Una materia perfettamente inutile l’algebra. Decine e decine
di numeri che si incontrano tra di loro, parentesi graffe, radici cubiche e
esponenti negativi mi balenano negli occhi, creandomi una confusione inaudita
in testa.
Cerco di capirci qualcosa: non posso prendere un altro 3,
mia madre mi ucciderebbe.
Ok, allora…
Definisci l’esponente negativo nell’equazione di secondo
grado qui proposta. In seguito trova un’uguaglianza tra il denominatore a1 e il
numeratore b2…
Nero.
Non ho capito una sola sillaba di quello che c’è scritto
qui. Scoraggiata, abbandono la testa sul banco. Sento una lacrima scendere sul
mio viso.
Consegno al suono della campanella. Mentre tutte le altre ragazze si riuniscono in gruppetti per confrontare le soluzioni delle equazioni, mi allontano. Non mi va di discutere
del disastro che ho appena fatto. Non ho mai avuto delle vere amiche, sono troppo presa dal mio mondo interiore e dalla ricerca della perfezione per accontentarmi delle mie
compagne
di classe: ragazzine sciocche, immature, troppo prese dalla moda e dai ragazzi
per guardarsi intorno e cercare qualcosa di più.
Io non sono come loro. Io sono ambiziosa, permalosa,
perfezionista. Io sono pervinca. Questo mondo non è fatto per me. Io voglio di
più.
Sono così presa nelle mie riflessioni che non guardo dove
vado. All’improvviso sento qualcosa che mi arriva addosso. Una palla di cuoio,
nera, mi colpisce dritta in fronte.
Cado stordita, lanciando un urlo.
- Scusami! Davvero, mi dispiace… A volte non riesco a
calibrare i tiri.
Calibrare i tiri? Ma che sta dicendo?
Cerco di alzarmi, ma le gambe mi cedono. Sento due mani
forti che mi prendono per le braccia e mi tirano su.
- Tutto bene?
Guardo il mio interlocutore: vedo due spalle forti, un collo
tarchiato, due labbra carnose e occhi cobalto.
Lui è rosso.
C’è chi dice che il rosso e il pervinca stiano a meraviglia
insieme.
Io sostengo il contrario.
- Stavo meglio prima, grazie tante.
- Eddai, ti ho detto che mi dispiace!
Emana rosso da tutte le parti. Mi dà proprio fastidio.
Scrollo via le sue mani dal mio braccio e mi allontano a
passo spedito.
Mentre cammino sento il suo sguardo puntato di me. Giro gli
occhi, un po’ a disagio: mi sta guardando.
Sento uno strano calore invadermi, come se un fuoco rosso mi
stesse divorando. Per liberarmene scuoto le spalle, ma la sensazione non se ne
va.
Anche nel mio letto, al buio, sento caldo. E rivedo
continuamente quegli occhi. Blu cobalto.