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Autore: Funhouse    18/11/2011    8 recensioni
La vita di Eleonora è decisamente complicata.
Cerca di dimenticare il suo passato, anche se si ripresenta prepotente ogni volta.
Ha lasciato la sua città per dimenticare, ma è ritornata.
Incontrare una persona le cambierà la vita.
Riuscirà a dimenticare?
Riuscirà ad amare qualcuno di diverso?
La sua vita ricomincia con il suo nuovo lavoro.
Se volere conoscere Eleonora, la professoressa Eleonora, basta un click.
Funhouse.
-Seguito della storia “La monotona vita di Elena”, non credo ci sia bisogno di leggere la prima storia^^
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 

 

 

 

Il desiderio lancinante di vederti ancora.

La paura di venire ferita ancora.

Perché non riesco a vivere la mia vita?

Perché riesci sempre a manipolarmi?

Ho paura di te.

Ho paura di quello che provo per te.

Ho paura, ma ti cerco comunque.

Ti voglio.

Ma farò ancora in tempo?

 

 

 

 

 

 

 

Desiderare così tanto una cosa e vedersela scappare dalle mani era una cosa che mi accadeva spesso.

Fidarsi di persone che voglio solo approfittare di te era una routine.

Il mio carattere così dannatamente aperto, la mia boccaccia mai zitta, il mio pensieri troppo veloci.

La mente mi portava in mondi sconosciuti che mi escludevano dal mio di mondo.

Sospirai di nuovo.

Per l'ennesima volta non avevo ascoltato la spiegazione di Mark.

-Ele, ho capito che non è nei tuoi piani avere un futuro, ma questa occasione non la puoi buttare via.

Guardai attentamente Mark.

Era un bel ragazzo, ma non uno di quelli che ti fa girare la testa per strada.

Era posato, calmo, riflessivo ed innamorato.

Innamorato della sua bella Caterina: la ragazza più dolce del mondo, nonché mia sorella.

Non per vantarmi, ma essere l'artefice di una coppia mi fa decisamente sentire importante.

-Eleonora! Perché oggi non riesci proprio ad ascoltarmi?

Sbattei più volte le ciglia.

-Scusa Mark. Continua pure.

Lui mi guardò di sfuggita, per poi ricominciare un discorso che non sentii in partenza.

Ero decisamente in un altro mondo in quel momento, avevo da poco ricevuto un lavoro ed ero al massimo della felicità.

-Eleonora!

Guardai Mark aggrottando le sopracciglia.

-Si?

-Mi vuoi ascoltare si o no?

-Ti sto ascoltando!

Mi guardò scettico.

-Ah, mi stavi ascoltando! E che stavo dicendo di preciso?

Sogghignai, fregata! Ma la mitica Eleonora non ne sarebbe mai uscita perdente, mai!

-Del fatto che devo prendere questo lavoro con serietà, impegno e felicità!

Lui mi fissò divertito.

-Prima o poi mi dovrai spiegare come fai. Ele sei impossibile!

-Lo so, sono la migliore!

Lui mi diete un cazzotto giocoso che però arrivò dritto dritto sul mio livido.

-Ahi Mark, mi hai fatto male.

-Non mi dire che la mitica ed indistruttibile Eleonora Leardi si è fatta male? Che deboluccia!

-Stai zitto che ti difendevo sempre alle superiori.

-Non è colpa mia se sono cresciuto tardi. Però ora per me sei solo una nanerottola di una metro e settantacinque.

-Parla la montagna! Sei solo altro un metro e novantasei. Mica sei tanto alto.

-Ci sono sempre ventuno centimetri di differenza carina!

Sbuffai infastidita, mi dava sui nervi quando mi si dava della bassa, anche perché non lo ero.

-Quando hai detto che comici?

-Lunedì, il preside mi deve presentare alla classe.

-Uh, la mia professoressa preferita!

Lo fissai schifata.

-Io non sono una professoressa!

Invece lui mi guardò con una faccia che stava per ma che sei cretina?

Solo che io neanche lo degnai di una risposta.

