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Autore: Leitmotiv    21/11/2011    2 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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pelli Ho corretto il capitolo quattro, mi erano sfuggiti davvero tanti piccoli errori e me ne scuso...A cosa stavo pensando mentre rileggevo il capitolo?! Ma soprattutto...stavo pensando? o_o
Grazie ai lettori silenziosi e ad una piu'..."rumorosa".







                                                                                              
                                                                                     PELLI





Casa Turner aveva un'aria molto ordinata e molto dozzinale. Grossi mobili scuri, ereditati da anziani parenti, soprammobili e souvenir senza una storia ben precisa,  muri coperti da carta da parati e un perenne odore di detergente igienizzante che aleggiava in tutta le stanze.
La signora Turner era una casalinga scrupolosissima. Sebbene non ricevesse molte visite, si premurava ugualmente di tenere  ogni stanza in ordine,  tendine pulite e  tovaglie immacolate.
A Cain non andava a genio che ci fosse sempre quell'odore vagamente ospedaliero in bagno e in cucina, o che sua madre lo seguisse come la sua ombra armata di scopa, ogni volta che sgranocchiava un biscotto.  Gli dava sui nervi il nervosismo dei suo occhi, alla continua ricerca di briciole e polvere,  ed il continuo brontolio  nei suoi confronti  o in quelli di suo padre.  
Il giovane Turner aveva cominciato ad usare  profumi abbastanza costosi, perche' temeva che quell'odore d'ospedale gli potesse rimanere addosso, tanto il suo olfatto lo aveva memorizzato nel cervello.  Ogni volta che rientrava in casa, quel'aroma vagamente aspro lo assaliva e doveva sforzarsi di non pensarci per avere il coraggio di entrare in cucina  a salutare sua madre, sorridendo.
Anche quel giorno, fu così.

Cain poggio' lo zaino su una sedia, estraendo una circolare intestata a sua madre - Lunedì prossimo ci saranno i colloqui con i genitori, ci vieni?
Mrs. Turner  rimase china sulla tavola da stiro - Questa volta voglio che venga anche tuo padre - annuì la donna. In tre anni non si e' degnato di farsi vedere...sembra quasi che siamo una famiglia slegata!
Un'altra delle manie della signora Turner, era la considerazione degli altri.  Non si capiva, infatti, se la sua mania per la pulizia fosse una conseguenza del voler per forza  pretendere considerazione postiva dagli altri, o fosse la buona considerazione che in effetti gli altri avevano nei suoi confronti, a farle fare il possibile per apparire al meglio. Cio' che di Henrietta Turner tradiva l'eta', erano le mani rugose, per il resto aveva un'aspetto ancora giovanile, ed un look sportivo e disinvolto; indossava jeans e gonne sopra il ginocchio senza apparire ridicola. Ogni settimana ritoccava i capelli corvini, neri e lucidi, e due volte alla settimana frequentava una palestra vicino casa. La sera usciva spesso per giocare a bingo,  il sabato si metteva in gran spolvero, anche se si trattava solo di giocare in una triste sala da bingo.
- Non credo che papa' voglia venire... - commento', pensando alla figura di suo padre, seduto accanto alla sua inseparabile radio ad ascoltare dibattiti politici, con il quotidiano alzato fin sopra il naso. Non che fosse poi tanto importante la presenza di suo padre, poiche'  i professori erano ormai abituati  a ricevere la signora Turner ed i suoi biscotti all'anice fatti per l'occasione.
- Sarebbe capace di far finta di nulla  anche per la festa del tuo diploma... - sospiro' la donna, piegando un maglioncino d'un rosso acceso.
- Non te ne fare un problema, mamma. Se anche venisse, probabilmente si metterebbe ad inveire contro il sistema scolastico inglese e compagnia bella... - disse Cain, incrociando le baccia dietro la nuca - Se invece vieni tu, i professori si divorano i tuoi biscotti e tutto fila liscio.
La madre gli sorrise, pur rimanendo in silenzio. Entrambi sapevano che forse era meglio lasciare il signor Turner vicino a quella radio, con quel giornale in mano e la radio accesa.

