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Autore: Il_Genio_del_Male    10/11/2011    9 recensioni
Nuovi imprevisti minacciano (beh, vabbè) di turbare la quiete di Camelot. Riusciranno i nostri eroi a vivere per sempre felici e contenti? E soprattutto, l'ammmòòòre trionferà una volta per tutte?
[Seguito di "A midsummer night's dream... in Camelot"]
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...'
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DEDICA: Alle anime pie che hanno recensito e che continueranno a farlo, alle lettrici silenziose, a chi ha inserito questa storia tra le Seguite, le Ricordate e le Preferite, e ovviamente alle mie supporter nonché amiche. Grazie di cuore, davvero <3.

NOTE: Eccovi la seconda parte del capitolo. E’ abbastanza descrittiva, ma ho cercato di non soffermarmi troppo su ogni singolo particolare per evitare l’effetto telecronaca e il finale è piuttosto esplosivo (o almeno, questa è la mia speranza). Se per caso sentite la mancanza dei miei balordi crossover non temete, perché già dal prossimo capitolo ho intenzione di piazzarvene uno alquanto lolloso.

Come al solito, ci risentiamo nell’angulus.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Arthur stava letteralmente friggendo. Lieve tachicardia, palmi delle mani sudati, salivazione azzerata e un principio di crisi di panico: tutti i malori tipici degli sposi piazzati di fronte all’altare in attesa che la futura moglie -in questo caso, il marito- si decida a farsi viva.

Quanto cavolo gli ci voleva, a quell’idiota, per prepararsi? Non che fosse in ritardo, ma lui si trovava lì in piedi e rigido come uno stoccafisso da un po’ di clessidre e, detto fuori dai denti, non vedeva l’ora che fosse già sera –congedati amici, invitati e parenti, messa a nanna Aithusa e con Merlin svestito e arrendevole a sua completa disposizione. Quel pensiero rischiava di risultare fin troppo gradito ad Arthur junior, sicché l’ancora-per-poco principe si concentrò sull’immagine della bellissima draghetta che l’aveva rincretinito del tutto. Non si era vergognato nemmeno per un momento delle moine sdolcinate con cui l’aveva vezzeggiata né di aver così detto addio al suo usuale contegno di macho duro e puro (anche perché, ad essere sinceri, quello l’aveva perduto mentre era sotto l’influenza dell’Amortentia). Tenere in braccio, dare il biberon e coccolare la fragile e perfetta Aithusa gli aveva fatto scoprire un lato di se stesso a lui sconosciuto: affettuoso, paterno, anche un po’ ridicolo. Gli venne spontaneo gonfiare il petto con orgoglio. Era una gran bella cosa diventare papà.

Un brusio sconnesso proveniente dal portone d’ingresso della Sala del Trono lo distolse dalle sue trasognate considerazioni. I musici di corte attaccarono a suonare Marry you e Morgana iniziò ad avanzare lungo il corridoio, ancheggiando con l’alterigia di una top model e distribuendo con grazia qua e là petali rosati. Merlin era arrivato, ringraziando Topo Gigio.

Il muscolo cardiaco di Arthur aumentò in modo esponenziale il numero di battiti vedendo il mago percorrere lentamente lo spazio che li divideva. Era semplicemente regale e arrapante oltre ogni limite, con quei pantaloni che gli fasciavano il culo le gambe e il rosso del mantello che esaltava la sfumatura corvina dei suoi capelli e il blu luminoso delle iridi.
Al confronto Arthur si sentì ingombrante ed appesantito dalla cotta di maglia lunga fin quasi al ginocchio. Tuttavia, quando incontrò lo sguardo dell’amato, nei suoi occhi lesse solo sincero apprezzamento e una buona dose di nervosismo venato d’impazienza. Come in un sogno lo osservò avvicinarsi sempre di più, fino a fermarsi al suo fianco. Intrecciarono le mani, senza fiatare.

Poi Uther, con la corona reale in mano, fece un passo avanti e si pose di fronte al figlio; quando il ragazzo s’inginocchiò, egli pronunciò le parole di rito.

“Arthur Pendragon, giuri di adempiere ai tuoi doveri di sovrano fino alla tua dipartita o finché non ti sarai rotto le balle, e di agire sempre negli interessi e nella salvaguardia di Camelot?”

“Lo giuro” la voce stentorea di Arthur rimbombò nel silenzio generale.

“In quanto sovrano uscente ti passo il testimone: onora il trono ed il tuo regno” Uther gli cinse il capo con la sobria fascia di ottone. Il figlio percepì acutamente il freddo metallo a contatto con la fronte e questo lo galvanizzò.

