Fisso il vuoto, intotntito, per un paio di minuti.
Al mio
fianco Sho resta seduto, intento a trafficare col computer, e a me
sembra che con la sua presenza voglia anche consolarmi, sebbene in un
rispettoso silenzio, stavolta.
Rimaniamo così, insieme,
finchè non scorgo una figura pararsi in piedi davanti al divano
nero.
"Perchè sei seduto lì?"
La
domanda proferita con tono basso e profondo da Satoshi mi provoca un
batticuore tipico di un dodicenne alle prese col suo primo amore, e
non posso evitare di sentirmi patetico.
"Sto
rileggendo delle cose sul computer." - risponde Sho,
cordiale - "Dicevo a Nino che alcuni passaggi del rap mi
sembrano impossibili da incastrare stavolta. Ah, sto impazzendo."
Non
accenna comunque ad alzarsi dal divano, nonostante quella che ho
dedotto essere una velata richiesta del leader.
"Mi
siedo io lì di solito." - riprende Ohno, ignorando
inizialmente le false seghe mentali di Sho - "Comunque manca
un pò prima che ci chiamino. Stai tranquillo." - conclude
gentilmente.
"Si, ma in realtà ho tempo fino alla
settimana prossima. Dai Satoshi, prendi quella sedia e mettiti di
fronte a noi, così ripetiamo il pezzo da registrare. Nino, ti unisci
anche tu?"
Sho volta la testa verso di me e mi guarda con
un'espressione serena, ma non posso fare a meno di notare sulle sue
labbra lo stesso ghigno di poco fa.
"No.
Voglio sedermi sul divano."
La voce di Satoshi mi
pare più ferma stavolta.
"Perchè?"
"Perchè
il mio posto è sempre lì. Il mio posto è vicino a Nino."
Forse
la complessa manovra che Sho ha compiuto sulla mia coscienza ha fatto
scattare una molla di auto-confessioni a catena, forse lui mi ha
semplicemente aiutato ad ammettere il mio sentimento, fatto sta che
la constatazione fulminea del leader mi ha generato un bruciore
incredibile allo stomaco.
Le sue parole mi hanno fatto male.
E
mi hanno fatto male perchè sono state un modo cristallino per farmi
capire una fondamentale, essenziale, meravigliosa ovvietà: in queste
settimane in cui pretendevo che per ore Satoshi stesse in silenzio
solo per farsi osservare da me, per farsi accarezzare da me, per
farsi sussurrare parole sensuali da me, per intrecciare le sue dita
con le mie, in una corsa sfrenata per sconfiggere le mie fobie, io ho
dato sfogo solo al mio egoismo tralasciando i suoi sentimenti.
I
sentimenti di un uomo dalla sensibilità troppo sofisticata per
essere adeguatamente compresa, capace di un amore troppo puro per
essere palesato, e di premure troppo sottili per riuscire a vincere
contro il mio prepotente egocentrismo.
Fino ad ora non avevo
capito che Satoshi silenziosamente ha bisogno della mia presenza
tanto quanto io ho bisogno della sua, desidera continuare a rinnovare
le nostre più piccole abitudini tanto quanto lo voglio io, e a
mantenere un filo rosso, un collegamento chiamato 'noi' che vada
oltre le banali apparenze.
___Abbracciare ed essere
abbracciati. Sentire la mancanza e mancare. Rispettare ed essere
rispettati. E ovviamente amare, ed essere amati___
Come
se fossi appena riuscito a completare un puzzle grande, luminoso e
stupendo come una volta celeste notturna, anche la frase di Jun di
qualche settimana fa si armonizza e incastra fra i miei pensieri: per
la prima volta la mia solida razionalità si piega al mio cuore e
fornisce ad esso ogni spiegazione, finalmente.
L'amore pieno di
stima, di rispetto, di passione non auto-distruttiva, pieno di
ricordi sempre vivi, l'amore ricambiato, l'amore fedele, l'amore che
cantiamo nelle nostre canzoni, era qualcosa che credevo non sarei
riuscito mai a provare. Solo a cantare, ma mai a toccare con
mano.
Eppure lo toccavo senza accorgermene. Potevo toccarlo ogni
giorno.
Posso toccarlo quando voglio, quando ne ho bisogno.
