Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Leitmotiv    18/11/2011    1 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
accuse


                                           

                       
                                                                                                          ACCUSE







Cain scosse l'ombrello imperlato di pioggia e tiro' su con il naso.  Una grande quercia lo riparava  dal cielo avverso; si appoggio' al tronco di questa ed annuso' l'aria profumata di terra, scrutando altri studenti che uscivano da lezione. Alcuni si riparavano con lo zaino, altri con un impermeabile leggero e colorato, di quelli che si appallottolano nel palmo di una mano pur non ingrinzendosi mai.
Il tatuaggio aveva smesso di prudergli, anche  se vi aveva applicato una pomata trasparente per via del rossore che ancora presentava.  Prima di entrare in classe aveva mandato un sms all'autrice del tatoo, in cui la invitava a raggiungerlo sotto la quercia che si affacciava sulla fontana della scuola.; la ragazza aveva risposto immediatamente, senza specificare particolari emozioni, con una risposta molto breve, ma aveva accettato.

Il moro controllo' l'ora sul display del cellulare, poi rivolse lo sguardo nuovamente all'uscita principale della scuola,  aspettandosi di vedere i capelli lunghi della ragazza e le calze di lana, tirate su fin sotto il ginocchio.  Di lì ad un minuto, Pia apparve dal portone imponente e severo, stavolta sprovvista di ombrello. Vide distintamente la ragazza guardare in direzione della quercia; senza far cenni di saluto, questa si mise a correre sotto la pioggia e lo raggiunse.

- Non e' un buon giorno per pascolare sotto gli alberi, Turner- commento' Pia,  tamponandosi il viso con la manica della giacca.
- Stamattina sembrava volesse smettere di piovere, quindi... Ma il tuo ombrello?
- Me l'hanno fregato durante l'ora di ginnastica - ammise.
- Nella mia classe portano via molto di piu' di un ombrello, se non si tengano gli occhi ben aperti - sorrise, storgendo la bocca leggermente di lato. Sembrava che non sapesse sorridere altrimenti, senza piegare i muscoletti intorno alle labbra a destra della propria faccia.
Pia sbatte' le ciglia castane - Tu sorridi storto.
-
In che senso?- chiese Cain, continuando a sorridere.
La ragazzina poggio' un indice a lato della bocca - Quando sorridi la tua bocca si sposta di lato. Ecco, come stai facendo ora.
- Ahhh, per quello! Pensavo mi stessi facendo notare  una cosa poco carina...del tipo che sorrido come un maniaco o una roba così! - esclamo', passandosi una mano fra i capelli.
Pia aggrotto' le sopracciglia - No... Pero' e' una cosa strana quella che fai.
- E che ci posso fare, mica lo faccio apposta! - rispose, aprendo l'obrello - Senti, ti volevo rendere i calzini,  pero' mi piacerebbe farlo in un posto meno umido. Hai da fare oggi pomeriggio?
La biondina piego' la testa di lato e lo scruto' da sotto la frangia, arruffata per la pioggia. Guardo' l'orologino da polso che indossava,  valutando qualche istante la propria risposta.
- Volevo offrirti qualcosa da bere..un the, per  ringraziarti del tatuaggio.- aggiunse Cain, con aria cortese.
Pia annuì - Va bene, ma andiamo a casa mia. Vorrei avere una tua opinione su una certa cosa.


A pochi metri dall'abitazione, Pia si fermo'  e Cain rimase a ripararle la testa con l'ombrello. Avevano camminato spalla a spalla, ma non avevano quasi parlato nel percorso dalla scuola alla strada dove abitava la ragazza, rigidi nelle loro giacchine blu marinaro e ben attenti a non sfiorare l'uno la spalla dell'altro con la propria.
- Perche' ti sei fermata?
- La vicina, ricordi? - disse, indicando il portone della donna.
Cain sospiro' - Quindi? Devo di nuovo intrufolarmi scalzo?
- Nessuno ti ha mai suggerito di farlo. Ora entro io, poi come l'altra volta, ti lascio la porta aperta ed entri tu. Quando passi davanti alle finestre della vecchietta, parati il viso con l'obrello, che non si sa mai.
- Come vuoi...Comunque la prima volta che sono entrato in casa tua,  ti faccio notare, non mi son dovuto nascondere da nessuna vecchietta ficcanaso! - disse, vagamente risentito della cosa.
Pia lo guardo' da sopra la spalla, superandolo - Quella volta la signora era all'ospedale per dei controlli.  Ho visto il pulmino del volontariato ospedaliero prelevarla da casa, prima di venire a scuola.
- Come sempre hai una risposta per tutto! - esclamo' il ragazzo, scuotendo la testa - Va bene, faccio come mi hai detto.
- Non parlare come se mi conoscessi da una vita! - obbietto' la ragazza, scattando verso la porta di casa.

