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Autore: elyforgotten    10/11/2011    12 recensioni
FANFIC COMPLETAMENTE REVISIONATA! *Periodo risalente dalla 2 stagione in avanti*
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Questa Fan-fic parla della sorellasta di Caroline, la figlia maggiore di Bill, Briony che torna a Mystic Falls dopo che si era trasferita per un evento drammatico che le era capitato... Ma quando tornerà scoprirà che niente è più come prima... Una nuova realtà che la sovrasterà, la incanterà, fino a divorarla.
DAL CAPITOLO 20:
"Non stai parlando con il cuore ora, è solo un pretesto per..”
Ma Elijah la interruppe bruscamente, guardandola diabolico:
"Io non ho un cuore, Briony" affermò lui con tono spietato allontanandosi da lei.
Dopo un po' lei lo seguì:
"Eppure io lo sento battere, dentro di te" disse timorosamente.
"È solo una tua illusione" sussurrò il vampiro fissandola con il suo sguardo crudelmente glaciale.
Briony non capiva se stesse mentendo a sé stesso o se stesse lottando per avere ragione. Sapeva soltanto che lui, un cuore, lo aveva...
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo, personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I'm always in this twilight, in the shadow of your heart. '
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6 CAPITOLO

 

Ormai era fatta.

Non si riusciva a spiegare la furia e la rabbia che le attraversava il corpo inesorabilmente. Era come se le si fosse iniettato nelle vene un desiderio terribile di colpire, di fare del male.

Questo le fece molto paura. Non avrebbe mai immaginato di poter pensare quelle cose.

Le uniche volte in cui era ricorsa alla violenza era stato per difendersi… nulla di più. La sua sopravvivenza era l’unica cosa che aveva contato in quel momento.

Ma quando aveva accettato l’alleanza di Gilbert, le si era formato istintivamente un sorriso malefico nel viso. La solo idea di farla pagare a Damon Salvatore e a tutti quei vampiri la eccitava da morire, le offriva un ambiguo senso di appagamento.

Briony si intravide nello specchio della cabina telefonica.

Il volto che vide riflesso non poteva appartenerle. Quel volto distorto e agghiacciante era il suo? Le sembrò distaccarsi dalla sua stessa faccia, si spaventò di quello che vide e si allontanò in fretta dal suo riflesso, respirando a fatica.

Era riuscita a riprendere il controllo di se stessa, era tornata finalmente normale ma il cuore batteva velocissimo. Il desiderio di vendetta era svanito, così in fretta come era comparso, lasciando solo confusione.

<< Avrò fatto bene ad accettare l’offerta di John? >> si chiese ripetutamente Briony, camminando verso il paese.

Non pensava che la loro alleanza le avrebbe fatto correre dei rischi, ma credeva di aver fatto un errore nell’accettare così precipitosamente. E se qualcuno lo avesse saputo e avrebbe frainteso?

Qualcuno come….

Ma smise di pensarci. In fondo lei e John volevano la stessa cosa. Proteggere le persone che amavano. Cosa c’era di sbagliato in questo? E se nel pacchetto era incluso anche di vendicarsi di Damon meglio no? Uno in meno di cui preoccuparsi.

Ma nonostante tutto quei pensieri non riuscivano a calmarla. Il cuore non cessava di battere forte per una schiera di emozioni.

 

Oltrepassò la piazza con fare incerto. Si sentiva ancora scossa dopo quello che aveva provato e sentito… Il sangue le ribolliva nelle vene e ormai stava per scoppiare. Se qualcuno si fosse avvicinato con un fiammifero sulla sua pelle probabilmente avrebbe preso fuoco.

Sfortuna volle che incontrò Carol Lockwood.

<< No, non ora ti prego >> pensò Briony amaramente.

Ma Carol le venne incontro sorridendole: “Briony! Allora hai deciso di restare?”

La ragazza non fece in tempo a rispondere che si ritrovò vicino John Gilbert.

“Buongiorno Signora Lockwood… Briony.” L’uomo si voltò verso la ragazza e le sorrise.

“Ciao.” Briony non osava dire nient’altro. Non voleva rispondere alle domande impertinenti di quella vecchia acida e non voleva neanche affrontare il discorso con John.

All’improvviso vide in lontananza una coppia che passeggiava: la donna mostrava delle case con una cartina in mano a un uomo distinto con un completo nero. Osservando attentamente notò che quella coppia erano….Elijah e Jenna?!

Briony spalancò occhi e bocca contemporaneamente, e senza volerlo esclamò:

“Ma cosa…?” Il suo volto preoccupato e shockato non passò inosservato a Carol e a John, che si girarono verso la stessa coppia. Jenna poi notò la loro presenza e corse subito verso di loro.

Briony! Elena mi aveva detto che eri tornata!”  Jenna le si parò di fronte con un sorriso estasiato e contento, mentre vicino a lei c’era Elijah che la guardava fisso negli occhi incuriosito ma con distanza.

Entrambi osservavano con sospetto i loro strani partner, per motivi diversi: Briony si chiedeva cosa faceva Elijah con una ragazza innocente Jenna e cosa voleva da lei, mentre Elijah si domandò se doveva preoccuparsi dell’ambigua vicinanza tra lei e il diabolico zio Gilbert, che più spesso aveva procurato problemi.

Briony smise di pensare a simili cavolate e abbracciò la sua amica d’infanzia.

“Jenna!” rispose con felicità dandole un bacio sulla guancia.

“Mi sei mancata! Prometti che non scappi più!” mormorò Jenna che aveva quasi le lacrime agli occhi.

Briony sorrise e le accarezzò il viso. Era felicissima di aver visto la sua cara Jenna, erano state molto unite in passato soprattutto nel periodo della scuola e la considerava una vera e leale amica.

Ma non riusciva a dimenticare… il fastidio quando l’aveva vista a passeggio con Elijah come due fidanzatini. Jenna non stava forse con quell’insegnante di storia? Che cosa c’entrava col quel vampiro?

Il fastidio si stava tramutando in qualcosa che non doveva proprio esistere dentro di lei, e razionalmente lo definì una sorta di preoccupazione per l’amica.

Briony infatti continuò a fissare Elijah domandandosi ripetutamente il perché della sua vicinanza con l’ignara Jenna. E allo stesso tempo Elijah osservava John e Briony con un espressione fredda, quasi inquietante, come se avesse già capito tutto.

Briony entrò in panico e abbassò lo sguardo per non far apparire il suo disagio.

Carol, che finora non aveva parlato, aveva notato la tensione e disse: “Briony, probabilmente non conosci Elijah Smith. E’ un esperto di storia ed è venuto a Mystic Falls per studiare la nostra cultura.”

La ragazza si girò verso Elijah e sorrise divertita. “Smith?”.

“Sì, non ho ancora avuto occasione di dirvi che…” Elijah guardò Briony sorridendo gentilmente “La signorina Forbes mi sta ospitando a casa sua in questo momento”

Tutti guardarono Briony sorpresi, incluso John, che non se l’aspettava.