Cain salì le scale ed entro' in camera. Si distese sul letto, con un pensiero volto al compito di matematica del giorno dopo, che non lo impensieriva, ma gli trasmetteva ugualmente un senso di spossatezza mentale. Il cellulare vibro' nella tasca.  Il ragazzo avvicino' il display al proprio viso: era un messaggio di Pia T.
Si tiro' sui gomiti, e lo lesse.
-So che ieri sono stata un po' strana. Scusami. Potrei chiederti di venire  a casa tua?

Cain scatto' a sedere sul bordo del letto. Non avrebbe mai pensato che quella ragazzina avrebbe ricercato così presto la sua compagnia. In cuor suo, penso' di aver fatto davvero colpo con le parole che gli aveva detto il giorno prima.  Non era un'ipotesi così ambiziosa, dopo tutto.
- Puoi venire anche subito! La mia casa si trova davanti all'asilo nido, ti aspetto seduto in cucina, così' ti vedro' arrivare. In casa c'e' anche mia madre, ma non e' un problema, se non lo e' per te...
Premette invio, correndo davanti allo specchio. Dette un'occhiata ai capelli, si annuso' la camicia della divisa e poi corse in bagno, acchiappando il cellulare, che s'illumino' in quel momento - No problem, se non ha il vizio di origliare. Sono lì fra venti minuti.

Quando Pia passo' davanti alla fienstra della cucina, Cain  si alzo' dalla sedia, facendo vibrare alcune stoviglie che sua madre stava asciugando.
- Ma e' la tua fidanzatina? - chiese sua madre, bloccando con le mani quel pericoloso tintinnìo.
Cain si volto' verso di lei, digrignando i denti in maniera buffa -Non dire niente di simile in sua presenza! - sibilo'.  
La signora Turner alzo' un sopracciglio, valutando l'idea di rimanere a sedere impegnata con le stoviglie della cucina, per non innervosire il figlio piu' di quanto lo fosse gia'.  Getto' un'occhiata alla cucina, ed annuso' l'aria. Era tutto in ordine, avrebbe potuto ricevere Sua Maesta' in persona, penso'.

Porthia entro' in casa, ed il primo impatto che ebbe con  casa Turner, fu di... penombra. La casa gli apparì scarsamente illuminata, ed in un secondo momento fu investita anche da un prorompente odore di pulito.
Cain l'accolse con un sorriso, vagamente meno disinvolto del solito, anche la sua aria furbasta  era un po' meno sfrontata del solito; penso' immediatamete che fosse dovuto alla presenza di sua madre, ma quando la afferro' per il polso per condurla davanti alla cucina, non fu poi così sicura del suo pensiero.
- Questa e' Hunt  mamma, viene a scuola con me - disse, introducendo la ragazza con il cognome di famiglia.
Mrs. Turner si alzo' asciugandosi le mani al grembiule inamidato, e le porse la mano - Io sono Henritetta, chiamami pure per nome, tesoro - le disse, con una confidenza ed un tono molto materno.
Mentre le stringeva la mano, Pia penso' che non tutte le mamme del mondo si assomigliavano. In quella donna non c'era niente di sua madre: dal tono morbido della voce, a quelle mani calde e ruvide. Sentì la fede nuziale, fredda, scivolarle sul palmo della mano - Piacere, signora - le rispose, mostrando un sorriso non proprio spontaneo.
- Magari scendo dopo a prendere qualcosa da bere - s'intromise Cain, dirigendosi verso le scale, trascinandosi dietro la biondina - tu finisci pure quello che devi fare, mamma.
La signora Turner si affaccio' dalla cucina - Aspetta! Abbiamo un ospite e non lo presenti a tuo padre?
Cain aprì la porta di camera, facendo entrare prima la ragazza - Magari piu' tardi, mamma!

