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Autore: xwonderdemi    20/11/2011    7 recensioni
"Ci arrampicavamo sul tetto a parlare del nostro futuro come se ne sapessimo qualcosa,
non era nei piani che un giorno ti avrei perso.
In un’altra vita, sarei stata la tua ragazza,
avremmo mantenuto le nostre promesse, noi due contro il mondo.
In un’altra vita avrei fatto in modo che restassi,
così non devo dire che sei stato tu quello che se n’è andato.
Quello che se n’è andato."
Dal prologo: «Ma il destino aveva deciso. Il destino non ci voleva insieme, altrimenti non me lo avrebbe portato via».
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nicolas | Coppie: Antonella/Bruno
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The one that got away.

Capitolo V.

Mi accasciai sulla poltrona di pelle rossa dello studio, la scatola ancora aperta davanti a me. Mi ero persa, persa in un mare di ricordi. E quello era solo l'inizio.
Mi voltai e posai lo sguardo sul sole alto nel cielo, perdendomi nella sua immensità. Socchiusi gli occhi e un altro flashback m'invase...
I mesi erano passati molto più velocemente da quando conobbi Bruno.
Lui in teoria sarebbe dovuto tornare in Spagna, ma ad inizio gennaio...cambiò Università e iniziò a frequentare quella di Buenos Aires. Per me.
Quanto poteva essere meraviglioso?
Tanto, troppo.
Ad ogni modo, ormai i miei non si preoccupavano nemmeno del fatto che uscivo e tornavo tardi, sapevano dov'ero e con chi. Con Bruno a casa sua, naturalmente.
Quella mattina, a scuola, Pia aveva raccontato a noi ragazze che...era andata oltre con il suo ragazzo Viny. E che si sentiva una donna, finalmente. Diceva che quello era il passo che ti avrebbe collegato al tuo amore una volta e per sempre.
Mentre ascoltavo quel racconto, iniziai a mordicchiare la matita, immaginando possibili eventi futuri...che alla fine sembravano tanto 'impossibili'.
A Bruno non avevo mai parlato circa il fatto di avere rapporti, né lui lo aveva accennato. Forse, credeva che fossi troppo piccola.
Io non avevo fretta, ma quel racconto mi rimase impresso tutto il giorno.
Riuscii a distrarmi per un secondo quando corsi da Bruno che mi aspettava all'uscita della scuola. «Ciao, amore.», mi salutò.
«Mh, ciao...», mormorai soprappensiero.
Bruno mi guardò stranito, ma non ci diede molto caso all'inizio, dato che a volte mi comportavo così.
Per lui ero una specie di libro aperto. Incredibile come ogni mio più piccolo gesto gli fosse familiare.
Quando arrivammo a casa, prima che potesse chiedermi cosa avessi, parlai. «Hai mai pensato di voler far l'amore con me?», domandai.
Se avesse bevuto qualcosa, l'avrebbe sputata appena udita la mia domanda.
«Come ti vengono in mente certe cose?», chiese, arrossendo, con voce arrocchita.
Abbassai lo sguardo. «Pia l'ha fatto e ce l'ha raccontato, così io...», non trovavo le parole per esprimermi.
«Non pensare a ciò che fa Pia.», disse tranquillo.
«Lo sapevo. Pensi che io sia troppo piccola per certe cose, vero? Eppure, la mia mente non è limitata, non sono nata ieri!», esclamai infervorandomi.
Lo vidi sospirare. «Non sto dicendo niente di questo. Non c'entra se sei grande o piccolo. Tu sei pronta? Se lo sei è un conto, se non lo sei, dovresti pensarci due volte su prima di fare domande del genere.», si spiegò con molta pazienza.
Annuii, grave. «Sì, va bene.», mormorai freddamente, incrociando le mani al petto e mettendomi le cuffiette dell'mp3.
«Anto...», tentò di chiamarmi.
Lo fermai con un gesto della mano. «Va tutto bene. Hai ragione tu.», mentii, spostando lo sguardo.
No, che non andava tutto bene!
Mi sentivo...uno schifo, ecco. Insomma, diceva di amarmi, lo amavo anch'io. Ed io ero pronta, altroché se lo ero! Altrimenti non avrei neppure concepito dei pensieri simili.