<< Oh oh. >>

Mmm sì..” rispose lei titubante “Elijah cercava un posto dove stare, abbiamo fatto due chiacchiere e insomma la mia casa è grande e gli ho offerto di stare lì.” Cercò di non far trapelare il suo turbamento e che il vampiro si era quasi imposto nel voler stare a casa sua.

“Non sapevo che cercava un alloggio, se me lo diceva avrei provveduto sicuramente a procurarne un altro più… appropriato” disse con un tono acido Carol.

“No” rispose lui prontamente “La casa va benissimo. Finchè la signorina vorrà ospitarmi…” Elijah lasciò la frase in sospeso, guardando John. E lui ricambiò con uno sguardo diabolico.

Briony..” Carol continuò con le sue domande impertinenti “Non mi hai detto se rimani o no..”

“Ho deciso di restare.” rispose convinta.

“Oh bè… sai che dobbiamo parlare di quanto è accaduto… mio marito e tuo padre, come ben sai, avevano fatto un accordo per il bene di tutti. Pensavamo che tu rimanessi a Seattle per sempre.”

<< Ti piacerebbe >>

“Carol ormai la cosa è risolta no? Il caso è chiuso, non vedo perché dovete trattarmi come la persona che non sono…” rispose fissandola seriamente ma con una striscia calda di fastidio che le percorreva sotto la pelle.

“Oh no ma certo!” rispose nervosa Carol guardandosi attorno “E’ solo che il tuo ritorno ci ha colti alla sprovvista e immagino che non avessi pensato alle conseguenze..”

John si intromise nella discussione “Carol, se Briony vuole rimanere non vedo il motivo per cui non debba restare. Come ha detto lei, il caso è risolto e nessuno ne parla più ormai. Sono sicuro che Briony non darà nessun fastidio anzi..”

“Sì però dovete capire… le circostanze… insomma non farmelo dire così ma lo sai che nella tua famiglia ci sono parecchie cose in ombra, e il lavoro così adatto alla tua genia non ti aspetta più a Seattle?” affermò Carol contorcendosi le mani agitata ma con una sicurezza spavalda nella voce.

Briony sgranò gli occhi allibita. Cosa sapeva quella vecchia befana? Come osava criticarla per la natura del suo lavoro, quando non l’aveva neanche scelto lei e aveva solo dato una mano con le scartoffie nei casi? La stavano davvero trattando come una che ci sguazza nel soprannaturale, che crea un’allegra combriccola con i mostri, quando la realtà era ben altra.

Le venne tuttavia da guardare Elijah di sottecchi per via della nuova situazione che era venuta a crearsi, ma per fortuna riuscì a focalizzarsi sul mettere Carol al suo posto. Intanto gli altri guardavano straniti la scena, interrogandosi in silenzio.

“Il mio innocuo e civile lavoro che ambiva ad aiutare la comunità si è concluso. E… non devo certo essere io dire adesso che ci sono tante cose in ombre soprattutto in questa cittadina e chi la governa. Purtroppo non ci si può far niente.” Disse sicura con un sorriso fintamente sarcastico.

Carol stava per strozzarsi per quella frecciatina, quando per fortuna intervenne John.

“Ma!” Questa volta John alzò la voce “Abbiamo altri problemi a cui pensare. Io in quanto membro del consiglio sono favorevole che Briony resti e pace fatta… Andiamo! Non vorrà cacciare dalla città una ragazza che non ha fatto niente di male!”

Briony guardò John sorpresa e gli sussurrò un grazie.

Jenna anche lei per una volta diede ragione a John, e disse che Briony aveva tutti i diritti di restare e non c’era bisogno di fare tutto quel trambusto.

“Non sono io che l’ho deciso. Un anno fa il padre di Briony e mio marito hanno fatto un accordo che doveva essere rispettato. Credevo che lei fosse tornata solo per venire a trovare la sorella ma vedo che non è così. Deve essere il capo del consiglio a decidere se puoi rimanere a Mystic Falls o no.”

“E chi è il capo del consiglio?” chiese Briony

“Damon Salvatore”

Il suono di quel nome le diede una morsa allo stomaco. Restò paralizzata non riuscendo a capire il perché di tutto questo.

 Damon Salvatore….quel vampiro bastardo che non si faceva alcuno scrupolo ad attaccare le persone e che aveva mentito spudoratamente sulla sua identità, era capo del consiglio?!

Elijah, che finora non aveva parlato, disse con un sorriso guardandosi attorno “Andiamo bene.”

Briony sapeva cosa voleva dire… a Damon Salvatore bastava un semplice “no” per scacciare Briony dalla città e evitare inutili problemi con quella guastafeste.

Si chiedeva come avesse fatto ad aver intortato mezza città e mezzo consiglio. Come potevano quei cretini credergli? Era un imbroglione e li stava ingannando nella maniera più spregevole.

Un vampiro senza scrupoli a capo di un consiglio che dava la caccia a dei vampiri. Forse era per questo che alla fin fine gli innocenti ci rimettevano sempre.

Senza volerlo si mise a ridere tra sé e . Ma non era una risata comica. Era una risata che faceva male, che tagliava prima di tutta se stessa.

Carol allora la guardò torva ma non disse niente.

Briony si mise le mani nei capelli cercando di sistemarseli, ma lo fece per nascondere le lacrime di rabbia che stavano per fuoriuscire. L’agitazione stava prendendo possesso delle sua ossa così come l’indignazione che proprio un vampiro doveva decidere per la sua vita… Non ne aveva avute già abbastanza?

“Beh, come è strana la vita no?”

Nessuno rispose. L’unico che capì che ormai Briony era al limite fu Elijah, che disse a Jenna che il loro giro turistico era finito e invitò Briony ad andare a casa con lui.

John però non fu d’accordo e disse che era meglio se andava a casa di Elena, dove era fra amici. E sottolineò l’ultima parola in modo tagliente, come se Elijah non fosse uno di loro.

John Gilbert non si fidava dei fratelli Salvatore, figuriamoci di un Originario.

Briony ringraziò John ma disse che sarebbe andata a casa sua perché era troppo stanca. Elijah allora senza perdere tempo prese il braccio di Briony e andarono via di lì.

La presa sul suo braccio era molto forte ma lei non oppose resistenza. Il gelo della mano di Elijah invase tutto il suo braccio ma non ammorbidì la rabbia che aveva dentro.

Era troppo arrabbiata… troppo frustata… se avesse detto una sola parola, sarebbe accaduto il finimondo.

Come prima era ansiosa di uccidere… di uccidere tutti quelli che le facevano del male e che osavano contrastarla.

“Dove hai messo la macchina?” le chiese Elijah all’improvviso.

“Non lo so.” rispose scontrosa non guardandolo nemmeno.

Elijah lasciò correre per questa volta e non fece più nessuna domanda. Aveva notato che Briony era agitata, molto agitata. Il suo stato d’animo sfiorava un furia incontenibile, ma nascondeva una delusione atroce sotto la superficie e un senso di sconfitta.