-Sono solo una supplente di una che è rimasta incinta! S U P P L E N T E! Cos'è che non capisci di questa parola?

-Uhm, devo dire che la L e la P mi complicano un po' la situazione, ma per il resto mi sembra vada tutto bene.

Gli rifilai uno scappellotto il testa.

-Sei proprio uno scemo!

-Tu invece una professoressa secchiona! Alle superiori facevi tanto la trasgressiva, ma a scuola andavi sempre bene, a parte il fatto che ti sei quasi beccata l'espulsione, ma va bene così!

-Non rivangare momenti passati Mark. Non sopporto i ricordi.

Lo sentii sbuffare.

-Hai venticinque anni Eleonora. Sono passati sei anni, quando ci passerai sopra e ricomincerai?

-La fai facile tu. Io non sono come te, non ci...riesco.

-Non puoi andare avanti così.

Chiusi gli occhi, assaporando il silenzio che si era formato.

-Lo so, ma che ci vuoi fare. La mia vita è fatta di ricordi. Non riesco a dimenticarli, certe volte vorrei tanto entrare nella mia testa e cancellare tutto. Dimenticare, anche per un minuto, per un secondo.

Non volevo piangere ancora, avevo dato troppo.

Mi battei le mani sulle cosce, cercando di rallegrare l'aria che era diventata decisamente irrespirabile.

-Comunque, Lunedì si comincia!

-Ele, ti ricordo che è domani Lunedì.

Mi girai a guardarlo stranita.

-No, domani è Sabato!

-No, domani è Lunedì!

Ci guardammo in cagnesco.

Al mio via mentale scattammo ad afferrare i nostri cellulari.

18 Gennaio.

18 Gennaio.

Se è uno scherzo vi prego svegliatemi che non è divertente.

-Cristo santo.

-Io te l'avevo detto. Poi pensala come ti pare.

Mi alzai di scatto senza neanche degnarlo di una risposta.

-Io vado, stammi bene. Ricorda, voglio un nipote al più presto!

Notai le sue guance diventare rosse come il fuoco e sorrisi.

Quando era dolce!

Cominciai a correre per le stradine desolate di Dragona.

Guardai di sfuggita l'orologio.

17:20

Merda!

Affrettai il passo e presi per un soffio l'autobus diretto alla stazione di Acilia.

Dentro la metro mi misi comoda ad ascoltare Down, canticchiando qualche parola.

Sarei diventata professoressa.

Professoressa?

Proprio io?

Odiavo i professori.

Ma questo era anche il suo sogno.

Lo aveva detto quella notte.

 

La neve stava scendendo veloce sulla mia testa.

Imprecai.

Da quanto nevicava ad Ostia?

Cominciai a correre più veloce, finché non vidi la sua figura nell'ombra.

Se ne stava appoggiato ad un palo della luce fulminato, ma io riuscivo comunque a distingue i suoi lineamenti.

-Ciao.

-Ehi.

Mi sorrise, come non faceva con nessuno.

Un sorriso sincero, che riservava solo a me.

Sorrisi anche io, ricevendo come risposta la sua mano che mi scompigliava i capelli.

-Che si fa?

-Prima è passato Tom con la roba.

Lo guardai di traverso.

-E che aspetti? Che si congeli? Avanti comincia a rollare!

-Già fatto tesoro!

-Non mi chiamare tesoro.

-Ah, giusto! Il mio maschiaccio se no si arrabbia.

-Io non sono tua.

Lui si fermò a guardami, mentre si stava accendendo la canna.

Nei suoi occhi si accese una strana luce.

-Tu se Mia!

Lo fissai un secondo, per poi distogliere lo sguardo, imbarazzata.

Solo due cose riuscivano ad imbarazzarmi: il professore che mi rimproverava se avevo sbagliato ed i suoi occhi.

I suoi dannatissimi occhi che mi lasciavano sempre più confusa.

Si avvicinò al mio viso, rialzando il mio con le sue mano ghiacciate.

I miei occhi incontrarono i suoi.

Freddi come il ghiaccio, ma in quel momento pieni di una luce diversa, strana.

