DEDICA: Alle anime pie
che hanno recensito e
che continueranno a farlo, alle lettrici silenziose, a chi ha inserito
questa
storia tra le Seguite, le Ricordate e le Preferite, e ovviamente alle
mie
supporter nonché amiche. Grazie di cuore, davvero <3.
NOTE: Eccovi la
seconda parte del capitolo.
E’ abbastanza descrittiva, ma ho cercato di non soffermarmi
troppo su ogni
singolo particolare per evitare l’effetto telecronaca e il
finale è piuttosto
esplosivo (o almeno, questa è la mia speranza). Se per caso
sentite la mancanza
dei miei balordi crossover non temete, perché già
dal prossimo capitolo ho
intenzione di piazzarvene uno alquanto lolloso.
Come al
solito, ci risentiamo nell’angulus.
Buona
lettura!
Arthur stava
letteralmente friggendo. Lieve tachicardia, palmi delle mani sudati,
salivazione azzerata e un principio di crisi di panico: tutti i malori
tipici
degli sposi piazzati di fronte all’altare in attesa che la
futura moglie -in
questo caso, il marito- si decida a farsi viva.
Quanto cavolo gli ci voleva, a quell’idiota, per prepararsi?
Non che fosse in
ritardo, ma lui si trovava lì in piedi e rigido come uno
stoccafisso da un po’
di clessidre e, detto fuori dai denti, non vedeva l’ora che
fosse già sera
–congedati amici, invitati e parenti, messa a nanna Aithusa e
con Merlin
svestito e arrendevole a sua completa disposizione. Quel pensiero
rischiava di
risultare fin troppo gradito ad Arthur junior, sicché
l’ancora-per-poco
principe si concentrò sull’immagine della
bellissima draghetta che l’aveva
rincretinito del tutto. Non si era vergognato nemmeno per un momento
delle
moine sdolcinate con cui l’aveva vezzeggiata né di
aver così detto addio al suo
usuale contegno di macho duro e puro (anche perché, ad
essere sinceri, quello
l’aveva perduto mentre era sotto l’influenza
dell’Amortentia). Tenere in
braccio, dare il biberon e coccolare la fragile e perfetta Aithusa gli
aveva
fatto scoprire un lato di se stesso a lui sconosciuto: affettuoso,
paterno,
anche un po’ ridicolo. Gli venne spontaneo gonfiare il petto
con orgoglio. Era
una gran bella cosa diventare papà.
Un brusio
sconnesso proveniente dal portone d’ingresso della Sala del
Trono lo distolse
dalle sue trasognate considerazioni. I musici di corte attaccarono a
suonare Marry you e Morgana
iniziò ad avanzare
lungo il corridoio, ancheggiando con l’alterigia di una top
model e
distribuendo con grazia qua e là petali rosati. Merlin era
arrivato,
ringraziando Topo Gigio.
Il muscolo
cardiaco di Arthur aumentò in modo esponenziale il numero di
battiti vedendo il
mago percorrere lentamente lo spazio che li divideva. Era semplicemente
regale
e arrapante oltre ogni limite, con quei pantaloni che gli fasciavano il
culo
le gambe e il rosso del mantello che esaltava la sfumatura corvina dei
suoi capelli
e il blu luminoso delle iridi.
Al confronto Arthur si sentì ingombrante ed appesantito
dalla cotta di maglia
lunga fin quasi al ginocchio. Tuttavia, quando incontrò lo
sguardo dell’amato,
nei suoi occhi lesse solo sincero apprezzamento e una buona dose di
nervosismo
venato d’impazienza. Come in un sogno lo osservò
avvicinarsi sempre di più,
fino a fermarsi al suo fianco. Intrecciarono le mani, senza fiatare.
Poi Uther, con la corona reale in mano, fece un passo avanti e si pose
di
fronte al figlio; quando il ragazzo s’inginocchiò,
egli pronunciò le parole di
rito.
