva due voci, provenire dallo studio. Ed era certo che non fossero persone. Premette l’orecchio contro lo spesso portone in legno, incurante dei guai che avrebbe probabilmente passato se la professoressa l’avesse trovato a origliare.
Le voci erano ovattate, tuttavia riusciva a capire bene ciò che dicevano.
La prima voce che udì con chiarezza chiedeva: “Perché stai ridendo? Sono così patetico?”
Il mago che aveva fatto questa domanda aveva una voce cupa e lamentosa, leggermente nasale, facilmente riconducibile a Severus Piton.
Albus Silente, la cui voce calda e familiare si sarebbe riconosciuta fra mille, replicò:
“Ma no, Severus, ma no. In primo luogo non rido ma sorrido.
E in secondo luogo non ti trovo affatto patetico, tantomeno il tuo racconto. E’ che ho fatto una scommessa molto interessante, e il suo esito mi incuriosisce sempre di più. Perché sai, le persone cambiano, e vedere la loro evoluzione è la cosa più interessante del mondo.
Oh, ma tu lo sai meglio di chiunque altro.
Su, continua a raccontare”.
 
 
Draco aveva gli occhi sbarrati. Possibile che sapesse?
Beh, era Albus Silente e vivo o morto che fosse, a quello non sfuggiva niente.
D’altronde era molto improbabile che parlassero proprio della sua scommessa, che più che con i Serpeverde, ora sembrava fatta con se stesso.
Probabilmente parlava d’altro.
Non si sentiva sicuro, però.
Così scappò via, chissà perché così agitato, come se qualcuno avesse detto un segreto che voleva portarsi nella tomba, così palese ma che non avrebbe voluto si scoprisse, nonostante già in tanti lo conoscessero.
Sparì tra i corridoi, inghiottito dal silenzio insieme al rumore dei suoi passi.
 
 
****
 
 
Draco si buttò sul letto solo molto tempo –e molti passi- dopo.
Turbato, così turbato da arrivare fino alla gufaia.
Era stanco, avrebbe voluto dormire, ma il suo cervello non riusciva a spegnersi.
E poi lui se lo chiedeva, il perché di tutta questa agitazione.
Anche se il vecchio balordo l’avesse saputo, che importanza aveva?
Era solo un quadro, solo un pezzo di tela inchiodato alla parete.
Eppure lo spaventaval’idea che lo dicesse a qualcuno.
Dio come era caduto in basso.
Draco Malfoy temeva che un vecchio bacucco in un quadro dicesse in giro che stava con la Granger per una scommessa.
Non avrebbe mai creduto ma forse è vero che non si conosce un limite alla follia.
Ma in cuor suo lo sapeva, il perché.
Non voleva che la Granger lo sapesse.
Perché… Perché? Perché ci teneva, sarebbe stata la risposta più ovvia.
Ma si sa, l’ovvio non è da Malfoy.
Però non riusciva a dormire, non riusciva a smettere di pensare alle parole di Silente, al suo ridacchiare sotto i baffi.
Assolutamente non doveva venirlo a sapere nessuno, in particolare la Mezzosangue.
Il perché era ancora da appurare.
E così cadde un sonno buio e profondo, senza sogni, cercando di trovare un’altra risposta, che sembrava scivolargli dalle mani come fumo.
 