-Tu sei sempre stata mia.

Non riuscivo a staccarmi da quello sguardo, mi ammaliava ogni volta.

Ero vittima di un suo gioco, ma non me ne importava.

Quel gioco mi piaceva.

Mi avvicinai ancora di più a lui.

-Allora tu sei mio.

Lo vidi sorridere ed il mio cuore perse un battito.

-Come desidera.

Poi, lentamente, si impossessò delle mie labbra.

Sentii la sua lingua chiedere un permesso silenzioso leccando le mie labbra.

Le schiusi subito, senza oppormi.

Io non potevo, non ci riuscivo.

La sua lingua mi provocò brividi su brividi, la sua mano che risaliva piano piano il mio fianco mi fece tremare le gambe.

Il suo respiro sul mio collo mi fece andare in confusione, poi la sua mano uscì dalla mia maglia, il suo viso tornò lontano ed il mio cuore pianse.

Lacrime silenziose, dolorose.

-Tieni.

Mi passò la canna in silenzio, guardando da un'altra parte.

Assaporai lentamente quel che rimaneva della canna, poi stizzita la buttai a terra passandoci la scarpa sopra.

-Cosa pensi di fare dopo?

Mi fermai a guardarlo, il suo viso rivolto alla luna era rilassato, ma provato.

-Non lo so.

-Mi piacerebbe insegnare.

Lo guardai perplessa.

-Tu vorresti insegnare?

-Si.

-Questa è buona.

Scoppiai a ridere, inconsciamente. E mente lui mi rifilava uno sguardo sorpreso, io mi piegavo in due dalle risate.

-Dico sul serio.

Mi bloccai all'istante.

-E cosa di preciso?

-Matematica.

-Dove?

-Non lo so.

-Sarebbe bello per una volta ritrovarsi dietro una cattedra e infliggere compiti ardui alla classe.

Lui mi fissò divertito.

-Perfida.

Gli sorrisi strafottente.

-Eh lo so, sono fatta così.

Lui allora mi afferrò per le spalle.

-Ce la faremo? Dico a diventare professori.

Lo guardai per poi alzare le spalle.

-Forse si o forse no. Tutto sta da noi.

-Allora ce la faremo!

Non avevo mai visto tanta determinazione nei suoi occhi e la cosa mi fece sorridere.

-Andiamo? Tom ci aspetta.

Scattai in avanti.

-Chi arriva prima alla tua moto la guida.

-Non vale signorinella!

-Tutto è lecito in guerra ed in amore.

Vinse lui, come al solito, ma non mi rattristai.

Il solo pensiero di poter star abbracciata a lui senza una scusa mi fece ritornare il sorriso.

 

 

Quando arrivai a casa sentii dei rumori provenire da dentro.

La aprii titubante e la scena che mi ritrovai davanti mi fece spalancare gli occhi sorpresa.

-Marta!

La mia cagnona si buttò su di me scodinzolando.

-Che cavolo stavi facendo?

Lei, per tutta risposta, cominciò ad abbaiare.

-Sei senza speranza tesoro!

Entrai in cucina e vidi uova, latte, biscotti, verdure e pane spalmati per terra.

-MARTA!

Scossi la testa sconfitta, ero stanca e l'indomani avrei dovuto cominciare un nuovo lavoro.

Si prospettava una serata complicata e soprattutto faticosa.

Dopo aver pulito il disastro di Marta mi buttai a letto con tutto i vestiti.

Relax, pace, muscoli rilassati, letto caldo.

Avevo bisogno solo di questo.

Mi addormentai subito.

La notte passò tormentata, sognai di nuovo lui.

Però quel sogno sembra più un incubo.

Le sue spalle si allontanavano velocemente, io correvo, ma non riuscivo a raggiungerlo.

Poi, vidi una ragazza, il volto non esisteva ma il suo corpo c'era e si stava abbracciando a lui.

Mi svegliai di colpo urlando.

Il mio cellulare cominciò a tremare.

Guardai distrattamente l'ora.

6:30

Doppia merda.