Rialzatosi, strinse brevemente la mano di Merlin a mo’ d’incoraggiamento: era il suo turno di sottoporsi al giuramento. L’ex sovrano ripeté la procedura. Gli invitati non emisero un suono, poiché la cerimonia non era ancora terminata.

“Bene, fuori una! Adesso passiamo ai voti nuziali” esclamò soddisfatto Pendragon senior. Si rivolse all’erede. “Vuoi tu, figlio mio, prendere il qui presente Merlin Emrys come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi, adottare insieme a lui un paio di bambini -ci tengo a diventare nonno, sappilo- e allevare la piccola Aithusa, nonché fargli mettere su qualche chilo ché così è davvero troppo magro?”

“Lo voglio” rispose senza esitazione il ragazzo.

“E vuoi tu, mio caro genero, prendere il qui presente Arthur Pendragon come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi, fargli da consigliere e guida nei momenti difficili, rimanergli per sempre leale e sopportarne la gelosia patologica?”

“Lo voglio” pronunciò Merlin fieramente.

“Che entrino in scena i testimoni!”

Hunith e Mordred scattarono in piedi e si accostarono agli sposi, porgendo loro le fedi: semplici cerchi d’oro impreziositi da un piccolo diamante incastonato al centro, a simboleggiare l’indissolubilità del loro amore (regalo di nozze da parte di Sir Aragorn). Con mani tremanti e sguardi emozionati i due giovani si scambiarono gli anelli.

“Con l’autorità conferitami dall’autrice io vi dichiaro marito e marito. Siate felici, ragazzi, e non appartatevi da qualche parte a fare le cosacce prima della fine dei festeggiamenti. Quasi dimenticavo: baciatevi pure, ché altrimenti le fangirl in sala mi linciano. Amen”.

Non appena i novelli sposi ebbero unito le loro labbra in un cinematografico bacio da cartone animato disneyano, gli invitati esplosero in un boato festoso di applausi e urla di gioia, con tanto di ululati d’approvazione.

“Lunga vita ai Re! Viva gli sposi! Forza Liverpool!”

Aithusa, sfuggendo alla presa di Gaius, svolazzò goffamente -rischiando più  volte di perdere quota- fino a raggiungere i suoi genitori. Vedendola arrivare, Arthur spalancò le braccia per accoglierla. La draghetta ci si rifugiò squittendo felice e quando poi Merlin si chinò a posarle un bacio sulla testolina e si unì all’abbraccio ella si mise a fare le fusa, socchiudendo gli occhi e accoccolandosi tra i pettorali solidi e gommosi del babbo e lo sterno ossuto ma stranamente comodo del papà. Dinnanzi ad un così tenero quadretto famigliare una botta di commozione assalì a tradimento i presenti (persino ad Enzo Miccio scappò una lacrimuccia).

“Che ne dici Al, adottiamo anche noi un cucciolo di drago?” sussurrò Gellert al compagno.

“Perché no? Domani mando un gufo a Charlie Weasley” acconsentì l’altro.

Hunith scoppiò a piangere a dirotto e anche Gaius diede segni di cedimento. Gli occhi di Uther brillavano d’orgoglio paterno, quelli di Morgana invece scintillavano maliziosi; già immaginava a grandi linee la one-shot piena di oscenità che avrebbe scritto sulla prima notte di nozze dei due piccioncini. Mordred, con l’espressione compassata di un piccolo lord pieno di gioia, Evocò un fazzoletto e lo porse alla singhiozzante Hunith, che con quei dolci occhi azzurri gli ricordava sua madre, morta quando era un frugoletto di un paio d’anni. Sarebbe piaciuta anche a Tom, pensò il bambino.

Restavano da unire in matrimonio l’ormai-non-più-re con il suo antico rivale, sicché Arthur ricoprì il ruolo di officiante. Vide il volto del padre trasfigurato dalla felicità, quando lo sentì pronunciare il fatidico “Lo voglio” e con un sorriso sincero accordò ai novelli sposi il permesso di baciarsi. I presenti espressero nuovamente il loro consenso con esclamazioni piene di letizia –sebbene con moderazione, perché in fondo i due uomini non erano più di primo pelo.