Con la solita strategia collaudata, Cain entro' in casa degli Hunter, rimanendo scalzo nel corridoio. Quella casa non era assolutamente signorile, nessuna delle case in quella zona lo era, ma il pavimento e gli infissi presentavano un legno lucidissimo, quasi fossero nuovi, così come i mobili, tendenzialmente chiari.
- Non ci sono neanche oggi, i tuoi?- chiese, curiosando attorno. Alla sua desta c'era la cucina, poco piu' avanti un piccolo soggiorno molto luminoso; davanti a sé c'erano le scale, sotto queste una porta semiaperta, da cui s'intravedevano le piastrelle di un bagno, ed accanto al bagno una porta piu' snella delle altre, presumibilmente un ripostiglio, penso il ragazzo.
- Certo che no, lavorano il lunedì - Pia si diresse proprio verso la porticina che aveva notato il  ragazzo, rivelando una stanza lunga e stretta che fungeva da lavanderia  - Ora ti faccio vedere una cosa, voglio sapere che ne pensi.
Cain si avvicino' alla ragazza, notando che nella stanza c'era un'altra porta socchiusa, attraverso la quale riconobbe nel buio le scale della cantina.  Poi si volto' verso Pia, china a rovistare nel cesto della biancheria sporca - Devi farmi vedere qualcosa che sta nel cesto della biancheria? - ridacchio' il ragazzo.

Pia riemerse dal cesto stringendo un paio di calzini spaiati -  Non sono neppure questi... - sussurro',  osservando gli indumenti.
- A proposito di calzini... - Cain torno' verso il proprio zaino e recupero' i calzini che Pia gli aveva prestato sabato, di rimpiazzo ai suoi.- Puliti e stirati da mia madre. Lei non sbaglia mai un lavaggio.
- Non gli ha messi qui - disse la ragazza, guardandolo negli occhi con aria perplessa.
- Ma...esattamente cosa stai cercando?
Porthia si batte' la mano sulla coscia- Li avra' lasciati in camera. Magari sono finiti sotto il letto, in fondo se li e' tolti solo ieri - obbietto', correndo verso le scale.
Cain la seguì a ruota - Sì ma, che sai cercando?!

Quando Cain entro' in camera dei signori Hunter, Pia era ginocchioni sul pavimento,  scrutando l'ocurita' sotto il letto matrimoniale.
- Se mi dicesse che  sta cercando, l'aiuterei anche... - penso', avvicinandosi ad un comodino, sul quale troneggiava un'enorme foto di famiglia, incorniciata da un vetro molto spesso. In quello scatto, Pia avra' avuto si e no undici anni,  lo sguardo lontano ed un sorriso un po' tirato, denotavano  che non  doveva avuto molts  voglia di farsi fotografare, in quel frangente.  I suoi genitori invece sorridevano genuinamente, stretti intorno alla piccola di casa - Sua madre deve essere una bella donna - penso', chinandosi sulla foto. Poi la sua attenzione torno' alla ragazza, che intanto si era rialzata ed aveva preso a frugare, senza creare disordine,  nell'armadio dei suoi.

Cain si era messo in un angolo della stanza, osservadola in silenzio. La ricerca si rivelo' infruttuosa, e sul viso di Pia si dipinse lentamente una smorfia di disapprovazione.
-Quando fa quella faccia, ha proprio l'aria di una stronza completa - valuto' il ragazzo - Ed in effetti comincio a pensare che' lo sia veramente...
La giovane Hunter si avvicino' d'un palmo al viso di Cain, e questo s'irrigidì  - Onestamente, e non mi prendere per una pazza sclerotica, se tu trovassi un indumento insanguinato addosso ad uno dei tuoi genitori, cosa penseresti?

Turner si gratto' la tempia, cercando di capire dove la ragazzina volesse andare a parare, ma i pochi elementi che aveva in mano non gli suggerivano niente - Gli chiederei se si sono fatti male... Ah, aspetta, credi che uno dei tuoi genitori si sia fatto male  e te lo stia nascondendo? - chiese, ed i suoi occhi chiarissimi s'illuminarono.
- Ma no! - scosse la testa, la ragazza - Se tu valutassi che quella macchia non puo' appartenere ad uno dei due...ma fosse il sangue di una terza persona....
Cain deglutì, e si prese un attimo per pensare. Si avvicino' alla finestra, sfiorando le tendine color crema  - Mi stai chiedendo se io sarei capace di pensare che i miei genitori hanno fatto del male  a qualcuno? Magari...che l'hanno ammazzato?
Pia strinse le labbra, e per un attimo il suo sguardo si smarrì . "Ammazzato".  Nella sua mente quella parola risuono' lucida  e chiara: ammazzare, uccidere, privare della vita un'altra persona.  Era una parola che stonava fortemente con "famiglia" e con  "genitori". I suoi pensieri malevoli furono interrotti  dalla risata un po' forzata di Cain.
- Non puoi pensare che i tuoi abbiano per forza ucciso qualcuno, perche' c'e' una macchia di sangue sui loro vestiti! Avanti! - il ragazzo aggiro' il letto, avvvicinandosi alla fotografia che troneggiava su comodino - Questa non e' certo gente che ammazza, dai! Perche' hai pensato una cosa così?!

