Tsubasa
non era
fatto per la vita mondana, preso com’era dall’unica
passione della sua vita, ma
aveva pensato che quell’anno, l’ultimo che avrebbe
passato con i suoi amici, fosse
il giusto periodo per prendersi qualche momento di svago, dato che in
futuro raramente
ne avrebbe avuto ancora occasione. Sua madre gli aveva stirato la
camicia
bianca e gliel’aveva posta sull’appendiabiti,
mentre lui era impegnato a
cercare una cintura per i suoi jeans neri.
Finì
di vestirsi
e poi scese a dare un’occhiata all’orologio da
parete per sincerarsi di non
essere in ritardo: decisamente no, anzi, si era preparato anche troppo
presto. Sarebbe
uscito comunque, magari avrebbe trovato già qualcuno nel
locale, anzi , sperava
di trovarvi una persona in particolare.
Sanae era
ormai l’ombra
della ragazza che ricordava: non aveva perso la dolcezza né
il suo caldo
sorriso, ma la sentiva distante, come se ogni giorno che passava stesse
posando
un mattone sul muro che si innalzava tra loro due. Spesso la cercava a
bordo
campo, ma lei gli dava le spalle oppure era impegnata a parlare sempre
con quel
“qualcuno” al cellulare. Oltre al fatto che Sanae
aveva conosciuto qualcuno a
Yukari aveva scucito poche altre informazioni, dato che la ragazza
aveva
candidamente confessato di non sapere altro e non era riuscita a capire
in che
rapporti erano. Sicuramente ottimi, dato che questo gaijin[1]
le
telefonava frequentemente tenendola per parecchi minuti impegnata in
conversazione. Sentirla ridere, quando era al telefono con l’altro gli dava sui nervi e lo sapeva
bene Morisaki che era costretto a prendersi le sue bordate incazzose
oppure
Ishizaki e Takasugi che si erano beccati gomitate o tacchetti nelle
gambe nelle
simulazioni di partita.
Si rendeva
conto, però, che il suo atteggiamento non aveva senso:
mostrare gelosia nei
confronti di un’amica era una cosa infantile. Il problema era
che non sapeva
più dire se per lui Sanae era soltanto una compagna di
scuola dolce e carina
oppure qualcosa di più, era complicato. Fino alla scorsa
primavera per lui
esisteva solo il suo amatissimo sport; poi, tornato a scuola, si era
ritrovato
di fronte la sua manager che all’improvviso era diventata il
suo angelo
custode: lo aiutava nello studio, gli dava i suggerimenti in classe,
era la
prima a correre per passargli i palloni dalla cesta o porgergli
l’asciugamano.
Quelle attenzioni all’inizio lo avevano piacevolmente
colpito, poi le aveva
considerate come il comportamento di una sorella maggiore. Ebbene
sì, doveva
ammetterlo, al di fuori del calcio, aveva bisogno della baby-sitter
per tante cose e chi meglio della “sorellona”[2]
poteva esserlo? Non si era reso conto di quanto fossero atteggiamenti
importanti finché non ne fu privato da un momento
all’altro e, dopo un’estate
in cui il suo angelo custode era volato lontano, si era ritrovato
faccia a
faccia con una Yuki-onna[3].
Probabilmente l’incontro con l’altro
c’entrava in questo suo cambiamento,
però, che lei avesse cambiato atteggiamento con lui poteva
significare che
quelle attenzioni che gli riservava non erano disinteressate come
credeva?
Preso dai
pensieri si ritrovò di fronte al locale concordato con gli
altri: dal vetro
vide una figura femminile e per un attimo ci sperò, ma
quando la ragazza si
voltò e avvistandolo lo salutò, dovette
constatare che, purtroppo, si trattava
di Kumi. Appena entrò lei gli si appiccicò come
sempre e Tsubasa si perse
nuovamente nelle sue considerazioni, confrontando i modi un
po’ sfacciati di
Kumi con quelli discreti di Sanae. Possibile che lei desiderasse quel
tipo di
attenzioni e che lui non se ne fosse mai reso conto? Probabile: quando
stavano
insieme, doveva ammetterlo, era solo lui a parlare e sempre, guarda il
caso, di
calcio.
