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Autore: Mallow92    12/11/2011    3 recensioni
>>Seguito di Whispers "“Sicura di aver fatto tutto come si deve?” Domandò subito dopo, improvvisamente allarmato.
Lei lo guardò con sufficienza con quei suoi occhi color ghiaccio.
“Ma per chi mi hai preso?”
La ragazza tirò fuori una fialetta e la scosse davanti al naso dell’altro per fargli notare il fatto che fosse vuota.
“D’accordo...”
Lui prese l’oggetto e lo mise al sicuro in tasca.
“Dovremmo sbarazzarci di questo al più presto, prima che si accorgano di cosa sia successo.”
La fanciulla annuì, dopo di che il ragazzo la baciò a fior di labbra e lei, non contenta, volle approfondire..
“Ora sarà tutto perfetto...” Le sussurrò.
Lei annuì raggiante."
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Silence'
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Capitolo terzo.

      Signs
 
“The last time we slept together
There was something that was not there
You never wanted to alarm me
But I'm the one that's drowning now.
I can sleep forever these days
'Cause in my dreams I see you again
But this time fleshed out fuller faced
In your confirmation dress
 
[...]
 
I see signs now all the time
That you're not dead, you're sleeping
I believe in anything
That brings you back home to me”
 
Bloc Party – Signs

       
Nelle puntate precedenti:
 
<< “Cioè ma ti è andato di volta il cervello?? Finire a letto con quell’idiota! Che diavolo avresti fatto se non fossimo arrivati noi due? Io non ti riconosco più!”
Abbassai lo sguardo, incapace di sostenere quello accusatorio di Jess.
“Da quando Andrew se ne è andato tu non sei più la stessa” Quando pronunciò quel nome sollevai di scatto gli occhi e mi sentii di nuovo le lacrime pungere, tanto che mi dovetti mordere il labbro per trattenerle.
“Non riesci nemmeno più a pronunciare il suo nome, non ti ho mai più sentito farlo... Io non so più che cosa fare, devi reagire! Una volta non mi avresti fatto mai una cosa del genere, - capii che ora si stava riferendo a James - ma io non voglio più sopportarti così. Oramai è andato via, VIA. E devi dare solo la colpa a te stessa per questo, lo hai voluto tu. Lo so che ci pensi ancora, ma è stata una TUA scelta e ora devi accettarne le conseguenze. Quando sarai rinsavita sai dove trovarmi.” >>
 

 