Con un colpo di reni mi ritrovai in piedi e, dopo aver afferrato i vestiti preparati la sera prima, mi catapultai in bagno rispondendo.

-Si?

Ele, dove sei?

-A casa.

Lo sai che giorno è oggi?”

-Lunedì.

Datti una mossa, tra mezz'ora sono sotto casa tua.”

-Santo Mark!

Lui neanche mi rispose, riattaccò e basta.

Mi fiondai sotto la doccia gelata e dopo essermi messa i vestiti, le mie adorate scarpe ed essermi truccata in modo non troppo eccessivo, mi catapultai in cucina.

Solo che ricordai che Marta mi aveva buttato tutto il cibo per terra.

-Grazie tante Marta.

Abbaiò nella mia direzione.

Le preparai la colazione e, dopo essermi mangiata una mela, mi catapultai fuori.

Mark non era ancora arrivato, perfetto.

Guardai nervosa l'ora.

7:00

Quando vidi la sua macchina in lontananza quasi urlai.

Mi fiondai dentro e Mark partì velocemente.

Arrivai alla scuola alle sette e mezza.

-In bocca al lupo Ele, mi raccomando spacca tutto.

-Crepi! Sarà fatto signore.

Mi sorrise dolce, poi se ne andò sgommando.

Fissai la possente struttura della scuola.

L'Anco Marzio si mostrava in tutta la sua grandezza.

Il Liceo Classico mi aveva sempre messo paura, ma era l'ora di vincere le paure e buttarsi nella mischia.

Con passo deciso mi avviai verso la presidenze, che sotto indicazione di una bidella depressa trovai subito.

Bussai tre volte, decisa.

-Avanti.

La mia decisione scomparve all'improvviso, lasciando posto alla paura.

Mi diedi uno schiaffo in piena faccia.

Eleonora Leardi non è una persona fifona.

Mai sarebbe dovuta esserlo!

-Salve!

-Oh, lei deve essere Eleonora Learchi vero?

-Leardi, comunque si.

-Si si, scusi. Mi presento, sono il preside di questa scuola e la presenterò personalmente alla sua quarta F. Come già saprà è stata chiamata per l'insegnamento delle materie scientifiche.

-Me la sono sempre cavata con la matematica.

Il preside mi guardò alzando il sopracciglio.

Bene, potevo anche starmi zitta.

-Stavo dicendo che l'abbiamo scelta perché ci sembrava la più adeguata.

-Sono onorata.

-Bene, ora se mi vuole seguire la porterò personalmente nella IV F.

Il cuore cominciò a pompare più sangue del dovuto.

Seguii in silenzio il preside, mentre i ragazzi entravano sbuffando e guardandomi incuriositi.

Si fermò davanti ad una classe da cui veniva un chiasso mostruoso.

Il preside aprì di scatto la porta e davanti mi trovai dei ragazzi che stavano fumando.

Riconobbi subito l'odore ed una fitta mi colpì il cuore.

Scossi la testa piano, non dovevo, non volevo, ricordare ancora.

-Ragazzi un po' di disciplina! Neri! Dammi quella roba!

Il mio cuore di fermò nel petto.

-Ma signore preside, quale roba?

Quella voce così simile, ma non uguale mi perforò il petto.

-Neri, non fare il bambino, solo perché la signorina Leardi si deve presentare non ti mando in presidenza, capito?

Il ragazzo in questione posò i suoi occhi sui miei.

Il cuore ormai era partito per un mondo tutto suo.

Verdi. Così diversi.

Quel sorriso strafottente che gli ci aprì in volto, quel volto.

Così simile al suo.

Il mio respiro si era fatto irregolare.

Chiusi gli occhi un istante, poi li riaprii di scatto.

Mi ero calmata.

-Bene, signorina se questa classe di sconclusionati le darà ancora fastidio non si faccia scrupoli a chiamarmi.

-Certo.

Il preside se ne andò e con lui la mia forza.

Mi diressi a passa instabile alla cattedra e mi lasciai andare con un sospiro sulla sedia.

Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie.

-Professoressa, non dovrebbe fare l'appello o presentarsi?