Le porte
del
locale si spalancarono e quasi tutti i compagni di squadra fecero il
loro
ingresso: mancavano Ishizaki e Izawa, i ritardatari, che si
presentarono una
decina di minuti dopo.
Lei
dov’è?
-
Sanae-chan
ultimamente è sempre in ritardo.- sbuffò Yukari.
-
Avrà anche i
fatti suoi di cui occuparsi, non possiamo mica essere sempre il centro
dei suoi
pensieri.- fece notare Morisaki.
Una frase
buttata a caso, tristemente vera, che aveva il potere di far diventare
il suo
umore nero come i suoi occhi che fissavano insistentemente la porta del
locale,
sperando di vederla comparire da un momento all’altro. Izawa
estrasse il suo
cellulare e scorse la rubrica.
- La
chiamo e le
dico che intanto ci sediamo, non possiamo rimanere in piedi ad
aspettarla.-
Izawa fece
partire la chiamata, ma poco dopo scosse la testa e avvertì
che il telefono era
occupato.
-
Starà parlando
col suo boyfriend transoceanico.-
aggiunse maliziosa Kumi, provocando degli sguardi al vetriolo da parte
di
Ishizaki, Yukari e dallo stesso Tsubasa che in quel momento
l’avrebbe
decapitata volentieri.
I ragazzi
avevano appena congedato la cameriera avvertendola che stavano ancora
aspettando una persona. Yukari si rigirava nervosamente una ciocca tra
le dita:
Sanae era diventata strana dopo quel viaggio e si sentiva come se
stesse
perdendo la sua migliore amica.
- Yukari,
ma ha
detto per caso che non aveva voglia di venire?- chiese Kisugi.
La ragazza
non
sapeva che rispondere: una volta riusciva a capire di più la
prima manager, ma
adesso c’erano momenti in cui le sembrava
un’estranea.
Tsubasa si
stava
agitando di minuto in minuto, lo avvertiva Yukari che lui aveva preteso
di
avere al fianco, in modo che gli evitasse la scomoda vicinanza di Kumi,
perché
sotto il tavolo continuava a dondolare le gambe come se lo avesse morso
una
tarantola. Quel movimento molesto si arrestò di colpo quando
una figura superò
l’arco che divideva la sala in cui si erano accomodati
dall’ingresso. Un
sorriso radioso fu la scossa che agitò il suo cuore.
-
Sanae…- gli
uscì un soffio leggero.
- Scusate
il
ritardo.- fece un inchino ai suoi amici.
-
Ehilà,
manager, che eleganza!- fischiò Izawa.
-
E’ vero,
Sanae, che bel vestito che hai.- si complimentò Yukari.
La ragazza
sorrise mentre le sue guance si velarono di un leggero rossore,
perché tra gli
sguardi ammirati aveva distinto quello di Tsubasa. Il ragazzo la
salutò
educatamente e si scansò per farle posto alla sua sinistra.
- Vicino
al
capitano? Oh, come sono fortunata.- ironizzò, lanciando uno
sguardo eloquente a
Kumi.
Mi
spiace per te, ma stasera mi sento molto civetta. E’ il
momento che sia tu a
metterti in coda.
- Tutto a
posto?
Come mai questo ritardo?- chiese il ragazzo.
- Insomma,
ci ho
messo più tempo del solito a prepararmi…-
- Con un
ottimo
risultato.- le sorrise.
Oh,
no, non smontarmi le intenzioni così…accidenti,
poi stasera sei proprio carino.
Ok, uno a zero, ma adesso ti dimostro come pareggio subito.
-
Grazie…-
sorrise a sua volta -…dicevo, poi sono stata un sacco di
tempo al telefono.-
Tsubasa si
sentì
come se gli avessero dato un pugno nello stomaco, gli mancava solo
l’accenno
alle lunghe telefonate. Sanae prese un menù tra le mani e
lui ne approfittò per
sbirciare; notandolo, lei spostò verso il centro la carta
ricca di pietanze
stuzzicanti.
