Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: detoxIretox    15/11/2011    3 recensioni
Il Paese delle Meraviglie è un classico. Impossibile resistere ai colori vivaci, alle straordinarie creature, alla vita travolgente di un mondo così vivo.
Un mondo dei balocchi nel quale si sono perse tante persone, e dal quale nessuno ha fatto ritorno.
Per Haruna sarà un viaggio di sola andata nelle tenebre di un paese distorto, una favola a lieto fine mancato, dolce come lo zucchero e amara come la morte.
***
So che dovrei aggiornare tante altre cose, ma non ho saputo resistere.
[accenni Haruna/Fubuki, Endou/Kazemaru, la mia solita roba, yada yada yada]
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Celia/Haruna, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La storia dell’Alice e della nascita del Paese delle Meraviglie è direttamente ispirata a Alice Human Sacrifice dei Vocaloid :3

http://www.youtube.com/watch?v=vsftx8UDkmE
(E te pareva che non aggiungeva qualcosa dei Vocaloid -.- nd Tutti)
(Sono la mia nuova ossessione, qualcosa da ridire? nd Me che lucida il suo nuovo macete)
(N-No no figurati ^^” nd Tutti che fuggono)

_________________________________________________________
 

Mamoru era scomparso da un po’. Al banchetto erano rimasti solo Aki e Ichinose (che continuavano a tubare, come al solito), Haruna e Fuusuke. Lui non aveva smesso di girare con il cucchiaino lo zucchero nella sua tazzina, con aria assorta; doveva già essere sciolto da un pezzo, ma lui continuava a mescolare.
“Quando una soluzione raggiunge il suo limite di saturazione, ovvero il soluto viene aggiunto in maggiore quantità rispetto al solvente, la soluzione smette di essere omogenea e diventa eterogenea; la sostanza non riuscirà più a sciogliersi. Ogni soluzione possiede un limite di saturazione” mormorò, e qui i suoi occhi color ghiaccio incontrarono quelli incuriositi di Haruna, “è come il tè e lo zucchero. Se metti troppo zucchero poi non si scioglierà più.”
“Parlavi con me?” chiese lei.
“Parlavo” precisò Fuusuke. “A caso. Della prima cosa che mi è venuta in mente.”
“Si può sapere cos’è successo tra Mamoru e Kazemaru?”
Fuusuke continuò a rimestare. “Te l’ho detto. Se metti troppo zucchero alla fine non si scioglie più.”
“Scusa ma non ti seguo” fece Haruna arrossendo.
“Kazemaru si è comportato molto male” parafrasò allora Fuusuke, poi prese in mano la tazzina piena di tè e la scagliò contro lo stesso albero di prima. “E Mamoru ha raggiunto il suo limite di saturazione. Anche lui ne ha uno, non è solo tutto sorrisi e ossessione per la roba dolce...”
“Kazemaru non mi sembrava cattivo” mormorò a disagio Haruna.
“Sicuramente non lo è, ma è particolare da gestire.”
“Il fatto” si intromise Aki, con lo sguardo preoccupato, “il fatto è che quel povero ragazzo è sempre stato solo. Non aveva i genitori, non aveva amici, e non era abituato a ricevere attenzioni. Lo sai, vero, che può rendersi invisibile? È sempre stato così, per lui. Nessuno che lo vedesse o perlomeno che provasse a vederlo.”
Haruna appoggiò i gomiti sulla tavola, sorreggendosi la testa con le mani, come se all’improvviso fosse diventata pesante. Quindi Kazemaru era sempre stato solo... chissà quanto doveva avere sofferto per tutta la sua vita. A ben pensarci, più ci rifletteva, più si sentiva male. La sua situazione, quando era a casa, era tutto il contrario. Yuuto le stava sempre accanto, non la abbandonava mai. E Haruna era sempre troppo occupata a lamentarsi della sua vita vuota per accorgersi di quanto fosse fortunata ad avere suo fratello al suo fianco...
“Poi ha incontrato Mamoru”. La voce seria di Ichinose la fece tornare con i piedi per terra, e la ragazzina tornò a prestare attenzione a ciò che le veniva detto. “Mamoru è... be’...”
“Esuberante” terminò Aki per lui, gli occhi pieni di premura e affetto.
“Sì... e molto caloroso. Erano i classici opposti, sai... però, come si dice, gli opposti si attraggono. E così fu. All’inizio sembrava andare tutto bene, ma col passare del tempo, è stato come se la differenza tra loro fosse stata troppa per Kazemaru da sopportare. Così l’ha piantato.”