Posso
toccarlo tendendo l'indice sulla guancia di Satoshi, infilando il
palmo tra i suoi capelli, poggiando il braccio attorno alla sua
spalla. Posso toccarlo legando le nostre dita insieme, guardando le
sue espressioni buffe, divertite o serie; posso toccarlo ascoltandolo
cantare quando lavoriamo e stonare quando vuole farmi ridere; posso
toccarlo parlandogli delle mie giornate, chiedendogli delle sue,
scherzando insieme a lui.
Posso toccarlo quando mi rendo conto che
la nostra tolleranza reciproca è così radicata e intrisa di fiducia
che non riusciremo mai a farci del male.
"Sho, fallo
sedere qui per favore."
Quell'invito risuona leggermente
maleducato, ma in quel momento mi è sembrato un mio diritto, un
diritto mio e di Satoshi, far uscire quelle parole dalla mia
bocca.
Sbuffando ma con un sorriso sulle labbra, Sho cede, si
alza, e vedo Ohno catapultarsi sul divano.
"Questo è
il mio posto, no?" - mi sussurra il mio leader, sedendosi
accanto a me.
"Certo. Questo è il tuo posto." -
gli rispondo sorridendo, come se avesse pronunciato la frase più
ovvia che la nostra lingua riesca a partorire.
Il rapporto con
Satoshi è in realtà un amore che io ho scelto inconsapevolmente di
conquistare ad ogni costo, un amore che va oltre le donne o le mogli
che avremo, un amore che lui mi ha permesso di conquistare e poi di
coltivare insieme, innamorandosi di me a sua
volta.
"Leader?"
"Mh?"
"Mi
dispiace che in queste settimane ho dubitato che mi ami."
Lo
dico con un'espressione pseudo-indifferente che a lui imbarazza, è
chiaro.
In realtà ormai ho acquisito una consapevolezza tale da
apparirmi tutto naturale.
"Adesso invece è tutto a
posto?" - anche lui cerca di apparire tranquillo, ma le sue
guance e le orecchie infuocate lo tradiscono.
"Si.
Adesso è tutto a posto."
"Ah si?" -
fiorisce sulle sue labbra un sorriso sincero, luminoso - "E
perchè proprio adesso?"
"Perchè Sho mi ha
spiegato che tu sei le canzoni che compongo mentre la donna è il
cibo. No aspetta, la donna è il cibo eccezion fatta per gli onigiri
di Jun. Gli onigiri di Jun sono..una donna speciale diciamo. Però tu
col cibo non c'entri niente. Tu sei come la Musica. Faresti schifo
come cibo."
Mi volto leggermente a guardarlo e provo
un incredibile divertimento nell'osservare l'espressione intontita di
Ohno che evidentemente non ha capito nulla di ciò che ho appena
detto.
"Oh, capito."
Scoppio in una
sonora, felice, risata.
|E' IL TURNO DI OHNO SATOSHI.
IN SALA, PER FAVORE!|
Satoshi reagisce al richiamo dei
tecnici dandosi una spinta per alzarsi dal divano, ma io lo prendo
bruscamente per un braccio e lo faccio tornare nella posizione di
qualche istante prima.
Ho bisogno che lui sia il primo davanti al
quale dò voce ai miei sentimenti ormai completamente rivelati, e
voglio farlo prima che cominci per noi questa dura giornata di
lavoro.
A causa del gesto repentino, lui prende a fissarmi con
aria interrogativa.
"Leader, anche senza incontrarci
di sera noi ci osserviamo lo stesso, vero? Ti accarezzerò comunque e
ti prenderò comunque la mano, ti spettinerò i capelli e ti dirò
ugualmente di tacere se non mi lasci fare le coccole come si deve.
Perchè ti amo. Hai capito, si?"
Senza controbattere
nulla davanti alla mia dichiarazione pura come un cristallo e intrisa
di significati, Satoshi arrosisce violentemente e spalanca gli
occhi.
Dopo pochi secondi, tuttavia, sembra ristabilire la calma:
poggia bene i piedi per ridarsi lo slancio, si alza e mi si para in
piedi davanti per qualche istante.
Interdetto, alzo la testa
per guardarlo lì, davanti a me, mentre ha un'espressione vacua.
"Ti
hanno chiamato." - lo esorto ad andare.
"Si."
Mantenendo quell'espressione assente, Satoshi inizia ad
allontanarsi dal divano camminando all'indietro, come un granchio,
dando le spalle alla porticina nella quale deve entrare e non potendo
quindi guardarla.
Con testa alta, Ohno sta camminando al
contrario, senza apparente ragione, e per di più in un modo che
lascia intendere che sia tutto perfettamente normale.