“Arthur
Pendragon, giuri di adempiere ai tuoi doveri di sovrano fino alla tua
dipartita
o finché non ti sarai rotto le balle, e di agire sempre
negli interessi e nella
salvaguardia di Camelot?”
“Lo
giuro”
la voce stentorea di Arthur rimbombò nel silenzio generale.
“In
quanto
sovrano uscente ti passo il testimone: onora il trono ed il tuo
regno” Uther
gli cinse il capo con la sobria fascia di ottone. Il figlio
percepì acutamente
il freddo metallo a contatto con la fronte e questo lo
galvanizzò.
Rialzatosi,
strinse brevemente la mano di Merlin a mo’
d’incoraggiamento: era il suo turno
di sottoporsi al giuramento. L’ex sovrano ripeté
la procedura. Gli invitati non
emisero un suono, poiché la cerimonia non era ancora
terminata.
“Bene,
fuori
una! Adesso passiamo ai voti nuziali” esclamò
soddisfatto Pendragon senior. Si
rivolse all’erede. “Vuoi tu, figlio mio, prendere
il qui presente Merlin Emrys
come tuo legittimo sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in
ricchezza e in povertà finché morte non vi
separi, adottare insieme a lui un
paio di bambini -ci tengo a diventare nonno, sappilo- e allevare la
piccola
Aithusa, nonché fargli mettere su qualche chilo
ché così è davvero troppo
magro?”
“Lo
voglio”
rispose senza esitazione il ragazzo.
“E
vuoi tu,
mio caro genero, prendere il qui presente Arthur Pendragon come tuo
legittimo
sposo, amarlo e onorarlo in salute e in malattia, in ricchezza e in
povertà
finché morte non vi separi, fargli da consigliere e guida
nei momenti
difficili, rimanergli per sempre leale e sopportarne la gelosia
patologica?”
“Lo
voglio”
pronunciò Merlin fieramente.
“Che
entrino
in scena i testimoni!”
Hunith e
Mordred scattarono in piedi e si accostarono agli sposi, porgendo loro
le fedi:
semplici cerchi d’oro impreziositi da un piccolo diamante
incastonato al
centro, a simboleggiare l’indissolubilità del loro
amore (regalo di nozze da
parte di Sir Aragorn). Con mani tremanti e sguardi emozionati i due
giovani si
scambiarono gli anelli.
“Con
l’autorità conferitami dall’autrice io
vi dichiaro marito e marito. Siate
felici, ragazzi, e non appartatevi da qualche parte a fare le cosacce prima della fine dei festeggiamenti.
Quasi
dimenticavo: baciatevi pure, ché altrimenti le fangirl in
sala mi linciano.
Amen”.
Non appena i
novelli sposi ebbero unito le loro labbra in un cinematografico bacio
da
cartone animato disneyano, gli invitati esplosero in un boato festoso
di
applausi e urla di gioia, con tanto di ululati d’approvazione.
“Lunga
vita
ai Re! Viva gli sposi! Forza Liverpool!”
Aithusa,
sfuggendo alla presa di Gaius, svolazzò goffamente
-rischiando più volte
di perdere quota- fino a raggiungere i
suoi genitori. Vedendola arrivare, Arthur spalancò le
braccia per accoglierla.
La draghetta ci si rifugiò squittendo felice e quando poi
Merlin si chinò a
posarle un bacio sulla testolina e si unì
all’abbraccio ella si mise a fare le
fusa, socchiudendo gli occhi e accoccolandosi tra i pettorali solidi e
gommosi
del babbo e lo sterno ossuto ma stranamente comodo del papà.
Dinnanzi ad un
così tenero quadretto famigliare una botta di commozione
assalì a tradimento i
presenti (persino ad Enzo Miccio scappò una lacrimuccia).
“Che
ne dici
Al, adottiamo anche noi un cucciolo di drago?”
sussurrò Gellert al compagno.
“Perché
no?
Domani mando un gufo a Charlie Weasley” acconsentì
l’altro.
