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Autore: Pleasance Carroll    18/11/2011    1 recensioni
ciao a tutti!
questa storia parla di tutti i personaggi del Ciclo ma principalmente di Murtagh che, inviato da Galbatorix a sterminare dei ribelli per ottenere degli Eldunarì, pensa di averli uccisi tutti ma...presto si ritroverà tra le mani l'unica superstite di quel popolo decisa a vendicarsi. Nessuno dei due sa però che la reciproca vicinanza è in grado di spingerli al limite...
spero vi piacerà metto il rating arancione per precauzione.
fatemi sapere che ne pensate
marty23
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Capitolo 20

Doveri e piaceri

 

Durante i due mesi che seguirono, Murtagh si prese cura della sua Isis in un modo tutto particolare: di tanto in tanto la chiamava usando l’appellativo “mia signora”, in segno di rispetto. Ma il fatto che lui la rispettasse traspariva da qualsiasi suo gesto: quando facevano l’amore, riuscendo a fondersi in una cosa sola, il ragazzo la portava in giro per Alagaesia- a volte persino nelle città sotto il controllo dell’Impero, per spiegargliene meglio la struttura, la stratificazione di coloro che ne avevano il comando(quasi sempre, poco prima che da una di quelle stesse per essere sferrato un attacco ai Varden)- oppure si confidava con lei, o le parlava dei ricordi che aveva acquisito e che sentiva come suoi; quando la sensazione di libertà che Isis gli donava, veniva meno, il Cavaliere non faceva mai gesti che potessero infastidire la Dark Angel, o che potessero farla sentire un oggetto, che lui usava a suo piacimento; piuttosto soffriva la presenza di Galbatorix nella sua mente, in silenzio, continuando persino a sorridere, almeno finché la ragazza non interveniva di nuovo ad alleviare le sue sofferenze. Generalmente, però, nei periodi durante i quali Murtagh tornava a rabbuiarsi, a diventare “proprietà” di Galbatorix, i due restavano nel palazzo, chiudendosi per giornate intere nell’armeria, dove il figlio di Morzan dava alla Dark Angel consigli e la metteva alla prova, per migliorarne le capacità di maneggiare la spada, il pugnale o addirittura, l’arco.

Per qualche giorno- memore degli insegnamenti impartiti da Morzan a sua madre- il ragazzo disse di volerle anche insegnare a padroneggiare qualche incantesimo, per permetterle di difendersi dai pericoli di cui quel luogo brulicava, e dai nobili che vi abitavano(dei quali- scoprì Isis- Murtagh era davvero geloso, ogniqualvolta osavano anche solo posare gli occhi su di lei) poiché temeva sarebbe potuto succederle qualcosa.

Con grande sorpresa di entrambi, la Dark Angel si dimostrò particolarmente predisposta e capace a destreggiarsi con gli incantesimi nell’antica lingua- che Murtagh stesso, usava- anche se, praticarli, le procurava ogni volta un gran mal di testa, e perdeva le energie molto prima rispetto a luco, così ogni volta finiva per sentirsi spossata, debole, o con le membra che le tremavano.

Una volta, addirittura, svenne.

Ma si risvegliò quasi subito- l’aria nei polmoni le fece quasi male- e realizzò di essere circondata dalle pareti della sua stanza; capì di trovarsi sdraiata quando riconobbe i tratti disegnati del viso di Murtagh, quasi sepolto nel suo ventre, dal momento che se ne stava inginocchiato a terra: gli occhi scuri del Cavaliere si erano fatti grandi, colmi di paura, e respirava male, affannosamente così come i battiti del suo cuore erano accelerati.

Immediatamente, trovando i suoi occhi chiari nei propri, le prese una mano tra le sue e ne baciò più volte la morbida pelle scura.

-         Isis, come stai? Mi…mi hai spaventato: non respiravi più…- sussurrò, con voce rotta, sull’orlo delle lacrime.

Alla Dark Angel- che non aveva memoria di ciò cui Murtagh si stava riferendo- osservando il terrore nello sguardo del suo Cavaliere, quella volta il respiro, mancò davvero: possibile che Murtagh fosse tanto preoccupato, per lei?