Il giovane Turner scosse la testa, poi la sua attenzione torno' alla bionda che gli stava davanti. Pia aveva un'espressione perplessa, ed aveva poggiato le dita dell'altra mano sul polso del ragazzo, come a suggerirgli di allentare la presa dl proprio braccio.
 Con una sorta di carezza, la ragazza salì dal suo polso, coperto dal polsino di una camicia a quadretti, fino alla spalla - Sembri un po' teso.
-No e' che...mia madre mi mette sempre un certo nervosismo - le disse, lasciandola andare - E' che siamo troppo diversi...
- Avete lo stesso viso, pero' - obbietto' la ragazza - Forse anche lo stesso modo di sorridere. Tu poi non mi sembri il tipo che si mette ad urlare con i propri genitori, solo perche' si sente incompreso - gli disse, allontanadosi  da lui per  dare un'occhiata alla stanza - Sei troppo educato per farlo, Turner.
Cain fisso' le spalle della ragazza, i capelli biondi che le oscillavano sul parka blu, impigliandosi nel cappuccio di pelo. Non ribatte', sedendosi sul letto - Vuoi parlarmi di qualcosa in particolare? - la incalzo', senza preamboli, raddrizzando il collo snodabile di una lampada da tavolo. Se c'era un dunque a cui arrivare, era meglio arrivarci prima che sua madre potesse interromperli in qualche modo.

Porthia cammino' sino alla portafinestra della camera, sollevando uno spiraglio fra le veneziane grigie . Poi si tolse il giubbotto e lo appoggio' sul letto; premette la schiena contro l'armadio che stava di fronte al ragazzo e dette un'altra occhiata alla stanza, con l'espressione di chi volesse  fare un commento poco carino - Volevo vedere dove abitavi, a dire il vero - guardo' in faccia il ragazzo, per vederne la reazione - Non e' una cosa da maniaci trovare un pretesto per vedere casa tua, se penso che tu giudichi le persone osservando loro e l'ambiente dove vivono...
Cain accetto' la provocazione. Accavallo' le gambe e non rispose, aspettando di vedere dove la ragazza volesse andare a parare.
- Volevo capire questo tuo metodo, tutto qui - disse, sottolineando la parola "capire", come se si trattasse di un'azione che richiedeva un certo sforzo.
- E ti piace la mia camera? Che ti dice di me? - chiese il ragazzo, sfoggiando uno dei suoi sorrisi pendenti.
Pia abbasso' lo sguardo alla punta delle sneackers colorate che indossava - Sei un tipo ordinato, ma lo fai per tua madre, piu' che per te stesso. Sbaglio?- alzo' nuovamente lo sguardo in quello azzurro del ragazzo.

Cain avvertì un'aria profumata di gioco e provocazione. Un'aria che lo inebrìo' e lo stupì allo stesso tempo. C'era una certa tensione erotica in quel momento fra loro due; quella ragazza appoggiata al suo armadio, con i pollici infilati nella tasca anteriore dei jeans,  che lo sfidava  con la su stessa specialita'.. era eccitante. Si senti malizioso, si sentì in grado di avvicinarsi a lei e poggiare il palmo della mano vicino al suo viso, sulla parete fredda dell'armadio.  La guardo' con occhi lucidi , sfioro' il mento con le dita, tastando la disponibilita' di lei.
La sovrastava di pochi centimentri, ma in quel momento si sentì molto piu' alto, molto piu'  forte e fermo di altri ragazzi che conosceva.  Si abbasso' sulle labbra di Porhia, ormai sicuro del fatto suo. E' fatta! Gridarono tutti i suoi sensi.
 La ragazza fermo' delicatamente il suo viso, posando entrambi i pollici sulle labbra del ragazzo. Anche il suo sguardo era liquido e teso verso cio' che gli stava davanti - Se tua madre ora venisse.... - disse,  premendo i pollici su quella superficie lievemente screpolata per il freddo, labbra di ragazzo, asciutte e pallide.
Cain le bacio' le dita, sfiorandole con la propria saliva . Gli occhi nocciola della ragazza gli stavano promettendo davvero molto; quell'attesa era gustosa e crudele al tempo stesso - No che non entra... - le rispose con un filo di voce, sporgendosi ancora di piu' verso il suo viso.
Pia bacio' l'angolo della sua bocca, senza togliere i pollici dalla sua pelle tesa. Sentì il ragazzo sospirare lievemente, il suo profumo dalle note calde di sandalo, provenire dal collo palpitante - E se tua madre volesse presentarmi tuo padre, qui...ora?

Il  moro s'irrigidì per un attimo, ma fu solo un secondo, poi tutte le sue intenzioni tornarono volte alla bocca della ragazza. Sposto' le mani sulle spalle magre di lei, bloccandole all'armadio, deciso a prenderle quel bacio - Che vuoi che sia...mio padre non esiste. Mio padre e' morto.













  
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