E lui...mi aveva rifiutata. Come pretendeva che stessi?
Cercai di reprimere le lacrime.
Okay, forse ero davvero una bambina, però era frustrante. Sembrava che il grattacielo che m'ero formata fosse crollato come fosse stato di sabbia. Un solo soffio di vento aveva rovinato tutto.
Lo osservai, non oppose resistenza, ma accese la televisione e iniziò a guardare una partita di calcio alla televisione.
Restai un quarto d'ora buono ad ascoltare delle canzoni di cui non ricordavo nemmeno l'esistenza, poi non ce la feci più, raccattai le mie cose e mi alzai, andando verso la porta.
Bruno si girò e mi vide correre verso l'ingresso.
«Dove vai?», chiese.
«A casa mia. La bambina torna da mamma e papà. Ciao.», risposi.
Sbattei la porta e iniziai a piangere, mentre tornavo a casa.
Un sorrisetto amaro fece capolino sulle mie labbra quando pensai a quell'accaduto. Menomale che poi le cose si erano aggiustate.
I giorni passavano e di Bruno nessuna traccia. Non sarei stata di sicuro io a cercarlo.
Il pomeriggio di qualche giorno dopo, i miei dovettero andar via per il weekend da mia nonna, che s'era ammalata ed io, per la scuola, rimasi a casa da sola.
Il cellulare squillò. «Ehi, Anto!», era Caterina.
M'ero illusa per un attimo che potesse essere Bruno. «Ah...ciao, Cate. Tutto okay? E' successo qualcosa?», chiesi.
«No, no, tranquilla. Mi chiedevo se ti piacerebbe uscire a fare un po' di shopping.», propose.
Mi massaggiai una tempia nervosa e indecisa se andarci o meno. La voglia mi mancava totalmente. «Mi piacerebbe, ma...sono sola a casa, ho litigato con Bruno e ho un sacco da studiare.», aspettai qualche istante, respirando profondamente. «Magari usciamo durante il weekend, okay?», domandai, sperando vivamente che non se la prendesse.
«Certo! E' perfetto. Mi spiace che tu abbia litigato con Bruno. Vedrai che le cose si sistemeranno.», sorrisi di quella sua spontaneità. Ciao, tesoro! Ci vediamo domani a scuola.», e riattaccò.
Mandai all'aria le pagine di storia di ripetizione e mi buttai a peso morto sul letto.
In mente non mi passavano altro che le immagini della pseudo-discussione con Bruno e il dolore per il suo rifiuto...mi distrassi, sentendo qualcosa alla finestra.
All'inizio immaginai che fosse frutto della mia fantasia, ma il rumore fiebile si ripeté. M'alzai, sbuffando, e andai a vedere chi fosse.
«Ma insomma!», esclamai, guardando giù.
Era Bruno.
Il mio cuore perse un battito. «Ciao!», urlò.
Chiusi la finestra e corsi al piano di sotto per aprirgli. «Cosa...diamine...», sillabai, quando me lo ritrovai davanti.
«Sono venuto a chiederti scusa. So come ti senti. Non volevo trattarti come una bambina, io...ti amo e voglio solo che tu sia pronta prima di affrontare un passo che è quasi più grande della gamba. Capisci?», disse d'un fiato.
Spalancai la bocca, sgranando gli occhi. Poi boccheggiai, in cerca di qualche parola adatta...
«Scuse accettate. Vuoi entrare?», chiesi.
Mi sorrise: era il suo modo di dire sì.
Appena entrò in casa, mi strinse a sé, baciandomi la fronte.
«Mi sei mancata tantissimo in questi giorni.», mormorò.
«Anche tu.», rivelai, poi lui posò le sue labbra sulle mie.
Chissà se...
Provai ad approfondire il bacio e, dopo un attimo di tentennamento, Bruno ricambiò a pieno.
«S-sei davvero sicura stavolta?», domandò, annaspando aria.
Annuii. «Sono sempre stata sicura.», risposi.
E di nuovo mi mise a tacere, quella volta per un lasso di tempo leggermente più lungo.
Eh sì, alla fine ce l'avevamo fatta.