Briony sembrò ritornare all’improvviso alla realtà e sembrò accorgersi solo in quel momento della presa di Elijah sul suo braccio.. la presa di un vampiro che non osava mollarla e che la teneva in pugno… sembrò tornare lucida e cercò così di scostarsi per impedirle di toccarla ancora. Non importava se lui era  Elijah, quello che a volte si era dimostrato tanto galante con lei, perché in quel momento si rese conto che dopotutto era un vampiro. Un Originario per giunta.

Cose le era saltato per la testa?

Elijah comunque non aveva proprio intenzione di lasciarla andare e continuava a camminare, noncurante delle sue proteste.

“Lasciami.” gli ordinò lei cercando ancora di scansarsi da quella presa glaciale. Vedendo che lui non le dava la benché minima occhiata, lei cercò di essere più gentile:

“Per favore.”

Lui però non se la bevve che infatti sorrise freddamente dall’alto: “Un classico. Voi umani cercate di risolvere i vostri guai solo con un semplice per favore o mi dispiace, che in realtà non è nemmeno sincero.”

Briony si irrigidì notevolmente. Credeva di essere la sola a fare distinzione tra vampiri e umani dopo l’ultima conversazione con Elijah, ma a quanto pare non era così… e si poteva intravedere benissimo come quel vampiro orgoglioso la pensasse su quella differenza.. La sua perenne superiorità l’avrebbe fatta imbestialire ma in quel momento rimase apatica.

Smise di lottare e si costrinse a restare al fianco di Elijah. Anche se, nonostante le apparenze, sembrava che tra di loro stesse per sorgere una barriera invisibile che permetteva l’uno di vedere l’altro, ma non di entrare in contatto.

 

Quando finalmente tornarono a casa nessuno dei due disse niente. Briony si era un po’ calmata, le mani avevano smesso di tremare dalla rabbia e il suo cervello non pensava più all’idea di uccidere qualcuno, magari Carol Lockwood. Ma era ancora scossa dalla notizia che Damon Salvatore fosse il capo del consiglio. Le venne da ridere ma si trattenne.

Elijah aveva osservato per tutto il viaggio quella strana ragazza. Si chiedeva cosa avessero da spartire lei e quell’infido di John Gilbert. Li aveva trovati molto in confidenza e questo non gli aveva fatto per nulla piacere.

John Gilbert era il tipico individuo che pensava solo al proprio tornaconto, non gli interessava se qualcuno ci andava di mezzo o soffrisse. Per di più era davvero diabolico nei suoi piani. L’appellativo meno volgare che Elijah gli venne in mente pensando a quell’uomo era “feccia umana”.

Elijah però aveva molte domande da farle. Di cosa stava parlando Carol Lockwood? Di quale caso? Perché si era arrabbiata in quel modo? Cosa c’era tra lei e John Gilbert?

Non erano affari suoi, ma erano tutti sulla stessa barca. E Elijah voleva capire veramente chi aveva di fronte, senza inutili preamboli.

Briony evitò lo sguardo indagatore che le lanciava il vampiro in silenzio, e andò direttamente in cucina.

Si sciacquò la faccia con l’acqua fredda nel lavello.

“Sei silenziosa.” disse Elijah entrando anche lui in cucina. Appoggiò elegantemente la spalla contro lo stipite della porta.

“Sono solo un po’ tesa…

“Per quello che ha detto Carol Lockwood?” Elijah rise freddo “Non devi dare peso a tutto quello che dice. Quella donna è una perdente, crede che dopo la morte del marito sia lei a governare Mystic Falls ma in realtà non ha capito niente di tutto quello che sta succedendo.”

Briony non rispose. Gli dava le spalle.

Elijah si avvicinò lentamente. Senza fare alcun rumore.

“Non si riferiva a quello che sta succedendo ora. Si riferiva a un fatto accaduto un anno fa. Che ti riguarda.” puntualizzò.

Briony si innervosì. Non era proprio il momento adatto per parlarne. Non voleva… era ancora arrabbiata… tormentata.

“Che cosa hai fatto Briony?” Nella sua domanda però non c’era un tono d’accusa. Voleva solo sapere cosa le era successo.

Ma in quel momento lei esplose. Si girò verso di lui irritata. Non sembrava neanche più lei. Elijah vide della rabbia e dell’aggressività repressa in quella ragazza. I suoi occhi sembravano diventati accesi.

“Mi stai facendo il terzo grado ed io dovrei pure risponderti semplicemente?" le fuoriuscì un sorriso tirato, si mise disturbata una mano nei capelli "Dio mio.. tu sei un vampiro!" gli disse come se fosse quello il gran problema del suo stato. "Io non ti devo dire proprio niente, anzi sei tu che mi devi qualcosa! Credi che il fatto che tu sia un maledetto vampiro ti dia qualunque diritto? Non ce l’hai e mi dispiace infrangere il tuo solido orgoglio, anzi no non mi dispiace visto che a te non piacciono i falsi buonismi! Ma sono cose che riguardano solo me. Me soltanto!” Urlò alzando di molto il tono della voce.

Il vampiro non sbattè neanche le palpebre, continuava a fissare la ragazza con uno sguardo gelido che non faceva trapelare niente. Come se non fosse affatto interessato al suo stato d’animo deteriorato e spezzato.

Briony deglutì nervosa, e farfugliò un “lasciatemi in pace” mentre si incamminava fuori dalla cucina come una furia.

Ma Elijah all’improvviso la prese per un braccio con forza e le impedì di uscire. Con uno strattone si ritrovarono vicini, l’uno di fronte all’altra.  

Quel gesto così brusco la prese in contropiede perché finora aveva giudicato quel vampiro misterioso un tipo freddo, scostante, non incline a mostrare la sua enorme forza fisica. Infatti lui utilizzava solamente la sua calma gelida e i suoi occhi neri diabolici per intrappolare le sue vittime.

Si vede che con lei si divertiva ad usare altri mezzi.

Lo sguardo del vampiro la incenerì quando Briony tentò di divincolarsi, inutilmente.

“Tu non vai da nessuna parte.” disse feroce Elijah.

Probabilmente il tono della ragazza così irrispettoso nei suoi confronti lo aveva fatto mandare in bestia.

Briony gli diede dei colpi sul petto per strattonarsi ma era come se avesse sferrato un pugno a una parete di pietra.

“Lasciami! Io non ho fatto niente!” gridò col respiro affrettato, non osando guardarlo in faccia.

“Ah no?” chiese Elijah con un sorrisetto, sollevandole il mento.

Briony non volendo arrossì. Sperò comunque che il pallore per via della paura facesse soccombere il rossore dovuto all’imbarazzo di quel gesto.

“Perché, anche tu vorrai custodirti i tuoi segreti oscuri, Elijah.” Affermò lei poi indossando una maschera dura perché era l’unico modo per non farsi soccombere da tipi del genere che pretendevano di possedere il mondo.

Il vampiro perciò corrugò la fronte, non aspettandosi quella dimostrazione di carattere. La teneva ancora in pugno, i loro occhi induriti sembravano irrimediabilmente legati da un filo invisibile.

