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Autore: Nerida R Black    20/11/2011    5 recensioni
In un lontano futuro il sovraffollamento mondiale provoca la nascita di una società totalitaria, dove solo i migliori possono trovare posto.
Ribellarsi allo Stato non è ammissibile.
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Dopo una lunga pausa sono tornata su EFP. Per la prima volta dopo mesi sono riuscita a scrivere qualcosa e mi fa piacere pubblicarlo.

Solo, vi avviso: non è niente di allegro. Quindi buona fortuna ai coraggiosi che intendono leggere il mio racconto!




Il giorno del Giudizio.


Una goccia di sudore mi scivola lungo la fronte.

Muovo lievemente il capo, stiro il collo, lo piego e tremo violentemente.

Guardo con la coda dell'occhio alla mia destra.

Elena tiene lo sguardo fisso al cielo.

Seduta davanti a lei, Angela piange.

La goccia si infrange sulla tavola di legno.

Che macchina strana.

Un sedile.

Un braccio rotante con all'estremità una lama ricurva.

Delle barre laterali e una tavola a mi bloccano.

Ai piedi un cesto intrecciato, pronto ad accogliere la mia testa mozzata.

Tutto è di legno.

...

Siamo in venti nella Sala del Giudizio. I più piccoli hanno tredici anni.

Qualcuno potrebbe definire tutto ciò crudeltà, ma è il Sistema.

È giusto così, sapevo cosa mi sarebbe potuto capitare quando mi sono iscritta al Liceo di Città.

Il sovraffollamento mondiale ha preteso un'epoca di sacrifici.

Questo è il Sacrificio annuo.

Solo i più brillanti e i più devoti possono continuare a studiare.

Chi non lo è finisce qui.

L'espulsione non è contemplata e del resto, se lo fosse, non sarebbe altro che una ancor più crudele condanna a morte.

È così che ogni anno, in ottobre, venti studenti sono prelevati dalle loro dimore, dalle loro famiglie, e sono condotti alla Sala del Giudizio.

Di questi se ne salveranno solo quattro.

...

Io non sono stata devota.

Ho infranto il Codice rifiutandomi di uccidere un Randagio.

I bambini orfani sono nulla per la società. Solo un peso. Vagano per le vie della metropoli, vagabondi senza futuro e speranza.

I cittadini hanno l'obbligo di sopprimerli sul posto dell'avvistamento.

Io stessa ne ho uccisi tanti! Ma questo... dovevo spaccargli il cranio subito, senza indugio.

Non ho potuto farlo.

Si è introdotto in casa mia, nella mia cucina.

È passato dalla finestra, l'avevo lasciata aperta per far entrare il frizzante venticello di fine settembre.

Mi sono spaventata. Era sporco, lercio, rannicchiato in una posa selvaggia.

L'ho preso per mano. Gliel'ho lavata. Ho lavato il suo viso, ho visto affiorare dal sudiciume due bei occhioni marroni. Due pozzi intelligenti, umani.

Capiva.

Non sapeva parlare, ma capiva. E si fidava.

Chissà qual'è il tuo nome... Io ti ho chiamato Tesoro.

Lorenzo ed Elena mi hanno aiutata a prendermi cura di te.


Ma qualcuno mi ha scoperta.

Io ed Elena stavamo facendo merenda con il bambino quando mi sono piombati in casa.

L'hanno ucciso davanti ai miei occhi.

È morto con ancora in bocca un pezzo di pane e marmellata.

Ci hanno arrestate.

Ora siamo qui. Pronte a morire.

Non credo che sopravvivrò.

Ma almeno la spia morirà con me.

Angela.

Non tradirà più le amiche.

...

Ecco, i professori hanno finito di parlare.

Tendo il collo, voglio che il taglio sia netto.

Non voglio soffrire.

L'orrore mi soffoca.

O, Signore.

Sto per morire.

Un sibilo acuto, dei tonfi.

Sono a occhi aperti, eppure ho cessato di vedere.

Ecco.

Il sangue sgorga dal collo di Angela.

La testa recisa è nel cesto.

Non sento più piangere.

I due tredicenni sono morti.

Avevano avuto un rapporto non protetto.

Hanno messo in pericolo la Società.

Meno sette”.

La voce della Coordinatrice segna l'esito della prima Calata.

Ne mancano due.

Sono ancora viva, così come Elena.

Respiro profondamente.

Guadagno cinque minuti.

Metto a fuoco la tavola davanti a me. Vi è posato sopra un fascicolo azzurro.

Allungo la mano, lo prendo, lo apro.

Leggo.

È un salmo.

Leggo voracemente.

Voglio memorizzarne le parole! Non ho più tempo!

Non ci riesco.

Non riesco a pregare, a rivolgermi a Dio.

Guardo Elena, le vorrei passare il foglio, ma le catene mi impediscono il movimento.

Leggo.

Chiudo gli occhi, li apro.

Piego la testa.

Voglio scappare.

La luce di un attimo è di nuovo tenebra.

Un sibilo, dei tonfi.

Meno quattro”.

Ci sono cinque viventi di troppo in questa sala.

Prego, ora sì che prego.

Il buio mi acceca, la disperazione mi strappa il senno, mi lacera la volontà.

Il terrore mi strazia, mi sconvolge, come vento di uragano che si impossessa della vela maestra.

Guardo Elena.

Fissa ancora il cielo.


La nuca formicola.


Il terzo sibilo.






Salve! Ancora vivi? Se sì fatemelo sapere con una recensione, o potrei essere divorata dai sensi di colpa! ;)

NRB

   
 
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