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Autore: Saerith    19/11/2011    5 recensioni
"Occhio per occhio, dente per dente" era in sintesi la logica dietro il codice di Hammurabi. Cosa succederebbe se Sanae iniziasse a ignorare Tsubasa?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tsubasa non era fatto per la vita mondana, preso com’era dall’unica passione della sua vita, ma aveva pensato che quell’anno, l’ultimo che avrebbe passato con i suoi amici, fosse il giusto periodo per prendersi qualche momento di svago, dato che in futuro raramente ne avrebbe avuto ancora occasione. Sua madre gli aveva stirato la camicia bianca e gliel’aveva posta sull’appendiabiti, mentre lui era impegnato a cercare una cintura per i suoi jeans neri.

Finì di vestirsi e poi scese a dare un’occhiata all’orologio da parete per sincerarsi di non essere in ritardo: decisamente no, anzi, si era preparato anche troppo presto. Sarebbe uscito comunque, magari avrebbe trovato già qualcuno nel locale, anzi , sperava di trovarvi una persona in particolare.

Sanae era ormai l’ombra della ragazza che ricordava: non aveva perso la dolcezza né il suo caldo sorriso, ma la sentiva distante, come se ogni giorno che passava stesse posando un mattone sul muro che si innalzava tra loro due. Spesso la cercava a bordo campo, ma lei gli dava le spalle oppure era impegnata a parlare sempre con quel “qualcuno” al cellulare. Oltre al fatto che Sanae aveva conosciuto qualcuno a Yukari aveva scucito poche altre informazioni, dato che la ragazza aveva candidamente confessato di non sapere altro e non era riuscita a capire in che rapporti erano. Sicuramente ottimi, dato che questo gaijin[1] le telefonava frequentemente tenendola per parecchi minuti impegnata in conversazione. Sentirla ridere, quando era al telefono con l’altro gli dava sui nervi e lo sapeva bene Morisaki che era costretto a prendersi le sue bordate incazzose oppure Ishizaki e Takasugi che si erano beccati gomitate o tacchetti nelle gambe nelle simulazioni di partita.

Si rendeva conto, però, che il suo atteggiamento non aveva senso: mostrare gelosia nei confronti di un’amica era una cosa infantile. Il problema era che non sapeva più dire se per lui Sanae era soltanto una compagna di scuola dolce e carina oppure qualcosa di più, era complicato. Fino alla scorsa primavera per lui esisteva solo il suo amatissimo sport; poi, tornato a scuola, si era ritrovato di fronte la sua manager che all’improvviso era diventata il suo angelo custode: lo aiutava nello studio, gli dava i suggerimenti in classe, era la prima a correre per passargli i palloni dalla cesta o porgergli l’asciugamano. Quelle attenzioni all’inizio lo avevano piacevolmente colpito, poi le aveva considerate come il comportamento di una sorella maggiore. Ebbene sì, doveva ammetterlo, al di fuori del calcio, aveva bisogno della baby-sitter per tante cose e chi meglio della “sorellona”[2] poteva esserlo? Non si era reso conto di quanto fossero atteggiamenti importanti finché non ne fu privato da un momento all’altro e, dopo un’estate in cui il suo angelo custode era volato lontano, si era ritrovato faccia a faccia con una Yuki-onna[3]. Probabilmente l’incontro con l’altro c’entrava in questo suo cambiamento, però, che lei avesse cambiato atteggiamento con lui poteva significare che quelle attenzioni che gli riservava non erano disinteressate come credeva?

Preso dai pensieri si ritrovò di fronte al locale concordato con gli altri: dal vetro vide una figura femminile e per un attimo ci sperò, ma quando la ragazza si voltò e avvistandolo lo salutò, dovette constatare che, purtroppo, si trattava di Kumi. Appena entrò lei gli si appiccicò come sempre e Tsubasa si perse nuovamente nelle sue considerazioni, confrontando i modi un po’ sfacciati di Kumi con quelli discreti di Sanae. Possibile che lei desiderasse quel tipo di attenzioni e che lui non se ne fosse mai reso conto? Probabile: quando stavano insieme, doveva ammetterlo, era solo lui a parlare e sempre, guarda il caso, di calcio.

