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Autore: irene862    19/11/2011    1 recensioni
2015 --> REVISIONATA E CORRETTA!
Dal IX capitolo..
“Hai perfettamente ragione, sei stato uno stronzo. Un emerito, grandissimo stronzo! Non ti permettere mai più di rifare o ridire quello che hai detto e fatto. Perché te ne pentiresti! “ Non so dove presi il coraggio di minacciarlo. Ma fui contenta di avercelo ficcato da qualche parte.
“Non so con chi hai a che fare quotidianamente, nel tuo mondo patinato di super divi miliardari, ma qui è diverso. Siamo nel mondo reale bello! La gente merita rispetto!” Eravamo talmente vicini che i nostri abiti si sfioravano. Gli puntai un dito sul petto e lo pungolai. ” E non mi importa un fico secco se sei un attore Hollywodiano o che altro. Non credo ad una sola parola delle tue scuse di poco fa quindi non starmi tra i piedi ed andremo d’accordo! Non sono venuta fin qui da casa mia per farmi insultare da un maledetto idiota borioso, come te!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce e delicata come il miele'
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Cap. 35

XXXV Capitolo

 

 

 

 

 

Notice me, take my hand
Why are we strangers when
Our love is strong
Why carry on without me

Everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, it's haunting me
I guess I need you, baby

 

 

 

 

 

Non ci potevo credere.

No, assolutamente no.

Lui mi voleva bene.

Mi ama.

Non riusciva a stare lontano da me … così mi aveva detto! Lui era legato a me. Semplicemente mi amava.

Ormai eravamo una coppia.

Forse l’amore … forse l’amore non bastava. Forse, a lui, tutto questo non era sufficiente.

Magari aveva bisogno di una persona che dividesse con lui il suo lavoro e non, come me, che gli restasse solo a fianco.

Non potevo crederci.

Magari Gerard aveva bisogno di avere una donna al suo fianco, sempre. In ogni momento. Che fosse la sua ombra e che lo seguisse in ogni suo spostamento. Ed io non potevo farlo. Volevo e dovevo essere indipendente. Con un mio lavoro e non solo essere la compagna-mantenuta di qualcuno. Lui sapeva cosa pensassi della faccenda.

No, non può avermi fatto una cosa del genere… Magari è solo uno sbaglio … è spazzatura mediatica!

Eppure … una donna alta e bionda era abbracciata a lui. Si guardavano negli occhi e le loro labbra si sfioravano.

Le foto erano tante e insieme all’articolo parlavano chiaro.

Era in prima pagina. E ritraeva i due intenti a baciarsi in maniera appassionata. Lui le cingeva la schiena con una mano e l’altra era a sostegno del suo collo. Lei invece lo abbracciava, sollevata sulla punta dei piedi. Sembravano entrambi molto coinvolti.

Gli scatti non ritraevano scene di film. No. Erano semplici scatti rubati dal fotografo, nella vita privata dei due. Infatti erano entrambi vestiti normalmente, con abiti casual. E non erano forzatamente in posa.

L’articolo era piuttosto lungo. Lo avevo letto un paio di volte, perché non avevo realizzato subito la cosa. Il pezzo si poteva riassumere in una riga.

“Finalmente ho trovato la donna giusta, la donna della mia vita. Intendo sposarla al più presto.”

Poi un piccolo paragrafo delle dichiarazioni di lei, del sesso che avevano fatto e altro ancora.

Sconvolta. Scioccata.

Incredula. E senza parole.

Avevo un groppo allo stomaco e mi veniva da vomitare.

Mi alzai dal divano sul quale ero stesa e cominciai a camminare avanti e indietro per il salotto.

 

Oh mio dio!

Ci sono cascata! Come ho potuto credere alle sue parole? Alle parole di un attore, che recita dalla mattina alla sera!

Non ci sono paragoni da fare! Quella lì aveva tutto. Quella donna era tutto. Tutto ciò che un uomo vuole, tutto ciò che desidera.E’ alta, bella, magra, bionda… magari ricca, simpatica e pure intelligente.

Non avrei mai potuto competere.

Era logico, quasi scontato! E dire che mi ero pure illusa. Che sciocca.

Povera, stupida sciocca!

Ero nauseata. Disgustata. Completamente disgustata!

Non riuscivo a capire se più fossi schifata da me stessa, per aver creduto alle sue parole o se a disgustarmi fosse lui. Le sue parole, le sue carezze, i suoi baci.

Calde lacrime cominciarono a scendere copiose dai miei occhi fino ad offuscarmi la vista. Cercando a tentoni il divano, mi sedette e con le mani a coprirmi il viso, diedi libero sfogo al mio dolore. Fortunatamente la mamma e John erano fuori e non sarebbero rientrati prima di sera.