Dolcemente, aprì il palmo che il ragazzo ancora custodiva, e lasciò che lui vi adagiasse contro la sua guancia.

Fece per mettersi a sedere, affascinata e coinvolta da quei momenti intimi, che scorrevano lenti, senza tempo; desiderandone una briciola in più. Ma il figlio di Morzan scattò in piedi, per impedirle di fare anche un solo movimento, apprensivo, angosciato dall’idea che potesse capitarle qualcos’altro…stava quindi per prenderle il viso tra le mani, e baciarla, quando un soldato bussò alla porta.

Il tempo tornò a scorrere, tiranno, mentre quell’uomo comunicava al Cavaliere che era stato convocato dal re, nella Sala del Trono.

 

Rassicurato dalla promessa strappata ad Isis prima di andare(che non avrebbe mosso un muscolo, e lui l’avrebbe ritrovata esattamente nella stessa posizione in cui l’aveva lasciata) Murtagh attraversò con passo sicuro la soglia della Sala del Trono, e chinò il capo, in segno di rispetto in direzione di Galbatorix; esordendo, una volta che la Corte si era ritirata, lasciandoli soli:

-         Mio sire, eccomi.-

-         Murtagh, Murtagh, Murtagh…tu prego, ricordami: qual era il tuo compito, una volta ottenuto di avere quella Dark Angel al tuo fianco?- sussurrò, fingendo di non ricordare, con voce melliflua ed ipnotica, picchiettando nervosamente le dita guantate di cuoio su un bracciolo del suo scranno, mentre inchiodava il suo Cavaliere con lo sguardo.

-         Sapere il suo nome, e scoprire cosa avesse sottratto da questo posto, quando è venuta qui…- replicò quello, pronto, anche se a voce bassa, pungente.

-         E…a che punto sei con il tuo compito? Hai fatto progressi?- gli chiese il re, falsamente interessato, intento a lisciarsi la barba.

Il ragazzo sostenne il suo sguardo con aria di sfida, intenzionato a non rispondergli.

Una cappa di opprimente, teso mutismo era scesa sui due, e perdurò per diverso tempo, almeno finchè Galbatorix non fece risuonare come un tuono la propria voce nella quiete della sala, pronunciando un incantesimo nell’antica lingua.

Subito dopo quel suono secco come una frusta, Murtagh scoprì che le gambe non lo sostenevano più, e cadde sul pavimento, in ginocchio. Gli sembrava di avere tutto il corpo soffocato da decine di funi invisibili, che lo tiravano in direzioni diverse…

Col respiro affannoso, e le vene del collo che pulsavano, in evidenza sotto la pelle, sollevò un’ultima volta lo sguardo verso il re, mentre in lontananza, nell’angolo più recondito della sua mente, udiva il ruggito preoccupato e sofferente di Castigo, che condivideva ciò che lui stava provando.

Il ragazzo cercò di tranquillizzarlo, ma infine, no riuscì più a trattenersi, e si lasciò sfuggire un urlo, straziante: sentiva che Galbatorix stava rovistando nella sua mente, derubandolo dei suoi pensieri, dei suoi ricordi, defraudandolo,- in un certo senso, quindi- di se stesso, per poter usare ciò che vedeva, ciò che sentiva, contro di lui.

Murtagh tentò di ribellarsi, sentendo che ogni angolo del suo io si faceva chiaro, per il re, fluendo senza freni nella sua mente; ma era paralizzato, e prenda di un dolore lancinante, come fosse stato arso da un incendio. Perciò, non potè far altro accogliere in sé un intenso odio, nei confronti di quell’usurpatore.

-         Bene…- sogghignò Galbatorix,- sono felice che ti diverta tanto con quella tua…Isis ma mentre la portavi in gita in giro per Alagaesia, hai dimenticato del tutto di portare a termine il tuo compito…cosa credi?! Di poter disobbedire ai miei ordini?! Ti sta rammollendo, stupido ragazzino! Possibile che tu non abbia imparato nulla? Come sempre basta che tocchino il tuo drago, e tu cadi ai piedi di chi ha trovato questo tuo punto debole…- lo rimproverò, con aspro scherno Galbatorix, che si era alzato dal suo trono, ed aveva preso a girare lentamente attorno al suo Cavaliere, senza mai togliergli gli occhi di dosso, come un lupo che sta per attaccare una preda mentre- notava Murtagh- emanava sempre più un odore di ferro.