“Capovolgere la situazione non ti sarebbe d’aiuto. E non sono stato io a comportarmi da maleducato adesso.” Replicò lui sicuro ma con un sorriso furbo che gli stirò le labbra sottili.

Sentendosi colpita, Briony non riuscì oltre a sostenere quello sguardo, fu anche troppo per lei, quindi lo abbassò miserevolmente.  Non c’erano vie di fuga, anche volendo non sarebbe riuscita ad allontanarsi e allora in quella lotta si arrese, lasciando cadere il braccio esausta.

“E ora che vuoi fare?” le chiese Elijah in tono disinteressato.

Briony non lo guardò in faccia, tentando di riprendere il ritmo impazzito del cuore.

“Non ti conviene mai più rivolgermi un tono del genere.” ribattè lui subito dopo in tono fermo, non ammorbidendo però la sua presa.

Briony abbassò di più lo sguardo per sfuggire ai suoi occhi tetri, come una piccola preda.

In realtà era tutta una finta, non si era arresa e non aveva lasciato da parte il suo odio. Le arrivò alla testa quella dolce sensazione come quella che aveva provato dentro la cabina telefonica.

Briony svelta come un serpente si liberò di lui e si girò prendendo un coltello da uno dei cassetti. Ma Elijah, che aveva dei buoni riflessi e più esperienza di lei, la fermò bloccandole di nuovo il braccio.

Il coltello era ancora impugnato nel palmo della mano di lei, ma la presa dell’Originario sul suo braccio era così forte da impedirle qualunque movimento. Eppure sarebbe bastato poco… il coltello era vicinissimo al petto di Elijah, sopra la clavicola.

Si guardarono negli occhi in segno di sfida, il respiro di Briony era stranamente spezzato  e cominciava ad avere freddo nel braccio. Lo sguardo di Elijah invece era duro come il marmo.

Questa volta Briony cedette sul serio. La presa del vampiro sul suo braccio era talmente forte che lei lasciò cadere per terra il coltello con un gemito di dolore.

Cadde per terra anche lei stremante e ormai senza forze. Respirava appena.

Non voleva farsi vedere debole. Non davanti a un vampiro.

Le vennero le lacrime agli occhi dalla rabbia.

“Ora cosa fai, piangi? Che capovolgimento di spettacolo” commentò Elijah con freddezza e risentimento, alzando il sopracciglio e guardandola dall’alto.

Lei dal canto suo lo fissò arrabbiata. In lui non vedeva più lo stesso Elijah: bello, elegante e affascinante, che l’aveva salvata e che si era dimostrato così gentile portandola a letto a dormire senza neanche torcerle un capello.

Vedeva solo un orribile vampiro che doveva essere eliminato, con cui non doveva averci niente a che fare. Uno come lui non ha diritto di vivere. E’ un mostro, solo un mostro.

<< I vampiri e gli umani non possono vivere nello stesso mondo. Una delle due razze deve per forza scomparire dalla faccia della terra  >> così le diceva sempre suo padre.

Aveva ragione.

Ad un tratto però socchiuse le palpebre e le riaprì all’improvviso. Come se si fosse appena svegliata da un incubo che lei stessa aveva vissuto nella realtà.

Cosa aveva fatto? Perché si era comportata in quel modo orribile? Cosa le era saltato in testa?

La rabbia e l’odio che l’avevano percossa qualche attimo prima erano svaniti del tutto. Briony non riusciva a capire, ad immaginare come aveva potuto pensare quelle cose… e tentare addirittura di accoltellare Elijah.

Non era più in lei, il cuore sembrava essersi spento dentro il petto.

Elijah si accorse del suo cambiamento repentino infatti sbattè le palpebre, stranito.

Un attimo prima Briony sembrava una furia indemoniata come se fosse posseduta da Satana in persona, mentre ora era ritornata normale. La stessa ragazza che l’aveva soccorso a casa Salvatore.

Briony tremava tutta, aveva paura della reazione di Elijah e della propria. Non aveva mai sferrato un attacco così violento con un coltello. Sembrava come se il suo cervello non ragionasse più e il corpo agisse in base ad istinti che non le appartenevano.

Forse davvero era rimasta troppo traumatizzata dal passato.

“Elijah..” Briony balbettò il suo nome. Non riusciva a guardarlo in faccia dopo quello che aveva combinato. Temeva un’altra sua reazione brusca e di scorgere nei suoi occhi l’odio che poco prima l’aveva attraversata.

“Non so cosa mi sia preso, non stavo pensando… mi dispiace, non volevo farlo..” Era sul punto di piangere, ma questa volta non dalla rabbia.

Elijah la osservò attentamente. Era un buon lettore di menti dopo tutti quei secoli passati a vivere con gli umani, a scorgere ogni loro incertezza e sentimento. Captava ogni singolo pensiero anche semplicemente da un battito cardiaco.

Le credeva. Il suo cuore che ora batteva all’impazzata mostrava la sua paura, come se stesse gridando a gran voce di ricevere compassione.

Il suo probabilmente era stato un gesto estremo, folle sì ma dettato dalla frustrazione, dal sapere che nessuno stava dalla sua parte o la proteggeva. Un gesto umano. Disperato.

Si inginocchiò davanti a lei e le disse piano: “Non hai fatto niente, tranquilla”

Briony tremava ancora come una foglia, con gli occhi sbarrati dal terrore, pallida come solo un’umana poteva essere. Elijah allora ebbe compassione per lei, almeno un po’. Sentì quell’emozione che aveva assopito per troppi secoli ricrescere lentamente, sorpassando la sua corazza indistruttibile.

La fece alzare con delicatezza, cercando di non farle male. Lei continuava invece a guardare in basso. Non aveva il coraggio di guardarlo.

“Mi dispiace...” Sussurrò lei debolmente.

Sentendo che lui rimaneva in silenzio, parlò ancora: “Ma mi dispiace sul serio… non è una bugia.”

Lui allora le sorrise piano, riuscendo infine a crederle perché era davvero sincera.

“Non preoccuparti. Posso capire la tua reazione..” incominciò lui.

“No, non puoi capire.” rispose lei piano.

Briony alzò lo sguardo e lo guardò. Piangeva.

“Dovresti lasciar perdere, sul serio. Tu che hai vissuto così tanto tempo capirai che non è sano scavare sul passato.” Mormorò mestamente.

E lui lo sapeva bene, fin troppo. Pur di non farsi inseguire dagli errori del passato, si era chiuso in se stesso, impedendosi di credere in cose a cui un tempo credeva con tutto se stesso.

Ciò nonostante si sentiva quasi in obbligo di restare lì ad ascoltare dopo come anche lui le aveva fatto pressione. “Forse mi interessa.” Disse diplomatico mettendosi le mani nelle tasche.

Briony allora lo guardò, non più con l’odio e la rabbia di poco prima. Le sembrò diverso, anche lei si sentì diversa in quel momento in cui lo guardò col cuore in piena di emozioni traboccanti.