Pia aveva ragione, se condividevi l'esperienza della tua prima volta con una persona che amavi era assolutamente...splendido, un qualcosa di unico e inimmaginabile.
E quel qualcuno non poteva che essere Bruno, per me.
Dopo...
Eravamo io, lui e il mio letto ad una piazza e mezzo -non era affatto scomodo, tutt'altro.
Bruno disegnava piccoli cerchi immaginari sul mio braccio, mentre io me ne stavo in silenzio, pensando a...non ricordo cosa.
Forse a quant'era stato bello. Woah.
«Antonella?», mi chiamò.
Alzai lo sguardo ed incontrai i suoi occhi smeraldini. «Come stai?», chiese.
«Bene, benissimo, mai stata meglio. Sono felicissima, tu?», domandai a mia volta, mostrando un sorriso a trentadue denti.
Ricambiò anche lui il mio sorriso. «Ero preoccupato di averti fatto male, ma visto che dici che stai bene, sto fantasticamente anch'io.», mi baciò per una frazione di secondo.
Ogni bacio mi sembrava sempre troppo corto; forse ero insaziabile.
«Hai mai pensato al nostro futuro?», chiesi all'improvviso.
«No, sinceramente. Preferisco vivere il presente. Tu, qualche programmino speciale?», sorrise.
«Mh, sì. Ci vedo sposati, in una villa a due piani e con due bambini. Un maschietto ed una femminuccia.», risposi.
«Come li chiameremo?», domandò, baciandomi l'incavo della spalla.
«Non so. A me per il maschietto piace il nome Juan, ma per la bimba non ne ho idea...».
Lo guardai. «Se avremo una femminuccia la chiameremo Sophia, come mia madre.», mormorò con voce roca.
Aveva gli occhi lucidi. Ricordai che sua madre era morta qualche mese prima e Bruno ne aveva sofferto tantissimo. Per stare con me non era potuto rientrare in Spagna, ma non mi aveva detto nulla, perché non voleva lasciarmi sola.
Mi strinsi a lui, commovendomi. «Sì, Sophia Molina. Suona splendidamente. La nostra Sophia.», sussurrai.
Si tranquillizzò. «Sto bene, non preoccuparti.», cercò di farmi un sorriso.
«L'importante è stare insieme sempre, non trovi, amore mio? Dopotutto è la nostra promessa.».
Lui annuì. «Come dice il tuo ciondolo. Oh, a proposito, ce l'hai ancora addosso.», notò, giocherellando con l'infinito.
«Non lo toglierò mai. Te lo prometto.».
«Nemmeno se dovessimo lasciarci?», domandò.
«Non pensare nemmeno ad un'eventualità del genere!», esclamai.
Ridacchiò. «Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare.», sussurrò al mio orecchio.
«Se è per questo nemmeno io.», sorrisi e lo baciai dolcemente.
Tirai su col naso.
Purtroppo non era andata come avevamo voluto tanto...però almeno nel mio piccolo la promessa l'avevo mantenuta.
Quando scoprii di essere incinta di una bambina, insistetti per il nome Sophia, per il mio Bruno. Nicolas non immaginava nemmeno minimamente il perché, ma approvò la mia scelta, perché alla fin fine Sophia era un nome splendido.
Notai che in ogni cosa, seppur lui non ci fosse, in realtà era presente.
Ogni cosa, persino la mia vita, era condizionata da lui a distanza di anni.









Nota dell'autrice.
Che capitolo eh? Alla fine è molto commovente...lo so ç_ç <3
No, sul serio, io Bruno lo faccio resuscitare, non la posso finire male! *si dispera*
Ah, a questo proposito, voglio raccontarvi una cosa. Siccome nell'ultimo capitolo, Antonella...parlerà con Bruno, una mia compagna di banco, che ha letto tutta la storia, ha detto: "Ho un'idea. Fallo resuscitare, così quando Antonella va a piangere sulla sua tomba se lo ritrova dietro, immagini che figata?".
Sono scoppiata a ridere: "Mi spiace, ma questa storia non è comica, ti ricordo che è drammatica.".
Poverina, stava per piangere xD
Va bién...Alla prossima,
Claudia.



  
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