Haruna sgranò gli occhi. “Come? E perché?”
“Non era abituato a stare insieme a qualcuno” spiegò paziente Ichinose. “E non aveva mai provato amore. Quindi, immagino che ne fosse spaventato...”
“Ma la spiegazione che ha dato a Mamoru è stata molto diversa” fece Fuusuke con una smorfia. “Non capisco perché non gli abbia mai detto la verità, immagino che sia lui ad essere fatto così... ma se gli avesse detto ciò che provava davvero, entrambi avrebbero sofferto molto meno.”
Aki assunse un’espressione triste. “Quando l’ha lasciato, gli ha detto che non sopportava tutte le attenzioni soffocanti di Mamoru. Che lui era sempre stato solo e che preferiva che fosse così, che le cose rimanessero come stavano, e che preferiva continuare a vagare invisibile per il Paese piuttosto che legarsi a una sola persona.”
“Non ci posso credere!” esclamò Haruna. “Ma erano tutte bugie!”
“Mamoru le ha prese sul serio, insomma, come biasimarlo?”. Fuusuke ridacchiò freddamente. “Kazemaru è un ottimo attore, mentre lui è... credulone.”
“Fiducioso” lo corresse Aki con dolcezza.
Fuusuke si ravviò un ciuffo dei capelli candidi. “E’ la stessa cosa” borbottò.
“E’ per questo che Mamoru ce l’ha tanto con Kazemaru...” considerò Haruna.
Gli altri tre annuirono, tristi.
“Ho odiato vedere Mamoru soffrire così tanto” riprese Aki. “E’ il mio migliore amico, gli voglio un bene dell’anima. Però in un certo senso posso anche capire Kazemaru...”
“Non dire stupidaggini!” ringhiò Fuusuke, furioso. “Per Kazemaru non ci sono scuse! Che ci voleva a dire la verità? Ha fatto quel che ha fatto a Mamoru ben sapendo che lo avrebbe fatto soffrire, lo sapeva benissimo! E allora perché?”
“Orgoglio” rispose semplicemente Ichinose.
“No... era solo codardo” sussurrò Fuusuke. “Un maledetto codardo.”
“Io... non so chi abbia ragione o torto.” Haruna si alzò. “E, anche se temo di risultare insensibile, io sono qui solo per un motivo.” Poi si diresse a passo deciso verso la radura nella quale Mamoru era scomparso, e lo vide seduto per terra, che osservava il cielo. Gli si sedette accanto.
“Mamoru, io ho bisogno di te.”
“Pensavi mi fossi dimenticato del mio compito?” le sorrise lui.
“Mi dispiace se ti ho fatto tornare in mente dei ricordi tristi...” si scusò Haruna.
“I ricordi sono il passato...”
“O anche il futuro...”
“Oh, no” fece deciso Mamoru. “Se vuoi convincermi a parlare di nuovo a quel gatto mutante, sprechi il fiato. Ci siamo già detti tutto quello che dovevamo.”
“Ma a te piace ancora?” chiese innocentemente lei.
Mamoru arrossì lievemente. “Non mi è mai piaciuto...”
Fece una pausa, poi sospirò. “Non mi è mai piaciuto, perché in realtà, io l’ho amato. Ma per lui non era lo stesso, giusto? Per lui ero solo un tizio che gli dava troppe attenzioni e di cui lui non vedeva l’ora di liberarsi.”
“Sono sicura che non è così.”
“Ah, no? E allora perché mi avrebbe lasciato?”
“Magari aveva solo paura...”
“Allora era un vigliacco.”
“Non lo so, se era un vigliacco” sbottò Haruna, che aveva cominciato a perdere la pazienza. “Non lo so. Io non c’ero quando è successo tutto; c’eravate voi e solo voi sapete cosa sia giusto fare o non fare a questo punto. Io non voglio convincere nessuno; tutto quello che voglio è sapere cosa ci faccio io qui, cosa significa che sono un’Alice, e se posso rivedere Shirou. Tutto quello che mi interessa è questo; e se è dal Brucaliffo che potrò avere delle risposte, allora io pretendo che tu mi ci porti, chiaro?”
Mamoru la fissò per un po’, prima di sorriderle e dire: “Ti facevo più dolce.”
“Tutti mi facevano più dolce” ammise Haruna, dopo che si fu calmata. “Tutti mi avevano scambiata per quella che non ero, perché credi che io sia qui se no?”
Il Cappellaio si alzò dopo essere scoppiato in una sonora risata, poi porse il braccio ad Haruna. “Che stiamo aspettando?” le ammiccò.