D’un tratto si fermò, ed afferrò il mento del ragazzo tra le dita, per costringere i suoi occhi ad incatenarsi ai propri.

-         C’è un unico modo per impedire che continui a rovinarti: uccidila.- gli ordinò, dopo esser stato sicuro di aver monopolizzato il suo campo visivo, la sua mente, ogni cosa.

Al Cavaliere parve che la terra sotto di lui stesse franando, e lo spettro di quella paura- vista l’incompatibilità di quell’ordine, alle sue orecchie- emerse sul suo viso, permettendo a Galbatorix di riconoscerlo chiaramente.

L’uomo si sistemò bene la corona sulla testa, e mentre rideva, duro, sprezzante per quel particolare, unna luce perversa brillò nei suoi occhi: aveva scoperto un nuovo punto debole del figlio di Morzan!

-         Non vuoi farlo?- lo derise, continuando.- Allora dovrai scegliere se per te è più importante la sua vita, o la tua e quella del suo drago. Perché se non la ucciderai, sarò io a farlo per te, servendomi delle tue stesse mani; e subito dopo mi sbarazzerò di te e di Castigo. A te la scelta!- e, così dicendo lo congedò, stendendo una mano guantata davanti a sé, mentre mormorava una formula nell’antica lingua, che impedì a Murtagh di avere possesso del proprio corpo, e che, tuttavia, lo stava trascinando fuori da quella sala.

Non appena le porte della Sala del Trono si chiusero alle sue spalle, il Cavaliere avvertì che quei fili invisibili che l’avevano portato fuori di lì, venivano recisi di netto, ed immediatamente si sentì stanco, ma con la consapevolezza che l’incantesimo aveva esaurito il suo effetto. E questo lo rese di nuovo padrone dei suoi gesti. Tuttavia, quel particolare, anziché rinfrancarlo, lo svuotò, mentre, ad ogni passo cadeva sempre più preda dei suoi dubbi.

Cos’avrebbe dovuto fare?

Che cosa voleva fare?

Più volte provò a chiedere consiglio ed aiuti a Castigo, ma quando si rese conto che piangeva, avvertì che anche il drago non aveva idea di come comportarsi, ed il cuore gli si fece gonfio, pesante.

Isis era colei che era riuscita a far sì che gli tornasse a battere il cuore, che si era presa cura di lui e di Castigo, che aveva insegnato ad entrambi a gioire, a respirare, ad essere veramente liberi.

Ora,- si chiese Murtagh- dal momento che il legame che aveva con Castigo e quello stretto con Isis, erano per lui un porto sicuro; sarebbe stato pronto a rinunciare al secondo, per avere salva la vita? Sarebbe stato disposto a sacrificare la propria vita e quella del suo drago, per quella di Isis?

Non lo sapeva ancora…

 

Isis lo vide entrare nella loro stanza con l’espressione tirata, tesa dalla preoccupazione, il volto cupo, quasi grigio in effetti; così, incurante della promessa che gli aveva fatto- di restare distesa fino al suo ritorno; dal momento che quel cambiamento piombava come un uragano nella loro tranquillità- balzò in piedi e gli si parò davanti, decisa a chiedergli cosa fosse successo; tuttavia, il ragazzo non gliene diede il tempo, perché quasi si gettò tra le sue braccia, quasi fosse stato un bambino che torna a casa.

E, d’un tratto, con grande sorpresa di entrambi, il Cavaliere versò qualche lacrima, dopo aver sepolto il viso tra i suoi capelli profumati, che tanto amava.

