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Autore: Rota    11/11/2011    3 recensioni
-Matt! Ehi, Matt! Svegliati! Matt, svegliati!-
Fu la voce di Alfred a rubarlo, con forza e prepotenza, al mondo dei sogni. Dovette stroppicciarsi più volte gli occhi, colpa anche del notevole male al cranio che gli intontiva completamente i sensi e la posizione innaturale che aveva assunto e mai più cambiato nel cadere come un masso sul proprio letto.
Il fratello lo aiutò nel processo, cominciando a scuoterlo come uno straccio sporco. Matt non ebbe neanche la forza di insultarlo o pregarlo, semplicemente, di smetterla.
Alfred aveva la pessima abitudine di trattarlo come gli pareva, senza avere molta cura di qualcosa che fosse al di là della sua persona. Matt aveva sempre pensato a lui come un bambino troppo cresciuto – e per questo impossibile da colpevolizzare – ma c’erano certe volte che avrebbe tanto voluto prendere la propria mazza da hockey e spaccargliela in testa, conservando sempre tutta la ragione possibile.
Quello era uno di quei momenti.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Russia/Ivan Braginski, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 14

 

 

Sing with me, sing for the years

sing for the laughter and sing for the tears

sing with me, if it's just for today

maybe tomorrow the good Lord will take you away(7)

 

Roderich, visto così da vicino, non dava l'impressione di essere tanto umano, quanto più una semplice macchinetta o tutt'al più un robot freddo e distante, con quell'aria impassibile di chi si sente superiore e ne da conto al mondo intero. Matt, intimamente, si chiese davvero come mai una persona solare come Antonio fosse incappato in lui e se ne fosse tanto innamorato da arrivare addirittura a volerlo sposare.

Sapeva di freddo come lui sapeva di caldo.

Erano a casa Carriedo, per festeggiare uno dei tanti motivi stupidi che separavano la partenza della coppia - in realtà, più si avvicinava alla data, più Gilbert e Francis frequentavano quei luoghi, divenendo quasi assillanti da certi punti di vista.

Così, nel bel mezzo della notte, giusto per fare una sorpresa ai due sposini e coglierli alla sprovvista, il tedesco aveva organizzato su due piedi un addio al celibato di assai dubbio gusto, trascinando anche mezza compagnia assieme a lui.

Francis, d'altra parte, non poteva certo obiettare - aveva persino suggerito di portare qualche spogliarellista giusto per l'occasione, ma un'occhiata assai truce di Ludwig lo aveva costretto al silenzio. E tra i due festanti si introdusse anche Feliciano che, con la sua semplice presenza, aveva dissolto i dubbi anche dei più riottosi.

Senonché ad aspettarli ci furono un assonnato ma alquanto ilare Antonio e un imbronciato, arrabbiato e oltremodo irritato Roderich.

Non che l'entusiasmo della compagnia potesse svanire di fronte a quel semplice broncio, ma sicuramente trovava una notevole barriera nell'indifferenza sostenuta che quell'austriaco palesava con così tanta tenacia.

Specialmente quando Gilbert ebbe la bruttissima idea di tirar fuori dal proprio zaino le numerose birre che aveva portato con sé e poggiarle in malo modo sul tavolo, di fronte agli occhi dell'intera compagnia, un fulmine chiaro e letale partì direttamente dagli occhi dell'uomo e si espanse su tutti i presenti, in particolar modo sul proprio futuro marito che, sentendo gravare sul capo quella muta sentenza di morte, rifiutò garbatamente con un sorriso sulle labbra, limitandosi a guardare gli amici.

Matt si guardò attorno, approfittando di tutto quel trambusto, mirando gli oggetti della casa in cui si trovava. Non c'era nulla fuori posto e tutto sembrava così lindo da avere la consistenza stessa del disinfettante. Gli fece un po' impressione, come se si ritrovasse in un luogo completamente asettico e chiuso in sé stesso. Ma la funzione di quel grande pianoforte proprio in mezzo alla sala, in bella vista - così come dei motivi vari della stretta relazione tra Roderich e Antonio - gli fu completamente chiara quando l'austriaco, in un moto di pura stizza e irritazione, si era alzato dalla propria sedia e aveva intimato a tutti di tacere con una frase perentoria e dai toni d'oracolo.