Aprii di scatto gli occhi ed incrociai lo sguardo di una ragazzina minuta che portava gli occhiali.

Era carina, ma quei fondi di bottiglia le coprivano il viso.

-Si si.

Afferrai il registro con la mano tremante.

-Laura Berti.

-Presente.

-Mirko Conti.

-Presente.

-Sebastiano Cormi.

-Presente.

-Luca Damiani.

-Presente.

-Silvia De Monici.

-Presente.

-Antonio Di Bene.

-Presente.

-Ludovica Fermini.

-Presente.

-Andrea Ferrille.

-Presente.

-Lucrezia Gosta.

-Presente.

-Davide Lanterna.

-Presente.

-Cristian Listi.

-Presente.

-Giacomo Mauriti.

-Presente.

-Monica Marchi.

-Presente.

Guardai attentamente il nome che veniva dopo: Mattia Neri.

Il mio cuore sussultò ancora.

E con voce tremante dissi quel dannato cognome.

-Mattia Neri.

-Presente.

Alzai lo sguardo, mi fissava con aria di sfida.

Non ero sicura che mi avesse riconosciuto.

Pregai con tutta me stessa in un vuoto di memoria per il ragazzo.

-Giuseppe Nunti.

-Presente.

-Gianluca Poletti.

-Presente.

-Livia Resta.

-Presente.

-Alessandro Ruffini.

-Presente.

-Emanuele Sancia.

-Presente.

-Claudio Svani.

-Presente.

-Antonella Torre.

-Presente.

-Benedetta Virna.

-Presente.

Chiusi il registro di scatto e mi alzai.

-Bene, mi chiamo Eleonora Leardi e vi scongiuro non datemi del lei! Per il momento non credo sia opportuno cominciare subito la lezione, fatemi qualunque domanda e io vi risponderò, dopo, però, tocca a me fare la domanda.

-Grande prof!

Guardai stizzita un ragazzo in fondo.

-Scusi, perché non posso darle del lei?

Fu la ragazza minuti di prima a porre la domanda, Silvia De Monici.

-Mi mette a disagio. Quanto ti manca?

Silvia mi guardò confusa, poi rossa in viso mi rispose.

-1,50 dall'occhio destro e 1,75 da quello sinistro.

-Uhm.

-Prof che taglia porta?

-Scusa, mi ripeteresti il tuo nome?
-Ruffini, Alessandro Ruffini.

-Beh, Alessandro ti dico solo non sono affari tuoi.

I ragazzi cominciarono ad urlare cose imprecisate.

-Stai ripetendo l'anno vero?

Quello mi guardò perplesso.

-Si, come ha fatto a capirlo?

-Segreto professionale. Qualche altra domanda?

Di domande ne arrivarono tante, ma mai una sua.

Se ne stava in silenzio, con le braccia incrociate sul petto che mi fissava.

Quel suo sguardo così simile al suo.

Poi parlò.

-Lui lo sa, professoressa?

Mi aveva riconosciuto.

-No. Sta...sta bene?

-No. Perché?

-Volevo solo respirare di nuovo quest'aria. È...è...

È fidanzato?

Non finii la frase, ma lui capì.

Scosse la testa ed io mi sentii sollevata.

-Professoressa è tornata per lui?

Mi fermai a fissarlo, i suoi occhi così strafottenti mi fissavano, mentre sorrideva malefico.

Il suono della campanella mi salvò.

-Arrivederci.

Mi affrettai a prendere la borsa e scappai da quella classe.

Da Mattia Neri.

Da colui che non avrei voluto rivedere.

Da Lorenzo Neri.

Qual nome che ancora mi provocava una fitta lancinante all'altezza del cuore.

Che ancora mi faceva battere il cuore.

Sospirai sconfitta.

Ce l'avrei fatta?

In quel momento sperai tanto di si.

 

 

 

°§°

 

Sono stata veloce eh? xD

Allora, vi piace?

Spero tanto di si!
Ditemi che ne pensate, ci tengo!

Un bacione,

Funhouse^^

 

 

 

 

  
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