“Ho toppato.” Mormorò tra sé e sé, scuotendo la testa e avendocela con se stessa. “Oh davvero, ho toppato alla grande. Forse stare a diretto contatto con i vampiri persino nella fascia personale mi fa sentire un  fiammifero che prende fuoco.” Disse alla fine con un sorriso finto mentre gli occhi brillavano ancora per le lacrime.

Elijah tenne gli occhi stretti fissi su di lei, immobile, non lasciandosi offendere da quel discorso.

Capendo però il contrario, Briony lo guardò rammaricata. “Non è per te. La situazione forse ci è sfuggita di mano, ma… sono io. Non si può capire quando il problema deriva solo da me.” Disse, chiudendosi a riccio e intrecciando le braccia contro il petto.

Elijah corrucciò le labbra, meditabondo, e mentre abbassava lo sguardo si avvicinò di un passo.

“Forse confidarsi aiuterebbe a sgravare i pesi dal cuore. Soprattutto quando hai una vita preziosa davanti da vivere. Ma forse io sono l’ultimo che dovrebbe essere testimone di una tale confidenza, vista la situazione.” L’ombra di un sorriso si affacciò per un attimo sul suo volto marmoreo, ma il colore cupo dei suoi occhi prevalse, così come la serietà della sua figura.

Briony abbassò lo sguardo, con un sorriso colpevole. “Mi dispiace per..”

“Capisco.” La interruppe lui.

“No.” Proruppe lei d’istinto, non facendocela più a trattenersi o a fingere. Alzò lo sguardo con un sospiro affranto. “Che sia assurdo, tanto vale esporsi ora, anche con te perché tanto io..” sviò lo sguardo mordendo il labbro per non mostrarsi così fragile. Ma alla fine la debolezza del momento vinse. “Io non ho nessuno.”

Le lacrime scendevano lentamente sul suo viso, ormai che senso aveva essere orgogliosi e dimostrarsi forti?

Elijah la guardava stranito e confuso. Per la prima volta non sapeva cosa dire.

“Nessuno mi ha difesa..” Continuava a sfogarsi, pur un ultimo tentennamento nel nascondersi dietro un muro. Ma doveva per forza farlo altrimenti sarebbe impazzita come prima. Che senso aveva tacere ancora la verità? Elijah aveva diritto a una spiegazione e il suo sguardo serio in quel momento non le metteva alcun disagio. Come se stesse aspettando di leggerla come un libro nuovo.

Lui aspettava che lei finisse la sua storia. Non voleva farle pressioni.

“Un anno e mezzo fa… ti ho detto che sono stata attaccata da un vampiro. Quel vampiro era il mio fidanzato Ivan.” Al solo pensiero di quella notte si mise a ridere. Il destino a volte era strano. Perché proprio a lei era capitato questo?

“Stavo tornando a casa. Avevo passato il pomeriggio a casa di Jenna come sempre. Stavo tornando a casa a piedi anche se la mia casa era piuttosto distante. In un vicolo davanti a me notai due persone, due piccioncini che si baciavano. Non ci badai molto, in fondo era anche buio. Ma avvicinandomi notai una cosa. Il ragazzo era Ivan. Era come se la terra fosse sprofondata sotto i piedi. Non riuscivo a reggere quella delusione. Io e Ivan convivevamo insieme da qualche mese, lui aveva intenzioni serie ma io ero ancora confusa perché ero giovane per impegnarmi sul serio, anche se Ivan era un bravo ragazzo. Così sembrava. Gli urlai un sacco di cose orribili: che era un pervertito, un bastardo e che non doveva farsi più vedere davanti a me. Dalla rabbia che avevo non mi accorsi che la sua bocca era intrisa di sangue… e corsi via.

Stavo correndo più veloce che potevo, volevo andarmene da lì e svegliarmi da quell’incubo che nessuna ragazza vorrebbe mai vivere. Finalmente arrivai vicino a casa. Ma davanti alla porta notai che lui era lì. Ad aspettarmi.

Gli chiesi con arroganza cosa volesse da me, lui non si prese neanche la briga di scusarsi o di chiedere perdono, niente. Voleva solo che lo facessi entrare. Io gli risi in faccia. Entrai in casa e gli sbattei la porta in faccia. Sentivo però di continuo i suoi colpi forti sulla porta. Speravo che prima o poi se ne andasse ma non cessava di battere alla porta e di urlare di farlo entrare. Ormai stanca, mandai un messaggio a mio padre per chiedergli di venirmi a prendere perché Ivan sembrava avesse perso il lume della ragione. Non volevo stare in quella casa con quel matto fuori. Dissi a Ivan di andare all’inferno e di non farsi più vedere a casa mia. Ma lui con un tono più gentile mi disse che voleva solo riprendere la sua roba. Per poi scomparire.

Rimasi sorpresa. Pensai che tanto valeva farlo entrare così me ne sarei sbarazzata subito. Gli aprì la porta e lo feci entrare. Non l’avessi mai fatto! Mi fece cadere con uno spintone e ho battuto forte la testa per terra. Non avrei mai immaginato che avesse una tale forza. Riuscì ad alzarmi traballante ma lui… mi prese alla spalle con una velocità sorprendente, cercando di soffocarmi. Mi feci prendere dal panico e cominciai ad urlare disperata. Non riuscivo neanche a pensare il perché di tutto quello. Provai a graffiarlo, a implorarlo di non farmi del male ma lui mi sussurrava all’orecchio cose orribili.. inquietanti.. era davvero un mostro, una bestia. Non pareva neanche più umano. E infatti con una forza disumana Ivan mi sbattè forte contro il muro, tanto che un quadro cadde sulla mia testa. Ero quasi svenuta. Vedevo il mio sangue sulla parete e non avevo più la forza di urlare. Credevo che sarei morta… Provai di nuovo a implorarlo ma lui non mi ascoltava, pareva sul serio un mostro che mi teneva in pugno.

Lui mi fece alzare con violenza e vidi la cosa più agghiacciante che avessi mai visto. I suoi denti…il suo viso. Non poteva essere…!  Credevo davvero di impazzire visto che quello davanti a me non poteva essere reale.. i vampiri non esistono, erano solo storie dell’orrore. Ma all’improvviso si avvicinò verso il mio collo e mi mostrò quanto la realtà fosse cruda, mordendomi con avidità, spinto da una furia cieca. Non importava quanto dolore sentissi, resistetti e cercai di riprendere le ultime forze rimaste. Urlavo come una pazza, cercando di divincolarmi, ma senza successo. Volevo andarmene via, volevo che Ivan bruciasse all’inferno per quello che mi stava facendo.

La porta all’improvviso si aprì e vidi mio padre. All’inizio non riusciva a capire cosa stesse succedendo, ma come una furia balzò vicino a Ivan e gli sferrò un bel pugno per farlo allontanare da me. I due combattevano, non riuscivo a vedere bene perché ero sul punto di svenire ma notavo che Ivan era in netta difficoltà, come se si fosse indebolito tutto a un tratto, non riusciva a schivare i colpi di mio padre che teneva tra le mani un paletto di legno.

