XXXV Capitolo
Notice me, take my hand
Why are we strangers when
Our love is strong
Why carry on without me
Everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, it's haunting me
I guess I need you, baby
Non ci potevo credere.
No, assolutamente no.
Lui mi voleva bene.
Mi ama.
Non riusciva a stare lontano da me … così mi aveva detto! Lui
era legato a me. Semplicemente mi amava.
Ormai eravamo una coppia.
Forse l’amore … forse l’amore non
bastava. Forse, a lui, tutto questo non era sufficiente.
Magari aveva bisogno di una persona che dividesse con lui il
suo lavoro e non, come me, che gli restasse solo a fianco.
Non potevo crederci.
Magari Gerard aveva bisogno di avere una donna al suo fianco,
sempre. In ogni momento. Che fosse la sua ombra e che lo seguisse in ogni suo
spostamento. Ed io non potevo farlo. Volevo e dovevo essere indipendente. Con un
mio lavoro e non solo essere la compagna-mantenuta di qualcuno. Lui sapeva cosa
pensassi della faccenda.
No,
non può avermi fatto una cosa del genere… Magari è solo uno sbaglio … è
spazzatura mediatica!
Eppure … una donna alta e bionda era abbracciata a lui. Si
guardavano negli occhi e le loro labbra si sfioravano.
Le foto erano tante e
insieme all’articolo parlavano chiaro.
Era in prima pagina. E ritraeva i due intenti a baciarsi in
maniera appassionata. Lui le cingeva la schiena con una mano e l’altra era a
sostegno del suo collo. Lei invece lo abbracciava, sollevata sulla punta dei
piedi. Sembravano entrambi molto coinvolti.
Gli scatti non ritraevano scene di film. No. Erano semplici
scatti rubati dal fotografo, nella vita privata dei due. Infatti erano entrambi
vestiti normalmente, con abiti casual. E non erano forzatamente in posa.
L’articolo era piuttosto lungo. Lo avevo letto un paio di
volte, perché non avevo realizzato subito la cosa. Il pezzo si poteva
riassumere in una riga.
“Finalmente ho
trovato la donna giusta, la donna della mia vita. Intendo sposarla al più
presto.”
Poi un piccolo paragrafo delle dichiarazioni di lei, del
sesso che avevano fatto e altro ancora.
Sconvolta. Scioccata.
Incredula. E senza parole.
Avevo un groppo allo stomaco e mi veniva da vomitare.
Mi alzai dal divano sul quale ero stesa e cominciai a
camminare avanti e indietro per il salotto.
Oh mio dio!
Ci sono cascata! Come ho potuto
credere alle sue parole? Alle parole di un attore, che recita dalla mattina
alla sera!
Non ci sono paragoni da fare! Quella
lì aveva tutto. Quella donna era
tutto. Tutto ciò che un uomo vuole, tutto ciò che desidera.E’ alta, bella,
magra, bionda… magari ricca, simpatica e pure intelligente.
Non
avrei mai potuto competere.
Era
logico, quasi scontato! E dire che mi ero pure illusa. Che sciocca.
Povera, stupida sciocca!
Ero nauseata. Disgustata. Completamente disgustata!
Non riuscivo a capire se più fossi schifata da me stessa, per
aver creduto alle sue parole o se a disgustarmi fosse lui. Le sue parole, le
sue carezze, i suoi baci.
Calde lacrime cominciarono a scendere copiose dai miei occhi
fino ad offuscarmi la vista. Cercando a tentoni il divano, mi sedette e con le
mani a coprirmi il viso, diedi libero sfogo al mio dolore. Fortunatamente la
mamma e John erano fuori e non sarebbero rientrati prima di sera.
Tempo dopo, sfinita dal troppo pianto, mi diresse in camera
mia. Avevo bisogno di riposare. Riposare e smettere di pensare. Solo dormire e
arginare i pensieri. Mi sdraiai sul letto e con la testa sul cuscino mi rilassai
sforzandomi di non pensare più a nulla.
Di non pensare a lui. E al male che mi aveva fatto.
Non lo sentì entrare fino a quando il suo respiro caldo mi soffiò
sul viso. Quel profumo di menta, quello della sua bocca.
Fu proprio quello che mi risvegliò. Aprì gli occhi e ancora
confusa mi tirai a sedere, sul letto. Lui era lì, vicinissimo. Accovacciato
accanto al mio letto e mi guardava. I suoi occhi sembravano volermi
accarezzare.