Tempo dopo, sfinita dal troppo pianto, mi diresse in camera mia. Avevo bisogno di riposare. Riposare e smettere di pensare. Solo dormire e arginare i pensieri. Mi sdraiai sul letto e con la testa sul cuscino mi rilassai sforzandomi di non pensare più a nulla.

Di non pensare a lui. E al male che mi aveva fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non lo sentì entrare fino a quando il suo respiro caldo mi soffiò sul viso. Quel profumo di menta, quello della sua bocca.

Fu proprio quello che mi risvegliò. Aprì gli occhi e ancora confusa mi tirai a sedere, sul letto. Lui era lì, vicinissimo. Accovacciato accanto al mio letto e mi guardava. I suoi occhi sembravano volermi accarezzare.

Una carezza lenta e sconvolgente. Carezze che avevo già provato, già sentito e per le quali ero impazzita dal desiderio. Carezze per le quali ancora smaniavo, nonostante tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lui passava il suo sguardo su di lei, sul suo viso per poi tornare sempre a cercarle gli occhi.

Quegli occhi che fin dal loro primo incontro lo avevano ammaliato, quasi ipnotizzato. Così chiari, così limpidi.

E il suo dolcissimo viso. Lo stesso viso che cercava come prima cosa tutte le mattine e che sempre ritrovava accanto a se tutte le notti. E di cui, ne era certo, ora non avrebbe più potuto fare a meno. Il suo viso le era mancato da morire. Quel viso che rimaneva incantato ad osservare la notte, quando lei dormiva, o di giorno solo quando lei non lo vedeva. Di quel viso aveva imparato tutto a memoria. Ogni sua linea, ogni sua smorfia e singola espressione, ogni sua più piccola imperfezione.

Di quel viso e di quegli occhi si era innamorato. Delle sensazioni ed emozioni che vi si riflettevano.

Il rossore che la pervadeva quando era arrabbiata o in imbarazzo, il bianco pallore di dolore o di paura. La luminosità che la pervadeva quando sorrideva gioiosa o semplicemente felice, il dispiacere e il desiderio.

Il suo viso rifletteva tutto questo. E lui lo sapeva. Il viso di lei era lo specchio della sua anima. Non riusciva a smettere di guardarla, quasi non potesse farne a meno.

La voleva, la desiderava.

Desiderava toccare la sua pelle, sentire e accarezzare quel corpo che era stato suo. E che sarebbe rimasto solo suo. Quel corpo che lo faceva impazzire dal desiderio. Sempre, notte e giorno. Quel corpo che amava.

Eppure non parlava. Non voleva rovinare quel momento. Si limitava ad osservarla incantato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi mancò il respiro.

Lo amavo. Lo desideravo. Immensamente. Era diventato come l’aria che respiravo, non potevo farne a meno.

I suoi occhi, i dolci occhi di lui, sembravano voler chiedere scusa. Volevano essere guidati ed accarezzati. Imbrigliati in un abbraccio eterno e senza via di fuga.

 

 

 

 

 

 

 

And everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, you're haunting me
I guess I need you, baby

I may have made it rain
Please forgive me
My weakness caused you pain
And this song's my sorry

 

 

 

 

 

 

 

Ma poi qualcosa si fece largo nella mia mente.

Un ricordo. Il ricordo di un dolore forte, un dolore straziante e cocente. Il ricordo di una donna. Il ricordo di un abbraccio. Il ricordo di baci rubati. Ed improvvisamente una rabbia cieca si impossessò di me. Della mia mente e del mio corpo.

“Cosa ci fai qui?” domandai con tono rabbioso, allontanandomi da lui.

“Volevo vederti”

Aveva un aspetto terribilmente trascurato ed enormi occhiaie scavavano il suo sguardo.

“Ah-ah! Questa si che è bella! Davvero divertente … e per quale ragione?” replicai con un sorriso acido sulle labbra  “Anzi, sai che c’è?!? Non voglio saperlo, non voglio sapere niente. Esci fuori da qui. Subito!” ingiunsi con rabbia

Ora le labbra erano strette e tirate. Mi sentivo gelida.

“Ho bisogno di parlarti … e di spiegarti” scuoteva il capo in senso di diniego.

Lo sguardo ancorato al mio.

“Non essere ridicolo!” lo interruppi determinata  “Non abbiamo nulla da dirci. Le foto e gli articoli parlano già da soli!”

“No, tu non capisci…” cominciò lui con tono dolce avvicinandosi ancora di più a me.