- Tu cosa
prendi?- i loro visi erano talmente vicini che Tsubasa sentì
il suo respiro sulla
guancia e quel contatto bastò a farlo arrossire come il
solito imbranato che
era. Sanae posò il mento sulla mano e iniziò a
indicare le voci del menù che
avevano attirato maggiormente la sua attenzione.
- Questo
sembra
buono.- gli suggerì picchiettando sul foglio.-
Però anche questo. Come faccio a
decidere?-
- Che ne
dici se
io prendo una cosa e tu l’altra, poi dividiamo?-
suggerì Tsubasa.
Sanae
annuì
soddisfatta e lui passò il menù a Taki che lo
reclamava, poi continuò a
conversare con la sua deliziosa vicina, che quella sera sembrava
più ben
disposta nei suoi confronti. Kumi fissava quel loro conversare,
scambiarsi
sorrisi o ridere per una battuta con i nervi a fior di pelle: il
capitano non
aveva mai fatto così con lei.
- Ehi,
tortorelle, vi siete messi vicini per tubare meglio?- li interruppe la
solita
voce fastidiosa.
Ishizaki,
quand’è che ti cuci quella cazzo di bocca? Tra te
e Morisaki...!! Non mi
mettere in imbarazzo proprio stasera che finalmente Sanae mi
dà un po’ retta.
La ragazza
si
sporse oltre le sue spalle e fece una boccaccia all’amico.
- Parla
pure,
tanto a te non ti filano nemmeno le più disperate del primo
anno.- lo canzonò,
suscitando l’ilarità dei presenti.
Tsubasa
era
scoppiato a ridere, ma subito dopo aveva riflettuto sul fatto che Sanae
non
aveva negato come era solita fare, che tra loro ci fosse qualcosa. La
guardò
ridere e farsi i dispetti con il suo compagno di squadra che si era
messo ad
appallottolare i pezzi di tovagliolino e tirarglieli. Era
così che la
preferiva, vivace e sorridente, non quando stava con lo sguardo assente
e
distante chissà dove.
Com’era
normale
l’aria della sera stava progressivamente rinfrescando, dal
momento che il
giorno dopo sarebbe stato lo Shubūn no Hi[4].
Sanae infilò il coprispalla che aveva lo stesso colore
rosato dei fiori stampati
sul vestito comprato a New York,
scelto per la serata. I ragazzi decisero di fermarsi vicino al ponte
per
ammirare lo spettacolo notturno della luce lunare e si avvicinarono al
letto
del fiume per sedersi sul manto erboso. Sanae rimase in piedi con la
gonna
leggermente mossa dal venticello che accarezzava l’acqua
gorgogliante del
fiume. Tsubasa si girò a guardarla e rimase come ipnotizzato
dal suo profilo
illuminato dalla luna e il corpo esile avvolto in quell’abito
che si muoveva
sinuoso, come se la ragazza fosse vestita di vento. A un tratto,
però, la vide
incrociare le braccia sul petto e frizionarsi le spalle con le mani.
Probabilmente aveva sottovalutato il calo della temperatura della sera,
amplificato evidentemente dall’umidità del fiume.
Una giacca
di
jeans si posò sulle sue spalle e voltandosi potè
vedere l’espressione dolce che
Tsubasa le stava regalando in quel momento. Le sue mani, calde,
rimasero posate
sulle sue spalle e iniziarono ad accarezzarla per darle un
po’ di calore. Dei
fischi divertiti si elevarono tra i compagni di squadra che assistendo
alla
scena non avevano saputo resistere all’impulso di mettere in
imbarazzo il loro
capitano, il quale, però, deciso a non farsi vincere dalla
timidezza, rivolse
uno sguardo di sufficienza ai suoi amici e fece notare che anche
Nishimoto e
Sugimoto avevano freddo.
- Non
vorrete
passare mica per dei cafoni?- insistette.
- A
differenza
del solito controbatte.- ringhiò Izawa, che toltosi la felpa
la offrì a Kumi
che la rifiutò con poca grazia. Lei avrebbe pagato per
essere al posto di Sanae
in quel momento.
Tsubasa,
ormai
immune alle prese in giro, aveva deciso di accompagnarla a casa,
nonostante lei
gli avesse detto più volte che non si doveva disturbare.