Una carezza lenta e sconvolgente. Carezze che avevo già
provato, già sentito e per le quali ero impazzita dal desiderio. Carezze per le
quali ancora smaniavo, nonostante tutto.
Lui passava il suo sguardo su di lei,
sul suo viso per poi tornare sempre a cercarle gli occhi.
Quegli occhi che fin dal loro primo
incontro lo avevano ammaliato, quasi ipnotizzato. Così chiari, così limpidi.
E il suo dolcissimo viso. Lo stesso
viso che cercava come prima cosa tutte le mattine e che sempre ritrovava
accanto a se tutte le notti. E di cui, ne era certo, ora non avrebbe più potuto
fare a meno. Il suo viso le era mancato da morire. Quel viso che rimaneva
incantato ad osservare la notte, quando lei dormiva, o di giorno solo quando
lei non lo vedeva. Di quel viso aveva imparato tutto a memoria. Ogni sua linea,
ogni sua smorfia e singola espressione, ogni sua più piccola imperfezione.
Di quel viso e di quegli occhi si era
innamorato. Delle sensazioni ed emozioni che vi si riflettevano.
Il rossore che la pervadeva quando era
arrabbiata o in imbarazzo, il bianco pallore di dolore o di paura. La
luminosità che la pervadeva quando sorrideva gioiosa o semplicemente felice, il
dispiacere e il desiderio.
Il suo viso rifletteva tutto questo. E
lui lo sapeva. Il viso di lei era lo specchio della sua anima. Non riusciva a
smettere di guardarla, quasi non potesse farne a meno.
La voleva, la desiderava.
Desiderava toccare la sua pelle, sentire
e accarezzare quel corpo che era stato suo. E che sarebbe rimasto solo suo.
Quel corpo che lo faceva impazzire dal desiderio. Sempre, notte e giorno. Quel
corpo che amava.
Eppure non parlava. Non voleva
rovinare quel momento. Si limitava ad osservarla incantato.
Mi mancò il respiro.
Lo amavo. Lo desideravo. Immensamente. Era diventato come
l’aria che respiravo, non potevo farne a meno.
I suoi occhi, i dolci occhi di lui, sembravano voler chiedere
scusa. Volevano essere guidati ed accarezzati. Imbrigliati in un abbraccio
eterno e senza via di fuga.
And everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, you're haunting me
I guess I need you, baby
I may have made it rain
Please forgive me
My weakness caused you pain
And this song's my sorry
Ma poi qualcosa si fece largo nella mia mente.
Un ricordo. Il ricordo di un dolore forte, un dolore
straziante e cocente. Il ricordo di una donna. Il ricordo di un abbraccio. Il
ricordo di baci rubati. Ed improvvisamente una rabbia cieca si impossessò di me.
Della mia mente e del mio corpo.
“Cosa ci fai qui?” domandai con tono rabbioso, allontanandomi
da lui.
“Volevo vederti”
Aveva un aspetto terribilmente trascurato ed enormi occhiaie scavavano
il suo sguardo.
“Ah-ah! Questa si che è bella! Davvero divertente … e per
quale ragione?” replicai con un sorriso acido sulle labbra “Anzi, sai che c’è?!? Non voglio saperlo, non
voglio sapere niente. Esci fuori da qui. Subito!” ingiunsi con rabbia
Ora le labbra erano strette e tirate. Mi sentivo gelida.
“Ho bisogno di parlarti … e di spiegarti” scuoteva il capo in
senso di diniego.
Lo sguardo ancorato al mio.
“Non essere ridicolo!” lo interruppi determinata “Non abbiamo nulla da dirci. Le foto e gli
articoli parlano già da soli!”
“No, tu non capisci…” cominciò lui con tono dolce avvicinandosi
ancora di più a me.
Il fuoco mi divampò dentro accendendo la mia rabbia
“Io non capisco??? COME OSI? Io capisco molto bene, invece!
Non voglio ascoltare nulla di quello che hai da dire. Sei un bugiardo! Tu mi
hai tradito!!! Ti rendi conto? Mi hai ingannata e mi hai offesa, mi hai illusa
e ferita in maniera imperdonabile! Tu dici che io non capisco mentre sei tu
quello che non capisce. Ti ho donato tutto di me! Ti ho dato il mio corpo e la
mia anima, ti ho donato il mio cuore aprendolo per te. E tu ci hai sputato
dentro! Senza, senza … senza alcun rimorso! Come hai potuto? Come hai potuto
farmi questo? Ora voglio solo che mi lasci in pace!” replicai con forza alzandomi
per andare ad aprire la porta della mia stanza, in modo da farlo uscire.