-Ora farò sentire a tutti il suono di una vera celebrazione!-

Più sconcertati che sorpresi, gli elementi dell'intera compagnia lo seguirono fino al seggiolino dell'imponente strumento, guardandolo mentre si accomodava e stendeva le mani sui tasti.

Ogni cosa fu chiara, ogni cosa fu limpida e priva di macchie.

Matt chiuse gli occhi al suono, credendo possibile anche l'impossibile - come il caldo potesse stare così bene col freddo, dopotutto - e sorrise con semplicità quando sentì una mano ben nota posarsi sulla sua spalla e non muoversi più stringendo appena le dita su di lui. Poggiò la testa all'indietro, trovando il corpo di Francis a sostenerlo. Poi non pensò davvero più a nulla.

 

-A noi, signori! Che siamo riusciti ad arrivare fin qua!-

I boccali volarono in alto, sopra le teste degli uomini riuniti al tavolo, in un unico e simultaneo movimento collettivo.

E un coretto gioioso e felice si elevò assieme.

-A noi!-

Anche Matt brindò al momento, trasportato da una energia incontenibile.

Alla fine, la grande serata era arrivata. Ancora poche ore e si sarebbe ritrovato davanti una folla con gli occhi puntati direttamente alla sua persona, in attesa.

Ma se la semplice idea, non più di due mesi prima, l'avrebbe fatto pietrificare sul posto, rendendolo incapace persino di intendere e di volere, in quel momento lo faceva sentire euforico, come mai era stato.

Bevve alla salute e alla serata, con tutti gli altri.

Sorridendo sincero e pieno di vita.

 

Per quell'istante, Matt pensò che il sorriso di Ivan fosse bello e rassicurante.

Per quell'istante, Matt comprese la bellezza antica e nobile che il barbone che aveva davanti si trovava a possedere, completamente.

Per quell'istante, perché in quello successivo si ritrovò, suo malgrado, a sostenere la fronte del russo e a tenergli i capelli in alto mentre lui svuotava l'anima contenuta nel suo debole stomaco interamente sul cemento del marciapiede.

L'aveva visto trangugiare alcolici per tutta la serata, forse troppo ottimista della capacità del suo fegato o forse anche troppo entusiasta per la compagnia e per l'evento che si apprestava a vivere, assieme a tutti loro. Poi la realtà aveva preso il sopravvento, e la malinconia, il tono e le parole di quel gigante gentile, trasformandolo così e ricordando a tutti la condizione in cui versava.

Era stato lo stesso Francis a prenderlo per un braccio quando aveva cominciato a straparlare, raccontando cose assopite in una memoria lontana e intangibile ad alta voce, richiamando tutti gli sguardi su di sé. Onde evitare ulteriore imbarazzo, l'uomo aveva preso l'amico e l'aveva trascinato fuori dal bar, chiedendo cortesemente a Williams di aiutarlo - forse perché Alfred era troppo brillo e stupido e goffo per essere davvero di aiuto.

Al freddo, aveva sentito la forte stretta di Ivan farsi più serrata contro la sua spalla, mentre la mano lo tastava ovunque come per riconoscerlo davvero. Il russo poi gli aveva sorriso, senza protestare minimamente, scivolando quasi sul pavimento e uscendo con loro due, lasciandosi dietro non altro che molta curiosità e un odore indescrivibile di alcool.

Visto così, faceva ancora più pena del solito, e rendendosi conto di quanto fosse terribile e ingiusto il sentimento appena provato, Matt si fece più vicino all'uomo e tentò di parlargli dopo aver visto che si stava, seppur lentamente, riprendendo.

-Ivan... stai meglio?-

Era una domanda stupida, ne convenne, ma dopotutto ci sono certe occasioni in cui la prassi salva dall'imbarazzo - e quella era una simile situazione.