Le porte del locale si spalancarono e quasi tutti i compagni di squadra fecero il loro ingresso: mancavano Ishizaki e Izawa, i ritardatari, che si presentarono una decina di minuti dopo.

 

Lei dov’è?

 

- Sanae-chan ultimamente è sempre in ritardo.- sbuffò Yukari.

- Avrà anche i fatti suoi di cui occuparsi, non possiamo mica essere sempre il centro dei suoi pensieri.- fece notare Morisaki.

Una frase buttata a caso, tristemente vera, che aveva il potere di far diventare il suo umore nero come i suoi occhi che fissavano insistentemente la porta del locale, sperando di vederla comparire da un momento all’altro. Izawa estrasse il suo cellulare e scorse la rubrica.

- La chiamo e le dico che intanto ci sediamo, non possiamo rimanere in piedi ad aspettarla.-

Izawa fece partire la chiamata, ma poco dopo scosse la testa e avvertì che il telefono era occupato.

- Starà parlando col suo boyfriend transoceanico.- aggiunse maliziosa Kumi, provocando degli sguardi al vetriolo da parte di Ishizaki, Yukari e dallo stesso Tsubasa che in quel momento l’avrebbe decapitata volentieri.

 

I ragazzi avevano appena congedato la cameriera avvertendola che stavano ancora aspettando una persona. Yukari si rigirava nervosamente una ciocca tra le dita: Sanae era diventata strana dopo quel viaggio e si sentiva come se stesse perdendo la sua migliore amica.

- Yukari, ma ha detto per caso che non aveva voglia di venire?- chiese Kisugi.

La ragazza non sapeva che rispondere: una volta riusciva a capire di più la prima manager, ma adesso c’erano momenti in cui le sembrava un’estranea.

Tsubasa si stava agitando di minuto in minuto, lo avvertiva Yukari che lui aveva preteso di avere al fianco, in modo che gli evitasse la scomoda vicinanza di Kumi, perché sotto il tavolo continuava a dondolare le gambe come se lo avesse morso una tarantola. Quel movimento molesto si arrestò di colpo quando una figura superò l’arco che divideva la sala in cui si erano accomodati dall’ingresso. Un sorriso radioso fu la scossa che agitò il suo cuore.

- Sanae…- gli uscì un soffio leggero.

- Scusate il ritardo.- fece un inchino ai suoi amici.

- Ehilà, manager, che eleganza!- fischiò Izawa.

- E’ vero, Sanae, che bel vestito che hai.- si complimentò Yukari.

La ragazza sorrise mentre le sue guance si velarono di un leggero rossore, perché tra gli sguardi ammirati aveva distinto quello di Tsubasa. Il ragazzo la salutò educatamente e si scansò per farle posto alla sua sinistra.

- Vicino al capitano? Oh, come sono fortunata.- ironizzò, lanciando uno sguardo eloquente a Kumi.

 

Mi spiace per te, ma stasera mi sento molto civetta. E’ il momento che sia tu a metterti in coda.

 

- Tutto a posto? Come mai questo ritardo?- chiese il ragazzo.

- Insomma, ci ho messo più tempo del solito a prepararmi…-

- Con un ottimo risultato.- le sorrise.

 

Oh, no, non smontarmi le intenzioni così…accidenti, poi stasera sei proprio carino. Ok, uno a zero, ma adesso ti dimostro come pareggio subito.

 

- Grazie…- sorrise a sua volta -…dicevo, poi sono stata un sacco di tempo al telefono.-

Tsubasa si sentì come se gli avessero dato un pugno nello stomaco, gli mancava solo l’accenno alle lunghe telefonate. Sanae prese un menù tra le mani e lui ne approfittò per sbirciare; notandolo, lei spostò verso il centro la carta ricca di pietanze stuzzicanti.