Quando la mattina si svegliò, i raggi del sole penetravano forti attraverso l’acqua scura del Lago Nero.
Draco fece in tempo a pronunciare un’imprecazione tra i denti, infilarsi la divisa velocemente e scapicollarsi in Sala Grande sperando di trovare qualche rimasuglio di colazione prima di urtare contro qualcosa.
Beh, quasi, urtare.
Le vibrazioni negative che emanava la persona che gli intralciava l’entrata nella Sala lo fecero fermare a qualche metro di distanza.
Hermione Granger aveva le braccia conserte, i capelli in disordine, la bacchetta in mano e gli occhi molto più rossi di quanto Draco li avrebbe mai voluto vedere.
Il secondo dopo, senza nemmeno capire come, si ritrovò preso a pugni dalla ragazza, che menava le mani senza nemmeno centrare il segno, mentre le lacrime iniziavano a rigarle le guance.
Indietreggiò, mentre sentiva una voce forte e incrinata che gli urlava contro cose incomprensibili, a causa del pianto.
Fermò Hermione prendendola per le spalle, ma quando provo a sollevarle il viso –visto che lei lo teneva ostinatamente rivolto verso terra- si scostò e alzò la bacchetta.
Era furiosa.
E anche qui, il perché era da appurare. Draco iniziava a chiedersi se non fosse proprio un suo problema di intelligenza, visto che sembravano sfuggirgli così tante risposte.
Alzò immediatamente le mani, senza nemmeno provare a prendere la bacchetta: in quel momento le forze per combattere non le aveva, così come la voglia.
“Cos’è successo?” provò a chiedere alla ragazza, il cui corpo tremava, forse per l’ira, o per il pianto.
“Cos’è successo? Cos’è successo?!” chiese lei indignata, con una voce acuta, così simile a quella di Ron, settimane prima.
Sembrava che le parole si impigliassero nella bocca della ragazza, incapaci di uscire, talmente erano.
Poi uscirono, un fiume di parole, così svelte che si riuscivano a malapena ad acchiappare.
“E’ successo, razza di verme, che la tua banda di cari seguaci, sbavanti ammiratori della tua arroganza, sono venuti a riferire a me – e per di più quando ero da sola in biblioteca, che bel colpo basso!- parole davvero non molto gentili, che hanno giurato essere state pronunciate prima dalla tua bocca.
Vuoi che ti faccia un esempio? Eh?”
Draco avrebbe voluto fermarla, dirle che era un tranello, architettato da quei bastardi dei suoi compagni, che non volevano vincesse la scommessa.
“No, guarda, te le risparmio, ma erano così originali che sono certa che nessuno di quei dementi ci sarebbe potuto arrivare senza un piccolo suggerimento, no Malfoy?”
Il sopracitato intanto fissava il vuoto, decidendo chi e come punire per quella bravata.
“ E allora, bastardo narcisista e razzista che non sei altro, pensavo che magari potevo restituirti il favore, venendo a dirti personalmente ciò che penso di te.
Perché io sono una Grifondoro, e non sono così vile e codarda da mandare altri a insultare le persone, no, me ne occupo personalmente. Ma sono sicura che avevi ben altro da fare che venire a romperti le palle l’ennesima volta. E sono certa che in quel momento con le palle facevi ben altro…”
Malfoy, già deciso le punizioni per i colpevoli, aveva iniziato a chiedersi come mettere in modalità OFF la macchina Spara-Insulti-Granger.
“ Sei proprio un verme, lo so che come insulto non è un gran ché forte, ma è il più calzante che ho trovato. Voglio dire, prima fai tutto il simpatico, dici che vuoi uscire… Ma l’avevo capito che era un trucco, oh, l’avevo capito…”
Assaporò il rumore del silenzio nello stesso modo in cui assaporò le sue labbra.
La baciò, beh, più per necessità che per sentimento –come sempre, d’altronde- però già che c’era era un buon modo per dare una svolta ai suoi piani.
In cuor suo gioì quando vide che lei non si staccasse disgustata.
Non che fosse poi così contenta. Era più che altro una statua di sale.
E scommise che aveva anche gli occhi spalancati.
Ma insomma, quando mai le ricapitava? E lei giocava alla bella statuina.
Era senz’altro la persona più strana che avesse mai visto.
Così provò ad addolcirla, addolcire lei addolcendo se stesso.
E mentre il bacio si riscaldava, mentre si lasciavano andare, loro, insieme, capì che ci stava rimettendo più di quello che aveva previsto. Più di quanto fosse disposto.
Perché mentre la baciava gustava quel momento più di quanto si potesse permettere; si crogiolò nel piacere che provava a sentire quel caldo familiare propagarsi veloce nelle sue vene: era come un’esplosione improvvisa che gli confondeva il cuore e allo stesso tempo un’invasione lenta e dolce, che si prendeva possesso di lui senza che se ne accorgesse.
 
 
Assolutamente, non sarebbe mai dovuta venire a conoscenza di quella dannatissima - o benedetta, era ancora da appurare-  scommessa.

 
  
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