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Autore: kbinnz    20/11/2011    13 recensioni
Un ragazzino solo. Un sarcastico, irritante bastardo. Quando la salvezza dell'uno è affidata all'altro, tutti sanno che non finirà bene... oppure sì?
Segue "Harry's First Detention".
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Prevedibilmente, Harry dormì fino a tardi il mattino dopo. Quando Ron rotolò fuori dal letto e si fece vivo, già vestito ma sbadigliando, Piton gli rivolse un saluto gelido, ancora seccato che gli fosse stato appioppato un Weasley e poco desideroso di vedere gli scintilli saccenti di Albus quando questi avesse saputo della visita di Piton da Ollivander.
Insensibile al tono gelato dell'uomo, Ron gli rivolse il suo solito allegro saluto. “'ngiorno, Professore!”
Merlino – eccone un altro! Piton serrò i denti e si chiese se essere persone fastidiosamente mattiniere fosse un prerequisito per l'ammissione alla Casa di Grifondoro. “Buongiorno, signor Weasley. Presumo che preferiresti fare colazione con i tuoi compagni nella Sala Grande?”
Ron si stiracchiò pigramente. “Già, ok. Erm – voglio dire, sì, signore,” si corresse, dopo aver notato l'assottigliarsi degli occhi di Piton.
“Allora apprezzerei se riferissi al signor Wood che avrà bisogno di impiegare il suo Cercatore di riserva nella partita di oggi, e se avvertissi il tuo Capocasa che io e te faremo una breve visita ad Ollivander stamani.”
Il viso di Ron, che aveva per un attimo assunto un'espressione depressa alla menzione della punizione di Harry, si illuminò nuovamente. “Sissignore!”
“Ritornerai poi qui, così che io non debba sprecare tempo a cercarti quando sarà ora di andare. Mentre aspetti, potresti iniziare il saggio per la tua punizione.”
“Sissignore,” disse Ron, ubbidiente, troppo eccitato per la visita al negozio di bacchette per obiettare a qualcosa che il Professor Piton potesse dire. Si affrettò ad uscire, ansioso di condividere le grandi notizie con i suoi fratelli.
Quando fece ritorno, dopo aver mangiato a sazietà, reso i suoi fratelli estremamente invidiosi e riferito i messaggi del professore, Harry era sveglio, anche se ancora in pigiama, e stava facendo colazione nella piccola cucina del professore.
“Ciao, Ron!” esclamò allegramente attorno ad un boccone di uova strapazzate.
“Oi, Harry!” Ron scivolò nella sedia accanto a lui. “Salve, Professore!” aggiunse educatamente, rivolgendosi all'uomo, che stava sorseggiando caffè e leggendo una rivista di pozioni.
“Buongiorno di nuovo, signor Weasley,” brontolò Piton, prevedendo cupamente anche troppe di quelle scenette mattutine negli anni a venire.
“Miseriaccia, erano tutti eccitati di sentire del troll!” disse Ron ad Harry. “Ho dovuto raccontare la storia dodici volte! Hermione è ancora in infermeria e, con te qui, nessuno aveva saputo molto di quel che è successo.”
“Hermione è a posto?” chiese Harry ansiosamente.
“Sì, ho parlato con la professoressa McGranitt, che andrà a prenderla dopo colazione. Ha solo che alzarci un po' più tardi stamattina ci avrebbe fatto bene.” Ron sorrise. “Avresti dovuto vedere Percy?”
“Perché?” chiese Harry, pulendo quel che restava delle sue uova con un po' di pane tostato.
“Be, quando mi ha visto era già pronto a balzarmi addosso e schiaffeggiarmi per la notte scorsa: ma poi gli ho ricordato che il Professor Piton mi aveva punito, e gli ho fatto notare che se mi avesse punito anche lui, sarebbe stato come dire che non pensava che il Professor Piton avesse fatto un buon lavoro.”
Piton, che stava quietamente origliando, ne fu impressionato suo malgrado. Chi avrebbe pensato che una mente tanto contorta potesse nascondersi dietro a quell'aspetto lentigginoso?
Harry quasi si strozzò. “Scommetto che questo l'ha fermato!”
“Sì, ma -” Ron lanciò un'occhiata a Piton, apparentemente ignaro della conversazione in corso, ed abbassò la voce, “-dopo era tutto preoccupato che Piton fosse stato davvero spaventoso con noi e che ci avesse – non so – picchiato con un bastone o qualcosa del genere. Mi ci sono voluti dieci minuti per calmarlo. Cribbio – è un irritante ansioso come la mamma. Chi l'avrebbe mai detto?”
