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Autore: lullaby_89    15/11/2011    2 recensioni
Ebbene ci sono di nuovo, nuovo nome, nuovo titolo, ma i personaggi sono gli stessi!
Una storia d'amore e d'amicizia senza troppe pretese. Tra lacrime, sorrisi, incomprensioni, errori e scelte sbagliate Edoardo e Giulia cercheranno di capire qual'è il confine tra amore e amicizia!
“Sono libera di scegliere ciò che voglio senza che tu mi faccia da supervisore lo sai?”
Al contrario di Niccolò, con Edo non riuscii a mantenere un contatto visivo. I suoi occhi chiari mi schiacciavano a terra senza via di fuga.
“Io voglio solo vederti felice” accarezzò la mia spalla nuda portandomi più vicina “non raccattare il tuo cuore a pezzi” [...]
“Quando troverai un ragazzo mi lascerai da parte vedrai…” sorrise nervoso e mi posò una mano sulla mia "Un giorno ti dimenticherai di me"

- probabilmente scriverò dei capitoli extra per i missing moment a rating rosso -
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ebbene oggi son puntualissima *-* sono fiera di me! (è certo, i capitoli son già scritti, complimenti xD per forza sei puntuale) Bando alle ciance, visto che ho tempo volevo ringraziare proprio tutti oggi ^^ Grazie sul serio, perché se mi vien voglia di continuare a scrivere è proprio grazie a chi mi segue! Prima di tutto grazie a silvia94, SetFireToTheRain e Sunday_Rose, che hanno lasciato un commento!

Poi grazie ai 31 che l'hanno inserita tra le seguite, ai 14 nelle preferite e ai 2 nelle ricordate! Grazie! So che sembro ad elemosinare commenti, ma se mi fate sapere cosa ne pensate della storia mi fate felice :)

Ed ora il capitolo: qua son stata particolarmente sdolcinata, sia per gli avvenimenti, sia per il luogo, che io amo moltissimo e spesso ci vado anche. Vi avviso…potrebbero venirvi le carie ai denti ù_ù

Baci Lullaby

 

CAPITOLO DODICESIMO "Innamorata?"

 

"Gemma dammi tregua! Mi fanno male i piedi" borbottai per l'ennesima volta.

Shopping sommato a Gemma era un vero e proprio uragano. Erano le sei del pomeriggio di martedì ed eravamo a giro per negozi da almeno due ore e mezza. Contando il sole cocente, che per fortuna era un po' calato, e le buste che ci portavamo dietro potevo confermare che ero distrutta ed il mio solo sogno in quel momento erano una doccia ed un letto.

"Dai un ultimo negozio! Guarda carina quella gonna!" esclamò indicando una gonnellina a palloncino blu cobalto.

La guardai supplichevole, ma non servì a niente. La mia amica mi prese per mano e mi trascinò nel negozio. Era piccolo ed accogliente e da quel che potetti notare Gemma sembrava una cliente conosciuta perché la signora bionda dietro il bancone la salutò cordialmente e lei le dette del tu.

"Vorrei quella gonna" disse subito indicando l'indumento indossato dal manichino "per lei" continuò frugando tra l'altra merce esposta.

"Per me?" domandai.

"Oh sì, secondo me ti sta bene. Provala dai" 

La signora me la porse e mi indicò il camerino. Dovevo ammettere che era carina e poi anche a me piaceva lo shopping, anche se quel giorno non ero proprio in vena di farlo. Niccolò sarebbe partito e non lo vedevo da due giorni. Con Edoardo c'era sempre quella situazione strana e nonostante avessimo ripreso a sentirci con regolarità c'era qualcosa di diverso nel nostro rapporto. Il problema più grande era che non volevo parlarne con Gemma. Non mi sentivo a mio agio in quel caso nonostante nella nostra lunga amicizia ci fossimo confidate praticamente tutto.

Provai la gonna e rigirandomi a destra e a sinistra per guardarmi allo specchio dovetti ammettere che il buon gusto della mia amica aveva colpito di nuovo.

"Allora? Come ti sta?" domandò la bionda mettendo la testa dentro il camerino "Vedo bene!" esclamò contenta.

"Sì, mi piace" ammisi.

"Prendila" 

Annuii guardando il mio riflesso. Quel colore con la mia abbronzatura leggera ci stava veramente bene.

"Tu hai trovato niente?" domandai.

"Sì, quindi fammi spazio che l'altro camerino è occupato" esclamò buttandosi dentro.