- Tu cosa prendi?- i loro visi erano talmente vicini che Tsubasa sentì il suo respiro sulla guancia e quel contatto bastò a farlo arrossire come il solito imbranato che era. Sanae posò il mento sulla mano e iniziò a indicare le voci del menù che avevano attirato maggiormente la sua attenzione.

- Questo sembra buono.- gli suggerì picchiettando sul foglio.- Però anche questo. Come faccio a decidere?-

- Che ne dici se io prendo una cosa e tu l’altra, poi dividiamo?- suggerì Tsubasa.

Sanae annuì soddisfatta e lui passò il menù a Taki che lo reclamava, poi continuò a conversare con la sua deliziosa vicina, che quella sera sembrava più ben disposta nei suoi confronti. Kumi fissava quel loro conversare, scambiarsi sorrisi o ridere per una battuta con i nervi a fior di pelle: il capitano non aveva mai fatto così con lei.

- Ehi, tortorelle, vi siete messi vicini per tubare meglio?- li interruppe la solita voce fastidiosa.

 

Ishizaki, quand’è che ti cuci quella cazzo di bocca? Tra te e Morisaki...!! Non mi mettere in imbarazzo proprio stasera che finalmente Sanae mi dà un po’ retta.

 

La ragazza si sporse oltre le sue spalle e fece una boccaccia all’amico.

- Parla pure, tanto a te non ti filano nemmeno le più disperate del primo anno.- lo canzonò, suscitando l’ilarità dei presenti.

Tsubasa era scoppiato a ridere, ma subito dopo aveva riflettuto sul fatto che Sanae non aveva negato come era solita fare, che tra loro ci fosse qualcosa. La guardò ridere e farsi i dispetti con il suo compagno di squadra che si era messo ad appallottolare i pezzi di tovagliolino e tirarglieli. Era così che la preferiva, vivace e sorridente, non quando stava con lo sguardo assente e distante chissà dove.

 

 

 

Com’era normale l’aria della sera stava progressivamente rinfrescando, dal momento che il giorno dopo sarebbe stato lo Shubūn no Hi[4]. Sanae infilò il coprispalla che aveva lo stesso colore rosato dei fiori stampati sul vestito comprato a New York, scelto per la serata. I ragazzi decisero di fermarsi vicino al ponte per ammirare lo spettacolo notturno della luce lunare e si avvicinarono al letto del fiume per sedersi sul manto erboso. Sanae rimase in piedi con la gonna leggermente mossa dal venticello che accarezzava l’acqua gorgogliante del fiume. Tsubasa si girò a guardarla e rimase come ipnotizzato dal suo profilo illuminato dalla luna e il corpo esile avvolto in quell’abito che si muoveva sinuoso, come se la ragazza fosse vestita di vento. A un tratto, però, la vide incrociare le braccia sul petto e frizionarsi le spalle con le mani. Probabilmente aveva sottovalutato il calo della temperatura della sera, amplificato evidentemente dall’umidità del fiume.

Una giacca di jeans si posò sulle sue spalle e voltandosi potè vedere l’espressione dolce che Tsubasa le stava regalando in quel momento. Le sue mani, calde, rimasero posate sulle sue spalle e iniziarono ad accarezzarla per darle un po’ di calore. Dei fischi divertiti si elevarono tra i compagni di squadra che assistendo alla scena non avevano saputo resistere all’impulso di mettere in imbarazzo il loro capitano, il quale, però, deciso a non farsi vincere dalla timidezza, rivolse uno sguardo di sufficienza ai suoi amici e fece notare che anche Nishimoto e Sugimoto avevano freddo.

- Non vorrete passare mica per dei cafoni?- insistette.

- A differenza del solito controbatte.- ringhiò Izawa, che toltosi la felpa la offrì a Kumi che la rifiutò con poca grazia. Lei avrebbe pagato per essere al posto di Sanae in quel momento.

 

 

 

Tsubasa, ormai immune alle prese in giro, aveva deciso di accompagnarla a casa, nonostante lei gli avesse detto più volte che non si doveva disturbare.