La Dark Angel lasciò che si sfogasse, poiché sapeva che le parole e le spiegazioni, sarebbero giunte al momento opportuno- e che, allora, fare tante domande, avrebbe solo messo a disagio entrambi- poi, quando si fu calmato, lo fece sedere accanto a sé, sul bordo del materasso e, stringendo con convinzione le sue mani tra le proprie, lo rassicurò, guarda dolo con dolcezza:

-         Non temere, Murtagh, troveremo una soluzione anche a questo, tutti e tre noi.-

-         Perché, Isis? Perché stai facendo questo per me, e per Castigo?- le chiese, sentendo di nuovo scendere su di sé, il velo del sospetto che per tanti anni l’aveva accompagnato.

-         Perché…perché…ecco…ti prego, non pensare che io voglia sostituirmi al tuo drago, perché so quale affetto vi lega, ma…è…perché io ti amo- gli confessò, seppur con lieve imbarazzo, sentendosi finalmente liberata da un peso che neppure sapeva di avere.

Quelle parole parvero propagarsi ovunque, rimanendo ad aleggiare tra il Cavaliere e la Dark Angel, e per un po’ entrambi rimasero in silenzio, in attesa.

Murtagh sussultò, colpito da quella confessione. Non sapeva bene cosa fare, perché nessuno, l’aveva mai amato nel modo in cui intendeva Isis, perciò non aveva idea del suo profondo significato, e di tutto ciò che comportasse- anche se, ricordando come e quanto la ragazza fosse stata presente nella sua vita, negli ultimi tempi, anima e corpo; poteva immaginarlo. E questo lo gettò ancor di più nella disperazione, causata dalle parole di Galbatorix.

Notando che si faceva scuro i volto, e che rimaneva zitto, Isis stava per chiedergli scusa, per averlo turbato, ed alzarsi per lasciarlo solo. Tuttavia, il figlio di Morzan fu più svelto: le prese la testa tra le mani e l’avvicinò a sé, posando le labbra sulle sue, in un bacio quasi rabbioso, struggente, passionale, ma anche disperato.

Poi, allontanandosi quel tanto che bastava perché entrambi potessero di nuovo respirare, fece combaciare la fronte con la sua, e le disse, facendole morire sulle labbra le mille domande che aveva:

-         Perché non vai ad aspettarmi al tuo laghetto? Tu raggiungo subito…- le promise e, non appena la ragazza fu uscita, chiudendosi la porta alle spalle, Murtagh si sentì di nuovo vuoto, perso, confuso perché scoppiava per via dell’indecisione che sentiva nel cuore, e non riuscì a far altro che nascondere il viso tra le mani, singhiozzando.

Infine,- dopo quelli che avrebbero potuto essere pochi minuti, o lunghissime ore- si alzò e, uscendo, afferrò Zar’roc, la spada che era appartenuta a suo padre.

 

Intenta a sciacquarsi il viso con l’acqua del laghetto, dopo aver camminato per diverso tempo, Isis quasi non si accorse che il suo falco la guardava intensamente, dondolandosi sul masso lì vicino, per restare in equilibrio. Gli sorrise, riconoscendolo, e, leggermente tesa e guardinga, anche se rassicurata dalla presenza dell’animale, lo fece salire sul suo braccio:

-         Ti prego, trova Eragon: c’è qualcosa che non va, qui.- e, vedendolo volar via, maestoso, un attimo più tardi, ringraziò che fosse già lontano, al sicuro- come avrebbe voluto essere lei…

 

Poco più tardi, non potè impedirsi di sussultare, nell’udire il tonfo prodotto dall’atterraggio di Castigo, sul terreno. Attese qualche attimo ancora, prima di voltarsi verso di lui, ed il suo Cavaliere; sperando di essere ancora in grado di nascondere un segreto, di non far capire che aveva appena chiesto l’aiuto di un altro Cavaliere dei Draghi. Poi però, comprendendo che non avrebbe potuto rimandare in eterno il momento della verità- durante la quale, sperò, avrebbe sciolto tutti i propri dubbi, circa l’oscuro comportamento di Murtagh- si girò lentamente a guardare la scena che le si presentava davanti agli occhi: Castigo aveva lo sguardo triste e mortificato, Murtagh invece, scese dalla sua cavalcatura quasi con slancio, e solo quando la sua figura si stagliò interamente contro il cielo,Isis comprese che brandiva la sua spada dalla lama scarlatta.