Hunith
scoppiò a piangere a dirotto e anche Gaius diede segni di
cedimento. Gli occhi
di Uther brillavano d’orgoglio paterno, quelli di Morgana
invece scintillavano
maliziosi; già immaginava a grandi linee la one-shot piena
di oscenità che
avrebbe scritto sulla prima notte di nozze dei due piccioncini.
Mordred, con
l’espressione compassata di un piccolo lord pieno di gioia,
Evocò un fazzoletto
e lo porse alla singhiozzante Hunith, che con quei dolci occhi azzurri
gli
ricordava sua madre, morta quando era un frugoletto di un paio
d’anni. Sarebbe
piaciuta anche a Tom, pensò il bambino.
Restavano da
unire in matrimonio l’ormai-non-più-re con il suo
antico rivale, sicché Arthur
ricoprì il ruolo di officiante. Vide il volto del padre
trasfigurato dalla
felicità, quando lo sentì pronunciare il fatidico
“Lo voglio” e con un sorriso
sincero accordò ai novelli sposi il permesso di baciarsi. I
presenti espressero
nuovamente il loro consenso con esclamazioni piene di letizia
–sebbene con moderazione,
perché in fondo i due uomini non erano più di
primo pelo.
A quel punto
Enzo assunse il controllo della situazione. Fece cenno alle guardie di
affiancare i reali e di scortarli fino all’uscita,
invitò l’orchestra a suonare
la marcia nuziale e si raddrizzò il nodo della cravatta.
Merlin ed Arthur
percorsero a ritroso il tappeto rosso, tenendosi a braccetto e con
Aithusa
appollaiata sulle spalle di entrambi, accompagnati dal vociare eccitato
degli
invitati. Scesero una rampa di scale e si diressero verso il balcone da
cui
Uther troppe volte aveva pronunciato discorsi di odio contro la magia
ed
assistito ad innumerevoli esecuzioni. Non appena si furono accostati
alla balaustra
e la luce del sole li ebbe investiti, il popolo (che per ragioni
logistiche e
di spazio aveva seguito la cerimonia minuto per minuto grazie a due
maxi
schermi collocati nel cortile interno e nel giardino sul retro del
palazzo), li
accolse con acclamazioni festose e battimani, nonché
manciate di riso.
Già calato nei nuovi panni di regnante, Arthur
agitò la manina in un saluto
pieno di degnazione e Merlin provò ad imitarlo, con una
certa aggraziata
goffaggine che piacque molto ai camelottiani. Aithusa sbatté
le alucce,
provocando una sequela di “Ooooh!”
inteneriti
da parte delle donne presenti. Al biondo babbeo bastò un
cenno della mano,
cortese ma fermo, per far sì che il rumoreggiare entusiasta
della folla si
chetasse. Ottenuta l’attenzione di ogni essere vivente e
pensante nel raggio di
mille iarde, egli impugnò un microfono materializzatosi dal
nulla.
“Abitanti
di
Camelot, è un onore avervi qui riuniti per assistere alle
mie nozze e a quelle
del mio augusto padre; in questo Giorno Gioiglorioso vi auguro di
godere
appieno dei festeggiamenti che inizieranno a breve. Prima
però debbo
annunciarvi che da codesto preciso istante ogni forma di persecuzione e
discriminazione nei confronti di chi pratica la magia è
abolita. Il mio dolce
consorte, infatti, è uno dei maghi più potenti
degli ultimi tre secoli e anni
di collaborazione gomito a gomito con lui mi hanno insegnato che non
è dalla
magia che ci si deve difendere, bensì da chi ne fa uso per
scopi empi e
malvagi. Lo stesso dicasi per le creature magiche: non sarà
più consentito dare
loro la caccia ed ucciderle. Devo la mia felicità al
lucertolone svolazzante sopra di
noi”, così dicendo
rivolse lo sguardo al cielo, ottenendo da Kilgharrah uno sbuffo
divertito, “e
sono da poco diventato padre dell’adorabile cucciolo di drago
che mi sta
alitando sul collo. E’ quindi nostro dovere, mio e di Merlin,
tutelarne la
salvaguardia. Adesso lascio la parola al mio consorte,
perché pronunci il suo
primo discorso da sovrano” e gli passò il
microfono.