“Forse è per questo che si preoccupa tanto delle regole, signor Weasley,” brontolò Piton, cogliendoli di sorpresa. “Perché teme il genere di conseguenze che sarebbe potuto accadere così facilmente la notte scorsa.”
Ron ci pensò su. “Be', forse... Ma io penso che insista tanto sulle regole solo perché gli piace comportarsi da scemo!”
Harry ridacchiò quando Piton alzò gli occhi al cielo.
“Signor Potter, se hai finito, puoi consegnarmi la tua scopa, poi raggiungere la tua sala comune mentre io porto il signor Weasley a prendere una bacchetta nuova.”
Harry si pulì la bocca con un tovagliolo. “Dovrò darti la scopa questa notte, Professore,” disse allegramente. “Abbiamo un incontro di Quidditch oggi, ricordi?”
Ron spalancò la bocca e i suoi occhi dardeggiarono da Piton ad Harry e viceversa. Si afflosciò nella sedia, prevedendo un impressionante spettacolo di fuochi d'artificio.
Piton depose il giornale sul tavolo molto deliberatamente e rivolse la sua piena attenzione ad Harry, che ancora sorrideva. Nessuna meraviglia che il moccioso fosse così cinguettante, stamattina. “No, signor Potter. Tu mi consegnerai la tua scopa ora. Tu-”
Harry lo interruppe, la voce che cominciava a tradire agitazione. “Ma, Professore, ho bisogno della scopa per l'incontro. Le vecchie scope della scuola non sono neanche lontanamente buone come quella che mi hai dato.”
Malgrado una piccola parte di lui registrasse il commento di Harry con compiacimento, Piton mantenne l'espressione e la voce calme ma ferme. “No, signor Potter. Tu non giocherai in questa partita. La tua punizione consisteva nel non giocare per una settimana. Questo include la partita di Quidditch di oggi.”
“Cosa!” Ora Harry era balzato in piedi, e sia il tono che il volume della sua voce si stavano alzando rapidamente. “Non puoi farlo! Devo giocare questa partita! Contano tutti su di me!”
Harry fissò il suo professore con incredulo orrore. Sì, era stato cattivo. Sì, si era meritato di essere punito. Ma Piton non poteva assolutamente avere intenzione di impedirgli di partecipare alla partita! Non dopo che aveva lavorato così duramente! Non quando era il più giovane Cercatore da anni! Non quando progettava di rendere l'uomo così orgoglioso!
Harry faceva schifo in un sacco di cose in questo nuovo mondo: ma volare era qualcosa che tutti ammettevano che facesse in maniera brillante. Ora aveva l'opportunità perfetta per farsi avanti e mostrare al suo professore che non doveva vergognarsi del suo protetto, che c'erano davvero delle cose che Harry faceva bene, anche se era un bisognoso, piagnucolante, stupido piccolo disastro per gran parte del tempo. Aveva intenzione di mostrare a Piton che poteva essere orgoglioso di lui, e nulla glielo avrebbe impedito, neanche Piton stesso.
“Tu non puoi!” ripeté, la voce che gli si spezzava. “Devo giocare. Puoi togliermi la scopa per due settimane, cominciando domani!”
In qualche modo doveva far sì che l'uomo capisse. Oliver e gli altri contavano su Harry per vincere la partita. Il ragazzo più grande l'aveva praticamente detto durante gli allenamenti ed ora, se Harry no fosse stato lì, avrebbero perso e sarebbe stata tutta colpa sua. Avrebbe deluso la sua intera Casa. E – ancora più importante – voleva mostrare al suo professore quanto amasse la sua nuova scopa. Quando avesse catturato il Boccino sulla sua Nimbus, avrebbe mostrato a tutti ad Hogwarts quanto fantastico era il suo tutore con lui. Doveva semplicemente giocare – doveva.
“No, signor Potter,” ripeté Piton, la voce che gli si induriva. “Tu non giocherai nella partita di oggi.”
“Harry, tu non vuoi essere messo in punizione per due settimane, o perderai solo altre partite,” intervenne Ron, cercando con tutte le sue forze di impedire al suo migliore amico di autodistruggersi. Sapeva grazie ai suoi genitori che cercare di rinegoziare una punizione funzionava di rado – e spesso portava a penalità aggiuntive.