Ebbe un fremito mentre sentiva decine di brividi di freddo e di terrore che, come lame le affondavano nella pelle; il suo cuore tremò, poiché temeva di esser stata scoperta, dal momento che, ormai, il vero motivo per cui continuava a restare lì, anche da donna libera, fosse stato smascherato.

Tuttavia, facendosi forza, si alzò in piedi, immobile, il viso mutato in una maschera di cera imperscrutabile; gli occhi che no abbandonarono mai la figura del Cavaliere, finchè quello non le arrivò a pochi passi di distanza. Solo allora Isis notò che aveva gli occhi gonfi, e lucidi per le lacrime.

-         Mi dispiace…- fece, con la voce che sembrava un’eco lontana- ma Galbatorix ha detto che ucciderà me e Castigo, se non ti uccido…e…anche se dovessi scegliere di non ucciderti, mi ordinerà di farlo, nell’antica lingua e, in seguito, ucciderà comunque me e Castigo…perciò…preferisco essere io ad ucciderti, piuttosto che sapere che l’ho fatto sotto l’influsso di qualcun altro, come fossi il suo burattino…- le spiegò, con voce tremula, contrita.

Isis lo fissò, lo scrutò, ed in poco tempo, sotto la propria pelle, avvertì il titanico scontro tra l’odio e l’amore che sentiva verso quell’uomo. I suoi occhi chiari si fecero dapprima duri, gelidi, poi tristi, pieni di disprezzo e di pietà, nel constatare che, comportandosi così, Murtagh affermava a se stesso di essere davvero un fantoccio nelle mani del re.

-         Non sembra che tu abbia molta scelta. In ogni caso. Vuoi che mi batta con te, così che ti sarà più semplice fare ciò che devi?- le parole le uscirono dalle labbra con più asprezza di quanto avrebbe voluto, e vide il Cavaliere sobbalzare, come se fosse stato schiaffeggiato.

-         Non l’ho mai avuta…- replicò flebilmente, con amarezza.

-         Non è vero, Murtagh. Noi siamo ciò che scegliamo di essere.- lo riprese, con una nota di disperazione nella voce.

-         Un figlio non sceglie il proprio padre. E non ho scelto io di diventare un assassino; ho le mani macchiate di sangue a causa di ordini che ho dovuto eseguire. Non ho chiesto io di uccidere Oromis, eppure, questo è ciò che sono: un assassino.- le disse, rabbioso, gli occhi che fiammeggiavano, velati però di una leggera tristezza.

Nell’udire quel nome, Isis sentì che il cuore le mancava un colpo.

-         Oromis? Il Cavaliere? Lo Storpio che è Savio?- gli chiese conferma, inorridita. Quando Murtagh annuì, la Dark Angel sentì le ginocchia che le cedevano e cadde a terra, in ginocchio. Qualche lacrima le rigò le guance; d’improvviso però, rifiutando di accettare tutto ciò che aveva udito, tutto ciò che stava accadendo, serrò le mani a pugno lungo i fianchi, ed i tratti del suo bel volto si irrigidirono:

-         Se servirà alla vostra salvezza, amore mio, sono pronta ad offrirti la mia vita, qui, adesso; così magari sarà tutto come avrebbe dovuto essere sin dall’inizio. Ma devi promettermi che anche quando non ci sarò più, ti ribellerai a tutto questo, gli opporrai qualsiasi tipo di resistenza, per te, e per Castigo: per la vostra libertà.-

-         Non posso. Non posso oppormi, né rompere un giuramento fatto usando il mio vero nome…- mormorò, con gli occhi colmi di una profonda tristezza.

-         Sciocchezze! Ti ho osservato, Murtagh: ho guardato nel tuo cuore e nella tua mente, e non sei un assassino, lo so. Ti ho visto ribellarti a Galbatorix davanti ai miei occhi, in mille modi diversi. Basterà che tu tenga a mente questo, e qualsiasi altra oppressione diverrà vana. E chissà che…forse conquisterai da te la tua libertà…- gli augurò, sospirando rassegnata, anche se tentò di abbozzare un sorriso.