Fortunatamente c'era spazio per entrambe e non dovemmo fare a gomitate per cambiarci. Mentre io mi rivestivo lei si provava una camicetta legata dietro il collo che le lasciava scoperta la pelle candida della schiena. Non era mai stata una ragazza che si abbronzava facilmente, infatti per quanto ci provava rimaneva sempre molto chiara.

Comprammo entrambe quello che ci eravamo provate e ci incamminammo verso la macchina per tornare a casa. Erano più o meno le sei e mezza e io alle dieci avrei dovuto trovarmi a Piazzale Michelangelo.

"Insomma stasera se ne va in Sardegna eh?" domandò Gemma guidando tranquillamente verso casa.

"Già…poi viene da me al mare. Te l'avevo detto no?" risposi cercando una canzone decente alla radio.

"No! Che aspettavi a dirmelo?" esclamò.

"Mi era sfuggito di mente! Avevo da raccontarti un sacco di cose" mi giustificai.

Oltre allo shopping sfrenato, quel pomeriggio, avevamo anche parlato molto. Anzi io avevo parlato e Gemma aveva solo ascoltato e fatto tante domande. Non c'era stato modo di fermarla e così la lasciai fare, rispondendo minuziosamente a tutto, perché dopotutto ricordare mi faceva piacere. Per una volta ero io che avevo qualcosa di interessante da raccontare.

"Una cosa così ti sfugge di mente?" chiese scettica.

"Capita" sbuffai io.

"Ok, sì…insomma? Viene da te eh…e siete solo tu e i tuoi cugini..bene bene" 

Bene, ora parlava per i fatti suoi e si faceva i suoi filmino in testa.

"Gemma smettila di fantasticare, tanto ti conosco, sei peggio di Vale quando ti ci metti!" l'ammonii "Sta lì due giorni, ma non per fare ciò che pensi tu" le dissi cercando di trattenere una risata.

"Se va bene…allora viene per conoscere me!" scoppiò a ridere "Dai, non me l'hai ancora presentato!" fece gli occhini dolci e fui io a ridere.

"Gemi non è colpa mia, non ci vediamo da giorni e…oh andiamo, quando torna ti chiamo e vieni da me! Va bene?" 

"Brava. No, perché qua vi hanno visti tutti insieme tranne me" disse un po' duramente.

Gemma era così dopotutto. Una ragazza bellissima, ma con un carattere difficile. Era una splendida amica, ma qualche volta faticavo a comprenderla persino io. Esternava difficilmente i suoi sentimenti e anche con me non era molto affettuosa nonostante io lo fossi anche troppo. Sapevo che mi voleva bene, ma me lo aveva detto rarissime volte. 

Era la mia amica "cuore di ghiaccio"

"Rimedieremo" le dissi.

"Vorrei ben vedere" esclamò.

"Noiosa, dai ora muoviti che devo cenare, fare la doccia, prepararmi e andare a Firenze!"

Solo elencare tutte quelle cose mi faceva sentir male.

"Non sia mai che Cenerentola faccia aspettare il principe" scherzò lei "Come sei carina innamorata"

Era già la seconda persona che mi definiva innamorata. Lo ero sul serio?

 

Alla fine ero arrivata puntuale e nell'istante in cui parcheggiavo in Piazzale Michelangelo Niccolò scendeva dalla macchina, vestito con semplici bermuda e una polo verde. Erano le nove e mezza, ma faceva ugualmente ancora caldo. Dopotutto era l'ultimo giorno di luglio e nonostante gli acquazzoni improvvisi dei giorni passati, la temperatura non calava di un grado. Anche io ero vestita leggera, indossavo un paio di shorts e una canotta rossa, con converse dello stesso colore. Un abbigliamento un po' troppo scialbo forse, ma non avevo mai avuto l'impressione che agli uomini piacessero solo le donne con tacco e abiti succinti e soprattutto non volevo piacere a Niccolò per il mio abbigliamento.

"Buonasera" mi salutò dandomi un bacio a fior di labbra "sei arrivata bene qua?" domandò premuroso.

"Sì, non ci sono molte persone in città in questi giorni…se ne stanno andammo tutti al mare" inconsciamente avevo fatto capire che ero triste per la sua partenza.