Ivan tornò a sorridergli, come se nulla fosse davvero accaduto, come se fosse stato sobrio e lucido.

-Sto bene, grazie...-

Ma un nuovo conato gli fece piegare ancora la testa in giù e un rumore viscido gli uscì dalla bocca mentre le spalle si contraevano dolorosamente. Il puzzo di vomito salì fino a invadergli le narici, con prepotenza.

Francis, da canto suo, non diceva davvero nulla, aspettando semplicemente che fosse lo stesso Braginski a rivolgergli la parola, con pazienza e attenzione.

Senonché proprio il russo seppe sorprenderlo, facendogli congelare un'espressione di pura angoscia sul volto. Con una semplice frase.

-Oh, Yao era alto più o meno come te, Matt...-

Anche il ragazzo divenne muto, in trepidante ascolto.

Ivan si voltò a sorridergli, più sicuro di prima, riprendendo una posizione eretta.

-Forse era più basso...-

Matt non disse nulla, aspettando che l'uomo continuasse da solo. Era da quando aveva parlato con Francis che voleva sapere qualcosa di più sul suo conto, ma non aveva mai osato chiedergli nulla.

Come avrebbe fatto? In realtà, aveva paura di risultare indiscreto, anche perché l'argomento doveva essere - lo intuiva benissimo - assai delicato.

Ma forse proprio per l'alcool ancora in corpo, forse anche per lo stato d'animo in cui versava che le parole gli uscirono da sole dalla bocca.

-Sai, io amavo Yao. Lo amavo davvero. Lo amavo ancora di più della mia musica. Ed è stato per questo che quando è morto io non ho più suonato il violino. Non avrebbe avuto il minimo senso, ora che non c'era lui ad ascoltarlo...-

Lo accarezzò sulla testa, in uno stranissimo moto d'affetto.

-Tu assomigli ad Alfred, anche... e Alfred mi piace, mi piace tanto...-

Lo abbracciò, all'improvviso, obbligandolo ad affondare il viso nel suo enorme cappotto marrone.

-Mi piace così tanto...-

Matt non seppe cosa dire, preferendo un rispettabile silenzio a parole stupide e vuote. Con fatica, riusciva a scorgere Francis al di là della spalla del russo, notando un'immobilità innaturale e tesa. Comprese bene il motivo di tali sentimenti.

Con attenzione, sollevò le braccia dai propri fianchi e, anche se con qualche difficoltà, riuscì a ricambiare l'abbraccio del russo. Timidamente, con garbo e delicatezza.

Ivan lo strinse di più, apprezzando il gesto gentile.

Francis riuscì a sorridere, intenerito da quella situazione. Ivan era riuscito ad accettare davvero un'altra persona nella propria vita, e questo non poteva che farlo felice.

Poi, qualcosa si ruppe, e il corpo di Matt divenne puro ghiaccio.

-Ehi, Williams! Cosa ci fai qui?-

 

Matt vide il viso di Bruce ancora prima di essersi voltato davvero nella sua direzione, abbastanza atterrito da non riuscire a dire neanche una parola.

Anche l'altro era in compagnia - tre ragazzotti che Matt aveva visto di sfuggita quando giocava a baseball con il gruppo dell'università, volti che in realtà non gli dicevano niente e niente significavano per lui - e avanzava abbastanza minaccioso verso di lui.

Aveva un sorriso strano, sul volto.

Senza degnarsi di salutarlo, indicò prima Ivan e poi Francis.

-Questi chi sono?-

Matt, ancora muto, non riuscì a muoversi dall'abbraccio di Ivan, non riuscendo quindi a impedire a Francis di farsi avanti, con una mano porta verso il nuovo arrivato. Lui, che non conosceva minimamente la situazione, aveva un sorriso gioviale sulle labbra.

-Piacere, Francis Bonnefoy!-

Bruce si limitò a squadrarlo, facendo passare lo sguardo dalla testa ai piedi. Poi si rivolse ancora a Matt con una smorfia saputa in viso, prendendolo in giro con un tono davvero spiacevole.