Allargo
le pupille alla vista di una scena tra il comico e il pazzoide, e
dopo un pò anche Sho e Aiba - seduti al tavolo - si accorgono della
scena e assistono ugualmente allibiti.
Durante la ventina di
passi che lo separano dalla sala registrazione, lo osservo impotente
mentre si fa male un paio di volte a causa degli spigoli dei due
tavolini presenti, spigoli che per ovvi motivi non è riuscito a
notare. Nonostante questo, tuttavia, si ostina a camminare
all'indietro, ma col viso sempre rivolto dalla mia parte.
"Leader,
che cavolo..." - la voce di Masaki è un misto tra il
divertito e lo spaventato.
"E' bello camminare così.
Lo farò più spesso da ora in poi." - risponde Ohno senza
staccarsi quella maschera da tonto dalla faccia.
Ecco che
improvvisamente però mi sovviene il motivo di questa sua scenetta
comica.
Mi sta lanciando un messaggio.
Un eccentrico,
imbecille, assurdo ma romanticissimo messaggio d'amore.
Satoshi
sta inscenando questa pantomima perchè, senza che io me ne rendessi
conto, lui aveva già compreso le mie fobie.
Ha capito che ho il
terrore di perderlo, e che questa paura si traduce fisicamente nel
guardarlo mentre mi volta le spalle.
Per questo, a costo di farsi
deridere e rimproverare da Sho e Aiba, lui mi sta urlando a modo suo
di non preoccuparmi, di non avere timore, di avere fiducia in lui; mi
sta dimostrando nel modo più eclatante possibile che non sarà mai
capace di abbandonarmi, che è disposto a qualsiasi cosa pur di
illuminare quel profondo baratro nero con la sua presenza e di
mostrarmi che esiste il fondo. Di mostrarmi che se c'è lui io
non posso farmi male anche cadendo, semmai, un giorno.
Con
il cuore pieno di gratitudine e di tenerezza per quel gesto, prendo a
fissarlo e lui fa lo stesso con me. Proviamo degli attimi che a noi
sembrano interminabili, attimi di silenziosa, assoluta, intesa.
Poi,
non staccandogli gli occhi di dosso, mi metto in piedi e mi avvicino
celermente a lui ancora di spalle alla porta della saletta.
"Ho
capito adesso. Va bene così. Ho capito Satoshi.."
Senza
che potessi controllarla, la mia voce esce fuori in un tono fra il
sensuale e il dolce, e il momento diventa più intimo quando sento
che lui mi prende l'indice col suo, quasi a mo' di uncino.
"Davvero?
Allora.. entro."
Nonostante questa frase di congedo,
sento l'indice di Satoshi stringersi ancora più forte attorno al
mio, e provo un piacevole tonfo al cuore per quella romantica
insistenza.
"Entra."
Anche io non accenno
a lasciargli la mano, che adesso è completamente intrecciata nella
sua.
"Ci vediamo dopo." - dice ancora. Poi
sbuffa sonoramente - "Togliete quel tavolino infernale, mi
sono fatto malissimo poco fa."
Stavolta il tono è
percettibilmente più alto. Forse sta cercando un modo per smorzare
questo nostro momento privato e poter entrare tranquillamente nella
sala a lavorare.
E infatti, mentre sorride e abbassa la testa, mi
lascia la mano, sempre di spalle apre la porta e - ancora
di spalle - entra goffamente all'interno, provocando un'ultima risata
a me e un ultimo sguardo interrogativo negli altri ragazzi.
Non
so se un uomo come me, che fa dell'uso della ragione, della
protezione dell'abitudine, della vittoria della carne sullo spirito
le sue armi per sopravvivere, possa meritare davvero di essere
guardato da un uomo come Satoshi.
So però che volendo
sadicamente portar dentro le mie delusioni e le esperienze negative
come monito per non cedere in futuro, ho progressivamente incanalato
la mia razionalità nel cinismo e nel materialismo, lasciando
tuttavia delle eccezioni: la Musica, la fedele e immutabile amicizia
per Jun, Sho e Masaki, e l'amore per Satoshi.
Non so se uno come
me possa meritare davvero di essere guardato da un uomo come lui: so
però che non devo avere più terrore delle sue spalle perchè,
qualsiasi cosa succeda, Satoshi si rivolgerà a me sempre e solo con
il suo splendido volto gentile, quello che mi permette di
fronteggiare ogni pericolo.