“Gandalf
vi
preservi tutti” esordì quegli, esitando. Non
sapeva che accidenti inventarsi e
parlare in pubblico non era mai stato il suo forte, così
scelse di improvvisare.
“Non ho molto da dirvi, se non queste poche parole: pigna,
pizzicotto,
manicotto, tigre. Che la festa cominci!”
E la festa
cominciò.
Diverso
tempo dopo, quando ormai l’ora di desinare era trascorsa da
un pezzo, Arthur e
Merlin poterono finalmente ritirarsi nella loro camera da letto e
stravaccarsi
sul regal baldacchino, ove tante sconcezze avevano commesso (sulla cui
descrizione non ci soffermeremo, consentendo così agli esimi
lettori di
lasciare a briglia sciolta la loro fantasia).
Benché esausti, ripercorsero i punti salienti del
dopo-cerimonia: il dj che,
dietro palese istigazione di Gaius, aveva riproposto i brani
più famosi di
Renato Zero in salsa house, le cortigiane che si erano sbronzate di
brutto con
il Tiramisuper e i balli di gruppo, culminati con il sempre immortale Time Warp, richiesto espressamente da
Cenred
che era un grande fan del Rocky Horror
Picture Show. Persino Merlin, che si sentiva lo stomaco
ancora sottosopra,
era stato costretto da Arthur ad unirsi alle danze.
Quello dell’apertura dei regali era stato un altro momento
topico. Alla vista
dei doni di Morgana e di quei bricconi dei loro amici cavalieri il mago
era
arrossito di botto balbettando incoerentemente mentre suo marito era
scoppiato
a ridere, ringraziandoli sentitamente e promettendo che ne avrebbero
fatto buon
uso. Il regalo di Mordred, invece, aveva conquistato Aithusa. La
draghetta si
era letteralmente infatuata del manto variopinto di Nagini, che da
parte sua
sembrava gradire molto le alucce dell’altra: per farla breve,
le due creature
erano diventate inseparabili.
I sovrani rivolsero gli sguardi in direzione dei piedi del letto, dove
stava
Aithusa, accoccolata e deliziosamente assopita e circondata dalle spire
del
serpente.
“Ringraziando
Odino ci si sposa un’unica volta nella vita. Sono talmente
stanco che ho
intenzione di ronfare saporitamente per le prossime
ventiquattr’ore” esalò
Merlin massaggiandosi le tempie.
“Come
sarebbe, dormire? E’ la nostra notte di nozze, Merlin,
sarebbe un sacrilegio
bello e buono non celebrarla degnamente” protestò
Arthur, tirandosi a sedere e
imbronciatosi.
“Ti
prego,
risparmiami. Fosse per te, ogni minuto della giornata dovrebbe essere
passato a
scopare come conigli” gli indirizzò una smorfia a
metà tra lo scherzoso e
l’esasperato.
“Non
mi
sembra che tu ti sia mai opposto. E poi non è colpa mia se
non so resisterti,
sei troppo desiderabile e spupazzabile” si difese
l’altro, mormorando
seducente.
“Ah-ah,
non
ci casco. Non mi sento nemmeno troppo bene”
replicò Merlin verdognolo in volto,
coprendosi la bocca con una mano. “Anzi, vammi a chiamare
Gaius, per piacere, e
digli che necessito urgentemente della sua Pozione
Antinausea”.
Non ebbe
nemmeno il tempo di concludere la frase che il marito si era
già precipitato
fuori dalla camera, sbattendosi la porta alle spalle. Fece ritorno poco
dopo,
accompagnato dal medico, quando la nausea del moro era divenuta
insostenibile e
le sue viscere avevano iniziato a ballare la lambada.
“Deve
essere
un virus, in effetti nemmeno io mi sento in forma” stava
spiegando il re a
Gaius, il cui sguardo preoccupato vagava dal suo volto, cereo e
sbattuto, a
quello del mago, che sembrava sul punto di rimettere l’anima.