- Non ti
faccio
andare a casa da sola a quest’ora.- il tono usato non
ammetteva repliche e non le
restò che incamminarsi sotto lo sguardo torvo di Kumi e
quello divertito degli
altri.
Durante il
tragitto, però, fu l’imbarazzo a farla da padrone.
Nessuno dei due aveva idea
su come iniziare un discorso, finchè non fu Tsubasa a
rompere il silenzio.
- Domani
che
fai?-
Sanae
scrollò le
spalle.
-
Probabilmente
andremo a Yokohama alla tomba del nonno a pregare. Tu?-
- I miei
nonni
sono sepolti a Mitaka e la mamma non se la sente di andare fino
là senza papà.
Andrò al parco a correre e allenarmi.-
Figurati
se mi diceva che sarebbe rimasto a casa a riposare o a fare
dell’altro.
Arrivarono
al
cancello della casa dei Nakazawa, proprio mentre una figura familiare
stava
uscendo dall’abitazione a fianco.
-
Scimmietta!-
esclamò.
- Uffa,
Tacchan,
sei cattivo! Perchè mi chiami ancora così?- si
lamentò, fingendo di essere
profondamente offesa.
I due
ragazzi si
lanciarono in una conversazione sul perché il ragazzo si
trovasse a casa dei
suoi a quell’ora e tagliarono fuori Tsubasa, che rimase a
guardarli mentre Tatsuya
le faceva i complimenti sul vestito e le diceva che i capelli, ormai
privi di
trecce ed extension, ma comunque un
po’ più lunghi, la rendevano più
femminile. Sanae si ricordò all’improvviso
della sua presenza e si scusò per la propria maleducazione.
- Tsubasa
lui
è...-
-
Sì, ci
conosciamo.- la interruppe scocciato.
- Ci siamo
conosciuti in piscina.- puntualizzò Tatsuya.
Il ragazzo
non
ci teneva ad intrattenersi con lui, non si sentiva a suo agio con quel
tipo.
-
Buonanotte,
Sanae, ci vediamo lunedì a scuola. Arrivederci,
Tatsuya-san.- si congedò.
La ragazza
rimase a guardarlo, compiaciuta di poter notare un po’ di
gelosia in Tsubasa.
- Guarda
che a
forza di tirare le corde si spezzano, Sacchan.-
Lei si
voltò,
conscia di quello che stava insinuando.
- Non sai
com’è
il rapporto tra noi due, è giusto che stia un po’
sulle spine, dopo come ho
passato la scorsa primavera.-
- No, non
lo so,
ma so cos’ha provato lui, quando io gli ho detto che eri
andata via. Noi maschi
saremo un po’ ingenui a volte, ma non siamo marionette da
manovrare come fa
comodo.- e detto questo si congedò.
Non si
sarebbe
mai aspettata che proprio Tatsuya le facesse la predica. Prendersi
qualche
rivincita era così sbagliato?
Entrò
in casa e
salì direttamente in camera per prepararsi per la notte.
Mentre si coricava con
la guancia sprofondata nel cuscino, nella sua testa c’era
spazio solo per gli
sguardi dolci di Tsubasa e il piacevole tepore delle sue mani sulle
spalle.
Nel
pomeriggio
si sarebbero visti al club ma, non sapeva come, stava compilando il
modulo di
accesso alla biblioteca scolastica, tutto perchè Yukari gli
aveva detto che
Sanae studiava lì dopo le lezioni. Si fece strada tra gli
scaffali per trovare
un libro non troppo lungo e pensò che l’ultimo
numero di World Soccer Digest[5]
potesse andare, avrebbe reso più credibile la sua
presenza lì dentro. Con fare
circospetto cercò la ragazza tra i banchi, finchè
non la trovò al tavolo
accanto alla finestra, china sull’eserciziario di matematica.
L’indomani
avrebbero avuto una prova scritta sulle equazioni algebriche, ma
Tsubasa ora
era troppo impegnato a concentrarsi sui tratti del viso di Sanae che
preoccuparsi delle eventuali conseguenze del suo scarso impegno nello
studio.