 
Chiusi lentamente la porta di casa, chiedendomi come diavolo avessi fatto a trovare le chiavi giuste dal mio mazzo e ad infilarle nella serratura, dato che tutto il mondo continuava a girare intorno a me. Ebbi l’improvvisa voglia di vomitare, per potermi liberare non solo dalla nausea, ma anche da ciò che stavo per fare prima con e poi contro la mia volontà. Ma probabilmente nemmeno quello sarebbe riuscito a cancellare il ricordo di quella serata, che avrebbe dovuto essere il modo di dimenticare qualcos’altro (o meglio qualcun altro), ma senza riuscirvi.
Non c’era modo di cancellare il passato dalla memoria (a meno che uno non si prendesse una botta in testa e avesse una sottospecie di amnesia, ma non mi sembrava il modo migliore) e questo lo avevo imparato a mie spese qualche ora prima.
Già, però in quel momento ciò che più mi premeva era risolvere l’ennesimo casino che avevo combinato con Jess: ero stata proprio una stronza nei suoi confronti e delle semplici scuse non sarebbero mai bastate. Dovevo dimostrarle che sarei potuta tornare in me e che avrei potuto andare avanti con la mia vita e, anche se non sarei mai riuscita a dimenticare... Andrew (mi sforzai di pronunciare il suo nome, prendendolo come un piccolo passo per il mio nuovo proposito), per lo meno avrei potuto accantonarlo e cercare di far finta che non fosse mai accaduto. Sarebbe stata dura, ma almeno dovevo tentare. Dovevo provare a salvare quei pochi cocci che erano rimasti della mia vita.
Già, era quello che avevo intenzione di fare.
Dopo essermi ripresa da quella sbornia colossale.
Intanto il mio problema principale era raggiungere camera mia senza svegliare i miei e senza volare giù dalle scale.
Miracolosamente riuscii nell’impresa, ma, prima di buttarmi sul letto, il mio stomaco mi diede segnali abbastanza chiari sulle sue condizioni e fui costretta a deviare verso il bagno. Dopo di che mi levai i vestiti che avevo addosso per poi accoccolarmi nel letto e, ignorando la testa e i brontolii del mio stomaco, chiusi gli occhi.
Non ebbi nemmeno il tempo di entrare in una specie di dormiveglia che sentii uno strano rumore, come qualcuno che sbatteva contro qualcosa proprio lì, nella mia stanza. Aprii gli occhi di scatto, ma non vidi niente. Mi tirai su a sedere e accesi la luce e coraggiosamente mi alzai a controllare se ci fosse qualcosa di strano ed effettivamente notai a terra un peluche, che prima mi sembrava stare proprio su quella scrivania dalla quale mi era parso arrivare il suono.
Il mio cervello passò in rassegna mille possibili spiegazioni: da un topo (rabbrividii al solo pensiero) a Elizabeth. Mi sedetti di nuovo sul letto e, facendo respiri profondi, tentai di calmarmi: probabilmente era stata solo la mia immaginazione! Cioè ero ancora un po’ ubriaca e dopo quello che mi era successo era comprensibile che potessi avere questo genere di reazione, ma comunque, per sicurezza, tenni accesa la lampadina sul mio comodino e, con qualche sforzo di autocontrollo riuscii quasi a dormire.
O per lo meno per qualche ora.
Mi sembrava di aver vissuto già una situazione del genere, ma sembrava talmente lontana da appartenere quasi ad un’altra vita.
Poi riuscii addirittura ad entrare nella così detta fase rem, perché cominciai a sognare di panorami strani, in mezzo alle colline, prati pieni di fiori e come sottofondo mi sembrava di sentire l’eco di una risata. Sorrisi a mia volta nel sonno.
Ma dopo poco tempo la luce sia della lampadina sia del sole mi strapparono da quel limbo di felicità. Mi costrinsi a tenere gli occhi chiusi per cercare di non dovermi svegliare, ma oramai tutte quelle belle immagini erano scomparse. Dopo qualche secondo suonò la sveglia e capii che era destino non poter dormire quella mattina. Sbuffando chiusi la mano a pugno e tirai una martellata a quell’aggeggio a forma di rospo che mi era stato regalato circa cinque anni prima.
Poi però giustamente sbagliai mira e mi scorticai la mano sullo spigolo del comodino. Dopo aver imprecato in trentasei lingue diverse aprii gli occhi, per non rischiare di rompermi l’unica mano sana che mi era rimasta. Ma appena lo feci notai qualcosa che non doveva esserci accanto alla mia sveglia.