“Occupati di lui,
io intanto mi ritiro nel gabinetto a vomitare” Arthur
indicò la bacinella di
zinco che si era procurato. Terminato quanto aveva da dire, si
scapicollò
nell’altra stanza.
“Merlin,
questa storia della nausea non mi piace per niente”,
borbottò l’anziano
cerusico, somministrando al suo protetto la medicina. “Quando
il tuo consorte avrà
finito di rigettare voglio che vi sottoponiate ad un esame di
accertamento”.
“Esame?
Tipo
le analisi del sangue?” chiese Merlin, che non andava matto
per gli aghi.
“Una
specie,
ma ti prometto che non userò siringhe”.
In quel
mentre ricomparve Arthur, con l’aria debilitata di un morto che cammina.
“Sire,
come
vi sentite?”
“Adesso
meglio, Gaius. Merlin, piuttosto, come sta? La nausea gli è
passata?” articolò
reggendosi a fatica in piedi per via delle gambe molli.
“Amore,
vieni a sederti sul letto e non preoccuparti per me. Gaius vuole
visitarci e ha
bisogno di un campione del nostro sangue, se ho capito bene”
il moro scoccò
un’occhiata interrogativa al medico.
“Precisamente.
Vi chiedo di porgermi un dito, miei sovrani”.
I baldi (al
momento non proprio baldi) giovani obbedirono, e Gaius punse i loro
polpastrelli
con uno spillo da sarta. Raccolse le gocce di sangue in due fialette,
dentro
cui poi versò un liquido trasparente che fungeva da
reagente. Quando, pochi
istanti dopo, il contenuto di entrambe le provette virò
verso l’azzurro chiaro,
il suo volto rugoso assunse un’espressione alquanto attonita
e al tempo stesso
meditabonda.
“Lo
sospettavo” sospirò stancamente. “Certo,
pensavo che si trattasse solo di Merlin”.
“Sospettavi
cosa?” lo interruppe ansiosamente Arthur. “Siamo
malati?”
“Non
la
definirei proprio una malattia, ma di certo non vi è
rimedio”.
“Parla,
Gaius: è forse una fattura, una maledizione,
un’infezione, un’unghia
incarnita?” lo incalzò il sovrano,
sull’orlo dell’isteria.
Merlin
stranamente taceva, terreo.
“Niente
di
tutto ciò, Altezza. Non me lo so spiegare, davvero, ma le
analisi non mentono. Siete
entrambi incinti, Sire. Di un bambino. Anzi, di due. Uno ciascuno,
cioè”
biascicò il cerusico in evidente difficoltà.
“I-INCINTI??!
Merlin ed io...? Avremo dei bambini... partorirò…
ci cresceranno le tette…? Oh
Charmender, abbi pietà del mio ventre”
farfugliò sotto shock Arthur e svenne
elegantemente, con le palpebre rovesciate all’indietro e
atterrando sul morbido
materasso Eminflex del baldacchino.
“Jesus
Christ Superstar, Sire, riprendetevi!” si lanciò
in suo soccorso Gaius. Si
rivolse al sovrano consorte. “Merlin, mi aiuti? Ho un
po’ di Pozione
Rinvigorente nella bisaccia, se gentilmente me la passassi- Merlin, mi
senti?!
Sire?”
Ma il nostro
eroe non si mosse. Rimase sul letto, le braccia che cingevano le
ginocchia
piegate al petto e lo sguardo vacuo, perso a fissare il vuoto.
Ossignore,
che fatica! *si sgranchisce le dita*
Per chi non
le conoscesse, eccovi il link della canzone che viene suonata durante
la
cerimonia, “Marry you”, cantata dal cast di Glee (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk);
questo invece è il video di “Time Warp” (http://www.youtube.com/watch?v=v-PBM1cyujk),
che non a caso è una scena/canzone/coreografia cult.
A presto,
con tanto tanto ammmòòòre!