Il viso di
lei era
intinto dei raggi del sole che filtravano dall’ampia finestra
e i suoi capelli
corvini ricadevano sulle spalle a parte le ciocche del ciuffo, troppo
lunghe, che
erano tenute ferme da mollettine color fragola. Tatsuya aveva ragione,
era più
femminile con i capelli più lunghi, anche se, a dire la
verità, l’aveva sempre
trovata carina, anche quando si vestiva come un maschiaccio con il gakuran[6].
Non sapeva dire perché aveva bisogno di rimanere
lì e guardarla, nel silenzio
della biblioteca, senza alcun seccatore che lo canzonasse o altre
occupazioni
che lo distraessero. Forse era così che ci si sentiva?
Bastava poterla guardare
per sentirsi appagato?
A un
tratto lo
sguardo della ragazza si alzò a incontrare il suo, che
imbarazzato si nascose
dietro la rivista, ma notò che lei stava soffocando una
risata. Si accorse
subito di cosa l’aveva divertita, quando vide che i kanji erano rovesciati: stava tenendo la
rivista al contrario.
Epic
fail, Tsubasa! Adesso penserà che la stavi fissando come un
maniaco.
Sanae era
incerta sul cosa fare, anche se l’idea di rimanere
lì a fare mostra di sé come
un pavone che fa la ruota non le sembrava poi tanto malvagia. Aveva
aspettato
parecchio perché il ragazzo sacrificasse un po’
del suo tempo per lei e,
sicuramente, che lui ora fosse lì a rimirarla quasi fosse un
opera d’arte
superava ogni sua più rosea aspettativa. Avrebbe atteso
ancora un po’, poi gli
avrebbe chiesto se aveva bisogno di una mano per il compito in classe
di
domani. Dopotutto, poteva permettersi un po’ di
flessibilità dati gli ultimi
risultati che aveva ottenuto. Purtroppo per Tsubasa, però,
qualcosa, anzi
qualcuno, arrivò a guastare ogni proposito.
- Ciao,
Nakazawa-san.-
Sanae
alzò gli
occhi dal libro e sorrise timidamente al ragazzo che aveva di fronte.
-
Buongiorno, Yoshizumi-san.-
Dal tavolo
di
fronte Tsubasa stava già spiegazzando le pagine della
rivista, ansioso di
sapere cosa volesse il capoclasse della 3ªF da Sanae.
- Puoi
smettere
un attimo? Vorrei offrirti un caffè.- le chiese in tono
gentile, provocandole
un leggero imbarazzo.
No,
che non può. No, no, NO!
La ragazza
tirò
in avanti le braccia per sgranchire le spalle e sorridendo si
alzò in piedi.
- Ti
ringrazio,
in effetti un caffè è quello che ci vuole.-
Yoshizumi
fece
strada e Sanae passò davanti a Tsubasa che stava riducendo
quella povera
rivista a un ammasso accartocciato e non riuscì a nascondere
il sorriso che
l’evidente gelosia del ragazzo le stampò sulle
labbra.
Ora
capisci cosa si prova?
E
qui mi rendo conto che non sono stordita…DI PIÙ!!
Scusate,
ma mercoledì scorso sono stata distratta e mi sono
letteralmente scordata di
pubblicare, gomen a tutti. ^^’
Tornando
alla storia: Tsubasa adesso è come un agnello sul
girarrosto, non lo invidio
proprio. Certo che capire l’atteggiamento di Sanae
è proprio dura, specialmente
per lui che non ha mai nemmeno lontanamente pensato alla
possibilità di un
cambiamento così radicale.
Ringrazio
tutti i lettori e scusate ancora per la mia dimenticanza.
[1]
Straniero
[2]
Anego, il nomignolo di Sanae alle
elementari, significa “sorella
maggiore”.
[3]
Le Yuki-onna sono delle
youkai, le cosiddette donne delle nevi, figure spettrali seducenti ma
spietate.
[4]
Giorno dedicato al
festeggiamento dell’Equinozio Autunnale, in questo giorno
scuole e luoghi di
lavoro sono chiusi per permettere di visitare le tombe dei propri
defunti e
offrire loro dei doni.
[5]
Rivista di calcio
pubblicata in Giappone.
[6]
Divisa scolastica
maschile.