Sbattei gli occhi più volte e mi diedi anche un pizzicotto.
Ok... Cominciai a faticare a respirare.
Che diavolo ci faceva una rosa bianca sul mio comodino????
Mi guardai intorno sospettosa.
Poi deglutii.
Presi un grosso respiro e rivolsi di nuovo il mio sguardo verso il comodino. Ok, non me l’ero immaginato.. Era proprio una rosa bianca.. Ed era sul mio comodino.
Il cuore cominciò a martellarmi nel petto con una forza tale che quasi mi faceva male e riuscivo a sentire il sangue pulsarmi affannosamente nelle vene.
“Andrew?” chiamai, ma inutilmente. Sapevo che era una cosa più che impossibile, ma non potei fare a meno di frenare quel pensiero che mi era venuto immediatamente in testa.
Presi il fiore nelle mie mani, sorridendo come una bambina a cui è appena stata regalata la bambola che da tanto si aspettava. Eppure chi altri poteva essere stato? Solamente lui sapeva di quello che c’era stato tra di noi e di quel dettaglio che aveva caratterizzato da subito la nostra relazione. Era tornato? Come era possibile e perché ci aveva messo tutto quel tempo a cercarmi?
“Giuro che ti verrò a cercare... Se c’è un paradiso o un inferno, non mi interessa, giuro che troverò la tua anima e non la lascerò mai più... Ricordati che sei mia...”
Mi riaffiorarono nella mente quelle parole che Andrew mi aveva detto poco prima del nostro addio.
Incominciarono a scendere lacrime calde sul mio viso e mi misi a singhiozzare fino ad arrivare a piangere istericamente: proprio non riuscii a controllarmi.
“Mi dispiace averti sconvolta…”
Mi voltai di scatto verso la porta della mia stanza, da dove proveniva quella voce.
“C-cosa?” Biascicai ancora senza fiato un po’ per i singhiozzi e un po’ per lo spavento.
Il ragazzo che si trovava proprio all’ingresso della mia stanza mi guardò duramente. “Dovevo essere sicura che fossi proprio tu”
“Io?” Domandai esterrefatta.
“Chi diavolo sei?” Superato il momento di shock mi accorsi di essere furibonda. Come si era permesso di farmi una cosa del genere chiunque egli fosse e che cosa voleva da me??
Quel ragazzo dagli occhi scurissimi e, dovetti ammetterlo, tanto bello quanto sprezzante, incominciò ad avvicinarsi a me.
In un gesto istintivo di protezione mi alzai dal letto per allontanarmi, ma lui comparve improvvisamente accanto a me nel letto.
Trasalii, ma lui mi trattenne per un braccio.
“Non avere paura di me.. Mi chiamo Gabriel”
Lo fissai interrogativa: perché credeva che dicendomi il suo nome io mi sarei dovuta tranquillizzare??
“Roxanne.. Rilassati non voglio farti del male!”
“Chi sei??” Ripetei io con più enfasi. No, non avrei sopportato un altro fantasma nella mia vita.
“No, in realtà la domanda giusta è ‘cosa sei?’, ma comunque si sa che voi umani non brillate per intelligenza” Sospirò “Insomma ancora non riesco a credere a cosa siete riusciti a combinare in qualche millennio!”
Lo guardai accigliata e sconcertata.
“Comunque non hai risposto alla mia domanda e poi perché sai il mio nome?” Ero ancora un po’ spaventata, ma ciò che aveva detto, non so perché, mi fece capire che non era un tipo pericoloso e che non voleva davvero farmi del male.
“D’accordo.. Io non vorrei essere qui con te come tu non vorresti essere qui con me, quindi facciamo una cosa veloce e indolore..”
Ok, ero ufficialmente sconvolta.
Senza preoccuparsi minimamente del mio stato confusionario, questo sconosciuto, o Gabriel, come si era presentato poco prima, continuò il suo discorso.
“Ok, il tuo caro amico Andrew ha fatto un bel casino lassù, sai?”
“Frena!! Che ne sai di Andrew, chi sei e che cosa vuoi???”
Il ragazzo mi fissò profondamente con i suoi occhi nerissimi, dopo di che sbuffò alzando gli occhi al cielo “Giuro che non uscirò mai più con un’umana in vita mia!”
Ok, ‘sto tizio era pazzo. Completamente pazzo.
“Se mi lasci finire il discorso te lo spiego, ragazzina. Mi stai spazientendo!”
Ah io stavo spazientendo lui??
Aprii la bocca per tentare di ribattere qualcosa, ma il suo sguardo contrariato ed esasperato me la fece richiudere.
“Sono una specie… Com’è che li chiamate voi? Angeli, diavoli, nono so quale sia il termine giusto!” Esclamò!”Sono un semplice messaggero.. Dall’Altro Mondo…” Enfatizzò queste ultime parole con un movimento della testa “Capisci?” Mi chiese come se avessi cinque anni.