Harry li ignorò entrambi. “Non m'importa cosa dici,” gridò verso Piton in tono di sfida. “Io giocherò oggi! Non puoi fermarmi!”
“Signor Potter,” Piton si sporse in avanti ed abbassò pericolosamente la voce, “se stai agendo sotto l'errata impressione che esiterei a fermare il gioco, rimuoverti dalla tua scopa e darti uno scapaccione per la disobbedienza davanti all'intero stadio, permettimi di correggerti qui ed ora. Stai venendo punito per un insano atto di pazzia, e tutto l'urlare del mondo non cambierà questo fatto.”
Una piccola parte del cervello di Harry stava saltando su e giù e pregandolo di zittirsi, ma il resto era stato apparentemente sopraffatto da Dudley Dursley. Tutta la frustrazione e la rabbia dentro al ragazzo esplosero in uno scatto d'ira assolutamente senza precedenti. “TI ODIO!” gridò a Piton, ignorando la presenza di un Ron con la bocca spalancata. “”SEI TERRIBILE E CATTIVO E TI ODIO! SEI UN TUTORE TREMENDO! VORREI CHE TU FOSSI MORTO! NON TI VOGLIO PIU' COME TUTORE! TI ODIO! TI ODIO!”
Fuggì dalla tavola e dall'espressione fredda e immobile del suo tutore, precipitandosi nel santuario della sua stanza. Un sonoro sbattere di porta echeggiò attraverso le stanze.


Interessante. Non ha provato ad andarsene ed a cercare rifugio tra i suoi compagni Grifondoro, ponderò Piton. Forse STIAMO facendo progressi. Tutti i libri spiegavano che gli scoppi d'ira emozionale erano parte del “processo di guarigione”: e, ad essere onesti, Piton trovava la rabbia un'emozione che si trovava a confrontare molto più a suo agio rispetto al dolore. Un Harry infuriato era molto meno inquietante di un Harry piangente, forse perché Piton stesso poteva immedesimarsi molto più facilmente con una persona arrabbiata. Aveva versato la sua ultima lacrima da molto tempo, ma – come tutti i suoi studenti potevano confermare – dal canto suo aveva regolarmente magistrali attacchi di rabbia.
Ron inghiottì a vuoto. Era stato troppo spaventato per dir molto durante lo sbotto di Harry, ed era piuttosto sorpreso che Piton non l'avesse interrotto con una sonora sberla sul sedere di Harry. I suoi genitori probabilmente non sarebbero stati tolleranti neanche la metà se lui avesse tirato fuori un simile attacco durante la colazione alla tavola della Tana. “Erm, posso – voglio dire, potrei andare a vedere se sta bene?” squittì alla fine.
“Hm?” A Piton occorse un istante per focalizzare lo sguardo su di lui. “Sì. Vai pure,” annuì in maniera distratta, ovviamente profondamente immerso in qualche pensiero.
Ron non aspettò di sentirselo dire due volte. Sgusciò giù dalla sedia e si affrettò per il corridoio. Come si aspettava, Harry se ne stava sdraiato a pancia sotto sul letto, singhiozzando tanto da sentirsi male.
Ron si morse le labbra, cercando di ricordare cosa Charlie e Percy gli dicessero in genere per confortarlo quando era lui a piangersi anche gli occhi dopo un capriccio. Si posizionò cautamente su un lato del letto e assestò piccole pacche leggere e caute sulla spalla di Harry, come stesse avendo a che fare con un Crup potenzialmente pericoloso. “Avanti, amico,” lo spronò. “Non è così male. Non prenderla così.”
Harry singhiozzò solo più forte. “Lo odio! Ha rovinato tutto!” gridò, la voce semisoffocata dal cuscino.
“Già, be', è piuttosto severo,” assentì Ron in tono di conforto, “ma, vedi, Harry, non è come se si stesse comportando così irragionevolmente. Voglio dire, l'abbiamo combinata bella grossa l'altra notte, e penso che tu l'abbia spaventato parecchio.”
“Non mi importa. Lo odio comunque.”
