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Autore: xenascully    15/11/2011    1 recensioni
Quando il loro intrepido Capo scompare, la squadra di Gibbs si impegna per trovarlo prima che il suo tempo giunga alla fine...
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Tony sedeva accanto al letto di Gibbs in ospedale, Abby era rannicchiata contro il suo fianco addormentata. Era tardi; l’orario visite era quasi finito. Ma Tony rifiutava di andarsene. Inoltre non sarebbe mai riuscito ad addormentarsi, a quel punto.

Ducky aveva detto loro, in precedenza, in modo comprensibile, cosa c’era che non andava in Gibbs. Per farla breve, avevano sistemato l’emorragia, ma lui era in uno stato comatoso. A causa della sua età, i dottori non erano certi di un suo eventuale recupero; se mai si fosse svegliato.

“Ma loro non conoscono Leroy Jethro Gibbs, come lo conosciamo noi, vero?” Aveva detto Ducky. No, non lo conoscevano. Gibbs non avrebbe permesso a niente di batterlo.

Allora perché Tony aveva ancora paura? Forse perché nonostante tutti loro lo paragonassero a Superman, in realtà era solo un uomo. Forse questa era la volta di troppo.

E se i dottori avessero avuto ragione? E se la speranza della squadra, la fede nella capacità di Gibbs di recuperare, non fosse stata abbastanza? E se non si fosse svegliato…?

Tony sentì la familiare sensazione al petto. “Ah…mi domandavo quando ti saresti ripresentata.” Pensò tirando fuori l’inalatore. Grazie a Dio McGee glielo aveva portato in precedenza, quando era tornato per riportare Ziva a casa sua. Si scostò gentilmente da Abby, senza svegliarla, e andò in bagno prima di utilizzare l’inalatore. Mentre tratteneva la medicina, si appoggiò al lavandino, chiudendo gli occhi e contando.

“Stai bene, Anthony?” Il sussurro di Ducky risuonò alle sua spalle.

Spalancò gli occhi e rilasciò il fiato, annuendo. Aprendo l’acqua fredda, ne raccolse un po’ fra le mani e la bevve per risciacquarsi la bocca. “Pensavo fossi andato a casa.” Disse allungando la mano per afferrare gli asciugamani di carta con i quali asciugarsi.

“Sono passato per dare un passaggio a Abby.” Lo informò. “Timothy ha preso la sua macchina, quando ha accompagnato a casa Ziva.”

“Oh sì. Mi ero dimenticato che erano venuti insieme.” Si voltò per guardare il Medico Legale. “Va bene che stia alla guida?” Chiese improvvisamente preoccupato. “Voglio dire, ha avuto una commozione cerebrale…”

“A differenza di Jethro, Tim si è fatto controllare, come avrebbe dovuto. Quello, ed ormai è passato un bel po’ di tempo. Non avrà problemi a guidare, credimi. Ma capisco perché sei preoccupato.” Gli appoggiò una mano sul braccio. “Stai davvero bene?”

Tony quasi sobbalzò visibilmente alla domanda. Guardò il dottore per un momento prima di spostare lo sguardo. “Prima che avesse l’attacco,” cominciò “stavamo parlando del fatto che dovevo parlare al mio terapista del fatto che ho questi attacchi di panico.”

Ducky sollevò leggermente il mento. “Ne stavi avendo uno, adesso? Cos’è accaduto quella mattina?”

“Io uh…avevo avuto un altro incubo.” Ammise. “E lui mi ha svegliato; mi ha passato l’inalatore. Abbiamo ripreso a parlarne di mattina.”

“E sei d’accordo con quanto ha detto?”

“Immagino che abbia senso.” Replicò. “Non può farmi del male provarci, no?” Sorrise lievemente senza che tale sorriso arrivasse fino ai suoi occhi. Poi scostò lo sguardo.

“Cosa c’è, ragazzo?” L’altro sentiva che qualcosa non andava.

“Niente.” Tony scosse la testa.

Ducky voleva dissentire, ma decise di non pressarlo. “Allora, prenderai appuntamento?”