 
“Dunque, la persona che stiamo per incontrare è l’entità più temuta, rispettata, conosciuta e adorata dell’intero Paese delle Meraviglie” iniziò a metterla in guarda Mamoru, dopo che avevano salutato gli altri invitati al banchetto (Aki doveva aver abbracciato Haruna fino al soffocamento per almeno una quindicina di minuti, quasi commossa) ed erano partiti per incontrare il Brucaliffo. “E’ un vero e proprio dio da queste parti, lui sa tutto di ogni cosa e persona al mondo.”
“Ce l’ha un nome?” chiese lei, curiosa.
Mamoru scoppiò a ridere. “Ovvio! Ma solo io lo posso chiamare per nome.”
Raggiunsero, poco più tardi, una radura circondata da spessi fili d’erba più alti di loro messi insieme, che celavano un bosco di rovi. Haruna trasalì spaventata. Non avevano davvero intenzione di attraversarla? Vi erano delle spine così grandi che sarebbero state in grado di levarle un occhio!
Il Cappellaio rise della sua espressione spaventata. “Non avrai paura di qualche graffietto, vero?”
“Io...” riuscì solo a dire lei, deglutendo. Poi scosse la testa. “Mi rifiuto categoricamente di entrare lì dentro. Non ci tengo a morire fra i rovi” sbottò, tirandosi leggermente indietro. Ma la mano di Mamoru la trascinò all’inizio del bosco, dove la nebbia rendeva ancora più tetro lo spettacolo.
“Vedi? Nessuno sa dove si trovi il Brucaliffo, perché nessuno ha il coraggio di entrare nel bosco.”
“C’è una via alternativa?”
“Certo che no” fece Mamoru come se fosse una risposta ovvia. “Non farti pregare; vedrai che non ti farai nulla, parola mia.”
La ragazzina avrebbe voluto contestarlo, dicendogli che non si fidava affatto della parola di un matto iperattivo a causa dell’alto livello di zuccheri nel sangue, che avrebbe perfino fatto invidia a un diabetico. Ma non fece in tempo ad aprire la bocca che Mamoru la spinse con energia all’interno dei rovi.
I graffi e il dolore che però Haruna si aspettava non arrivarono; quando ebbe il coraggio di aprire gli occhi, vide con stupore che le spine, non appena le sfioravano la pelle, si trasformavano in fiori i cui petali le facevano un solletico piacevole, facendola ridacchiare divertita. La mano del Cappellaio stringeva ancora la sua per condurla fuori da quell’ultimo ostacolo e, quando vi riuscì, davanti a lei si stagliò un’immagine del tutto oltre la sua immaginazione.
La prima cosa che notò fu un fungo.
Esatto, un fungo gigantesco troneggiava in mezzo a una radura scura e circondata da una coltre di nebbia che, a dirla tutta, puzzava di tabacco. I colori bui che prendevano il sopravvento del panorama le mettevano addosso una leggera agitazione, ma, voltandosi, vide il sorriso estasiato di Mamoru illuminare per un attimo quel grigio monotono.
“Ehi, Terumi!” gridò lui. “C’è una Alice che vorrebbe parlare con te.”
 
Un ragazzo era seduto sulla sommità del fungo gigante, e sembrava stare estremamente comodo lassù. Aveva lunghi capelli biondi e lucenti che gli si sparpagliavano intorno al corpo esile e magro, adagiato fra il fumo - che prima Haruna aveva scambiato per la nebbia, ed ecco spiegato l’odore soffocante - del narghilè che si portava lentamente alla bocca, quasi come fosse un gesto automatico. Guardava con gli occhi cremisi, coperti da lunghe e folte ciglia, i suoi ospiti, inarcando di tanto le labbra in un sorriso. Inalava fumo e regolarmente lo espirava, provocando tanti cerchietti grigi che andavano a circondare Mamoru e Haruna, visibilmente spaventata da quella visione.
“Mamoru. È fantastico rivederti” fece calmo Terumi, portandosi un braccio fasciato dalla stoffa blu della sua giacca dietro la testa per sorreggerla. “Come si chiama lei?”
“Haruna” rispose il Cappellaio Matto per lei. “L’ha invitata qui Shirou, ed è stata scortata da me dallo Stregatto.”
Terumi sospirò. “Kazemaru.”
“Lo so come si chiama” replicò piccato Mamoru, colpito sul vivo.
“Lo so, che lo sai. Io so tutto.”
A quelle parole Haruna si lasciò sfuggire un leggero risolino.