Murtagh sentì che la voce ed il respiro gli morivano in gola, ed alla sua inquietudine si sommò la tristezza di Castigo che fluiva nel suo cuore, poiché erano una cosa sola.

Fece quindi per rinsaldare la presa attorno all’elsa della spada, e l’avrebbe usata subito- pur di allontanare da sé la vista degli occhi di lei, pieni di paura- l’avrebbe infilata nella sua morbida carne, perché lei morisse in fretta, senza soffrire; se in quel momento un’ombra gigantesca non avesse oscurato il cielo, ruggendo.

-         Lasciala andare, fratello.- gli ordinò Eragon, saltando giù dal dorso della sua dragonessa quasi un attimo prima che lei avesse toccato terra, con grazia; e sfoderò la sua spada, dalla lama cerulea.

-         Carina la tua arma, fratello! Sono stati gli elfi a donartela?- sputò, con disprezzo, mentre, per la prima volta distoglieva lo sguardo da Isis, per concentrarsi sulla totalità attorno a sé, sulle sensazioni di Castigo, e su un probabile, imminente scontro.

-         Fratello!?- fece loro eco la Dark Angel, non potendo credere alle proprie orecchie. Ma le sue parole rimasero sospese a mezz’aria, inascoltate, intrappolate nell’invisibile rete di tensione che si era venuta a creare; così, approfittando della temporanea distrazione di Murtagh si alzò in piedi, e comprese di essere l’unico ostacolo ad uno scontro diretto tra Saphira e Castigo spirare fuoco, per non colpirla. Così come Eragon e Murtagh.

-         Vedi, Eragon,- continuò Murtagh, gli occhi ridotti a fessure- non posso farlo. Se non la uccido, Galbatorix si vendicherà su di me e su Castigo…- gli sussurrò, in un sibilo, mentre cominciava a giare in tondo, seguendo un cerchio immaginario che non permise mai ai due di incontrarsi.

-         Potresti anche sacrificarti per lei…- gli ringhiò quasi contro Eragon, dopo essersi avvicinato tanto da afferrare Isis per un braccio per trascinarla via, e metterla al sicuro. Un attimo dopo, grazie ai suoi sensi sottili e sviluppati, potè dedicarsi completamente ad attaccare Murtagh.

-         MAI! NESSUNA VITA è PIù IMPORTANTE DELLA MIA! E non rinuncerò mai neanche a Castigo! Con questa donna mi sono divertito finchè ho potuto, e se mi batterai, potrai averla, se per te è così importante che rimanga in vita…- urlò, e la sua voce parve far tremare le fronde degli alberi tutt’attorno.

I suoi attacchi si fecero più aggressivi, incalzanti, mentre sbeffeggiava Eragon con le sue parole. Ma nessuno dei due Cavalieri, o dei due draghi- presi com’erano dai rispettivi scontri- si rese conto che Isis si era fatta da parte e, se fino ad un secondo prima si era torturata le labbra e le unghie, colpevolizzandosi di essere la causa del probabile annientamento degli ultimi due Cavalieri di Alagaesia; dopo aver udito quelle violente, umilianti, dissacranti parole, uscire dalle labbra di Murtagh, si sentì morire.

Fu come se fosse stata colpita da fasci di frecce che non avevano mancato il loro bersaglio, nel suo petto. Sentì qualcosa, dentro di sé, farsi sempre più pesante- mentre percepiva il reale senso di quelle frasi- fino ad infrangersi. Le parve che le membra le tremassero, così come vibrava il mondo tutt’attorno ai suoi occhi, mentre riusciva a sentire solo clangore di spade che cozzavano e ruggiti.

-         Allora è questa la verità.- esordì, cercando Murtagh con lo sguardo, la voce rotta e lontanissima, persino alle sue stesse orecchie.- Sin dall’inizio miravi esclusivamente a questo: trarre piacere dal mio corpo, senza curarti di altro…- fu costretta a nascondere le labbra dietro una mano, sentendosi fragilissima.

-         Di cos’altro avrei dovuto preoccuparmi, quando ho vicino a me un drago con cui condivido un legame unico?- quelle parole furono come uno schiaffo, come fiamma viva su una ferita aperta, per Isis. E seppe che Murtagh aveva visto la sua sofferenza, quando proseguì con le umiliazioni:

-         Per mio padre funzionò, perché non dovrebbe essere lo stesso per me?- la fissò, beffardo, gli occhi che la deridevano.