Tony lo guardò di nuovo negli occhi. “Devo rimanere qui.”

“Devi?”

“Gli ho detto che sarei rimasto con lui.” Disse a voce bassa.

“Quanto a lungo intendi rimanere seduto accanto al suo letto, Anthony? Potrebbe dover rimanere qui per molto tempo, come ben sai.”

“Lui è rimasto con me quando sono rimasto chiuso qui…”

“Anche Jethro sapeva di dover continuare la sua vita al di fuori di questo posto, quando dormivi.” Gli ricordò Ducky. “Sì, era qui ogni giorno. Ma lavorava; si prendeva cura di sé. E lo faceva anche per te.”

Tony rimase in silenzio a lungo assorbendo le parole. Ducky vide come gli occhi dell’uomo più giovane si fecero leggermente rossi e lucidi, e si preoccupò. Poi Tony parlò. “Ma sapeva che sarei stato bene.”

Ducky fece quel passo che azzerò la distanza fra di loro, guardandolo dritto negli occhi. “Jethro ce la farà, Tony. Non ho nessun dubbio, né dovresti averlo tu.” Come uomo di medicina, Ducky sapeva di non dover mai dare tali garanzie circa i pazienti, anche quando sembrava che tutto sarebbe andato bene. Ma in questo caso, era più che certo che la sua opinione personale, che fosse il suo stesso diniego o no, doveva essere ripetuta all’uomo davanti a lui. Tony aveva bisogno di speranza, e Gibbs non era l’unico in grado di seguire il suo istinto quando contava.

Tony sapeva bene queste cose. Ma il semplice fatto che Ducky fosse così fiducioso nelle sue convinzioni, lo fece sentire meglio…

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Una Settimana Dopo…

Tony fissava le quattro carte che gli aveva dato il suo terapista il giorno prima. Dovevano aiutarlo a fermare un attacco di panico prima che andasse fuori controllo. Ovviamente, non aveva avuto bisogno di usarle per il momento, e dubitava fortemente che gli sarebbero servite.

Si ricordava di aver parlato di come la maggior parte degli attacchi cominciavano mentre dormiva; che quando si svegliava aveva già difficoltà a respirare. Fermarsi in quel caso, sarebbe stato impossibile. Il terapista gli aveva detto che una volta memorizzate le carte e dopo averle usate con successo durante gli attacchi da sveglio, sarebbe stato in grado di farcela anche mentre dormiva.

Stanotte, tuttavia, il panico non era derivato da un sogno; ma dall’anticipazione degli incubi che di sicuro avrebbe avuto una volta a letto. Quanto era ridicola la cosa? Molto, decise.

Abbastanza ridicola, che si era ricordato di tirare fuori le carte. Se dovevano essergli d’aiuto, allora sarebbe andato tutto bene.

Quindi, eccolo lì, seduto a terra con la schiena contro il letto, quattro piccole carte in mano. Primo passo: Rilassati. Sì, certo. Nessun problema. Grazie tante…Rilassati prendendo lenti, profondi respiri. Calmati ricordando che stai solo avendo un attacco di panico e che non ti sta succedendo niente di serio. Okay. Beh, questo è vero, al momento, immagino. Lenti, profondi e completi respiri aiutano a rilassare il corpo, il che è il primo passo per invertire il rilascio di adrenalina.

Tony si ricordò di quando il terapista gli aveva descritto la meccanica di un attacco di panico, e di come il sovraccarico di adrenalina era la causa principale degli attacchi d’asma. Fece del suo meglio per fare ciò che c’era scritto, respirando lentamente e profondamente…

Secondo passo: smetti di pensare negativamente. Urla la parola “BASTA!”. Sì, ai vicini sarebbe proprio piaciuto. Con forza, nella tua mente. Oh, giusto…nella mia mente. Posso farlo…Aspetta, perché lo sto facendo? Gridando la parola ‘basta’, interrompi il messaggio d’emergenza che il tuo cervello sta inviando alle ghiandole surrenali. Spesso, persone soggette ad attacchi di panico non riescono a smettere di ricordare eventi catastrofici nella loro mente. Interrompere questo circolo ti da l’opportunità di rimpiazzare il messaggio di paura con uno di calma.