Pia non rispose. Si era un po' incupita. Cain non aveva visto quei cazini. Cain non aveva potuto notare il disagio sei suoi genitori, quella domenica mattina, quando la ragazza aveva  scoperto la macchia. Cain che ne poteva sapere di quelle strane,  inconfessabili sensazioni che avvertiva quando i suoi genitori tornavano la sera, bisbigliando in camera da letto lunghi discorsi e discussioni sibilate, mentre lei si alzava dal  letto nel buio, e si schiacciava contro la porta per cercare di  capire discorsi che forse non avevano proprio nulla di strano, discorsi per cui forse non valeva la pena d'impensierirsi.
Eppure lei era sicura di aver annusato qualcosa. Sentiva che non erano solo le fantasiose paranoie di una adolescente annoiata. 

La ragazzina uscì dalla camera, e s'incammino al piano di sotto, con  le spalle leggermente ricurve.
Cain noto' la sua aria delusa, come sconfitta.  Penso' che non essere creduti, ma anzi derisi fosse molto deprimente, ma non aveva potuto comportarsi altrimenti di fronte alle accuse della ragazza nei confronti della sua stessa famiglia.  Sentiva che nelle parole della ragazza mancavano diversi punti , altri eventi e concatenazioni che lei non aveva voluto rivelargli; ma si trattava solo di una sua sensazione, quella biondina, bugiarda dichiarata fra l'altro,  probabilmente si stava solo divertendo a creare scenari fantasiosi che la rendessero piu' interessante ai suoi occhi.

Porthia non era sua amica, in fin dei conti. Avrebbe voluto che lo fosse, avrebbe voluto molto di piu' da lei, ma quella volta decise di non darle spago. Decise di non crederle per non alimentare quello scenario fantasioso.. Gli sembravano fantasie un po' troppo pericolose, per i suoi gusti. Se voleva far colpo su di lui, avrebbe dovuto avvicinarsi  al suo viso e baciarlo, allora sì che gli avrebbe dato tutta la sua considerazione.

- Ascolta Porthia... - la chiamo', usando per la prima volta il suo nome di battesimo, sempre che ne avesse avuto uno.
Pia si volto' di scatto, sul suo viso si leggeva chiaramente l'interrogativo di come il ragazzo fosse venuto a sapere del suo nome, tuttavia non gli chiese spiegazioni. Si fermo' davanti alla cucina, fissando un punto indefinito dellla stanza.
Cain si armo' di pazienza, e si affianco' alla ragazza, indeciso se metterle una mano sulla spalla e parlarne fraternamente, o scuoterla per entrambe le spalle ed usare un approccio piu' energico. Evito' tutte e due le soluzioni, perche' in quel momento si sentì minacciato da una possibile reazione negativa da parte della biondina.  Si appoggio' allo stipite e le sorrise.
- Non so che cosa tu abbia visto esattamente, dato che non abbiamo trovato quell'oggetto, ma io prima di pensare che uno dei miei vecchi ha accoppato qualcuno, penserei che forse uno dei due si e' fatto coinvolgere in una rissa.... - s'inumidì le labbra -  Sei stata tu stessa a rivelarmi che tuo padre, il sabato sera, e' solito alzare un po' il gomito... Prima di pensare al peggio, pensa alla soluzione piu' plausibile.

Pia si volto' verso il ragazzo. Le sue parole erano sensate, anche se dal suo punto di vista era proprio il peggio  ad avvicinarsi alla realta'. Era pero' conscia che, se non si fosse impegnata nello spiegargli le sensazioni che aveva accumulato in tutto quel tempo, Cain non avrebbe potuto pensare altrimenti di come la pensava in quel momento. Inoltre gli aveva praticamente dimostrato che non si faceva remore a mentire, e quindi non poteva certo pensare che la credesse sulla sola parola.
Era il risvolto della medaglia. Se da un lato mentire a cuor leggero era il suo forte,  dall'altro la rendeva vulnerabile con chi conosceva questo strambo talento.

Porthia sospiro', decidendo che per il momento era meglio aspettare di aver qualcosa fra le mani di concreto, prima  di rivelargli altri particolari. Non era neppure sicura di volerglieli rivelare, a dire il vero. Cain Turner era un tipo particolare, ma coinvolgerlo nei suoi pensieri e le sue preoccupazioni era la cosa giusta da fare?
Entro' in cucina, scostando una sedia dalla tavola - Ti va di offrirmi un tè in casa mia?  
Cain sorrise, storto, molto  storto e si avvicino' al tavolo - Vogliamo proprio andare al risparmio, eh?









-


 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Leitmotiv