- Non ti faccio andare a casa da sola a quest’ora.- il tono usato non ammetteva repliche e non le restò che incamminarsi sotto lo sguardo torvo di Kumi e quello divertito degli altri.

Durante il tragitto, però, fu l’imbarazzo a farla da padrone. Nessuno dei due aveva idea su come iniziare un discorso, finchè non fu Tsubasa a rompere il silenzio.

- Domani che fai?-

Sanae scrollò le spalle.

- Probabilmente andremo a Yokohama alla tomba del nonno a pregare. Tu?-

- I miei nonni sono sepolti a Mitaka e la mamma non se la sente di andare fino là senza papà. Andrò al parco a correre e allenarmi.-

 

Figurati se mi diceva che sarebbe rimasto a casa a riposare o a fare dell’altro.

 

Arrivarono al cancello della casa dei Nakazawa, proprio mentre una figura familiare stava uscendo dall’abitazione a fianco.

- Scimmietta!- esclamò.

- Uffa, Tacchan, sei cattivo! Perchè mi chiami ancora così?- si lamentò, fingendo di essere profondamente offesa.

I due ragazzi si lanciarono in una conversazione sul perché il ragazzo si trovasse a casa dei suoi a quell’ora e tagliarono fuori Tsubasa, che rimase a guardarli mentre Tatsuya le faceva i complimenti sul vestito e le diceva che i capelli, ormai privi di trecce ed extension, ma comunque un po’ più lunghi, la rendevano più femminile. Sanae si ricordò all’improvviso della sua presenza e si scusò per la propria maleducazione.

- Tsubasa lui è...-

- Sì, ci conosciamo.- la interruppe scocciato.

- Ci siamo conosciuti in piscina.- puntualizzò Tatsuya.

Il ragazzo non ci teneva ad intrattenersi con lui, non si sentiva a suo agio con quel tipo.

- Buonanotte, Sanae, ci vediamo lunedì a scuola. Arrivederci, Tatsuya-san.- si congedò.

La ragazza rimase a guardarlo, compiaciuta di poter notare un po’ di gelosia in Tsubasa.

- Guarda che a forza di tirare le corde si spezzano, Sacchan.-

Lei si voltò, conscia di quello che stava insinuando.

- Non sai com’è il rapporto tra noi due, è giusto che stia un po’ sulle spine, dopo come ho passato la scorsa primavera.-

- No, non lo so, ma so cos’ha provato lui, quando io gli ho detto che eri andata via. Noi maschi saremo un po’ ingenui a volte, ma non siamo marionette da manovrare come fa comodo.- e detto questo si congedò.

Non si sarebbe mai aspettata che proprio Tatsuya le facesse la predica. Prendersi qualche rivincita era così sbagliato?

Entrò in casa e salì direttamente in camera per prepararsi per la notte. Mentre si coricava con la guancia sprofondata nel cuscino, nella sua testa c’era spazio solo per gli sguardi dolci di Tsubasa e il piacevole tepore delle sue mani sulle spalle.

 

 

 

 

Nel pomeriggio si sarebbero visti al club ma, non sapeva come, stava compilando il modulo di accesso alla biblioteca scolastica, tutto perchè Yukari gli aveva detto che Sanae studiava lì dopo le lezioni. Si fece strada tra gli scaffali per trovare un libro non troppo lungo e pensò che l’ultimo numero di World Soccer Digest[5] potesse andare, avrebbe reso più credibile la sua presenza lì dentro. Con fare circospetto cercò la ragazza tra i banchi, finchè non la trovò al tavolo accanto alla finestra, china sull’eserciziario di matematica. L’indomani avrebbero avuto una prova scritta sulle equazioni algebriche, ma Tsubasa ora era troppo impegnato a concentrarsi sui tratti del viso di Sanae che preoccuparsi delle eventuali conseguenze del suo scarso impegno nello studio.