"Poi però tornano" 

Mi prese per mano e ci allontanammo dalla macchina per andare a sedere sulle panchine di marmo bianco, ai margini dell'enorme terrazza con il panorama migliore di tuta la città. Lo sky line appena visibile al crepuscolo era magnifico e ciò che spiccava di più erano le torri alte e la cupola del Duomo, ma la cosa più bella rimaneva il ponte vecchio, illuminato e magico. Eppure non mi importava del panorama.

Ero troppo romantica, ma non potei non pensare che quel posto l'aveva scelto di proposito, era troppo bello. Forse però mi illudevo, in fondo eravamo lì solo perché Niccolò abitava a tre passi dal quel Piazzale.

"Torni e vieni da me in Versilia?" domandai.

Avevamo accennato qualcosa, ma non ne avevamo mai parlato veramente sul serio e né programmato niente.

"Sì, se l'invito è ancora valido" rispose cingendomi la vita con un braccio "È valido?" domandò con un sorriso malizioso.

"Certo! Dal 14 al 23 i giovani avranno il controllo della casa" scherzai ricordando le parole di mia zia quando ci aveva detto che sarebbe partita anche lei con lo zio e miei genitori "quindi per me puoi venire anche il 14 direttamente…se puoi e se vuoi ovvio. Quando dirò ad Ale che vieni penso che non ci crederà!" ridacchiai pensando alla faccia di mio cugino.

Era sempre stato lui quello fidanzato e io quella single alla quale tutti chiedevano come mai ero ancora sola. Bé, una risposta non c'era proprio e io alzavo le spalle restando in silenzio. 

"Perfetto, dato che io torno l'11…" sembrò pensarci "Altri tre giorni li posso aspettare" scherzò stringendomi a sé e baciandomi una tempia.

Due settimane senza di lui. Ero stata diciotto anni in sua assenza, cosa potevano mai essere quindici miseri giorni? Molto. Perché ti rendi conto di ciò che ti manca quando non lo hai con te. Così mi godetti quel momento, le sue braccia intorno al mio corpo e la sua guancia posata sulla mia nuca. Una pelle morbida e profumata. Diamine non so che profumo usava, ma mi faceva impazzire.

Il silenzio imbarazzante che avevo provato con Edoardo con Niccolò non esisteva, era sconosciuto perché anche senza parole non c'erano pensieri pesanti che opprimevano.

"Quando parti tu?" domandò restando sempre nella stessa posizione.

"Venerdì sera penso…dipende dai miei" risposi distrattamente.

Non avevo chiesto praticamente niente a mia mamma perché in quei giorni non mi era interessato. Solitamente era diverso, non vedevo l'ora di passare tutti i giorni con i miei cugini e la ragazza di uno di loro, ma in quei giorni le mie attenzioni erano rivolte ad altro. In più Alessio sarebbe tornato il 12 dato che anche lui se ne era andato in vacanza con Margherita in Spagna.

"Per fortuna c'è Gemma vicino o sarebbe stata una vera noia" sbuffai io.

"Tranquilla, poi arrivo io" scherzò solleticandomi un orecchio con le labbra.

"Ecco il principe azzurro con il cavallo bianco, anzi no, questa è vecchia ora c'è il vampiro affascinante che brilla al sole" lo presi in giro ridacchiando.

Si allontanò da me fissandomi con uno sguardo da finto imbronciato che mi fece ridere ancora di più.

"Non sono biondo, quindi niente principe azzurro! Non sono bianco cadaverico come quel Cullen, anche se ho i canini più affilati dei suoi!" disse sorridendo e mostrando la sua dentatura perfetta.

Osservandoli bene aveva due bei canini affilati.

"Tu non mi mordere eh!" gli ordinai.

"Quando saremo in casa insieme e tu dormirai beata magari un morso mi sfugge…" 

Diamine, mi avrebbe potuto mordere quando voleva se continuava a guardarmi con quegli occhi. Chi diceva che gli occhi azzurri erano penetranti e magnifici non aveva mai osservato un paio di onici neri come quelli di Niccolò. Erano magnetici.

"Allora mi toccherà farti dormire fuori, oppure con Enrico. Ti avviso: tira dei bei calci!" risi alla sua espressione.

"Io volevo dormire con te…" sussurrò facendo quello sguardo in grado di sciogliermi, che amavo tanto "mi vuoi veramente lasciare in balia di uno che tira calci e magari russa anche?" chiese con voce roca ed allo stesso tempo dolce.