Ron sospirò e continuò a battere piccole pacche sulla schiena dell'amico. Lui era mai stato così ostinato? “Be', io non penso che ti piacerebbe davvero se lui ignorasse quel che abbiamo fatto, come se non gli importasse se vivi o muori,” puntualizzò. Harry inghiottì a vuoto e rabbrividì, ma non si disse in disaccordo con l'affermazione; rincuorato, Ron insisté. “E, avanti, Harry – stai comportandoti un po' da egoista, amico,” disse scherzosamente. “Già puoi giocare a Quidditch un intero anno prima di noialtri. Mancare ad un'unica partita non ti ucciderà.”
“Non è quello!” protestò Harry, tirandosi su sui gomiti. “Oliver ha detto che stavano contando su di me!” Il suo viso era arrossato e chiazzato di lacrime e moccio, e il respiro emergeva in singhiozzi tremanti. “Non sto cercando di fare il cretino, Ron, davvero! Ma odio deludere la gente.”
Ron aggrottò la fronte, cominciando a capire l'agitazione dell'altro ragazzo. “Harry, pensi di essere il primo giocatore a mancare ad una partita?” Davanti all'espressione improvvisamente incerta di Harry, Ron non riuscì ad evitare di ridere. “Miseriaccia, amico, questa è una scuola! Ci sono sempre giocatori in detenzione che si perdono una partita! Al sesto anno, Charlie è mancato a tre pattite di fila perché è stavo preso mentre cercava di far entrare di nascosto nei dormitori il suo progetto a lungo termine di Cura delle Creature Magiche. E' stato fortunato che la McGranitt non l'abbia buttato fuori dalla squadra del tutto. E, un altro anno, il capitano della squadra di Serpeverde è stata espulsa dalla squadra per metà della stagione, anche se non so precisamente cos'avesse fatto. E, tra le ferite e tutto il resto, i capitani si aspettano sempre di dover fare qualche sostituzione. Non è una gran cosa, Harry. Lo giuro. Baston non era neanche sorpreso quando gliel'ho detto stamattina. Ha detto solo che il tuo posto ti aspetta per quando potrai volare di nuovo.”
Harry emise un ultimo singhiozzo e tirò su con il naso. “D-davvero?”
Ron sorrise, sollevato. “Sì, scemo. Miseria – pensare di essere la persona più importante dell'intera squadra ancor prima di aver giocato una sola partita! Qualcuno si è montato un po' la testa o mi sbaglio?” lo prese in giro.
Harry si contorse a disagio e si pulì la faccia. “Non è questo. Solo, non sono mai stato in una squadra, prima, od ho avuto amici come ne ho qui. Non volevo smettere di piacere alle persone perché non mantengo le mie promesse.”
Il suo amico sbuffò. “Già, come se questo possa accadere. Harry, la scorsa notte era una TROLL. Siamo fortunati a non essere stati messi in punizione fino al diploma! Lo capiscono tutti!”
Harry riuscì a produrre un sorriso lacrimevole. “Già, immagino che ce la siamo cavata con poco...” La sua voce si spense mentre un'espressione di assoluto orrore gli attraversava la faccia, e Ron si girò tanto in fretta che quasi cadde dal letto.
Non c'era niente dietro di lui che giustificasse l'espressione di Harry, e lui si volse nuovamente, lo sguardo indagatore. “Amico, che c'è?”
“Oh, no,” esalò Harry, il viso bianco come il gesso. “Oh, no.”
“Cosa? Che c'è? Harry!” Ron si stava preoccupando sempre più mentre il suo amico fissava il vuoto, l'agitazione crescente. “HARRY!”
“Ron, ho rovinato tutto,” esalò Harry, l'espressione completamente devastata. “Non posso credere di aver detto tutte quelle cose.”
“Cosa? Vuoi dire prima? A Piton?” Ron alzò gli occhi al cielo. “Già, amico, hai tirato fuori un capriccio bello grosso. Sei fortunato che ti abbia tirato su per darti uno scapaccione; i miei genitori non avrebbero permesso a me di passarla liscia dopo qualcosa del genere,” aggiunse con malcelata invidia.
Harry si tirò le ginocchia al petto e cominciò a dondolarsi. “Ho appena rovinato tutto. Non mi vorrà più nere, ora. Mi rimanderà indietro – so che lo farà.”
“Piton? Rimandarti indietro?” Ron sbuffò. “Non essere idiota. Non la prenderà sul serio. Voglio dire, sì, probabilmente ti punirà per avergli urlato così, ma non smetterà certo di essere il tuo tutore.”
