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Autore: Holly Rosebane    07/11/2011    8 recensioni
Dal PoV di Harry:
« – Quindi ti piace? – Chiesi, senza troppi preamboli. Ero abbastanza coinvolto da prendermela, ma cercai di non darlo a vedere. Silenzio.
– Non ho detto questo. – Rispose, spegnendo i fari, arrivato di fronte casa mia.
– Ma non hai nemmeno precisato il contrario. – Commentai, immobile. Perché doveva fare il filosofo, seminando dubbi e non lasciando mai risposte precise? Si passò lentamente una mano sulla faccia, sospirando. E dai, Louis, sputa la carota.
– Già. Il problema è che neanche io so cosa pensare. Non posso negare di essere interessato, questo sì. E a quanto vedo, anche tu lo sei parecchio. – Disse.»

Dal PoV di Lucy:
« Harry, invece… beh, lui era Quello. Quello con la “Q” maiuscola. Quello che riconosci subito, appena lo incontri. Quello che quando sei con lui, non sapresti immaginarti di meglio. Quello che ti appaga con la sua presenza quasi quanto un gelato al doppio cioccolato. Quello, era Harry Styles. »
Lucy ed Harry, due vite diverse, due punti di vista. Che s'intrecceranno in un'unica, segreta realtà.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell'autrice & Thanks!: 

Eccomiiiiii, dopo un luuungo weekend!
Comincio subito di nuovo col ringraziarvi, onestamente non credevo che la storia sarebbe piaciuta così tanto, e che vi foste così affezionati... è una cosa abbastanza forte, ti fa sentire bene...!
Quindi... Girls... I love u, thanks for everything!! E anche voi lettori, che seguite/preferite/ricordate/leggete e basta, I love u too, thanks a lot. Really.
Tornando al capitolo... è abbastanza lunghetto, poiché non so se nei prossimi due o tre giorni potrò postare, quindi mi sono avvantaggiata, diciamo!! Abbiamo un Harry's PoV, che dopo tanto tempo ritorna!!
Spero di aver reso tutto bene, se magari vedete qualche sproposito (come la canzone del capitolo precedente, grazie mille alla ragazza che mi ha corretta :D!!) fatemelo notare, eh!!
Come sempre, fatemi sapere se vi sia piaciuto o meno, se magari abbiate suggerimenti, idee, o quant'altro. Vi lascio in compagnia del ricciolino sexy. E ho detto tutto, hahahah!
Grazie di nuovo, davvero. A tutti.
Un bacione <3!
Holly.


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Chapter 18: This is It Girl…  Harry’s PoV

 
 
 

« Lovin’ you could be a crime,
Crazy how we fit girl…
This it girl.
»