Okay. Posso farlo…”Basta!” Gridò nella sua testa. “Non sta succedendo niente di male. Non sta succedendo niente di male…” Beh, no…non posso dirlo proprio per certo, giusto? Potrei avere degli incubi…aspetta aspetta aspetta…”Basta!” Gridò di nuovo mentalmente. “Stai bene! Smettila di andare via di testa per cose che non sono ancora successe!” Fece il tutto continuando a respirare profondamente.

Terzo passo: utilizza una frase positiva. Oh ma andiamo…Una frase positiva di intensità pari all’evento catastrofico che ti aveva spaventato all’inizio. Rimpiazza quell’evento negativo con uno positivo. Scegli una frase che possa farlo. Come diavolo dovrei fare a pensare ad una cosa simile, se succede davvero un’emergenza? Oh guarda! Esempi…Per esempio, “Sto avendo un attacco di cuore! Morirò!” rimpiazzalo con “Sto solo avendo un attacco di panico e se mi rilasso finirà in meno di tre minuti” o “La paura sta facendo battere più in fretta il mio cuore. Il mio cuore sta bene.”

Beh, so di non stare avendo un attacco di cuore. Non è di quello che ho paura. Magari…”Sono solo sogni. Non sono la realtà e non possono ferire me né i miei amici…” Huh…immagino non sia così difficile come pensavo. Fai una lista di pensieri che ti fanno andare nel panico, poi contrapponi una lista di pensieri che ti aiutano a rilassarti per quando ne avrai bisogno, piuttosto di metterti a pensare nel mezzo di un attacco. Oh, beh, immagino che la cosa abbia senso, allora…

Quarto passo: Accetta ciò che senti. Cosa? Accettare che vado nel panico per cose che non stanno nemmeno accadendo? Avvalora quella sensazione e la ragione scatenante. Sono dannatamente terrorizzato…perché i miei amici…queste persone che io considero più di una famiglia, potrebbero venire ferite o uccise. È possibile, ogni singolo giorno. Lo sappiamo, come Agenti. Lo accettiamo. Io l’ho accettato e ho visto Agenti morire. So di mettere a rischio la mia stessa vita, e certo, tutto questo mi ha sempre spaventato, fino ad un certo punto. È successo. Ero lì quando Kate è morta. Ho sentito il suo sangue sul mio volto.

So come mi sono sentito quando Ducky è stato rapito; quando avremmo potuto perderlo, fossimo arrivati più tardi. So quanto è stato spaventoso quando Abby è stata presa in ostaggio dal fan impazzito di McGee, e quando è stata presa da quel falso impiegato del governo…o quando ‘Chip’ si è dimostrato essere un folle che mi voleva incastrare per omicidio, e stava per uccidere Abby per aver capito tutto rovinandogli i piani.

So quanto è stato orribile vedere l’esplosione sulla nave dove si trovava Gibbs; sapere che si trovava in quella stanza e che probabilmente non ce l’aveva fatta. So quanto è stato inquietante vederlo in coma senza sapere se si sarebbe svegliato…Heh…immagino che dovrei avere imparato qualcosa dalle mie paure passate.

Il punto è che, sì, i miei sentimenti sono avvalorati. Ho il diritto di essere spaventato. Dovrei esserlo.

La paura è una sensazione positiva che ti ricorda di prenderti cura di te stesso. Ascolta ciò che senti, prenditi cura di te stesso, e mantieni le tue emozioni in proporzione alla situazione mantenendo una giusta prospettiva.

Sì, okay. Beh è questo il punto, no? Voglio dire, chiaramente, è quello che vorrei che accadesse. È quello che sto cercando di fare; non agitarmi per cose come andare a dormire e sognare. Santo cielo; eccomi qua, a respirare come se…aspetta.

Sto respirando perfettamente. Quand’è successo? Il cuore batte normalmente e non mi sento il petto costretto. Mi sono appena tirato fuori da un attacco? O magari questa cosa…funziona?

  
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