"Sì, russa" scoppiai a ridere "Comunque dormiremo in camera mia"

A quelle parole e alla fluidità con cui mi erano uscite mi stupii. Non avevo mai condiviso un letto con un ragazzo che non fosse Edo o un mio parente. 

Poi cosa si sarebbe aspettato da me quelle notti? Non mi aveva fatto pressioni quando aveva saputo che non lo avevo mai fatto prima, ma era più che normale che un ragazzo di ventidue anni pretendesse di più di un semplice bacio da una ragazza che usciva con lui da quasi un mese. Alla fine lo era se si toglievano i giorni che lui era in Sardegna, perché in fondo ci saremmo sentiti lo stesso.

"Meglio, molto meglio" sussurrò sulle mie labbra.

"Russi per caso?" domandò facendomi strabuzzare gli occhi.

"No! Certo che no!" risposi indignata "Al massimo mi muovo un pochino" confessai.

Non era solo un pochino a dire il vero. La notte sembravo voler fare la guerra con le lenzuola e tendevo ad abbracciare chiunque mi fosse a fianco e se dormivo sola stringevo il cuscino. Le mie amiche erano disperate quando erano costrette a dormire con me. Vale diceva pure che miagolavo come un gatto.

"Ti legherò" disse con ovvietà.

"Se Ale mi trova legata non so cosa potrebbe pensare" dissi ridendo sotto i baffi.

Ormai la conversazione era diventata comica.

"Chiudo a chiave" cercò di trovare una scappatoia.

"Ancora peggio. Chissà che penserà" ridacchiai.

"Penso che ci sia solo un pensiero in quel caso, sai?" disse più serio.

"È molto geloso di me. Anche Enrico…sicuro di non voler dormire sul divano?" scherzai.

"Mai, non perderò l'occasione di dormire con te" affermò con uno sguardo dolce negli occhi "c'è più intimità nel dormire insieme che in tutto il sesso del mondo"

A quelle parole arrossii. Aveva detto dormire e ciò mi faceva pensare che veramente non era quel ragazzo frivolo che mi avevano descritto. Non che avessi dei dubbi, perché dal primo momento in cui avevo affrontato una conversazione con lui avevo capito che non lo era. Aveva l'aspetto del bello dannato, ma mai c'era da giudicare un libro dalla copertina.

Mi voltai sorprendendolo con un bacio e arrossii subito dopo quando la sua mano andò a posarsi sul mio collo, accarezzandomi la guancia con il pollice. Sorrise azzerando la distanza tra i nostri volti ed il bacio che mi diede lui fu decisamente diverso dal mio. Amavo baciarlo. Eppure era solo un bacio, un semplice incontro di labbra.

Con Niccolò anche quel gesto era sublime. Mi sentivo trasportata in una dimensione diversa, nel silenzio ovattato e nella pace dei sensi. Baciarlo era come viaggiare e scoprire luoghi mai visti.

Lo strinsi a me circondandolo con le braccia e mi godetti quel bacio per qualche altro minuto, ma poi mi allontanai poggiando la fronte sulla sua.

"Non vedo l'ora" confessai.

Ero impaziente di passare due o tre giorni interi con lui sempre al mio fianco. Volevo veramente capire se quel che provavo era vero e cosa c'era di meglio che un paio di giorni di lontananza e poi altri insieme, nella stessa casa e quasi in completa solitudine? Ero dispiaciuta della sua partenza e che da lì a poche ore sarebbe salito sulla nave.

"Anche io…non sai quanto mi costi andare e lasciarti qua"

"Sono dieci giorni, dopo un anno di lavoro ti meriti di divertirti un po', ma non esagerare!" scherzai dandogli un altro bacio a fior di labbra per poi sedermi compostamente.

Fui ripresa immediatamente da Niccolò, che mi fece sdraiare e poggiare la testa sul suo torace, afferrando la mia mano ed intrecciando le dita. 

"Non farò niente…al massimo una ragazza o due ok?" scherzò beccandosi una pacca sulla spalla.

"Tu provaci" lo minacciai socchiudendo gli occhi.

So che stava solo giocando, ma tra i miei tanti difetti c'era anche la gelosia.

"Scherzavo" si difese ridacchiando "Perché saresti gelosa?" domandò con un sorrisetto.

"Sì" sussurrai spostando lo sguardo.

Non sapevo se era normale provare un'attaccamento così forte per qualcuno dopo pochi giorni. Ero gelosa dei miei cugini, lo ero delle mie amiche, ma tutto in una giusta dose che può essere confusa benissimo con affetto, ma con Niccolò era diverso. Non sapevo spiegarmelo.