Le mie spalle tremavano visibilmente, il petto si alzava e si
abbassava furiosamente. Il volto era sicuramente acceso e contorto dalla
rabbia. Copiose lacrime mi rigavano il viso ma con un gesto imperioso, del
braccio, le cancellai.
Non vale la pena piangere per uno come
lui!
“Non dire così, Soph. Ti prego… io ti amo. Ti amo come non ho
mai amato nessuna. Ti desidero e voglio che tu stia con me, che tu sia mia per
sempre. Ti prego”
Le sue parole erano quasi una supplica. La sua voce un soffio
caldo ed avvolgente. Allungò le braccia in modo da cercare un contatto. Io però
mi ritrassi immediatamente, come se mi fossi scottata.
“Non toccarmi! Non osare avvicinarti!” mi scansai risentita “Tu non devi toccarmi mai più. Voglio che tu
esca da questa stanza. Ora! Non voglio vederti mai più! Mi fai schifo! Non
voglio più avere niente a che fare con te. Mai più”
“Ti prego … tu non sai quello che dici … se solo mi lasciassi
spiegare”
I suoi occhi erano dolci ma anche esitanti. Non voleva arrendersi
e cercava di affascinarmi.
“Te l’ho già detto. Non m’interessa nulla! Non voglio
ascoltare niente di quello che hai da dire. Hai fatto una cosa inammissibile. Mi
disgusti! Ed ora esci!”
Il mio viso era sicuramente rosso e gonfio dal pianto. I
capelli legati malamente con un elastico. I piedi scalzi ed indosso solo una
canottiera nera e degli short dello stesso colore. Il seno continuava a
gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente. Avevo il fiatone come se avessi corso per
decine e decine di metri.
Ero stanca, stravolta.
Ero arrabbiata e il mio sguardo era infiammato dall’ira.
Eppure nonostante tutto non potevo fare a meno di guardarlo.
Di guardare i suoi occhi, di guardare il suo corpo. Nonostante tutto lui era
ancora la cosa più bella che avessi mai visto. L’uomo più bello che avessi mai avuto.
Ero
stata sua. Gli avevo donato tutto l’amore umanamente possibile e lui aveva
gettato tutto!
“Soph, non ho intenzione di andare via. Voglio parlare con
te. Ti prego … voglio spiegarti” avvicinandosi lentamente
“Stai zitto. Zitto ho detto! Esci e non tornare mai più!” e
così dicendo mi tappai le orecchie e, allontanandomi, barcollai come ubriaca fino
a raggiungere l’angolo più buio della camera.
“Tesoro, ti prego”
La sua voce era quasi un sussurro. Il suo sguardo era
addolorato, i suoi occhi quasi colmi di lacrime. Si avvicinò con lentezza fino
a sfiorarmi la spalla.
“Amore ti supplico…”
“Non toccarmi!”
Lui fece un passo indietro, poi un altro ancora, come
respinto e andò a sedersi sul letto. Si passò le mani sul volto. Sembrava
esausto.
Il mio cuore era a pezzi. Letteralmente
a pezzi. Ci eravamo amati così tanto e così intensamente ed ora ci saremmo
feriti fino a sanguinare. Entrambi. L’ uno contro l’altro.
“Allora, raccontami un po’… com’è lei? Ti piace? Che progetti
avete? La ami?” dissi “Allora ti è piaciuto? E’ stato bello scopartela? Su
avanti, raccontami un po’… ”
Stavo diventando volgare ma non m’importava. Ero inondata
dalla rabbia e la mia voce suonava velenosa.
“Quindi è questo che vuoi sapere? Se è stata brava?” rispose
alzando il volto e incrociando i miei occhi “Sei sicura? Sicura di volerlo
sapere, di voler conoscere i dettagli Soph? ” aggiunse alzandosi e
avvicinandosi a me con fare minaccioso. La sua voce tesa e chiara.
Le avevo mentito… non ricordavo un
accidenti di niente di quella notte e se anche me lo avesse chiesto non avrei
saputo dirle nulla.
Ero stanco. Ma non come dopo una corsa
di molti e molti kilometri. Ero stanco mentalmente.
La volevo ancora. Volevo che
rientrasse nel mio mondo anche perché per me, il me sobrio, non ne era mai
uscita. La volevo al mio fianco.
Volevo la sua risata dolce e
cristallina. Volevo il suo sguardo addosso.