Mi limitai a fissarlo.
“E sono qui per chiederti una cosa… Ma non sono venuto di mia spontanea volontà, né voglio fermarmi insieme a te più del dovuto, quindi lasciami parlare!”
“Che ne sai di Andrew?”
“Ma perché vi abbiamo dato il dono della parola? Comunque.. Mi serve una cosa che credo tu sappia dove sia Roxanne, basta che tu me lo dica e io me ne andrò subito!”
Ok, ero in una stanza con una specie di essere sovrannaturale proveniente dall’altro mondo che mi stava irritando a morte. Feci un respiro molto profondo per evitare di strozzarlo.
“No io non capisco…”
“E ti pareva…” Lo fulminai con lo sguardo, poi lui ricominciò “il tuo amichetto è bloccato”
“Bloccato?” Gabriel mi ricambiò lo sguardo carico di irritazione.
“Si, Roxanne, bloccato... Non può entrare nell’Aldilà perché non è definitivamente morto, o meglio lo è, ma non era il tuo perdono l’unica cosa che gli serviva per andarsene da qui”
Il mio cuore prese a battere più velocemente.
“Vuoi dire che è ancora nel.. Nel nostro mondo?”
Gabriel alzò di nuovo gli occhi al cielo.
“Non pensarci nemmeno! Non te lo riporteremo indietro cambiando il corso della vita solo per una stupida cottarella adolescienziale!”
Ok, che qualcuno mi fermi o lo ammazzo di botte!
“Tu come diavolo ti permetti di venire qui a parlarmi in questo modo?!”
Mi alzai e mi diressi velocemente verso l’uscita della stanza, decisa a non voler più rivolgere la parola a quella specie di mostro insensibile.
Prima che potessi raggiungere la porta, però, Gabriel mi si piazzò davanti e mi fissò con aria sufficiente.
“Scusa” disse in tono ironico e sbeffeggiante “Come ti ho già detto non vorrei essere qui, ma se ci muoviamo con questa cosa io me ne andrò e ti libererai di me in men che non si dica, tutti andremo per la nostra strada e vivremo felici e contenti”
Sperai che dicesse la verità, perché non avrei potuto sopportarlo un secondo di più.
“Torni a sederti?” Mi chiese, aggiungendo alla fine un ulteriore “Per favore” con tono, se possibile, ancora più ironico.
Lo guardai con disprezzo, ma tornai a sedermi, nella speranza che quello che aveva appena detto fosse vero.
“D’accordo, biascicai.. Ti ascolto”
“Gli manca un pezzetto di anima..”
Mi venne il sangue freddo solo a pensare ad una cosa del genere.
“Cosa intendi dire?”
“Che la sua anima non può passare perché non è completa... Per questo è rimasto nel tuo mondo tutto questo tempo, poi stupidamente ha pensato di poter oltrepassare i confini della vita, dopo che gli avevi detto che lo perdonavi...”
“Ok, smettila!” Intimai “ti aiuterò soltanto se la smetterai di… Di essere così stronzo!” Conclusi.
Come se non mi avesse nemmeno sentita, Gabriel continuò a parlare.
“Quindi è scoppiato un putiferio, perché una cosa del genere non era mai successa.”
Stavo tentando di non pensare a tutto ciò che Gabriel aveva detto e a tutto quello che esso comportava, per non dover realizzare per l’ennesima volta quanto fosse stato stupido quel gesto che avevo compiuto pochi mesi prima, ovvero mandare via Andrew. Cosa che sembrava ancora più insensata ora che avevo scoperto che ciò non era servito proprio a niente.
Quindi il mio cervello decise di passare subito alle cose pratiche, in modo da sbarazzarmi di quell’essere insopportabile.
“E io che cosa c’entro?”
“Non ti ha mai detto dove si trovi questo pezzo?”
“Dimmelo tu, visto che pensi di sapere tutto” Lo punzecchiai.
“Tic tac, tic tac, il tempo scorre e io non so perché sono ancora qui... Quindi per favore dimmi dov’è quest’anima.”
“Io non ne ho la più pallida idea...” Scossi la testa.
“D’accordo, so a cosa stai pensando, ma non è possibile, ok? Non tornerà mai più indietro!”
Quel pensiero mi aveva sfiorato poco prima, dovetti ammetterlo, anche se sapevo che era impossibile, ma sentirlo ad alta voce, mi fece male.
Abbassai lo sguardo per nascondere i miei occhi appannati dalle lacrime.
“Io non lo so dove si trova...” Ripetei.
Gabriel sospirò.
“Stupendo”
Rimanemmo un po’ in silenzio ed io ebbi il tempo di riprendermi
“Questo cosa significa?”
“Significa che dobbiamo trovarlo, cara Roxanne...”

   
 
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