"Sei belíssima quando arrossisci" 

Dopo quel complimento arrossii ancora di più. Ero un caso disperato di timidezza.

Miglioravo giorno dopo giorno stando a contatto con Niccolò. Mi scioglievo e mostravo la vera me stessa, ma non ero ancora da paragonare alla Giulia che vedevano tutti i giorni le mie amiche oppure Edoardo.

Eppure quella sera parlammo di ogni genere di argomento con spensieratezza. In fondo Niccolò sembrava sempre a suo agio e aveva sempre qualcosa da dire a differenza mia, che ogni tanto mi incantavo ad ammirarlo. Studiavo i suoi modi di fare e cadevo nel pozzo profondo dei suoi occhi ogni volta.

Aveva uno strano modo di guardami, o forse ero io che lo immaginavo, ma sembrava non perdermi di vista un secondo e guardarmi dentro scoprendo ciò che pensavo o provavo. 

Ridendo e alternando qualche bacio arrivammo a sentire le campane del Duomo rintoccare le due. Eravamo stati quasi quattro ore seduti su di una panchina a fare praticamente niente ed il tempo era volato.

La Piazza infatti era vuota e solamente i lampioni illuminavano la zona, compresa la statua che troneggiava al centro, unica nostra compagna oltre le nostre macchine. I pochi turisti si erano goduti il tramonto e un po' di panorama della città illuminata e se ne erano andati.

Non sapevano che con lo spegnersi delle luci delle case e del traffico il manto stellato si vedeva meglio e tutto era ancora più bello.

"Tra un po' arrivano i ragazzi, che ne dici se andiamo a casa mia? Devo cambiare macchina e con loro ho concordato di incontrarci lì"

Nicco si alzò in piedi e io mi sedetti di fronte a lui.

"Va bene, ma…"

"I miei dormono, devo solo lasciare la mia macchina in garage e prendere l'altra" spiegò, intuendo subito quale fosse la mia preoccupazione.

L'altra? Quante macchine aveva?

"Va bene" annuii.

"Allora seguimi" mi prese per mano e ci avviammo "Due minuti e ci saremo. Non è lontana da qua" mi rassicurò "Seguimi con la macchina nel viale così non la lasci in mezzo alla strada" 

Lì per lì non capii, ma annuii lo stesso e salii sulla mia, mentre lui faceva lo stesso. Uscimmo dal Piazzale e svoltammo a destra per scendere dalla collina, ma non percorremmo nemmeno cinquecento metri e già Niccolò aveva messo la freccia a sinistra. Davanti a me vedevo solo un muro di cinta alto almeno due metri e mezzo, interrotto da un cancello in ferro battuto con una lamina piena ad oscurare ciò che nascondeva dietro di sé. 

La luce gialla segnalava che il cancello si stava aprendo.

Niccolò abitava lì dentro? 

Ero così incredula che non mi resi conto di essermi bloccata quasi ancora in mezzo alla carreggiata. Per fortuna non c'era nessuno a quell'ora.

Il viale. Tutto si spiegava. Da quel cancello per giungere alla casa c'erano come minimo duecento metri di strada in ghiaia, che curvava di fronte alla casa intono ad un'aiuola semicircolare di ortensie azzurre e rosa, per poi tornare indietro. Tutt'intorno un giardino molto curato, illuminato da faretti rotondi impiantati nel terreno.

Niccolò fermò la macchina di fronte alla casa e io subito dietro.

Rimasi ammirata dalla struttura tutta bianca, con vetrate incentrate da colonnine sottili ed una loggia al piano superiore che svoltava nell'angolo destro. Tutto era nella penombra ed ero certa che di giorno sarebbe stata ancora più bella.

Scesi per non sembrare un imbecille imbambolata.

"Lasciala pure qua, metto questa nel garage e torno" 

Il padrone di casa ingranò la marcia e scomparve nel retro percorrendo una stradina che svoltava dietro alberi fitti sulla sinistra. Quella villa quanti ettari di terreno aveva?

Essendo sempre stata appassionata di architettura non potevo non ammirare quella meraviglia. Era più forte di me. Mi sarei messa a curiosare come una ficcanaso se non avessi sentito il rumore di una macchina dietro di me.

L'ennesima bella macchina. Sorrisi nel vedere che era uguale a quella di mio padre: un Range Rover di colore nero.