“Oh, sì, lo farà,” disse Harry con assoluta certezza. “E' diventato il mio tutore perché gliel'ho chiesto io, ed ora gli ho detto che non lo voglio più, così se ne andrà.” Cominciò a sbattere la fronte contro le ginocchia. “Oh, Harry, sei così stupido, stupido, STUPIDO.”
Ora veramente allarmato da quanto sconvolto il suo amico stesse diventando, Ron corse di nuovo in cucina per cercare Piton.

Cari Servizi Magici per l'Infanzia, compose mentalmente Piton, precisamente, quanto sarebbe illegale somministrare una Pozione Invecchiante – presumendo che se ne possa creare una, ovviamente – ad un bambino, in questo modo evitando interamente la fase dell'adolescenza? E, se è illegale, è meno illegale che lanciare un Silencio sul suddetto bambino per sei anni? Ovviamente, rifletté, non aveva bisogno di lanciare un Silencio sul moccioso: avrebbe potuto sempre semplicemente porre un Incantesimo Testabolla modificato su di sé e trascorrere le sue giornate in una beata condizione di sordità.
Da una parte, era stato gratificante vedere quanto furioso fosse stato Potter davanti alla confisca della sua scopa – il piano principale di Piton aveva certamente funzionato brillantemente a tal scopo – ma, d'altro canto, non si era aspettato che facesse male essere ripudiato dal moccioso. Perché gli sarebbe dovuto importare se il disgraziato gli strillava che era una persona detestabile, orribile? Lui lo era, dopotutto, e nessuno lo sapeva meglio di lui. Era stato il più odiato e temuto professore ad Hogwarts per anni, ormai, perciò perché avrebbe dovuto fargli dolere il petto vedere la furia e il disgusto negli occhi del moccioso Potter? Non era quello che voleva?
“Erm, signore...?” Piton prese consapevolezza della prole dei Weasley che si agitava all'altezza del suo gomito.
“Che c'è, Weasley?” disse, sorprendendosi nel notare quanto esausta la sua voce suonasse. Di sicuro avrebbe dovuto uscire fuori più tagliente di così.
“E' – è Harry, signore. E' molto sconvolto.”
Piton distolse lo sguardo. “La sua punizione rimane la stessa, signor Weasley. Potter dovrà venire semplicemente a patti con il fatto che tutte le urla da bambino viziato di questo mondo non cambieranno la cosa.”
“No, signore, non è questo. E' per lei, signore.”
Piton si alzò in piedi, improvvisamente disperatamente desideroso di andarsene prima che le sue fattezze rivelassero qualcosa del tormento che provava. “Sono perfettamente consapevole dei suoi sentimenti verso di me, signor Weasley. Li ha resi abbondantemente chiari.” Solo perché i libri sostenevano che fosse normale ed anche salutare, per Harry, sputare vetriolo a quel modo, questo non voleva dire che lui dovesse star lì ed ascoltarlo.
Il moccioso ebbe il coraggio di afferrarlo per la veste, di nuovo, bloccandolo. “No, signore! Harry pensa che lei abbia intenzione di buttarlo fuori! Si sta sentendo male sul serio per questo, signore. Dice che ha rovinato tutto. Lui – lui non capisce che i bambini sono autorizzati a dire cose del genere e che gli adulti sanno che non le pensiamo veramente,” balbettò, guardando verso Piton con aria supplichevole.
Non le pensano veramente? Piton era sorpreso. Dopotutto, sapeva che lui le aveva pensate, quando aveva giurato eterno odio verso suo padre. La maggior parte dei bambini non le pensava? Anche se, ad essere giusti, la maggior parte dei bambini probabilmente non diceva quelle cose dopo aver avuto il naso rotto dal loro stesso genitore. Di nuovo.
“Hai mai detto... qualcosa del genere... ai tuoi genitori?” chiese al monello Weasley, il tono esageratamente disinvolto.
“Certo!” Il ragazzo parve sorpreso. “Un sacco di volte.”
“Ma Molly ed Arthur sono considerati genitori eccellenti,” obiettò Piton, aggrottando la fronte.