-Io l'avevo detto che anche tu non eri normale! Sei frocio quanto tuo fratello!-

Qualcosa scattò veloce nella mente di Ivan, che si irrigidì tutto attorno il ragazzo. Matt lo adocchiò, preoccupato, mentre lo lasciava libero e si rivolgeva gentile a Bruce.

-Scusa, come lo hai chiamato?-

Francis, probabilmente comprendendo le emozioni nascoste dietro quel falso sorriso, si mise prontamente tra i due, cercando di calmare l'amico. Ma Bruce fu più veloce di lui.

-L'ho chiamato frocio, perché lo è! E anche voi lo siete! Non ti piace il termine, frocio?-

Gli si avvicinò, scontroso.

-Brutto frocio!-

Ivan ancora gli sorrise, gentile ed educato, volgendosi appena senza rispondergli.

Francis borbottò qualcosa, facendosi più vicino a Ivan e scansando veloce Matt. Il ragazzo avvertì il pericolo solo un attimo prima che la cosa accadesse - veloce, rapida come un fulmine che squarcia all'improvviso il cielo sereno.

Con un sol passo, Ivan era andato addosso a Bruce, e questi, dopo un rumore sordo, era scivolato a terra come un foglio bagnato.

I suoi amici, atterriti, si scostarono immediatamente dai due, cominciando a strillare sdegnati. Matt e Francis si immobilizzarono sul posto, incapaci di reagire.

Ivan, con in mano quel bastone raccolto da terra, cominciò a menare calci in maniera forsennata, con una crudeltà e una cattiveria che mai, prima d'allora, gli aveva preso il corpo.

La voce del russo, a quel punto, si fece terribile.

-Com'è che lo hai chiamato?-

 

La polizia fu chiamata di lì a qualche minuto, quando una folla di curiosi e meno curiosi si era stretta attorno alla macabra scena.

Ivan teneva stretta la sua arma in mano, ma colpiva solamente con i piedi e con i pugni. Bruce, sanguinante, era immobile ormai da tempo sull'asfalto.

Si era fatto avanti all'improvviso Gilbert, il solo della compagnia che non avesse timore del russo tanto da rimanere immobile di fronte alla sua rabbia. Così aveva fermato con la propria testa l'ennesimo colpo. Barcollando indietro, l'aveva guardato con odio feroce, urlandogli in faccia tutto il suo disprezzo.

Non lo aveva più retto.

-Ti sembra forse il modo di comportarti, questo? Non sei un bambino, Ivan! Non lo sei più!-

Ivan lo aveva guardato con pari odio in viso, fermandosi di fronte alla vista del suo sangue.

La sua voce aveva tremato e Matt aveva percepito fin troppo bene quanto dolore avesse mai potuto provare per arrivare a quel punto.

-È per persone come voi che succedono queste cose. Perché la vostra non è tolleranza, è indifferenza. La vostra è sottomissione al potere! Sottomissione all’odio!-

indicò il corpo a terra, sull'asfalto.

-Questo verme è libero di insultarci solo perché voi glielo avete sempre permesso! Questo verme è libero di fare qualsiasi cosa perché voi non glielo impedite!-

Si era voltato verso gli altri suoi amici, atterriti all'inverosimile.

Vicino a Matt, Alfred aveva tremato di paura.

-Siete la causa di ogni nostro male! La vostra indifferenza, la vostra negligenza lo è! Come possiamo avere rispetto se non lo pretendiamo?-

Ma ancora una volta la voce di Gilbert fu più forte della sua rabbia.

-Non puoi dare colpa a noi per colpe che sono state tue! Non è certo colpa nostra se Yao è morto! Fattene una ragione e prova a vivere, dannazione!-

Ivan si voltò ancora verso di lui, non riuscendo però a rispondergli. Un poliziotto lo bloccò, atterrandolo con un sol gesto.

E fu tutto rumore.

   
 
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