Il telefono all’improvviso squillò. Allora pensai fosse la nostra unica salvezza. Avevo paura per me… e per mio padre. Credevo che saremmo morti. Incurante del dolore, mi alzai da terra barcollante e risposi. Era una mia amica di scuola, Kate. Non mi importava cosa volesse dirmi, incominciai a urlare disperata dicendo che doveva chiamare subito la polizia, che Ivan aveva tentato di uccidermi e che stava per uccidere pure mio padre. Kate presa dal panico disse che avrebbe chiamato subito lo sceriffo. Con un sospiro, riattaccai; il sangue stava scendendo lungo la fronte e il collo mi faceva male come se andasse a fuoco. Caddi alla fine con un tonfo sul pavimento.

Fu mio padre a svegliarmi. Stava urlando disperato il mio nome. Teneva la mia testa sulle sue ginocchia e cercava di non far uscire altro sangue. Non riuscivo a parlare. Mi disse che dovevo stare tranquilla, che sarebbe andato tutto bene e che Ivan era morto.

Trascorsi tanti giorni all’ospedale. Non riuscivo a muovermi, forse dallo shock o dal male. Sembravo in una fase catatonica. Solo mio padre aveva il permesso di parlarmi. La polizia non mi aveva ancora fatto domande in merito a quello che era successo. Quando ne fui in grado, chiesi a mio padre come era morto Ivan e  lui impassibile disse che gli aveva infilato un paletto nel cuore, solo così quelli come lui potevano morire.

Mi disse tutto: dell’esistenza dei vampiri, che lui era un cacciatore e che Ivan si era trasformato. Non potevo crederci. Fino ad allora avevo vissuto dentro una campana di vetro. Come avevo fatto a non accorgermi che i miei genitori facevano quella vita? Come potevano i vampiri esistere veramente e soprattutto come c'ero finita di mezzo io?

Mio padre mi disse che non mi aveva detto niente perché voleva proteggermi. Ero troppo giovane e impreparata per fare quella vita pericolosa. Mi disse anche che i vampiri avevano spesso attaccato quella città e che avevano fatto passare l’accaduto come “attacchi di animali”, ma questa volta non potevano fare la stessa cosa. Colpa della mia telefonata a Kate, in cui spiegavo che era stato Ivan ad aggredirmi.

Quando parlai con Liz Forbes confessai quello che mio padre mi aveva detto di dire. Avrebbero chiuso il caso in fretta, scrivendo nelle pratiche che Ivan mi aveva aggredito perché volevo lasciarlo e mio padre era intervenuto per difendermi, ma aveva dovuto ucciderlo altrimenti sarebbe finita peggio. Credevo che poi tutto sarebbe andato per il meglio. Così diceva mio padre.

Ma il peggio sarebbe venuto dopo. Non avevo messo in conto gli sguardi accusatori dei cittadini, dei miei compagni e dei miei amici. Tutto lo scandalo e il sospetto perché il soprannaturale non poteva essere concesso. Non credevano che Ivan potesse aver fatto una cosa simile, immaginavano che in realtà fosse solo colpa mia, che ero diventata pazza come mio padre. Tutti infatti vedevano mio padre come uno stralunato, che andava in giro di nascosto di notte a fare cose terrificanti. Giravano strane storie sul suo conto. Oltre al fatto che frequentasse degli uomini. Questa storia aveva creato parecchio scandalo.

E ora che era successa quella cosa orribile al “povero” Ivan, pensavano che era stata tutta colpa mia e che mio padre mi aveva coperta. Gli unici che erano rimasti al mio fianco furono John e Jenna, ma neppure da loro avevo ricevuto davvero comprensione. Jenna mi stava vicina, mi telefonava sempre ma lo vedevo nei suoi occhi… vedevo il sospetto, e anche la paura. Tra noi due, Ivan era quello più serio, più fragile e più malleabile. Se uno metteva i piedi in testa all’altro e che mostrava la sua tremenda testardaggine, quella ero io. Inoltre la storia che avevo detto alla polizia sembrava poco plausibile. Ivan un assassino? Da ridere. Un ragazzo così per bene, di buona famiglia mentre io ero solo la figlia del pazzo Bill Forbes e di una madre che mi aveva abbandonata, come se quella fosse una mia macchia mostruosa.

John invece non diceva niente per non turbarmi, lui sapeva che io ero innocente ma non voleva fare domande inopportune che mi avrebbero destabilizzata.

La versione per il consiglio era che io non ricordavo niente, ero svenuta prima che Ivan mi mordesse e non potevo quindi sapere che fosse un vampiro. Mio padre diceva che era meglio che nessuno sapesse che io ero a conoscenza dei vampiri. Per la mia sicurezza era meglio così. Era un segreto che condividevamo solo io e lui. Per questo John non mi faceva domande. Non voleva traumatizzarmi né mettere in pericolo il consiglio.

Caroline invece… si vergognava di me. E’ vero ora è cambiata, è diventata più matura e responsabile, ma prima! Era una scolaretta superficiale e egoista, vedeva la storia di Ivan come un oltraggio, una seccatura. Pensava che se gli altri mi consideravano una pazza, allora avrebbe considerato pazza pure lei perché era mia sorella. Era una cosa che non poteva permettersi, non ora che aveva raggiunto la fama di reginetta della scuola.

Mi chiese qualche volta come stavo, se avevo gli incubi, ma erano frasi di circostanza. Solo per dimostrarsi carina quando in realtà non sopportava quello che io e il mio ragazzo avevamo combinato alla sua reputazione di ragazza perfetta con famiglia perfetta.

Dopo qualche mese mi accorsi che ero diventata un’estranea per quella città. Quando ero in giro la gente mi fissava come se fossi uscita da un manicomio, le telefonate dei miei amici diminuirono e non potevo confidarmi con nessuno del trauma che avevo subìto. Sembrava come se fossi una coccia senza guscio.

Nessuno poteva capire quello che provavo. Quanto dolore sentivo… e non solo fisico. Non so se tu riesci a capire come ci si sente ad essere odiati e etichettati ingiustamente come dei mostri e non poter far nulla per contrastarlo.

Mio padre mi convinse che sarebbe stato meglio per me andarmene da quella città. Avrebbe pagato lui le spese e mi avrebbe trovato un lavoro. La trovai una buona idea perché non volevo più restare lì, emarginata e in preda di un'orribile solitudine, e così acconsentì.

Il sindaco Lockwood inoltre non tollerava la mia presenza, diceva che ero pericolosa per l’incolumità della città e perché magari potevo ricordare tutto e andarlo a spifferare in giro... come se quello che era accaduto fosse colpa mia! Mio padre e il sindaco fecero così un accordo.. non mi sarei mai fatta più vedere in città.