Ron si agitò, imbarazzato. “Be', lo sono. Ma, sa, qualche volta ti capita di arrabbiarti e di dire cose per far arrabbiare anche loro. E io, più o meno, penso quelle cose quando le dico... ma non sul serio. E non una volta che la scenata è finita.” Ora si stava fissando le scarpe, il viso in fiamme. “Ho fatto piangere mia mamma, una volta,” bisbigliò a mezza voce. “Le ho detto che non l'amavo perché era troppo impegnata con Ginny e i gemelli e non le importava di me. Le ho detto che volevo andare a vivere con mia zia Ann perché lei mi avrebbe notato davvero.”
Gli occhi di Piton si spalancarono. “E tua madre ha pianto?”
Ron annuì, il viso vergognoso. “Non parlavo sul serio – voglio dire, è bello visitare la zia Ann, ma le piacciono i cavoli e tutta la sua casa ne ha l'odore. E ti dà dei baci bagnati ed ha un rospo disgustoso che lascia mangiare sulla tavola da pranzo e... be', io non avrei voluto davvero lasciare la Tana, ma ero arrabbiato con la mamma e volevo renderla triste, così ho detto qualcosa che sapevo che l'avrebbe resa davvero sconvolta.”
“Questa-” Piton sbatté le palpebre. Chi avrebbe pensato che cose tanto orribili accadessero anche in famiglie normali come quella dei Weasley? “-questa è stata una cosa decisamente orrida da farsi, signor Weasley.”
“Sì, lo so,” disse lui, depresso. “La mia mamma mi ha perdonato e mi ha abbracciato e tutto il resto, ma mi sento ancora molto in colpa per quello. Ed è successo quand'ero davvero piccolo – sei anni o qualcosa del genere, ma me lo ricordo ancora.” Guardò verso Piton. “E penso che sia come Harry si sta sentendo ora. Quella specie di strana, orribile sensazione, come se avessi rotto qualcosa che non puoi aggiustare. E dopo la notte scorsa e sapendo che abbiamo anche perso la tua fiducia...” la sua voce si affievolì. “Penso che sia davvero sconvolto.”
Piton sospirò. Che Merlino lo salvasse dai bambini fragili e traumatizzati. Cos'era accaduto a tutta quella simpatica rabbia facile da gestire? Il moccioso non poteva scegliere un'emozione e, semplicemente, conservarla per qualche ora? “Molto bene. Andrò a parlare con lui. Puoi iniziare il tuo saggio e... grazie, signor Weasley. La tua preoccupazione per il signor Potter è grandemente apprezzata.”
Ron sorrise. “E' il mio migliore amico, Professore. E' a questo che servono i migliori amici, giusto?”
Come se io potessi saperlo? Fortunatamente, il moccioso non si aspettava una risposta, e Piton si diresse lungo il corridoio verso la stanza di Harry. Come Ron gli aveva detto, il ragazzo era raggomitolato nella stessa posizione difensiva a forma di palla che aveva assunto nell'infermeria la prima settimana.
Piton sospirò di nuovo e si pizzicò la radice del naso, prima di sedersi accanto al moccioso. “Signor Potter -”
“Me ne andrò, signore.” Harry sussurrò, senza guardare verso l'alto. “Non mi porterò via niente, perciò puoi restituire tutto.”
“Potter -”
“Mi dispiace davvero di averti disturbato. Dirò a tutti i Serpeverde di non trattarmi più come uno di loro.”
“POTTER!”
Ma anche il suo urlo da classe non sembrò farsi strada attraverso il monologo in tono piatto del ragazzo. “Se vuoi, posso chiedere al Preside di farmi lasciare Pozioni, così non dovrai vedermi in classe.”
“Harry,” Piton sospirò, arrendendosi all'inevitabile. Grandi occhi verdi, sorpresi in una maniera impossibile, volarono ad incontrare i suoi.
“Sei un moccioso incivile, indisciplinato e impudente,” disse Piton, fissando in quegli occhi verdi con sguardo deciso. “L'esplosione di stamattina dimostra esattamente quanto hai bisogno di sviluppare un controllo migliore delle tue emozioni. Quel capriccio sarebbe stato molto più adatto ad un moccioso con metà dei tuoi anni. Inoltre, mentre stai finalmente imparando che non hai più bisogno di accettare punizioni ingiuste, io mi aspetto che tu mostri molta più grazia nel sottometterti a della disciplina ben meritata. Non pensare che la tua piccola esplosione di prima mi convincerà a non punirti quando ti sei meritato un castigo; in futuro, un simile comportamento immaturo causerà semplicemente un incontro ravvicinato con l'incantesimo Aguamenti.”