Jason DeruloIt Girl
 
 
Quella foto era bellissima. Ma non perché ci fossi io, che come soggetto, miglioravo a prescindere. E non era neanche lei, per quanto la trovassi perfetta.
Si trattava… di tutto.
Di noi.
Sembravamo fatti per stare insieme, nello scatto potevo quasi sentire quanto Lucy fosse contenta di trovarsi insieme a me, o quanto io volessi essere con lei. E invece, dovevamo mantenere tutto segreto. Anche se Louis aveva capito (erroneamente) che l’interesse per lei era semplicemente passeggero, non volevo che si sapesse di noi due.
Per tanti svariati motivi. Quella storia volevo viverla in pace, e non ne caos dei paparazzi, della stampa, delle riviste scandalistiche e dell’odio delle fan.
Perché era risaputo che quando seguivi un idolo di sesso opposto al tuo e sapevi che si fidanzava, odiavi a prescindere la sua dolce metà. Per quanto fosse brava, bella o una persona fantastica, la odiavi per principio. E io non volevo questo, per Lucy. Anche se un po’ tutti sospettavano che fra noi due ci fosse qualcosa, magari davano per scontato che fosse solo attrazione fisica.
Infondo, mi avevano visto provarci con un numero sconsiderato di ragazze, il meccanismo era sempre lo stesso. Ma io rimanevo comunque distaccato.
Cosa che non riuscivo più a fare, da quando ero con lei.
La cameriera era arrivata, portando le nostre ordinazioni. Presi il caffè di Lucy e glielo passai, poi presi il mio succo di mela. Mi ringraziò, formalmente.
Anche l’imbarcata di quella mattina, la sorpresa a scuola… lasciando da parte che era stata tutta opera di Niall, anche a lei aveva fatto piacere. Il modo in cui era rimasta a contemplare l’insegna di Starbucks, come se non l’avesse mai vista in vita sua, o non riuscisse a credere di essere davvero lì… beh, mi stupiva. Davvero.
Lei non era come tutte le altre ragazze. Qualsiasi cosa facesse, anche la più stupida… la sentivo dritta al cuore. Il modo in cui arrossiva quando la stringevo a me, l’ingenuità che fingeva nelle situazioni scomode, il modo di muovere le mani quando faceva discorsi seri, come in quel momento.
Tutto di lei era unico, speciale.
Non avevo mai avuto una reazione simile per una ragazza, e da un lato mi spaventava. Sarei davvero riuscito a gestire quella situazione? Ce l’avrei fatta a resistere del tempo prima di vederla, dato che non potevo farlo quando mi pareva? Già il fatto che in quel momento non potessi semplicemente baciarla, mi dava sui nervi. E quella situazione del cavolo l’avevo anche voluta io, eccola la cosa divertente.
Non mi azzardai nemmeno a pensare a cosa avrei combinato, quando lei sarebbe dovuta tornare in Italia. Era un pensiero troppo doloroso da accettare, meglio scacciarlo, finché potevo.
Giocherellai con la cannuccia del succo di mela, riflettendo. Quando mi accorsi che era calato il silenzio fra i ragazzi, realizzai che magari qualcuno mi aveva fatto una domanda a cui non avevo risposto.
– Harry? Allora? – Lucy si sporse leggermente verso di me, schioccandomi le dita davanti agli occhi, fissandomi con i suoi occhi color ambra. Colsi il suo profumo, leggero e fiorito. Distinto.
– Eh? Cosa? – Farfugliai, lanciando un’occhiata circolare attorno a me. Sì, mi ero proprio perso qualcosa.
– Lascialo stare, Lu… è il momento del filosofo! – Rispose Zayn, ridacchiando. Gli feci una smorfia, e mi voltai verso Lucy.
– Potresti ripetere? – Le chiesi, fingendo una sicurezza mista a strafottenza che non avevo. Sospirò.
– Ti avevamo chiesto dove sarebbe stato meglio andare. La City o il West End? – Ripeté, pazientemente. Ovunque, purché rimanessimo da soli.
Fissai il pavimento, simulando un’attenta concentrazione. In quel momento, avevo solo voglia di portarla al parco dietro casa mia, e parlarle, ridere, baciarla…
– Dio, Harry! Dobbiamo aspettare un’apparizione divina perché tu ci risponda? Avanti, una vale l’altra! – M’incoraggiò Niall, di fronte a me.
– Ok, ok, calmatevi! West End. Contenti? – Risposi, con voce cantilenante. Sentii Lucy esultare, dietro di me.
– Visto?! Ve l’avevo detto! – Ribatté, fissando Louis e Zayn, che le fecero una smorfia. Ci alzammo, e pagammo il conto anche per le ragazze.
Oh, no. Di nuovo il dilemma della macchina.
– Io sto davanti! – Scattò Liam, schizzando a velocità supersonica verso il posto accanto al guidatore, entrando, e chiudendo con la sicura. Sorrise soddisfatto.
– Ehi, Payne! Quello era il mio posto, muovi il culo! – Zayn batté sul finestrino, rivolto verso Liam. Questi gli rispose con un allegro sventolare di mani, come se lo stesse salutando.
– Questa me la paghi, Liam…! – Commentò, entrando prima di me. Risi.
– Zayn, per una volta proverai l’ebbrezza di essere schiacciato fra me e Niall! Non sei contento? – Chiesi, entrando a mia volta.
– Sta’ zitto, Harold! – Rispose, scompigliandomi i riccioli. Quando anche Lucy fu dentro, Louis diede gas.
 
 

*

 