Allora la ragazza sarebbe voluta scoppiare a piangere: era l’unica cosa che sentiva di poter fare, mentre finalmente capiva che tutti gli sguardi, i desideri sussurrati, i baci, i gesti d’affetto, oppure i consigli che lui le aveva rivolto, per tutto il tempo avevano avuto esclusivamente il vile scopo di prendersi gioco di lei, di sfruttarla per il proprio piacere.

Così, la fiamma della possibile salvezza di Murtagh e propria, si spegneva definitivamente, abbandonando il suo cuore; Isis comprese che doveva fare un’unica cosa: cercare d’impedire che Eragon fosse ucciso, o peggio, condotto in catene al cospetto di Galbatorix…

Avvertì che una rabbia cruda e cieca le montava nel petto e le pizzicarono le mani: si sarebbe voluta gettare in quello scontro, e fronteggiare Murtagh. Ma realizzò che non aveva armi, perché erano rimaste nella stanza del Cavaliere.

Così, intenzionata comunque a non arrendersi- memore di quanto tempo avesse impiegato per padroneggiare bene la magia- tolse la mano da davanti le labbra per distenderla davanti a sé, il palmo aperto, in direzione del Cavaliere di Galbatorix.

Fece appello a tutta la sua tristezza, all’odio che sentiva verso se stessa per aver permesso a quel…mostro di fare di lei ciò che voleva; ed alla furia che sentiva, perché ormai erano copiose le lacrime che le rigavano il viso- per alimentare l’energia che aveva dentro.

E, un attimo prima di pronunciare l’incantesimo decise che si sarebbe vendicata tramite quella che aveva scoperto essere l’arma più forte di tutte: la parola.

- Forse hai ragione, Murtagh. Però ora capisco perché Selena sia scappata, scegliendo di salvare solo tuo fratello.- sapeva che quelle parole lo avrebbero infastidito, o, sperava, almeno ne avrebbero attirato l’attenzione.

E così fu. Murtagh si immobilizzò un attimo, per voltarsi a guardarla, truce, come un animale ferito, e, nello stesso istante, sia lei che Eragon approfittarono di quella distrazione per lanciare un incantesimo scagliò il Cavaliere contro un albero, facendogli perdere i sensi.

Castigo ruggì, spaventato e, scrollandosi di dosso Saphira accorse immediatamente dal suo Cavaliere, come se in quel momento, per lui, nient’altro avesse avuto importanza.

Eragon si servì di quei momenti per prendere Isis tra le braccia- dal momento che l’incantesimo l’aveva privata di tutte le sue energie, ed ora giaceva a terra, riuscendo a percepire il mondo solo in tanti scoppi di luce, abbaglianti, ed aveva un feroce mal di testa- ed per salire in groppa alla sua dragonessa, che fu pronta a spiccare il volo immediatamente, per trascinare tutti via di lì, per portarli in salvo.

 

 

ANGOLO AUTRICE

Ciao a tutti!

Eccovi un altro capitolo extra(non so se, e con quanta frequenza riuscirò a continuare a postare d’ora in avanti)spero vi sia piaciuto anche se so già che mi ucciderete per come è finito, per queston colpo di scena(che, sono sincera stupisce anche me)perché la reazione di Murtagh…ha rivelato ciò che pensa e prova veramente…o forse, secondo voi, questo suo comportamento ha una spiegazione?

A proposito, non vi sembra che manchi qualcosa, nel capitolo, accanto ad Isis? O meglio…qualcuno?

 

Aspetto ansiosa di leggere le vostre idee,

un abbraccio

marty23

 

ps vorrei ringraziare Arcadia_Azrael per aver aggiunto la ff tra i preferiti, ed avermi lasciato uno splendido commento, che mi ha fatto immensamente piacere.

E yuuki_love per aver inserito la storia tra le seguite.

 

Ovviamente un grazie immenso va a tutti i lettori silenziosi! ^___^

  
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