Alla mia partenza mi vennero a salutare John e anche Jenna, che piangeva a dirotto. Avevo sbagliato a dubitare del loro affetto, soprattutto di quello di Jenna. Aveva solo paura per me, che questa esperienza mi avesse cambiata per sempre. E John bè…è sempre John. Condivideva i timori del consiglio cioè che io ricordassi tutto, ma quando aveva saputo quello che mi era successo era corso subito in ospedale e aveva trascorso notti intere al mio fianco mentre dormivo, pregando che riuscissi a sopravvivere.

Caroline mi aveva mandato un messaggio augurandomi buon viaggio e di chiamarla non appena fossi arrivata a Seattle.

Forse era meglio così. Dovevo andarmene. Quella città non mi apparteneva e io non appartenevo a lei. Punto.

E qui finisce la mia triste storia.”

Elijah aveva passato quel tempo ad ascoltarla serio senza mai interromperla. Alcune volte la guardava sorpreso e allibito, non riusciva a credere che gli abitanti di Mystic Falls fossero così meschini e pieni di pregiudizi. Proprio una fogna di città come aveva sempre pensato.

“Mi dispiace che tu abbia dovuto sopportare tutto questo.” disse per rincuorarla.

Briony lo guardò leggermente sorpresa. Non si aspettava il suo dispiacere, tutti le dicevano che Elijah non provava emozioni. Sentì un improvviso calore nel petto mentre guardava il suo volto di marmo. Gli sorrise:

“Oh beh… ormai è acqua passata. Ho imparato ad andare avanti.”

Cercò di asciugare come meglio poteva le lacrime che continuavano a scendere. Elijah le porse gentilmente un fazzoletto e lei lo ringraziò.

“La reazione che hai avuto prima…. è perché hai ancora paura dei vampiri vero? Provi rabbia per quello che ti è capitato. Non hai ancora voltato pagina, deduco.”

“Non so cosa mi è successo… ero infinitamente arrabbiata perché non riuscivo a spiegare come quei rimbecilliti avessero accettato Damon Salvatore come capo del consiglio..”

“Per Damon non c’è alcun problema. Lo costringerò io ad acconsentire al tuo ritorno permanente qui. Se non vuole che un’altra matita gli ricapiti dritto nel collo o peggio, farà come dico io.”

Briony si mise a ridere. “Da quanto vedo i tuoi aspri con Damon sono cominciati ben prima che io arrivassi! E meno male che qualcun altro la pensa come me su di lui.”

“E’ soltanto un arrogante che crede di avere tutti in pugno solo perché è immortale ma non basta questo a sopravvivere. Ora ha abbassato la cresta perché ha trovato pane per i suoi denti.”

“A proposito Elijah… nessuno sa della mia storia… quindi.” Briony gli lanciò uno sguardo eloquente.

“Come ho detto ieri…non mi piace spettegolare. Puoi stare tranquilla.” Le rivolse poi un sorriso gentile, che la fece arrossire e le provocò delle farfalle nello stomaco.

Deglutì cercando di darsi un contegno e lo ringraziò.

Elijah si fece poi corrucciato: "Di solito raccontare storie per nulla felici è la mia specialità. Anche se non mi reca mai gioia. Ma devo dire che la tua storia supera le mie aspettative." E le rivolse un piccolo sguardo di sostegno, non di compatimento ma semplicemente comprensione e empatia.

"Oh. Quindi ho sorpreso un Originario!" disse Briony scherzando e sgranando gli occhi.

Elijah le fece un flebile sorriso, rimanendo comunque composto nella sua posizione. Briony si chiese come mai si era sfogata proprio con lui, con un vampiro poi! Forse perché non la criticava né la giudicava per quello che aveva fatto, visto che lui sapeva come andasse il mondo e di quante brutalità ingiuste era afflitto. Non aveva mai pianto per aver perso Ivan, mai. Forse era senza cuore come loro, ma non riusciva a provare pena o tristezza per lui.

Inoltre quando Elijah la guardava in quel modo… non la stava soggiogando ma sentiva che dentro di sé poteva fidarsi. Anche se era...

“La mia esperienza con Ivan non è stata molto utile. Non sono riuscita neanche a darti una coltellata come si deve.” disse scherzando.

“A proposito…” Elijah si avvicinò pensieroso e le sfiorò il braccio con delicatezza. Il contatto con la sue mano la fece tremare. Era fredda e gelida. Briony sentì il suo cuore perdere battiti negli attimi in cui le dita di Elijah scivolavano lungo il suo braccio. Ma non perché le provocavano del dolore fisico.

 “Non ti ho fatto del male, vero?” chiese lui serio.

“No non preoccuparti, sto bene.” rispose lei con un fil di voce spezzato per via dei brividi che l’avevano dominata.

Lui allora la guardò in viso e Briony temette che riuscisse a leggerle la mente in quel momento.

Ma invece disse:

“Mi preoccupo eccome. Da quando hai degli attacchi così isterici e fuori di controllo?”

Briony allora si strinse nelle spalle:

“Avevo della rabbia repressa… non so neanche io il perché abbia reagito in maniera così violenta… Mi sono spaventata di quello che potevo fare…. Non potevo essere io..” disse in maniera confusa.

“Ho vissuto con voi umani per tantissimo tempo. Può capitare che dopo esperienze traumatiche uno possa esplodere. Sfogarsi fa bene…

“Dici? E se accoltellavo qualcun altro, magari la signora Lockwood? Non che non mi piacerebbe ma…mi spaventa questa parte di me…

Elijah le sorrise. “Credimi, tu Briony Forbes sei una delle persone meno violente e psicopatiche che conosca. E io ho conosciuto tante persone nella mia vita. Non vedo nulla di malvagio in te.” Il tono di voce era serio, ma leggero come una carezza di velluto.

Briony lo guardò dritto negli occhi.

Quelli erano occhi inquisitori, profondi, amareggiati. 

Quello che vi lesse la sorprese. Nei suoi occhi si intravedeva un’ombra remota di emozione – remota ma c’era - di sentimenti, di compassione… Quella compassione che non aveva mai visto in nessuno, neppure in un normale essere umano.. proprio perché lui sapeva la verità e riusciva a comprenderla.

Il supporto di Elijah le diminuì notevolmente il dolore e la solitudine che aveva provato un anno prima.

Si chiese come mai il padre diceva sempre che i vampiri non provavano nessuna emozione. Forse alcuni sì, ma aveva intravisto in Elijah qualcosa di elegantemente puro… Come se avesse un cuore nascosto dietro la sua corazza di ghiaccio. Niente a che vedere con le storie che le aveva raccontato suo padre.

Gli sorrise dolcemente, come se in quel modo lei lo ringraziasse per quello che aveva detto.

“L’unica cosa positiva di questa giornata… è che ho scoperto il tuo cognome! Smith? Davvero poco originale, devo dirtelo!”

“A me non sembrava male accanto il mio nome…” rispose lui pensieroso.

Briony rise, dicendo che stava scherzando.