Il viso di lei era intinto dei raggi del sole che filtravano dall’ampia finestra e i suoi capelli corvini ricadevano sulle spalle a parte le ciocche del ciuffo, troppo lunghe, che erano tenute ferme da mollettine color fragola. Tatsuya aveva ragione, era più femminile con i capelli più lunghi, anche se, a dire la verità, l’aveva sempre trovata carina, anche quando si vestiva come un maschiaccio con il gakuran[6]. Non sapeva dire perché aveva bisogno di rimanere lì e guardarla, nel silenzio della biblioteca, senza alcun seccatore che lo canzonasse o altre occupazioni che lo distraessero. Forse era così che ci si sentiva? Bastava poterla guardare per sentirsi appagato?

A un tratto lo sguardo della ragazza si alzò a incontrare il suo, che imbarazzato si nascose dietro la rivista, ma notò che lei stava soffocando una risata. Si accorse subito di cosa l’aveva divertita, quando vide che i kanji erano rovesciati: stava tenendo la rivista al contrario.

 

Epic fail, Tsubasa! Adesso penserà che la stavi fissando come un maniaco.

 

Sanae era incerta sul cosa fare, anche se l’idea di rimanere lì a fare mostra di sé come un pavone che fa la ruota non le sembrava poi tanto malvagia. Aveva aspettato parecchio perché il ragazzo sacrificasse un po’ del suo tempo per lei e, sicuramente, che lui ora fosse lì a rimirarla quasi fosse un opera d’arte superava ogni sua più rosea aspettativa. Avrebbe atteso ancora un po’, poi gli avrebbe chiesto se aveva bisogno di una mano per il compito in classe di domani. Dopotutto, poteva permettersi un po’ di flessibilità dati gli ultimi risultati che aveva ottenuto. Purtroppo per Tsubasa, però, qualcosa, anzi qualcuno, arrivò a guastare ogni proposito.

- Ciao, Nakazawa-san.-

Sanae alzò gli occhi dal libro e sorrise timidamente al ragazzo che aveva di fronte.

- Buongiorno, Yoshizumi-san.-

Dal tavolo di fronte Tsubasa stava già spiegazzando le pagine della rivista, ansioso di sapere cosa volesse il capoclasse della 3ªF da Sanae.

- Puoi smettere un attimo? Vorrei offrirti un caffè.- le chiese in tono gentile, provocandole un leggero imbarazzo.

 

No, che non può. No, no, NO!

 

La ragazza tirò in avanti le braccia per sgranchire le spalle e sorridendo si alzò in piedi.

- Ti ringrazio, in effetti un caffè è quello che ci vuole.-

Yoshizumi fece strada e Sanae passò davanti a Tsubasa che stava riducendo quella povera rivista a un ammasso accartocciato e non riuscì a nascondere il sorriso che l’evidente gelosia del ragazzo le stampò sulle labbra.

 

Ora capisci cosa si prova?

 

 

 

E qui mi rendo conto che non sono stordita…DI PIÙ!!

Scusate, ma mercoledì scorso sono stata distratta e mi sono letteralmente scordata di pubblicare, gomen a tutti. ^^’

Tornando alla storia: Tsubasa adesso è come un agnello sul girarrosto, non lo invidio proprio. Certo che capire l’atteggiamento di Sanae è proprio dura, specialmente per lui che non ha mai nemmeno lontanamente pensato alla possibilità di un cambiamento così radicale.

Ringrazio tutti i lettori e scusate ancora per la mia dimenticanza.



[1] Straniero

[2] Anego, il nomignolo di Sanae alle elementari, significa “sorella maggiore”.

[3] Le Yuki-onna sono delle youkai, le cosiddette donne delle nevi, figure spettrali seducenti ma spietate.

[4] Giorno dedicato al festeggiamento dell’Equinozio Autunnale, in questo giorno scuole e luoghi di lavoro sono chiusi per permettere di visitare le tombe dei propri defunti e offrire loro dei doni.

[5] Rivista di calcio pubblicata in Giappone.

[6] Divisa scolastica maschile.

  
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