A quel punto Enzo assunse il controllo della situazione. Fece cenno alle guardie di affiancare i reali e di scortarli fino all’uscita, invitò l’orchestra a suonare la marcia nuziale e si raddrizzò il nodo della cravatta. Merlin ed Arthur percorsero a ritroso il tappeto rosso, tenendosi a braccetto e con Aithusa appollaiata sulle spalle di entrambi, accompagnati dal vociare eccitato degli invitati. Scesero una rampa di scale e si diressero verso il balcone da cui Uther troppe volte aveva pronunciato discorsi di odio contro la magia ed assistito ad innumerevoli esecuzioni. Non appena si furono accostati alla balaustra e la luce del sole li ebbe investiti, il popolo (che per ragioni logistiche e di spazio aveva seguito la cerimonia minuto per minuto grazie a due maxi schermi collocati nel cortile interno e nel giardino sul retro del palazzo), li accolse con acclamazioni festose e battimani, nonché manciate di riso.
Già calato nei nuovi panni di regnante, Arthur agitò la manina in un saluto pieno di degnazione e Merlin provò ad imitarlo, con una certa aggraziata goffaggine che piacque molto ai camelottiani. Aithusa sbatté le alucce, provocando una sequela di “Ooooh!inteneriti da parte delle donne presenti. Al biondo babbeo bastò un cenno della mano, cortese ma fermo, per far sì che il rumoreggiare entusiasta della folla si chetasse. Ottenuta l’attenzione di ogni essere vivente e pensante nel raggio di mille iarde, egli impugnò un microfono materializzatosi dal nulla.

“Abitanti di Camelot, è un onore avervi qui riuniti per assistere alle mie nozze e a quelle del mio augusto padre; in questo Giorno Gioiglorioso vi auguro di godere appieno dei festeggiamenti che inizieranno a breve. Prima però debbo annunciarvi che da codesto preciso istante ogni forma di persecuzione e discriminazione nei confronti di chi pratica la magia è abolita. Il mio dolce consorte, infatti, è uno dei maghi più potenti degli ultimi tre secoli e anni di collaborazione gomito a gomito con lui mi hanno insegnato che non è dalla magia che ci si deve difendere, bensì da chi ne fa uso per scopi empi e malvagi. Lo stesso dicasi per le creature magiche: non sarà più consentito dare loro la caccia ed ucciderle. Devo la mia felicità al lucertolone svolazzante sopra di noi”, così dicendo rivolse lo sguardo al cielo, ottenendo da Kilgharrah uno sbuffo divertito, “e sono da poco diventato padre dell’adorabile cucciolo di drago che mi sta alitando sul collo. E’ quindi nostro dovere, mio e di Merlin, tutelarne la salvaguardia. Adesso lascio la parola al mio consorte, perché pronunci il suo primo discorso da sovrano” e gli passò il microfono.

“Gandalf vi preservi tutti” esordì quegli, esitando. Non sapeva che accidenti inventarsi e parlare in pubblico non era mai stato il suo forte, così scelse di improvvisare. “Non ho molto da dirvi, se non queste poche parole: pigna, pizzicotto, manicotto, tigre. Che la festa cominci!”

E la festa cominciò.

 

 

Diverso tempo dopo, quando ormai l’ora di desinare era trascorsa da un pezzo, Arthur e Merlin poterono finalmente ritirarsi nella loro camera da letto e stravaccarsi sul regal baldacchino, ove tante sconcezze avevano commesso (sulla cui descrizione non ci soffermeremo, consentendo così agli esimi lettori di lasciare a briglia sciolta la loro fantasia).
Benché esausti, ripercorsero i punti salienti del dopo-cerimonia: il dj che, dietro palese istigazione di Gaius, aveva riproposto i brani più famosi di Renato Zero in salsa house, le cortigiane che si erano sbronzate di brutto con il Tiramisuper e i balli di gruppo, culminati con il sempre immortale Time Warp, richiesto espressamente da Cenred che era un grande fan del Rocky Horror Picture Show. Persino Merlin, che si sentiva lo stomaco ancora sottosopra, era stato costretto da Arthur ad unirsi alle danze.
Quello dell’apertura dei regali era stato un altro momento topico. Alla vista dei doni di Morgana e di quei bricconi dei loro amici cavalieri il mago era arrossito di botto balbettando incoerentemente mentre suo marito era scoppiato a ridere, ringraziandoli sentitamente e promettendo che ne avrebbero fatto buon uso. Il regalo di Mordred, invece, aveva conquistato Aithusa. La draghetta si era letteralmente infatuata del manto variopinto di Nagini, che da parte sua sembrava gradire molto le alucce dell’altra: per farla breve, le due creature erano diventate inseparabili.
I sovrani rivolsero gli sguardi in direzione dei piedi del letto, dove stava Aithusa, accoccolata e deliziosamente assopita e circondata dalle spire del serpente.

“Ringraziando Odino ci si sposa un’unica volta nella vita. Sono talmente stanco che ho intenzione di ronfare saporitamente per le prossime ventiquattr’ore” esalò Merlin massaggiandosi le tempie.

“Come sarebbe, dormire? E’ la nostra notte di nozze, Merlin, sarebbe un sacrilegio bello e buono non celebrarla degnamente” protestò Arthur, tirandosi a sedere e imbronciatosi.

“Ti prego, risparmiami. Fosse per te, ogni minuto della giornata dovrebbe essere passato a scopare come conigli” gli indirizzò una smorfia a metà tra lo scherzoso e l’esasperato.