“Ehi, la modestia non è il mio forte” si giustificò Terumi, prendendo una boccata di fumo. Poi si rivolse a Mamoru. “Ti dispiacerebbe lasciarci soli? Questa storia l’avrai sentita un milione di volte, almeno” fece.
Il Cappellaio annuì, poi si voltò verso Haruna, che lo guardava supplicante, come se gli chiedesse di non lasciarla sola lì con quella creatura che sembrava una visione allucinogena. Per rassicurarla un po’ il ragazzo le strofinò con forza la spalla, e lei si sentì invadere da un’ondata di calore in tutto il corpo; sensazione completamente diversa da quello che aveva provato quando era stato Shirou a toccarla. E, in un certo senso, migliore. La faceva sentire più al sicuro.
Dopo quel gesto Mamoru le fece l’ok con la mano e le sorrise a trentadue denti, poi sparì, prendendo la strada per la foresta di rovi. In quello spiazzo scuro rimasero solo Haruna, che si torturava le mani dal nervosismo, e Terumi, il cui sguardo vermiglio sembrava penetrarla da parte a parte.
“Chiedi” disse, con un tono di comando.
Haruna alzò lo sguardo sorpresa. “Io vorrei solo... sapere cos’è un’Alice.”
Il Brucaliffo sorrise, sicuro che avrebbe cominciato da quella domanda.
“Una volta esisteva un sogno.”
La ragazzina si fece attenta.
“Un sogno piccolissimo, sognato da una persona qualsiasi di cui nessuno sa il nome. Era un sogno talmente insignificante che era destinato a morire, ne era consapevole, siccome nessuno si curava di lui. Ma lui non voleva svanire nel nulla, nessuna creatura che lo abitava lo voleva, perché altrimenti sarebbero morti tutti con lui, giusto? Cercò di escogitare un piano per costringere gli umani a guardarlo, così non sarebbe mai stato dimenticato. Passò molto tempo a pensare, ma infine arrivò alla risposta del suo dilemma; se avesse catturato delle persone in sé, sarebbero state loro a creare il suo mondo. E non avrebbero potuto lasciarlo mai più.”
C’era qualcosa di davvero inquietante in quella storia; qualcosa che fece percorrere un brivido freddo lungo la schiena di Haruna. La ragazza cercava di nascondere la sua paura agli occhi color del sangue di Terumi, che però sembrava riuscire a cogliere ogni suo singolo sentimento.
“Ora arriva il bello” continuò a raccontare lui. “Il sogno, così, iniziò a portare umani dentro di sé. La prima in assoluto fu una bambina che si chiamava Alice; ma con lei le cose non andarono come previsto, perché in un modo o nell’altro riuscì a risvegliarsi. Ma fu l’unica ad esserci riuscita. Tutte le altre persone che si persero nel sogno, che da allora in poi vennero definite “Alice” in onore della prima, rimasero imprigionate lì finché non diventarono pazze, non morirono... o entrambe le cose.”
“Perché?”
“Perché il sogno ti mette alla prova. È una distorsione delle tue più recondite fantasie, un mondo che ti cattura in una morsa fatale. È come... la tela di una ragnatela nascosta da un cespuglio di rose. Non so se ho reso l’idea.”
“No” commentò Haruna. “Non è possibile. Questo posto è meraviglioso, è tutto quello che ho sempre desiderato, e tutto ciò che voglio è rimanerci.”
Terumi rimase in silenzio per un po’, scrutandola da capo a piedi, mentre lei si sentiva a disagio ogni momento di più. Avrebbe voluto che in quel preciso istante comparisse Mamoru e la riportasse a quel banchetto con i suoi nuovi amici. O che arrivasse Kazemaru e le facesse fare un altro giro per il Paese delle Meraviglie. O anche Shirou...
“Aspetta!” gridò Haruna, colpita da un pensiero improvviso. “Tu puoi dirmi dove posso trovare Shirou?” chiese.
Gli occhi imperscrutabili di Terumi non la abbandonavano un secondo. “Hai una famiglia, Haruna?” fece lui portandosi pigramente l’estremità del narghilè in bocca, ignorando completamente la domanda di lei, cosa che la face irritare e non poco.
“Sì” rispose a denti stretti.
“No. Tu avevi una famiglia” la corresse lui. “Sei consapevole che non li rivedrai mai più?”
Lei rimase in silenzio, interdetta.
“Avevi un fratello?”
Ho un fratello.”
Terumi sorrise. “Gli volevi bene?”
“Certo...” fece Haruna esitante. Le cose stavano prendendo una piega piuttosto strana.