Harry lo fissò. “'In futuro'? Ma tu non resterai il mio guardiano.” Piton gli rivolse un'occhiataccia. “Pensi che io presti attenzione alcuna alle insensatezze che tiri fuori quando sei evidentemente fuori di te?” Tamburellò sulla fronte di Harry con le nocche. “Usa il cervello, signor Potter! Pensi di essere il primo bambino ad arrabbiarsi con i suoi genitori o con il suo tutore in questo modo? Quella balena di tuo cugino non ha mai urlato ai suoi genitori?”
Un angolo della bocca di Harry si mosse. “Praticamente tutte le volte che gli dicevano 'no'. Non che glielo dicessero spesso.” Almeno lui non aveva lanciato niente o morso nessuno come Dudley faceva di solito. Sbirciò verso Piton attraverso la frangia. Non riusciva a credere che il suo professore si stesse comportando in maniera così calma e razionale riguardo a tutta la cosa. Harry era stato certo che riprodurre Dudley in modalità completo attacco di rabbia urlante sarebbe stato abbastanza per far avere a chiunque – anche al suo professore – dei ripensamenti.
“E tua zia e tuo zio l'hanno trascinato in un orfanotrofio, quando l'ha fatto?”
Meravigliato, Harry scosse la testa. “Ma loro lo a-amano.”
Piton gli lanciò un'occhiataccia ancor più feroce e desiderò aver alzato una barriera davanti alla porta. Sarebbe stato proprio da Albus comparire all'improvviso, adesso, con una macchina fotografica. “Sì? E dunque, signor Potter?”
“Intendi dire che tu...?”
Piton giurò che avrebbe lanciato una Cruciatus addosso a sé stesso prima di dire nulla di così sentimentale: ma il ragazzo lo stava fissando con talmente tanta speranza in quegli occhi verdi... “Be', tu cosa pensi?” brontolò impaziente. “Pensi che mi darei tanto da fare senza ragione? Sciocco ragazzo! Non ti ho appena detto di usare il cervello?”
E poi quella fronte appuntita sbatté di nuovo contro il suo sterno, ed Harry si stava aggrappando alle sue vesti e piangeva istericamente e diceva quanto dispiaciuto fosse ancora e ancora e ancora.
“Sì, sì, d'accordo, signor Potter.” Pose un braccio attorno a quelle spalle magre e tremanti e cercò di battere su di esse un paio di pacche lievi e rassicuranti. Come si fa ad essere 'rassicuranti'? Si ricordò del modo in cui quella ragazza di Grifondoro aveva stretto Harry dopo lo scontro e cercò di emulare la sua postura. Meraviglioso, ora sto imitando i Grifondoro. Qual è il prossimo passo? Chiedere consigli ai Tassorosso? Si domandò acidamente.
Doveva aver funzionato, però, perché i singhiozzi di Harry cominciarono a rallentare, e la sua presa frenetica si rilassò in qualcosa di più simile ad un appoggiarsi esausto o – oh, Merlino – un abbraccio. Dopo quella che sembrò un'eternità – di agonia emotiva per Piton e di incredibile beatitudine per Harry – Harry si riscosse a sufficienza da chiedere, non senza trepidazione, “C-cosa hai intenzione di farmi?”
Piton notò che non si era sentito tranquillo a sufficienza da emergere dal punto nel quale era attualmente sepolto nelle vesti di Piton, con le braccia dell'uomo posate su di lui. “Ho intenzione di tenerti come mio protetto, sciocco moccioso. Non ho detto così?”
“No, intendo dire, cos'altro hai intenzione di fare?” insisté Harry.
“Oltre ad impegnarmi nell'inserire concetti di comportamento civilizzato ed erudizione nel tuo cranio?”
Harry ridacchiò sul serio. “Sì. A parte quello. Voglio dire, per punizione.” Ecco. Si era fatto avanti e l'aveva detto.
“Signor Potter, malgrado io realizzi che i tuoi inumani parenti non ti abbiano garantito il diritto di parlare liberamente, io non sono un orco tale da proibirti di esprimere le tue opinioni. Tu puoi, nella riservatezza delle nostre stanza, dirmi quel che desideri, anche se scoprirai che urlare non farà nulla per convincermi del valore dei tuoi argomenti.”
Harry si sedette diritto e lo fissò. “Vuoi dire che non hai intenzione di punirmi? Ma ti ho detto delle cose davvero orribili!”