"Questa casa è un capolavoro!" esclamai non potendo farne a meno.

"Grazie. Ci siamo trasferiti qua quando avevo cinque anni. Il terreno era di mio nonno e avendo un unico figlio ha deciso di costruire questa casa per mio padre"

"Tuo nonno era un principe o qualcosa del genere? Hai sangue nobile e non me lo hai detto?"  scherzai.

Fece qualche passo verso di me e mi prese per mano.

"Ti faccio vedere una cosa"

Mi lasciai condurre sul lato sinistro della casa, dove prima era scomparso lui. Dalla ghiaia passammo ad un pavimento in cotto dai disegni romboidali elaborati con fasce di pietra serena in mezzo. Ipotizzai che circondassero la casa, ma mi sbagliai. Nonostante ci fossimo fermati di fronte al muro laterale potei notare un porticato in legno dove tende bianche svolazzavano per via del vento. Non mi sarei stupita di vedere anche una piscina e la dependance. 

"Guarda in alto, sotto il terrazzo" 

Indicò la sommità dell'arco sopra la porta, che aveva un certo stile romanico, con trabeazione e timpano spezzato da un blasone.  Uno stemma con losanghe nella parte superiore e liscio in quella inferiore. Al di sopra di esso un'incisione  che non riuscii a leggere. Non lo riconoscevo.

"Pensaci bene, il mio cognome non ti dice nulla?" domandò quasi incredulo.

Niccolò Antinori. E allora?

Antinori!

Era una delle più antiche famiglie di Firenze, c'era persino il Palazzo Antinori. Ma come potevo pensare che lui fosse un loro discendete? Anche io avevo un cognome di una famiglia fiorentina del Rinascimento, ma non avevo ereditato né Palazzi né tenute in campagna.

"Tu sei…ti devo chiamare Marchese ora?" chiesi ironica.

Lui mi pizzicò un fianco ridendo.

"No, quello è mio nonno…Io sono solo Niccolò, più altri nomi insulsi a seguito"

"Quali sono?" domandai curiosa.

"Non te lo dirò mai, nemmeno sotto tortura" rispose serio con un velo di ilarità negli occhi.

Misi sù il mio sguardo da cerbiatto posando le mani sul suo petto e avvicinando il volto al suo, quel tanto che bastava da far sfiorare le nostre labbra.

"Dai…ti prego…" mugolai. Mi stupii io stessa di quella voce sensuale.

Diamine ero proprio brava quando mi impegnavo.

"Giulia…" 

Sembrò una preghiera. Ma poi sentii le sue mani afferrarmi per la vita per portarmi a combaciare con il suo corpo, tanto che dovetti spostare le mani diretto al suo collo.

Gli baciai la sua pelle strusciando il naso sulla sua pelle profumata. 

"Ludovico" sospirò.

Spostai la testa dall'incavo del suo collo per guardarlo negli occhi e gli passai una mano lungo l'arteria fino al petto.

"È bello…" non stavo affatto mentendo.

C'erano nomi ben peggiori di quello.

Lui alzò un sopracciglio scettico.

"Guarda che dico sul serio. Mi piace…non so perché ma ti si addice" dissi osservandolo nella penombra mentre continuava ad essere scettico.

Era decisamente buffo con quei capelli, stranamente fuori posto, tutti scompigliati, che ricadevano un po' disordinati sulla sua fronte, dove quel sopracciglio continuava ad essere alzato, ma con un lieve sorriso appena comparso.

"Solo a te poteva piacere" sussurrò 

Arrossii non appena le sue mani arrivarono ad infilarsi nelle tasche posteriori dei miei pantaloncini, mentre lui ridacchiava vicino al mio orecchio. Mordicchiò il lobo stringendo la presa su di me e quando posò le labbra dietro l'orecchio mugolai vergognandomi. Eravamo nel giardino di casa sua e c'erano i suoi genitori lì vicino, che dormivano sicuramente, ed io sospiravo di piacere. Non potevo trattenermi, quello sembrava essere il mio punto debole.

Niccolò se ne accorse, forse anche perché inclinai la testa per agevolargli i movimenti, o forse perché mi attaccai completamente a lui come a volerlo incollare al mio corpo, e per questo iniziò a mordicchiare e leccare proprio quel piccolo pezzo di pelle facendomi sciogliere tra le sue braccia.