Lucy, sulle mie ginocchia, chiacchierava tranquillamente con Zayn, mentre io le cingevo i fianchi e poggiavo la testa contro la sua schiena, guardando fuori dal finestrino. Potevo sentire ogni suo movimento, e ogni suo respiro.
In momenti come quello, l’avrei stretta a me, baciata fino allo sfinimento, giocato con i suoi capelli… perché continuavo a pensare a tutto quello che “avrei potuto fare”, dannazione?
Mi concentrai sui passanti, che percorrevano affrettati i marciapiedi. Chissà loro cosa avevano fatto fino a quel momento, dove sarebbero andati, e con chi. Magari quella ragazza con il caschetto rosso fuoco stava aspettando il suo ragazzo o la sua amica, con cui messaggiava al cellulare.
Spesso, Louis ed io facevamo commenti di questo genere sugli sconosciuti, inventandoci storie assurde sulla loro vita. Era piuttosto divertente, a dire la verità.
Arrivati a destinazione, Louis parcheggiò, e scendemmo dalle auto. La sfavillante Trafalgar Square ci accoglieva a braccia aperte, brulicante come al solito di turisti. Sembrava una fotografia o una cartolina, con il cielo limpido, la moltitudine di colori delle magliette dei turisti, le fontane che scintillavano riflettendo la luce del sole e i flash delle macchinette fotografiche.
Quella piazza mi era sempre piaciuta, ma non ci andavo spesso. Riflettendo, in quel momento praticamente mai. Ricordavo di quando ci bazzicavo con i miei vecchi amici, in seconda o terza media. Quando ancora non sapevo che sarei entrato ad X Factor.
Mi voltai verso Lucy. Aveva di nuovo quello sguardo estasiato, osservava ogni cosa, quasi volesse imprimerle bene nella memoria. Un enorme sorrisone stampato sul volto, andatura lenta, pronta a cogliere ogni istante di quell’attimo. Quando notò la fontana, s’illuminò.
– La fontana! È proprio lei, quella del libro d’inglese! – Esclamò, e corse verso di essa.
– Lucy! – La chiamai, sorridendo. Sembrava una bambina di fronte ad un enorme parco giochi, i capelli al vento, tutta presa dall’attrazione principale.
La sentii urlare un “vieni!” sfumato dalle voci dei passanti e dal chiasso del traffico.  Mi voltai verso gli altri.
– Noi andiamo a dare un’occhiatina alla Colonna di Nelson! Raggiungeteci lì, ok? – Propose Liam. Annuii, grato. Forse lui aveva colto qualcosa che cercavo di nascondere…
– Bene, gente! Seguite la carota, grazie! – Sentii Louis parlare con un esagerato accento della City, mettendosi alla testa del gruppetto fra le risate di tutti, sventolando la sua carota, i turisti accanto a lui che lo fissavano straniti. In altre occasioni, non mi sarei perso quella scena per niente al mondo, ma non quel giorno.
Corsi a mia volta da Lucy, che quasi si confondeva con la calca. Sorpassai un paio di tedeschi, e mi bloccai. La trovai ferma davanti alla fontana, ad ammirarla. Le arrivai alle spalle.
– Allora, questa fontana? È come te l’eri immaginata? – Le chiesi, abbracciandola da dietro. Si voltò appena, sorridendo. Posò le mani sulle mie.
– Sì! Questo posto è fantastico, così grande, così… pieno! – Esclamò, guardando di nuovo la fontana. La sua voce aveva un tono sorpreso e insieme ammirato. Era una di quelle poche persone che ancora si sorprendevano per qualcosa, a questo mondo.
– Non avete il Colosseo, da voi? – Le chiesi, fissando l’acqua cristallina rifrangere i riflessi del sole, mentre alcuni americani si scattavano foto accanto alla costruzione. Uno di loro ci fissò per un attimo, poi sorrise all’obiettivo. Mi chinai per baciarle una guancia. Non se l’aspettava, e ridacchiò.
– Ma non è la stessa cosa… – disse, interrompendosi.
– Sai cosa avrei voglia di fare, adesso? – Chiese, a bruciapelo. Sciolsi l’abbraccio, per permetterle di guardarmi di fronte.
– No, cosa? – Risposi, incrociando le braccia e sorridendole, con aria scettica.
– Girare. – Disse, con una facilità disarmante. Alzai un sopracciglio.
– Girare? – Temetti di non aver capito bene.
Ma lei annuì, e proprio nel bel mezzo della piazza allargò le braccia e, guardando il cielo, cominciò a girare. Incurante del resto del mondo, sorridendo a qualche nuvoletta di passaggio, i capelli che danzavano seguendo le sue spalle strette.
Sembrava una di quelle attrici nei film romantici, quando erano magari sole e felicissime, oppure mentre si trovavano in quei campi verdi e sterminati insieme ai loro fidanzati. Quel momento aveva un che di poetico, eppure non riuscii a non sorridere guardandola.
Non credevo che l’avrebbe fatto davvero, ma la cosa più strana era che non stonava affatto con il luogo. Lei girava, e al massimo qualcuno le lanciava occhiatine sorprese. Tutto sembrava così naturale con lei. Scoppiai a ridere, e si fermò, ridendo anch’essa.
Appena cessò di girare, barcollò per un momento. La sostenni, afferrandole un braccio. Sbatté le palpebre, e mi sorrise.
– Girare! Più o meno così. Pensi che sia pazza, eh? – Mi chiese, guardandomi negli occhi.
Da sola, in mezzo ad una piazza, mettersi a girare fissando il cielo. Sì, era decisamente da pazza.
Ma mi sembrò tutto tranne che quello. I grandi occhi color ambra che si specchiavano nei miei, le guance arrossate per le giravolte, lo stesso sorriso di una bambina beccata a fare qualcosa che non dovrebbe. Sembrava ingenua, eppure sapeva molto di più di quanto lasciasse credere.
 Era proprio questo che mi aveva fatto perdere il controllo, quell’armonia discordante dentro di lei, il modo in cui lei stessa pensava o si comportava.
Le presi il volto fra le mani, e la baciai.
Semplicemente.
   
 
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