“Non mi sembra che tu ti sia mai opposto. E poi non è colpa mia se non so resisterti, sei troppo desiderabile e spupazzabile” si difese l’altro, mormorando seducente.

“Ah-ah, non ci casco. Non mi sento nemmeno troppo bene” replicò Merlin verdognolo in volto, coprendosi la bocca con una mano. “Anzi, vammi a chiamare Gaius, per piacere, e digli che necessito urgentemente della sua Pozione Antinausea”.

Non ebbe nemmeno il tempo di concludere la frase che il marito si era già precipitato fuori dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle. Fece ritorno poco dopo, accompagnato dal medico, quando la nausea del moro era divenuta insostenibile e le sue viscere avevano iniziato a ballare la lambada.

“Deve essere un virus, in effetti nemmeno io mi sento in forma” stava spiegando il re a Gaius, il cui sguardo preoccupato vagava dal suo volto, cereo e sbattuto, a quello del mago, che sembrava sul punto di rimettere l’anima. “Occupati di lui, io intanto mi ritiro nel gabinetto a vomitare” Arthur indicò la bacinella di zinco che si era procurato. Terminato quanto aveva da dire, si scapicollò nell’altra stanza.

“Merlin, questa storia della nausea non mi piace per niente”, borbottò l’anziano cerusico, somministrando al suo protetto la medicina. “Quando il tuo consorte avrà finito di rigettare voglio che vi sottoponiate ad un esame di accertamento”.

“Esame? Tipo le analisi del sangue?” chiese Merlin, che non andava matto per gli aghi.

“Una specie, ma ti prometto che non userò siringhe”.

In quel mentre ricomparve Arthur, con l’aria debilitata di un  morto che cammina.

“Sire, come vi sentite?”

“Adesso meglio, Gaius. Merlin, piuttosto, come sta? La nausea gli è passata?” articolò reggendosi a fatica in piedi per via delle gambe molli.

“Amore, vieni a sederti sul letto e non preoccuparti per me. Gaius vuole visitarci e ha bisogno di un campione del nostro sangue, se ho capito bene” il moro scoccò un’occhiata interrogativa al medico.

“Precisamente. Vi chiedo di porgermi un dito, miei sovrani”.

I baldi (al momento non proprio baldi) giovani obbedirono, e Gaius punse i loro polpastrelli con uno spillo da sarta. Raccolse le gocce di sangue in due fialette, dentro cui poi versò un liquido trasparente che fungeva da reagente. Quando, pochi istanti dopo, il contenuto di entrambe le provette virò verso l’azzurro chiaro, il suo volto rugoso assunse un’espressione alquanto attonita e al tempo stesso meditabonda.

“Lo sospettavo” sospirò stancamente. “Certo, pensavo che si trattasse solo di Merlin”.

“Sospettavi cosa?” lo interruppe ansiosamente Arthur. “Siamo malati?”

“Non la definirei proprio una malattia, ma di certo non vi è rimedio”.

“Parla, Gaius: è forse una fattura, una maledizione, un’infezione, un’unghia incarnita?” lo incalzò il sovrano, sull’orlo dell’isteria.

Merlin stranamente taceva, terreo.

“Niente di tutto ciò, Altezza. Non me lo so spiegare, davvero, ma le analisi non mentono. Siete entrambi incinti, Sire. Di un bambino. Anzi, di due. Uno ciascuno, cioè” biascicò il cerusico in evidente difficoltà.

“I-INCINTI??! Merlin ed io...? Avremo dei bambini... partorirò… ci cresceranno le tette…? Oh Charmender, abbi pietà del mio ventre” farfugliò sotto shock Arthur e svenne elegantemente, con le palpebre rovesciate all’indietro e atterrando sul morbido materasso Eminflex del baldacchino.

“Jesus Christ Superstar, Sire, riprendetevi!” si lanciò in suo soccorso Gaius. Si rivolse al sovrano consorte. “Merlin, mi aiuti? Ho un po’ di Pozione Rinvigorente nella bisaccia, se gentilmente me la passassi- Merlin, mi senti?! Sire?”

Ma il nostro eroe non si mosse. Rimase sul letto, le braccia che cingevano le ginocchia piegate al petto e lo sguardo vacuo, perso a fissare il vuoto.

 

 

 

 

Ossignore, che fatica! *si sgranchisce le dita*

Per chi non le conoscesse, eccovi il link della canzone che viene suonata durante la cerimonia, “Marry you”, cantata dal cast di Glee (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk); questo invece è il video di “Time Warp” (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk), che non a caso è una scena/canzone/coreografia cult.

A presto, con tanto tanto ammmòòòre!

   
 
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