“No, non è vero. Se no non te ne saresti mai andata, giusto?”
“E’ un altro il motivo per cui me ne sono andata” sbottò la ragazzina. “Non perché non volessi bene a Yuuto. Sono fuggita perché mi trattavano come una bambina, non facevano che darmi ordini, e non si curavano di ciò che provavo io!”
“Quindi gli vuoi bene?” chiese ancora Terumi, ma prima che lei potesse rispondergli con un arrabbiato “sì”, lui continuò, “E lui ti vuole bene?”
“Dannazione, è ovvio che mi voglia bene!”. Haruna aveva perso la pazienza del tutto... ma dove voleva andare a parare quella specie di dio tossicodipendente?
“E non hai pensato come avrebbe potuto reagire alla tua scomparsa?” domandò senza cambiare tono di voce.
Haruna non rispose.
“Magari è atterrito.” Il Brucaliffo si sdraiò sulla schiena, continuando a fumare. “Spaventato. Triste. Si chiede cosa sia successo, o magari si da la colpa della tua fuga. Forse è depresso, tenterà di capire che succede, ma se non ci riuscisse? Potrebbe agire d’impulso e magari...”
“Basta...” mormorò Haruna.
“Questo mondo è molto simile al vostro” ricominciò Terumi, dopo un breve silenzio. Addolcì il tono di voce all’improvviso; sembrava dispiaciuto di aver destabilizzato così tanto la sua giovane interlocutrice, che stringeva i pugni mordendosi il labbro. “C’è tanta cattiveria, malvagità, tutto nascosto dietro a un sorriso o a un profumo invitante. Non dico che la vita sulla terra sia migliore, in fondo non lo è. Però lì tu hai qualcuno che possa proteggerti e aiutarti. Perché è questo che faceva la tua famiglia, in realtà. Ti chiedi perché ti trattavano come una bambina? Tu sei una bambina, Haruna, capricciosa e ingenua, e farti plasmare dalle mani - sebbene capaci, lo ammetto - di Shirou ne ha dato la prova. Ti chiedi perché non faceva che darti ordini? Volevano insegnarti, per fare in modo che tu crescessi in un mondo difficile senza farti mettere i piedi in testa; l’avranno fatto in un modo duro, ma era tutto per il tuo bene. Ti chiedi perché non si curavano di ciò che provavi tu? Loro non sapevano ciò che provavi. Hai mai provato a dirglielo, a parlargli?”
Tutte le cose che Terumi diceva sembravano avere un senso dannatamente logico, e così scontato,  che Haruna si sentì davvero male. Si avvicinò a un tronco d’albero coperto di muschio e vi si appoggiò, come se all’improvviso non fosse più in grado si reggersi in piedi. Sembrava che tutte quelle rivelazioni le si fossero avventate contro in modo così pesante che l’avessero fatta barcollare - letteralmente.
“Non era difficile arrivarci. Ma tu eri così presa dal pensare che la tua vita fosse uno spreco di tempo, che non te ne sei mai accorta. Guarda che è normale; se no non credo che tanti esseri umani sarebbero arrivati qui, da me.”
“Come posso...”. La voce di Haruna si era arrochita improvvisamente. “Come faccio a...?”
“Trovare Shirou?” chiese Terumi, guardandola di sottecchi.
Lei piantò i propri occhi grigi nei suoi, sostenendo il suo sguardo cremisi con una determinazione che li facevano brillare. “No... dimmi come posso tornare a casa.”
“Nello stesso modo in cui sei arrivata.”
“Perché qualcuno non mi dice mai qualcosa di chiaro?” chiese lei, furiosa. “E’ un’abitudine parlare per metafore, qui? Mai sentito parlare di indicazioni, del tipo: vai sempre dritta, prendi il primo sentiero a destra e poi superi il fungo gigante blu?”
“Haruna, guarda che non è mica difficile trovare il castello della Regina di Cuori, se hai il suo invito” spiegò divertito Terumi.
“L’asso di cuori?”
“Non credo Shirou te ne abbia dati altri, giusto?”
“Perfetto” fece la ragazzina, lisciandosi la gonna azzurra. “Perfetto. Andrò dalla Regina e le chiederò cortesemente di farmi tornare a casa.”
“Avrai bisogno di un accompagnamento, immagino, Miss...
La voce familiare che le giunse alle orecchie la fece sorridere distrattamente, mentre si girava la carta da gioco tra le dita sottili, insolitamente ferme e senza alcun tremore.
Ora torno a casa. E niente e nessuno potrà fermarmi.

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: detoxIretox