Il fuoco mi divampò dentro accendendo la mia rabbia

“Io non capisco??? COME OSI? Io capisco molto bene, invece! Non voglio ascoltare nulla di quello che hai da dire. Sei un bugiardo! Tu mi hai tradito!!! Ti rendi conto? Mi hai ingannata e mi hai offesa, mi hai illusa e ferita in maniera imperdonabile! Tu dici che io non capisco mentre sei tu quello che non capisce. Ti ho donato tutto di me! Ti ho dato il mio corpo e la mia anima, ti ho donato il mio cuore aprendolo per te. E tu ci hai sputato dentro! Senza, senza … senza alcun rimorso! Come hai potuto? Come hai potuto farmi questo? Ora voglio solo che mi lasci in pace!” replicai con forza alzandomi per andare ad aprire la porta della mia stanza, in modo da farlo uscire.

Le mie spalle tremavano visibilmente, il petto si alzava e si abbassava furiosamente. Il volto era sicuramente acceso e contorto dalla rabbia. Copiose lacrime mi rigavano il viso ma con un gesto imperioso, del braccio, le cancellai.

Non vale la pena piangere per uno come lui!

“Non dire così, Soph. Ti prego… io ti amo. Ti amo come non ho mai amato nessuna. Ti desidero e voglio che tu stia con me, che tu sia mia per sempre. Ti prego”

Le sue parole erano quasi una supplica. La sua voce un soffio caldo ed avvolgente. Allungò le braccia in modo da cercare un contatto. Io però mi ritrassi immediatamente, come se mi fossi scottata.

“Non toccarmi! Non osare avvicinarti!” mi scansai risentita  “Tu non devi toccarmi mai più. Voglio che tu esca da questa stanza. Ora! Non voglio vederti mai più! Mi fai schifo! Non voglio più avere niente a che fare con te. Mai più”

“Ti prego … tu non sai quello che dici … se solo mi lasciassi spiegare”

I suoi occhi erano dolci ma anche esitanti. Non voleva arrendersi e cercava di affascinarmi.

“Te l’ho già detto. Non m’interessa nulla! Non voglio ascoltare niente di quello che hai da dire. Hai fatto una cosa inammissibile. Mi disgusti! Ed ora esci!”

Il mio viso era sicuramente rosso e gonfio dal pianto. I capelli legati malamente con un elastico. I piedi scalzi ed indosso solo una canottiera nera e degli short dello stesso colore. Il seno continuava a gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente. Avevo il fiatone come se avessi corso per decine e decine di metri.

Ero stanca, stravolta.

Ero arrabbiata e il mio sguardo era infiammato dall’ira.

Eppure nonostante tutto non potevo fare a meno di guardarlo. Di guardare i suoi occhi, di guardare il suo corpo. Nonostante tutto lui era ancora la cosa più bella che avessi mai visto. L’uomo più bello che avessi mai avuto.

Ero stata sua. Gli avevo donato tutto l’amore umanamente possibile e lui aveva gettato tutto!

“Soph, non ho intenzione di andare via. Voglio parlare con te. Ti prego … voglio spiegarti” avvicinandosi lentamente

“Stai zitto. Zitto ho detto! Esci e non tornare mai più!” e così dicendo mi tappai le orecchie e, allontanandomi, barcollai come ubriaca fino a raggiungere l’angolo più buio della camera.

“Tesoro, ti prego”

La sua voce era quasi un sussurro. Il suo sguardo era addolorato, i suoi occhi quasi colmi di lacrime. Si avvicinò con lentezza fino a sfiorarmi la spalla.

“Amore ti supplico…”

“Non toccarmi!”

Lui fece un passo indietro, poi un altro ancora, come respinto e andò a sedersi sul letto. Si passò le mani sul volto. Sembrava esausto.

Il mio cuore era a pezzi. Letteralmente a pezzi. Ci eravamo amati così tanto e così intensamente ed ora ci saremmo feriti fino a sanguinare. Entrambi. L’ uno contro l’altro.

“Allora, raccontami un po’… com’è lei? Ti piace? Che progetti avete? La ami?” dissi “Allora ti è piaciuto? E’ stato bello scopartela? Su avanti, raccontami un po’… ”

Stavo diventando volgare ma non m’importava. Ero inondata dalla rabbia e la mia voce suonava velenosa.

“Quindi è questo che vuoi sapere? Se è stata brava?” rispose alzando il volto e incrociando i miei occhi “Sei sicura? Sicura di volerlo sapere, di voler conoscere i dettagli Soph? ” aggiunse alzandosi e avvicinandosi a me con fare minaccioso. La sua voce tesa e chiara.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le avevo mentito… non ricordavo un accidenti di niente di quella notte e se anche me lo avesse chiesto non avrei saputo dirle nulla.

Ero stanco. Ma non come dopo una corsa di molti e molti kilometri. Ero stanco mentalmente.

La volevo ancora. Volevo che rientrasse nel mio mondo anche perché per me, il me sobrio, non ne era mai uscita. La volevo al mio fianco.