Piton parve annoiato. “Dopo aver insegnato ad Hogwarts per tutti questi anni, pensi veramente che io non sia stato sottoposto a numerose esplosioni infantili di disprezzo? Tu non mi hai imprecato, Potter, né hai fatto commenti sgarbati riguardo ai miei genitori o ai miei modi di impiegare il tempo libero. Non mi hai detto nulla di anatomicamente impossibile né di particolarmente offensivo. Hai espresso i tuoi sentimenti e usato diversi aggettivi che, seppur pittoreschi, possono essere senza dubbio facilmente ritrovati in un dizionario elementare. Non vedo ragione per punirti per le tue affermazioni, anche se non ho intenzione né di rescindere né di ritardare la punizione che ha causato le tue grida in primo luogo. Sei ancora in punizione per una settimana, compresa la partita di oggi.”
“Sì, be', quello l'avevo immaginato,” ammise Harry mestamente.
“Ti sei ricomposto a sufficienza da poterti lavare e vestire e far ritorno alla torre di Grifondoro? Devo portare il signor Weasley a prendere una nuova bacchetta, e tu ricorderai sicuramente che devi trovarti nel tuo dormitorio o nella tua sala comune quando non sei sotto la supervisione di un professore.”
Harry arrossì. “Sissignore. Sono a posto, ora. Mi dispiace per – per tutto.”
Piton si alzò. “Una tale fragilità emotiva è da aspettarsi in qualcuno nella tua condizione, Potter. Ti stai riprendendo da un esteso periodo di maltrattamenti, ed adattarsi agli appropriati livelli di disciplina e di cura sarà... difficile, a volte.”
Fece una pausa, ricordando quel che aveva promesso a Minerva. Oh, bene, ora il moccioso penserà che io lo stia facendo per essere – rabbrividì – gentile. “Potter, anche se non puoi partecipare alla partita di oggi pomeriggio, assisterai ad essa.”
Harry sbatté le palpebre, incredulo. “Davvero?”
“Sì. Devi accompagnare la signorina Granger – lei o la Professoressa McGranitt ti spiegheranno – ma, quando la partita sarà terminata, devi tornare immediatamente alla tua Torre. Hai capito?”
E, esattamente come aveva predetto, il piccolo mostro gli stava sorridendo commosso. “Sissignore. Grazie, signore!”
Piton sbuffò. “Basta così. Lavati e vestiti!”
E quel fastidioso piccolo corpo schizzò in avanti e gli si avvolse attorno. “Anch'io ti voglio bene, Professore,” bisbigliò Harry nelle falde delle vesti del suo professore, fuggendo poi verso il bagno prima che l'uomo potesse reagire.
Oh, no. No no no. Non avrebbe dovuto accadere questo. Il moccioso NON avrebbe dovuto affezionarsi così. Tutte queste emozioni avrebbero dovuto essere riversate sui Weasley, non su di lui. Cosa si supponeva che lui facesse o dicesse dopo una simile rivelazione? Lui era una spia, un Mangiamorte, un professore di Pozioni, un Pipistrello Malvagio, un untuoso bastardo! Non qualcuno da amare.
Ma, un attimo! Cos'aveva detto il ragazzo Weasley? Qualcosa riguardo al fatto che i bambini dicessero spesso cose che non pensavano veramente. Doveva essere così. Sì, certo. Era tutto lì. Il ragazzo era tanto emotivamente confuso che non sapeva quel che stava dicendo e facendo. Era impossibile prendere qualcosa che aveva detto seriamente, e probabilmente non se ne sarebbe nemmeno ricordato. Sì. Era isterico, e tutti sapevano che le persone isteriche sparlavano. Ecco cos'era. Solo qualche balbettio isterico. Niente da prendere sul serio. Niente su cui contare. Niente in cui credere. Niente da sognare. Assolutamente niente.



Note alla traduzione: Io ho tirato su con il naso per una buona mezz'ora dopo aver letto l'ultimo paragrafo. Professor Piton, come lei faccia ad essere insieme così geniale e così imbecille è veramente un mistero.

Sto lavorando alla traduzione del Capitolo 29 (il meraviglioso, meraviglioso, meraviglioso capitolo 29), per cui è estremamente probabile che i prossimi capitoli siano messi online molto più in fretta.
Un grazie di cuore a tutti voi che state seguendo questa storia.
  
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