Calò un silenzio imbarazzante tra i due. Elijah continuava a fissarla sempre con quel fare misterioso e indagatore;  allora Briony si imbarazzò e cercò di guardare qualcos’altro. Quello sguardo inquisitorio le metteva comunque soggezione. Non la solita paura ma… qualcosa in lui le piaceva…da morire.

“Hai detto che hai vissuto tante esperienze tra gli umani e che per questo non noti nulla di malvagio in me…. Ma allora come sembro? Cioè una normale ragazza umana o…” Lasciò la frase in sospeso. La sua opinione su di lei la incuriosiva… e la temeva allo stesso tempo.

Elijah corrugò la fronte, stringendo gli occhi:

“Non sei per niente normale… sei solo… senza precedenti, perciò imprevedibile. Nessuno si sarebbe comportato come hai fatto tu. Ospitarmi e soccorrermi senza fare inutili storie. Aiutarci pur sapendo i rischi… e sopportarne il peso senza mai lamentarti. Fare tutto questo per tua sorella e per degli sconosciuti.”

Elijah la fissò e come prima le accarezzò il braccio, sempre attento a non farle male. Lo sguardo attento ma anche assorto.

Quel contatto la fece sussultare e Briony pregò che lui non se ne fosse accorto.

Per fortuna Elijah sembrava assorto nei suoi pensieri.

Infine disse. “Però avverto grande paura in te… sei piena di contraddizioni.. e piena di dolore e di rabbia, ma ti reprimi.”

Quanto aveva ragione. Briony aveva sempre avuto un carattere… superbo e per nulla calmo. Ma reprimeva questo suo lato del carattere per paura dell’opinione che avessero gli altri. Per paura che si allontanassero. Non era un’eroina senza macchia e senza paura. A volte la sua forza era pura finzione per dimostrare qualcosa agli altri, una maschera, cosicché fossero orgogliosi di lei e non l’avrebbero mai abbandonata, come aveva fatto sua madre… o peggio tradita, come aveva fatto invece Ivan.

Sì. Era piena di paure. La più grande era quella di perdere le persone che amava. Non poteva sopportarlo.

Avrebbe voluto abbracciare Elijah per dimostrare che aveva ragione. E per contraccambiare in qualche modo quello che aveva detto.

Ma non riusciva a muoversi. Aveva troppa paura di quello che sarebbe successo dopo…  di provare qualcosa che non doveva.

Non poteva affezionarsi a un vampiro… avrebbe soltanto sofferto. Sia lui che lei. Non credeva alle storie impossibili che avevano il lieto fine.

Briony tornò alla realtà scacciando quei pensieri assurdi e riuscì solo a dire:

“Grazie Elijah. Nonostante a volte io parli a sproposito, sei davvero una bella persona…più di quanto immagini. Mi fa piacere che tu sia qui con me e di aver parlato senza inganni… davvero.” E gli sorrise dimostrando davvero la sua sincerità.

Lui a sua volta le sorrise gentilmente e alzò la mano dal suo braccio per accarezzarle piano il viso. La toccò in un modo così delicato, come se avesse paura che quella ragazza si rompesse come un fragile pezzo di vetro. Come se fosse la prima volta che si lasciava andare.

“Non avere paura di seguire quello che sei... qualsiasi cosa tu pensi o provi… La paura è solo uno spreco di tempo.”

Briony non riusciva a capire quella frase enigmatica. O forse la capiva perfettamente e aveva paura di ammetterlo.

Ciò nonostante l’agitazione nello stomaco lasciò spazio alla delusione quando lui, con un piccolo sorriso di sovrappensiero, indietreggiò di alcuni passi, lasciandola andare e sfumando completamente l’atmosfera che si stava creando.

Mentre il cuore batteva ancora veloce si diede della stupida per aver pensato chissà cosa. Non doveva neanche farlo, e forse era meglio che non fosse accaduto l’avvicinamento che dentro di sé aveva desiderato con tutte le sue forze.

Mentre Elijah si allontanava all’interno della cucina, con lo sguardo scostante ripreso, Briony prese quel tempo per riprendere il controllo delle sue emozioni, anche se fu difficile per come era stata attratta e colpita un attimo prima, in maniera piuttosto sensazionale.

“Questo vuol dire che non dovrei avere paura neanche di te? E tu non hai mai sprecato qualcosa per questo?” lo provocò lei di rimando.

Nel tempo di un secondo, sembrò come se un lampo gli fosse attraversato nella mente, ricalcando l’antica armatura che lo circondava. La freddezza del volto dell’Originario venne incrinata con un sorriso sghembo, rivolto a metà verso di lei:

“Non ti suggerivo comunque di abbassare la guardia. Non ce n’è mai abbastanza.” Replicò soltanto e ritornando a quel che stava facendo, come se non volesse proseguire.

Briony cercò di non far finire le cose così, quando non sapeva neanche come era accaduta quella lontananza repentina dopo quello che si erano detti, ma all’improvviso sentì dei forti rumori alla porta che la fecero sobbalzare dalla sorpresa.

Briony!!! Dovevamo vederci un’ora fa, dove sei finita?”

Erano gli strilli di Caroline. Cavoli, con tutto quello che aveva passato si era dimenticata che dovevano andare a fare shopping.

Non sapendo come congedarsi senza troppe figuracce, cercò di trovare una qualche via di fuga mettendosi una mano tra i capelli sciolti ma fu proprio Elijah a farlo per lei, senza troppi giri di parole, quasi ci fosse abituato da tempo.

“Vai. Non sprecare il tuo tempo.” Le disse cordiale, lanciandole un’occhiate fugace come se non ci fosse alcun problema, o magari volesse lui in primis isolarsi dopo aver provato quel tipo di approccio.

Non voleva esporlo, ma Briony ci rimase male per questo, credeva davvero… tuttavia in silenzio mise a posto in cucina, pronta a fare ciò che doveva fare e a tornare al mondo reale. Prima che uscisse però,  notò la figura di Elijah dileguarsi solitaria via di lì, quasi assorbendo uno spazio vuoto.

Briony rimase a guardarlo, non sapendo che pensare davvero. Forse era troppo paranoica, Elijah l’aveva aiutata a confidarsi e l’aveva sostenuta per quello, non doveva per questo farsi troppo viaggi mentali.

Eppure la sensazione di star percorrendo un terreno minato, col rischio di rompere tutto, c’era in lei.

Voltò lo sguardo, sospirando per scacciare il disagio.

Forse era stato meglio così, l’aver lasciato cadere la conversazione e l’essersi bloccati in tempo.

Mentre usciva per incontrare Caroline, ricordò la sensazione della vicinanza del volto di Elijah vicino al suo, prima che lui si allontanasse tutto a un tratto.

Fu percorsa da dei brividi per il desiderio. Si sentì ridicola. Ma allo stesso tempo il suo cuore muto e solitario tornò a battere impazzito dopo tanto tempo.. come se qualcuno gli avesse donato improvvisamente vigore.

 

 

FINE CAPITOLO

Spero che vi sia piaciuto il capitolo :--) Briony voleva saltare addosso ad Elijah ahaha chiamatela scema!! :D

 

   
 
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