Volevo la sua risata dolce e cristallina. Volevo il suo sguardo addosso.

Volevo i suoi occhi gonfi d’amore per me. Solo e soltanto per me.

Volevo la sua fresca intelligenza, la sua mente aperta e vivace.

Volevo il suo corpo, quel corpo così caldo e arrendevole.

L’avevo tradita. L’avevo ferita e disgustosamente messa in ridicolo.

Avevo sbagliato. Uno stupido, tremendo sbaglio. Di cui mi ero pentito subito dopo perché non ne era valsa assolutamente la pena, poco ma sicuro!

Sono un idiota, uno stronzo! Un lurido bastardo. Un bastardo della peggior specie! 

Volevo rimediare e avrei fatto di tutto. Mi sarei prostrato in mille modi, l’avrei servita e lusingata. L’avrei amata ed onorata, rispettata e protetta.

 

 

 

 

 

“Oh, mio Dio! Esci di qui, vattene!” dissi piegando il capo  ”Vattene via e non tornare più”

Ero rannicchiata su me stessa, con le gambe al petto, le braccia sulle ginocchia e la testa appoggiata alle braccia. La testa mi pulsava, mi faceva un male tremendo. Avevo la bocca arida e le labbra bagnate dalle lacrime cadute.

 

 

 

 

 

 

 

 

At night I pray
That soon your face will fade away

And everytime I try to fly, I fall
Without my wings, I feel so small
I guess I need you, baby
And everytime I see you in my dreams
I see your face, you're haunting me
I guess I need you, baby

 

 

 

 

 

 

 

“Sophie, guardami“  fece lui con voce bassa

Lei non rispose né alzò gli occhi.

Era così piccola rispetto a lui, sembrava quasi una bambina.

Lui si avvicinò ancora e abbassandosi la sollevò da terra afferrandola per le braccia e tenendola stretta per la vita.

“Amore guardami … per favore” la supplicò ancora  “Lo so che sei arrabbiata, delusa e offesa. Ma voglio spiegarti, ti prego”

In quel momento dei passi risuonarono per le scale e dopo qualche secondo la porta si aprì e John entrò.

Sophie era tra le braccia di Gerard scossa dai singhiozzi. La testa reclinata mollemente di lato, come a volerlo scansare.

John si fermò subito, alquanto scombussolato. E quando i due si voltarono verso di lui, Sophie tirò un sospiro di sollievo. Liberandosi dalle forti braccia del suo uomo, che amava ancora più di se stessa, corse a fiondarsi in quelle sicure di suo fratello John.

“Ma che diavolo sta succedendo qui?” domandò dopo aver abbracciato la sorella

“Ti prego John, mandalo via. Non voglio più vederlo. Fai uscire Gerard da casa nostra” anche pronunciare il suo nome era doloroso.

Era distrutta, a livello fisico ed emotivo. Non poteva sopportare altro.

“John, io e tua sorella abbiamo bisogno di chiarire delle cose. Potresti lasciarci soli, per cortesia?” chiese Gerard avvicinandosi a John e cercando di prendere Sophie dalle braccia del fratello.

Ma lui la strinse ancora di più a sé e nonostante Gerard fosse più grosso di lui e almeno cinque centimetri più alto, allontanò Sophie e con voce chiara e decisa disse  “Gerard, sarebbe meglio te ne andassi“ il tono piatto e incolore

“Ascolta John, ho davvero bisogno di parlare con Soph. Non intendo…”

“Esci da casa nostra. Subito!” replicò John interrompendolo

Lei si voltò un solo momento a guardarlo e quello che disse gelò il sangue a entrambi.

“Tu non sei l’uomo che amo! Il mio Gerard non è così … lui … non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non mi avrebbe fatto soffrire così. Lui mi amava … tu non sei lui! Ed ora esci di qui perché la tua sola vista mi disgusta!”

Non lo guardò più.

Gerard fissò prima John e poi abbassando lo sguardo cercò gli occhi della sorella. Di quella ragazza, anzi di quella donna, che amava da morire.  

“Pensa pure quello che vuoi. Offendimi e feriscimi come meglio credi ma scordati che io ti lasci andare. Non permetterò a nessuno di farti uscire dalla mia vita. Mai. Ti amo troppo per farlo!”

Gli occhi di lei non si alzarono dal pavimento finché la porta non si chiuse alle spalle di Gerard.

Solo allora si afflosciò, piangendo, tra le braccia del fratello. Lui senza chiedere spiegazioni di alcun tipo aiutò la sorella a sdraiarsi a letto e con dolcezza la coprì con un plaid.

Silenziosamente uscì e chiuse la porta, lasciandola sola.

  
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