Era incredibile, ma con lui desideravo sempre andare oltre. Era la prima volta che sentivo quel desiderio strano, e ne ero anche un po' spaventata, non perché non sapessi cosa volesse dire, ma perché mi sembrava presto. Ci conoscevamo da così poco. Eppure io non replicavo, anzi avevo iniziato ad accarezzare i suoi capelli corvini dolcemente, quasi spingendolo di più verso di me.

Improvvisamente si allontanò e si tuffò sulla mia bocca in un bacio famelico. Tolse le mani dalle tasche e le posò sulla mia schiena, facendomi camminare con lui, un po' impacciati dato che non guardavamo dove stavamo andando, speravo solo che lo sapesse Niccolò. Forse no, dato che mi trovai schiacciata su qualcosa di duro, che poteva sembrare una di quei pilastri in legno del porticato.

Continuammo a baciarci, mentre la tenda leggera sfiorava le mie gambe nude insieme ad un venticello piacevole. Quel fresco della notte che a me piaceva tanto.

Tutto finì quando iniziò a squillare il cellulare di Niccolò, che scocciato dovette separare le sue labbra dalle mie per rispondere. Portò il telefonino all'orecchio tenendomi comunque stretta a sé con un braccio.

"Va bene, vi apro, entrate che la macchina è pronta" 

Si voltò verso di me dandomi un bacio sulla fronte.

"Sono arrivati…"

Di solito quando uno sta per partire per le vacanze dovrebbe essere un tantino più euforico, mentre Niccolò sembrava quasi dispiaciuto ed mi dispiaceva. Volevo che si godesse quei giorni, certo, usando il cervello, ma era giusto che si divertisse. In fondo anche io partivo per le vacanze e non ci trovavo niente di male a godersi mare, sole e qualche sera in compagnia delle mie amiche.

"Allora io vado" mormorai triste.

"No, stai un po' con noi" si affrettò a proporre "Se non hai troppo sonno…" aggiunse.

"Ok, resto un po'" 

Se c'era la possibilità di stare un'altro po' in sua compagnia perché non farlo?

Tornammo verso la macchina parcheggiata sul davanti ed in lontananza sul viale vidi tre ragazzi con tanto di valigia procedere verso di noi alzando un braccio a mo' di saluto. Ovviamente non li conoscevo dato che erano tutti suoi vecchi compagni di scuola.

Mentre si avvicinavano iniziai ad osservarli. Ragazzi normalissimi, che però avrebbero potuto avere anche la bellezza di Brad Pitt ed io non me ne sarei resa conto perché per me in quel momento c'era solo Niccolò.

"Non sapevano che eri qua, quindi faranno un paio di domande, forse..." mi avvisò il ragazzo al mio fianco.

Ormai ero abituata a rispondere su quesiti riguardo noi due.

Aprì il bagagliaio spazioso, nel quale c'era già la sua valigia e nel frattempo i tre avevano raggiunto l'amico, che li accolse con un sorriso.

Io ero imbambolata al fianco della macchina, silenziosa e curiosa. Erano tutti e tre castani e con gli occhi chiari. Ma i geometri li fanno con lo stampo? Chi con i capelli più scuri o più chiari, corti o lunghi, quei ragazzi avevano gli occhi del medesimo colore.

"Allora non mentivi" disse uno con lo sguardo puntato verso di me. 

Si riferiva a cosa di preciso?

"Eh no" sorrise Niccolò venendomi accanto "Giulia loro sono Michele, Andrea e Luca" 

Strinsi la mano a tutti e tre e mi parve di essere sotto esame, come se mi stessero facendo una fotografia. Mi sentivo a disagio. Mi guardavano tutti.

"Piacere…" mormorai un po' in imbarazzo.

"Non sai in che guaio ti stai cacciando con questo qua" disse quello sulla destra con tono scherzoso.

"Ho messo la testa a posto" si difese Niccolò "Anzi me l'ha fatta perdere la testa" disse portando un braccio intorno alla mia vita.

Io l'avevo perduta da un bel pezzo.

Queste continue avvertenze mi davano quasi fastidio perché dopo averlo conosciuto Niccolò non mi pareva così infantile o bastardo come l'avevano descritto un po' tutti. Forse lo era stato, forse ero io che troppo presa da lui non mi rendevo conto di ciò che avevo a fianco. 

Intanto i suoi amici sembrarono rimanere di stucco di fronte a quella scena.

"Stavo scherzando, l'ho capito quando mi hai chiamato per disdire che questa volta eri proprio cotto...ed ora capisco perché" disse forse quello che si chiamava Andrea ricevendo un'occhiataccia da Niccolò. 