Volevo i suoi occhi gonfi d’amore per
me. Solo e soltanto per me.
Volevo la sua fresca intelligenza, la
sua mente aperta e vivace.
Volevo il suo corpo, quel corpo così
caldo e arrendevole.
L’avevo tradita. L’avevo ferita e disgustosamente
messa in ridicolo.
Avevo sbagliato. Uno stupido, tremendo
sbaglio. Di cui mi ero pentito subito dopo perché non ne era valsa assolutamente
la pena, poco ma sicuro!
Sono un idiota, uno stronzo! Un lurido
bastardo. Un bastardo della peggior specie!
Volevo rimediare e avrei fatto di
tutto. Mi sarei prostrato in mille modi, l’avrei servita e lusingata. L’avrei
amata ed onorata, rispettata e protetta.
“Oh, mio Dio! Esci di qui, vattene!” dissi piegando il capo ”Vattene via e non tornare più”
Ero rannicchiata su me stessa, con le gambe al petto, le
braccia sulle ginocchia e la testa appoggiata alle braccia. La testa mi
pulsava, mi faceva un male tremendo. Avevo la bocca arida e le labbra bagnate
dalle lacrime cadute.
At night I pray
That soon your face will fade away
And everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, you're haunting me
I guess I need you, baby
“Sophie, guardami“ fece lui con voce bassa
Lei non rispose né alzò gli occhi.
Era
così piccola rispetto a lui, sembrava quasi una bambina.
Lui si avvicinò ancora e abbassandosi
la sollevò da terra afferrandola per le braccia e tenendola stretta per la
vita.
“Amore guardami … per favore” la supplicò
ancora “Lo so che sei arrabbiata, delusa
e offesa. Ma voglio spiegarti, ti prego”
In quel momento dei passi risuonarono
per le scale e dopo qualche secondo la porta si aprì e John entrò.
Sophie era tra le braccia di Gerard scossa
dai singhiozzi. La testa reclinata mollemente di lato, come a volerlo scansare.
John si fermò subito, alquanto
scombussolato. E quando i due si voltarono verso di lui, Sophie tirò un sospiro
di sollievo. Liberandosi dalle forti braccia del suo uomo, che amava ancora più
di se stessa, corse a fiondarsi in quelle sicure di suo fratello John.
“Ma che diavolo sta succedendo qui?”
domandò dopo aver abbracciato la sorella
“Ti prego John, mandalo via. Non
voglio più vederlo. Fai uscire Gerard da casa nostra” anche pronunciare il suo
nome era doloroso.
Era distrutta, a livello fisico ed
emotivo. Non poteva sopportare altro.
“John, io e tua sorella abbiamo
bisogno di chiarire delle cose. Potresti lasciarci soli, per cortesia?” chiese
Gerard avvicinandosi a John e cercando di prendere Sophie dalle braccia del
fratello.
Ma lui la strinse ancora di più a sé e
nonostante Gerard fosse più grosso di lui e almeno cinque centimetri più alto,
allontanò Sophie e con voce chiara e decisa disse “Gerard, sarebbe meglio te ne andassi“ il tono
piatto e incolore
“Ascolta John, ho davvero bisogno di
parlare con Soph. Non intendo…”
“Esci da casa nostra. Subito!” replicò
John interrompendolo
Lei si voltò un solo momento a
guardarlo e quello che disse gelò il sangue a entrambi.
“Tu non sei l’uomo che amo! Il mio
Gerard non è così … lui … non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non mi
avrebbe fatto soffrire così. Lui mi amava … tu non sei lui! Ed ora esci di qui
perché la tua sola vista mi disgusta!”
Non lo guardò più.
Gerard fissò prima John e poi
abbassando lo sguardo cercò gli occhi della sorella. Di quella ragazza, anzi di
quella donna, che amava da morire.
“Pensa pure quello che vuoi. Offendimi
e feriscimi come meglio credi ma scordati che io ti lasci andare. Non
permetterò a nessuno di farti uscire dalla mia vita. Mai. Ti amo troppo per
farlo!”
Gli occhi di lei non si alzarono dal
pavimento finché la porta non si chiuse alle spalle di Gerard.
Solo allora si afflosciò, piangendo,
tra le braccia del fratello. Lui senza chiedere spiegazioni di alcun tipo aiutò
la sorella a sdraiarsi a letto e con dolcezza la coprì con un plaid.
Silenziosamente uscì e chiuse la
porta, lasciandola sola.