"Non volevi andare?" domandai io sorpresa.

"No, mi dispiaceva partire…volevo prendere in affitto una casa lì in Versilia, ma poi avevo già pagato praticamente tutto e sarebbe stato complicato…" confessò.

Quindi avrebbe rinunciato alla vacanza in Sardegna per me? Quasi non ci credetti e nemmeno il mio cuore.

"Hai prenotato da mesi, saresti stato uno stupido a preferire la Versilia alla Sardegna! Anche solo per il mare…" dissi ovvia.

Divertimenti a parte, il  mare della Toscana, almeno a nord, non era uno dei più belli, anzi faceva veramente pena.

"La Sardegna non ha te però" replicò.

"Oh Dio, ci è diventato pure sdolcinato!" scherzò un suo amico.

Risi anche io, cercando di trattenermi. Aveva ragione dopotutto perché mai mi aveva detto una cosa del genere di fronte ad altra gente e per questo arrossii.

"Va bene, prima che cambi idea e ci molli qua io direi di andare" intervenne Andrea.

Il mio cuore sembrò urlare un no a pieni polmoni.

Sospirai conscia che prima o poi sarebbe dovuto partire ed io non potevo impedirglielo. In fondo dovevano trascorrere solo due settimane e poi saremmo stati insieme a casa mia per qualche giorno. Avrei contato i giorni.

"Sì dai, non voglio che facciate tardi" concordai a malavoglia.

"Ok, ragazzi caricate, arrivo subito" 

Niccolò lanciò le chiavi ad uno di loro ed io li salutai "È stato un piacere conoscervi" 

Andammo entrambi verso la mia macchina e subito Niccolò mi abbracciò. Un semplice abbraccio. La mia testa sulla sua spalla, il suo viso tra i mie capelli e le braccia intorno ai nostri corpi. Io volevo imprimermi nella mente il suo profumo.

Ci allontanammo controvoglia.

"Allora…buon viaggio" dissi a testa bassa con una strana tristezza ad avvolgermi.

"Torno presto" mi consolò lui accarezzandomi una guancia.

"Sì…" annuii.

Lo sapevo che sarebbe tornato presto, ma ero comunque dispiaciuta. Stava andando tutto così bene tra di noi che mi sembrava quasi un'ingiustizia dovermi separare da lui.

"Vieni qua" disse stringendomi ancora.

Quella volta fui io a prendere il suo volto tra le mani per dargli un bacio profondo, quasi possessivo. Avevo bisogno di sapere che era mio, che lo sarebbe stato anche quando sarebbe tornato.

Ebbi l'impressione che anche lui stesse provando la stessa cosa perché mi teneva stretta a sé quasi morbosamente e mi baciava con la sessa passione che ci stavo mettendo io.

A malincuore il bacio si dovette concludere.

"Ora devo andare sul serio" disse serio "Ti chiamo tutti i giorni ok?"

"Va bene. Divertiti mi raccomando e…" 

Volevo aggiungere altro, ma non volevo fare la fidanzata gelosa, anche perché io non ero la sua ragazza.

"Farò il bravo, te l'ho promesso" intuì e rispose alla domanda che non avevo posto.

Gli sorrisi e mi alzai ancora una volta sulle punte dei piedi per baciato.

"Vai, ti aspettano…"

"Ciao piccola" mormorò sfiorandomi nuovamente il viso.

lo guardai allontanarsi e salire in macchina. Se non avessi voluto rimanere lì lo avrei dovuto fare anche io, così con un po' di buona volontà entrai anche io e quando la macchina di fronte a me si mosse io la seguii fino al cancello, che ancora lampeggiò e si aprì lasciandoci passare.

Svoltammo entrambi a sinistra, ma giunti alla rotonda prendemmo due strade diverse.

Il cuore sembrava stato privato di qualcosa. Era come se mancasse una parte e nonostante avessi la certezza che presto sarebbe tornato pieno c'era quella fottuta paura di perderlo.

Forse non ne avevo motivo perché in varie occasioni mi aveva fatto capire che mi voleva bene e che teneva a me. Perché dovevo stare male se non c'era motivazione per esserlo?

Ero così sciocca. No, ero semplicemente innamorata. Se Edoardo mi avesse fatto la stessa domanda di sue ere fa avrei risposto in modo diverso. 

Sì, credo di essermi innamorata.

  
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